La tassazione di caparre confirmatorie e acconti nei trasferimenti onerosi esenti o agevolati

Circolare A.E. n. 12/E – 2021 e Cass. n. 17904/2021

1. Premessa

Con la nota Circolare del 14 ottobre 2021, n. 12/E (.PDF) [1], l’Agenzia delle Entrate, al par. 2.1, chiarisce il proprio orientamento in tema di tassazione del contratto preliminare di compravendita stipulato dal promissario acquirente under 36 che abbia i requisiti per richiedere (al momento dell’acquisto) l’agevolazione di cui all’art. 64, commi da 6 a 10, D.L. 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla L. 23 luglio 2021, n. 106 (Decreto Sostegni bis).

Vale la pena di soffermarsi sulle conclusioni contenute in essa Circolare con riguardo al trattamento tributario (e segnatamente all’imposizione indiretta) delle caparre confirmatorie (in seguito solo caparre) e degli acconti previsti nel contratto preliminare[2] che, sebbene riferite all’ipotesi dell’acquisto under 36, hanno invero carattere generale e sono suscettibili di essere applicate a casi ulteriori rispetto a quello ivi esaminato[3].

L’analisi deve essere condotta considerando, in primo luogo, la tassazione cui l’Agenzia pretende di assoggettare detti acconti e caparre al momento della registrazione del contratto preliminare (par. 2), per poi soffermare l’attenzione sulla sorte delle imposte all’uopo versate, nel caso in cui al preliminare si dia esecuzione con la stipula del previsto contratto definitivo di compravendita (par. 3) ovvero nel diverso caso in cui al preliminare non segua il definitivo (par. 5).

di Massimo Caccavale

2. Registrazione del preliminare di vendita che prevede la dazione di acconti e/o caparre.

Nella Circolare l’Agenzia sostiene che “la tassazione del contratto preliminare resta (…) invariata quanto all’applicazione dell’imposta di registro dovuta per l’atto, gli acconti e la caparra, in applicazione delle regole generali”, e ciò in quanto “la norma agevolativa fa chiaro ed esclusivo riferimento ai soli atti traslativi o costitutivi a titolo oneroso.”

In sede di registrazione del contratto preliminare, giusto il disposto dell’art. art. 10 della Tariffa – Parte I, allegata al Testo Unico dell’imposta di registro di cui al D.P.R. 131/1986 (in seguito TUR) e della relativa Nota, occorre versare, oltre all’imposta fissa[4], anche quella proporzionale dello 0,50% o 3% sull’importo delle caparre o, rispettivamente, degli acconti (non soggetti ad IVA), dati o promessi[5], anche se per il definitivo atto di compravendita il promissario acquirente intenda godere dell’agevolazione per acquisti under 36 (esente da imposta di registro).

L’affermazione è coerente con l’orientamento già espresso in passato dall’amministrazione finanziaria[6] per la quale “i regimi di esenzione o agevolativi previsti per il contratto definitivo non si estendono al contratto preliminare, con conseguenza che la tassazione applicabile al preliminare potrebbe eccedere quella del definitivo.

Ed è purtroppo questa anche la prassi notarile che si è appiattita sulle posizioni dell’Agenzia delle entrate.

Tale conclusione è però inaccettabile, se si considera che, ai fini delle imposte indirette:

  • il contratto preliminare non è di per sé espressione di capacità contributiva, ed è infatti sempre soggetto all’imposta fissa (cfr. art. 10 della Tariffa – Parte I cit.) e
  • nella sequenza preliminare/definitivo ricorre piuttosto un’unica manifestazione di capacità contributiva, e segnatamente quella del definitivo. Lo si desume, innanzitutto, da quanto previsto nella Nota del medesimo art. 10 che, se da un lato impone la tassazione proporzionale della caparre (nella misura dello 0,50%) e degli acconti non soggetti ad IVA (nella misura del 3%) pattuiti nel preliminare, al contempo stabilisce che “in entrambi i casi l’imposta pagata è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo.[7], alla cui stregua si riconosce chiaramente che la tassazione del contratto preliminare, quando proporzionale, debba essere considerata come anticipazione della successiva tassazione  del contratto definitivo[8].

Se ne ha conferma, poi, nel trattamento tributario degli acconti soggetti ad IVA che scontano la stessa imposta prevista per il definitivo[9] e, dunque, anche quella di favore, già solo se si preveda nel preliminare di effettuare un acquisto agevolato. Giusto il disposto della nota II bis dell’art.1, Tariffa – Parte I, allegata al TUR, in particolare, il promissario acquirente, che nel preliminare dichiari che, al momento dell’acquisto richiederà l’agevolazione prima casa, per gli acconti previsti nel preliminare medesimo, non versa al promittente venditore l’imposta ordinaria, bensì quella agevolata (attualmente nella misura del 4%), e quindi l’imposta che è propria del definitivo a stipularsi in futuro.

Logica conseguenza dell’unitaria rilevanza sul piano della capacità contributiva della sequenza preliminare/definitivo che essa non possa dar luogo ad una tassazione proporzionale maggiore di quella prevista per il solo contratto definitivo, – come pure accettato dall’Agenzia delle entrate laddove consente il recupero della maggiore imposta versata al preliminare rispetto a quella dovuta per il definitivo (par 3) -, ma anche, e in primo luogo, che non abbia fondamento la pretesa di riscuotere, al momento della registrazione del preliminare, un’anticipazione di imposta maggiore dell’imposta stessa dovuta per il definitivo.

Secondo una lettura costituzionalmente orientata[10] dell’art. 10 “qualora la tassazione del preliminare sia di importo superiore a quello che sarebbe da applicare se il contratto fosse stipulato in forma di contratto definitivo, il disposto della Nota all’articolo 10 TUR, dovrebbe trovare un tetto nell’importo che sarebbe da versare se il contratto preliminare fosse invece stipulato nella forma del contratto definitivo[11].

Questa lettura è stata finalmente accolta dalla recente giurisprudenza di legittimità[12] che, nell’escludere del tutto la tassazione degli acconti previsti nel contratto preliminare di cessione di quote sociali, in maniere lineare ed esemplare afferma che “(…) dal punto di vista fiscale la vicenda preliminare – definitivo è unitaria sicché non si comprenderebbe come la tassazione del contratto preliminare per il quale sono previsti acconti possa eccedere quella (prevista con l’applicazione dell’imposta in misura fissa) del contratto definitivo. A tale ragionamento si oppone una fondamentale riflessione in termini di capacità contributiva. In tanto il contratto preliminare è tassato in quanto considerato “un tutt’uno” con il contratto definitivo, essendo unica la manifestazione di capacità contributiva espressa dalla sequenza “preliminare/definitivo”, che si realizza però solo al momento della stipula del definitivo.

Infatti, se quella espressa dal contribuente che cede la quota di partecipazione è stata ritenuta dal legislatore (per evidenti ragioni di agevolazione) meritevole di imposizione in misura fissa, non sarebbe coerente, oltre che non compatibile con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost., che impone di trattare con eguale criterio le identiche manifestazioni di capacità contributiva, una lettura dell’atto di preliminare di cessione di quote con acconto prezzo che non tenesse conto del fatto che è strumentale alla stipula del contratto definitivo, per il quale il legislatore ha previsto un regime agevolativo. La tassazione del contratto preliminare è, infatti, una mera anticipazione del carico tributario dovuto per la stipula del contratto definitivo, in quanto solo con la stipula del contratto definitivo il contribuente manifesta la propria capacità contributiva: pertanto, da un lato, la tassazione con l’imposta proporzionale dell’acconto del contratto preliminare, a prescindere dal contratto definitivo, rappresenterebbe un prelievo non supportato da alcuna manifestazione di capacità contributiva; dall’altro appare una valutazione incongrua a fronte di una tassazione del definitivo in misura fissa.”

Non si tratta, quindi[13], di voler “estendere”[14] agevolazioni (o esenzioni)  previste dalla legge per una fattispecie (il contratto definitivo ad effetti traslativi) ad un’altra fattispecie (il preliminare ad effetti obbligatori), quanto piuttosto di trarre le ovvie conseguenze dalla natura dell’imposta proporzionale in esame, che la legge considera soltanto un anticipo di quella dovuta con il perfezionamento del definitivo: imposta relativa a caparre/acconti ed imposta del definitivo, infatti, non sono due imposte diverse  ma rappresentano due momenti della stessa unica imposta, ripartita in tranche.

Se, nel pagare la/le prima/e tranche, non si assolve un’imposta autonoma dell’atto che contempla caparre/acconti (il preliminare) ma si versa una parte di quanto dovuto per un successivo atto (il definitivo), non si capisce perché questo procedimento di anticipazione non debba riguardare anche il trattamento previsto per quell’unica imposta che si sta parzialmente pagando anzitempo (come invece accade, lo si è visto, quando si tratti di acconti IVA).

Occorre allora sperare in un’inversione di tendenza dell’Agenzia delle Entrate.

Nel frattempo, ai notai non resta purtroppo che confidare nella giustizia tributaria[15] che, come si è visto, ha ben chiara la questione.

Ragionevolezza vuole, poi (ma forse sono solo le ragioni dell’ottimismo), che, nel vedere ripetutamente respinta la propria tesi, l’amministrazione finanziaria non resti indifferente e, come auspicato, finalmente si ravveda[16], facendo anche sua la regola di principio per la quale:

  • le caparre e gli acconti previsti nei contratti preliminari preordinati a contratti definitivi soggetti ad imposta proporzionale agevolata (ovvero ad imposta fissa superiore a quella minima[17], attualmente di euro 200,00) siano soggetti all’imposta proporzionale di registro nei limiti di quella propria del contratto definitivo; mentre,
  • le caparre e gli acconti previsti nei contratti preliminari preordinati a contratti definitivi esenti da imposta di registro ovvero soggetti ad essa imposta in misura fissa (pari all’imposta d’atto) non scontino alcuna imposta[18].

3. Esecuzione del preliminare con la stipula del definitivo contratto di compravendita: sorte delle imposte versate in eccesso per caparre e acconti al momento della registrazione del preliminare

Si è sopra accennato che l’Agenzia delle Entrate riconosce che la sequenza preliminare/definitivo sia indice di un’unica capacità contributiva e non possa dar luogo ad una maggiore imposizione rispetto a quella prevista per il definitivo medesimo. Per il caso dell’acquisto con bonus under 36, afferma, infatti, che “come già chiarito con la Circolare n. 18/E del 29 maggio 2013, paragrafo 3.1, l’imposta di registro corrisposta è imputata all’imposta principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo[19]. Nel caso in cui l’imposta proporzionale corrisposta per la caparra confirmatoria e per gli acconti di prezzo risulti superiore all’imposta di registro dovuta per il contratto definitivo, spetta il rimborso della maggiore imposta proporzionale versata per la registrazione del contratto preliminare, secondo le regole previste dall’articolo 77 del TUR.

Pertanto, in presenza delle condizioni di legge, è possibile recuperare l’imposta proporzionale versata relativamente ad acconti e caparra, atteso che l’acquirente non avrà modo di scomputare alcuna imposta dall’acquisto definitivo, esente ai sensi dell’articolo 64 in commento.”.

E’ evidente a questo punto che si tratti di una soluzione di compromesso del tutto irrazionale, motivata, verosimilmente dall’intento di far subito cassa, piuttosto che ispirata, – come dovrebbe essere -, al principio dell’equa tassazione degli atti[20].

La ripetuta pretesa impositiva dell’Agenzia non si giustificherebbe nemmeno se fosse mossa dal timore che al definitivo l’acquirente non mantenga la promessa e non richieda l’agevolazione prefigurata nel preliminare ovvero che al preliminare non si dia esecuzione mancando la stipula del definitivo.

Nella prima eventualità, infatti, con la registrazione del contratto definitivo sarebbe pagata per intero l’imposta di registro dovuta[21]; nella seconda invece difetterebbe un’effettiva manifestazione di capacità contributiva tassabile (ma la tesi non è condivisa dall’amministrazione finanziaria. V. oltre al par. 5).

Perlomeno si può essere certi, allo stato attuale, che anche l’Agenzia delle entrate riconosce che l’imposta proporzionale versata per la caparra confirmatoria e per gli acconti di prezzo in eccedenza rispetto a quella dovuta per il contratto definitivo possa essere recuperata dal contribuente[22], a seguito della registrazione di quest’ultimo ove costituisca esecuzione del primo.

A tal fine, successivamente alla stipula del contratto definitivo di compravendita oggetto di agevolazione, il contribuente potrà quindi presentare istanza di rimborso per il recupero dell’imposta proporzionale versata in eccedenza ex art. 77 del TUR, entro tre anni dalla data di registrazione del contratto definitivo[23].

4. Casistica

L’affermazione di principio per la quale con la sequenza preliminare – definitivo, il contribuente non deve versare per il trasferimento un’imposta di registro di importo superiore a quello dovuto per il solo definitivo non è affatto priva di conseguenze pratiche ed è suscettibile di essere applicata a più di una fattispecie.

Sia che si segua la tesi, preferibile (ancorché disattesa dall’Agenzia delle entrate), della non imponibilità delle caparre e acconti nei preliminari di atti esenti da imposta o soggetti ad imposta fissa e dell’imposizione di caparre e acconti con il tetto massimo (il cap, mutando la terminologia bancaria) per contratti definitivi che possano godere di agevolazione,  sia che ci si accontenti della tesi del recupero a posteriori (solve et repete), cui si attiene l’Agenzia,  può essere utile una rapida rassegna a di casi in cui il suindicato principio è applicabile.

Oltre a quella del preliminare di vendita destinata a godere del bonus under 36, viene innanzitutto in rilievo l’ipotesi del preliminare di vendita destinata a godere dell’agevolazione prima casa (attualmente del 2%), soprattutto quando a questa si associ la richiesta di cd. prezzo valore e quindi la base imponibile sia costituita dal valore catastale.

Non è escluso che, adesso l’imposta di registro dovuta per l’acquisto sia inferiore a quella proporzionale dovuta per la caparra o per l’acconto, e che dunque essa imposta debba essere versata in maniere ridotta o comunque, se versata per intero, possa essere recuperata per l’eccedenza.

Ancora, si devono considerare le ipotesi di caparre/acconti previsti nei preliminari preordinati alla stipula di contratti definitivi che scontino l’imposta fissa e, così, quelli relativi a:

  • trasferimenti a titolo oneroso di beni soggetti ad IVA (art. 40 TUR)[24];
  • trasferimenti a titolo oneroso di immobili venduti da banche o società di leasing e rivenienti da risoluzione di contratti di leasing (art.  35 comma 10-ter.1 del D.L. n.223/2006, come inserito dall’art.1 comma 15 numero 2 lettera c) della Legge 13 dicembre 2010 n. 220);
  • trasferimenti a titolo oneroso di terreni o fabbricati in ambito di edilizia economico –popolare (art. 32, comma 2 D.P.R. n. 601/1973) ;
  • trasferimenti a titolo oneroso di terreni agricoli a favore di acquirente che richieda la cd. agevolazione per la piccola proprietà contadina (art. 2, comma 4-bis D.L. 194/2009 convertito in L. n. 25/2010) ovvero quella della zona montana (art 9  D.P.R. 601/1973);
  • trasferimenti a titolo oneroso di beni a favore di ETS ed ONLUS (art. 82, commi 4 e 5 del Codice degli Enti del Terzo Settore di cui al D. Lgs. 177/2017);
  • trasferimenti a titolo oneroso di beni a favore di trust o fondi speciali istituiti a favore di persone con disabilità grave (art. 6, L. 112/2016);
  • trasferimenti a titolo oneroso di terreni in materia di usi civici in generale (art. 40 L. n. 1766/1927);
  • trasferimenti a titolo oneroso a favore di GEIE (art. 4, comma 1, lettera g) Tariffa Parte I, TUR);
  • trasferimenti a titolo oneroso di immobili da Comuni a fondazioni o a società di cartolarizzazione o ad associazioni riconosciute finalizzati alla valorizzazione del patrimonio immobiliare (art. 1 comma 275, L. 311/2004 ;
  • trasferimenti a titolo oneroso di partecipazioni sociali (art. 11, Tariffa, Parte I, TUR);
  • trasferimenti a titolo oneroso di unità da diporto (art. 7, Tariffa, Parte I, TUR);
  • trasferimenti a titolo oneroso di aziende con salvaguardia dei posti di lavoro in ambito di ristrutturazione (art. 1, comma 237, L. 234/2021).

In tutte queste ipotesi, l’imposta per caparre e acconti previsti nei relativi preliminari o, secondo l’opinione più ragionevole, non dovrebbe essere versata affatto ovvero, secondo la soluzione di compromesso, una volta versata, potrà essere completamente recuperata[25]

5. Il caso delle mancata stipula del definitivo atto di compravendita

Infine nella Circolare l’Agenzia ribadisce che, in caso di mancata stipula del definitivo contratto di compravendita, le somme riscosse in sede di registrazione del preliminare rimangono definitivamente acquisite all’Erario (così già la Circolare n. 37/E del 10 giugno 1986, parte n. 46).

Anche ora non può che criticarsi la soluzione dell’Agenzia delle entrate che non sembra trarre la giusta conclusione dalla premessa (accettata nel caso fisiologico della stipula del definitivo) per la quale nella sequenza preliminare/definitivo solo quest’ultimo è manifestazione di capacità contributiva tassabile.

Se manca il definitivo non vi è materia imponibile e non si vede per quale motivo le imposte versate per caparre o acconti non possano essere recuperate[26].

In tal senso la dottrina[27] ed anche la più volte citata Cass. 23 giugno 2021 n. 17904[28], per la quale la tassazione (dell’acconto) “verrebbe applicata solo temporaneamente, con la consapevolezza che, in caso di mancata stipula del definitivo, essa darà luogo a un diritto di rimborso[29].


Bozze di istanze in download

 


Note

[1] Per un commento alla Circolare, A. Lomonaco – D. Barone, I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sugli acquisti ‘prima casa’ da parte dei giovani (art. 64, commi 6-10, del decreto Sostegni bis), in CNN Notizie del 10 novembre 2021 n. 208, e, in questa rivista, G. Rizzi, Le agevolazioni per acquirenti under 36.

[2] Sulla qualificazione della somme versate e/o promesse al preliminare in termini di caparra confirmatoria e/o acconto prezzo, cfr. A. Busani, Imposta di registro, imposta ipotecaria e catastale, imposta sostitutiva per i finanziamenti, II edizione, 958 e ss (ed ivi nota 558);  A. Lomonaco, Note in tema di tassazione della caparra confirmatoria nei contratti preliminari (Studio C.N.N. del 9 novembre 2011, n. 185 -2011/T) e, tra i documenti di prassi dell’Agenzia delle entrate, Risoluzione 1° agosto 2007, n. 197/E (.PDF) e Circolare del 29 maggio 2013, n. 18/E (.PDF), par. 3.1.

[3] V. par. 4.

[4] Seppur suggestiva, non appare condivisibile la tesi (invero formulata in via di mera ipotesi) per la quale il tenore letterale della Nota all’art. 10 consentirebbe di tassare il preliminare che contenga la previsione di caparre e/o acconti con la sola imposta proporzionale dovuta per questi ultimi, senza versare l’imposta fissa propria del preliminare (A. Busani, Imposta cit , 961, nota 563).

O meglio, sarebbe plausibile, se si aderisse all’orientamento dell’Agenzia (v. par. 5), secondo cui l’imposta proporzionale in parola debba restare definitivamente acquisita all’Erario.

Come si dirà oltre, però, tale orientamento non sembra avere fondamento, in quanto l’imposta proporzionale è dalla legge richiesta solo in via temporanea ed è, dunque, destinata sempre a “sparire”, si perfezioni o meno il contratto definitivo.

Se si aderisse all’ipotizzata tassazione dell’assoggettamento del preliminare con caparre/acconti alla sola imposta proporzionale, allora, una volta che essa imposta proporzionale fosse imputata a prezzo o fosse rimborsata, il contratto preliminare resterebbe esente da tassazione ex post.

[5] Ciò in virtù del chiaro disposto della Nota all’art. 10 per la quale le predette imposte proporzionali sono dovute già solo “se il contratto prevede” dazione di somme. Cfr. la citata Circolare 18/E del 2013; D.R.E. Lombardia del 16 settembre 2011, nota n. 114394 (.PDF).

Che anche la caparra possa essere soltanto promessa e non versata è pacificamente ammesso dalla giurisprudenza: cfr., ad es., Cass. 27 luglio 2021, n. 21506 (“il patto con cui si stabilisca la corresponsione di quantità determinata di cose fungibili, per il caso dell’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad esso collegato (cd. contratto principale), allo scopo di rafforzarne il vincolo, ha natura reale e, come tale, è improduttivo di effetti giuridici, ove non si perfezioni con la consegna di tali cose; ciò, tuttavia, non esclude che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possano differire la dazione della caparra, in tutto o in parte, ad un momento successivo alla conclusione del contratto, come previsto dall’art. 1385, comma 1 c.c., purché anteriore alla scadenza delle obbligazioni pattuite, mentre non è consentito escludere la natura reale del patto accessorio, attribuendo all’obbligazione della prestazione della caparra gli effetti che l’art. 1385, comma 2 c.c. ricollega, al contrario, alla sua consegna”);  Cass. 28 febbraio 2018, n. 4661 (“In tema di caparra confirmatoria, le parti, nell’ambito della loro autonomia contrattuale, possono differirne la dazione, in tutto od in parte, ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma, in tal caso, non si producono gli effetti che l’art. 1385, comma 2, c.c. ricollega alla consegna, in conformità alla natura reale del patto rafforzativo del vincolo”) e Cass. 31 ottobre 2013, n. 24563  (“la funzione di anticipazione della prestazione dovuta e di rafforzamento del vincolo obbligatorio propria della caparra confirmatoria – che si perfeziona con la consegna che una parte fa all’altra di una somma di danaro o di una determinata quantità di cose fungibili per il caso d’inadempimento delle obbligazioni nascenti da un diverso negozio ad essa collegato (c.d. contratto principale) – ben può essere assolta anche dalla dazione di effetti cambiari in epoca successiva alla stipulazione di un contratto preliminare, così differendosi la consegna ad un momento successivo alla conclusione del contratto principale, ma a condizione che la scadenza della promessa di pagamento contenuta nei pagherò cambiari sia anteriore a quella delle obbligazioni pattuite con il preliminare.

E’ il caso forse di precisare che l’imposta proporzionale è dovuta anche quando il versamento di caparre/acconti sia prevista in contratti preliminari sottoposti a condizione sospensiva; non invece nel caso in cui sia esso stesso versamento ad essere sospensivamente condizionato, restando in tal caso la tassazione sospesa fino al verificarsi della condizione, giusto il disposto dell’art..27 TUR (cfr. A. Busani, Imposta cit, 960, nota 560).

[6] Risoluzione del 30 ottobre 2008, n. 407/E (.PDF), con riguardo alla caparra versata in sede di stipula del contratto preliminare di acquisto di terreno agricolo destinato a costituire un compendio unico, e DRE Lombardia del 16 settembre 2011, nota n. 114394 cit., per la quale “nel caso in cui per i beni immobili oggetto di preliminare siano previsti regimi di esenzione o regimi agevolativi, tali regimi non si estendono al contratto preliminare, con la conseguenza che la tassazione applicabile al preliminare potrebbe eccedere quella applicabile al definitivo. Il contratto preliminare, infatti, è un contratto a meri effetti obbligatori, avente ad oggetto la promessa di vendere e, rispettivamente, di acquistare un dato immobile. Detto contratto, dunque, non produce alcun effetto traslativo o costitutivo di diritti reali, comportando solo l’assunzione dell’obbligo di stipulare successivamente il contratto traslativo.

Di conseguenza la tassazione agevolata applicabile al contratto definitivo, che peraltro potrebbe anche non venire stipulato, non può estendersi al contratto preliminare, produttivo di coli effetti obbligatori

[7] L’imputazione non riguarda invece l’imposta fissa cui è soggetto il contratto preliminare (Circolare 18/E del 2013, par. 3.1)

[8] A. Busani, Imposta cit., 963.  Per Cass.3 ottobre 2007, n 20713, le disposizione dell’art. 10 confermano  “(…) da un lato, che contratto preliminare e contratto definitivo contengono dichiarazioni dispositive di un commercio giuridico da considerare unitariamente per l’imposta di registro, e, dall’altro, prevede espressamente due ipotesi di trasferimento di danaro in sede di contrattazione preliminare, per le quali si statuisce che l’imposta principale si fraziona in un acconto – quella pagata in sede di registrazione del contratto preliminare – e in un saldo – quella pagata in occasione della registrazione del contratto definitivo.

[9] A. Lomonaco, Note in tema di tassazione della caparra confirmatoria nei contratti preliminari, Studio n. 185-2011/T, in CNN Notizie del 21 dicembre 2011.

[10] A. Lomonaco – D. Barone, I chiarimenti cit. (in CNN Notizie del 10 novembre 2021 n. 208).

[11] A. Busani, Imposta cit. 964 e A. Lomonaco, Note cit., Studio n. 185-2011/T (in CNN Notizie del 21 dicembre 2011).

[12] Cass. 23 giugno 2021, n. 17904.

[13] Come correttamente osservato da A. Lomonaco, Note cit. Studio n. 185-2011/T, in CNN Notizie del 21 dicembre 2011 (paragrafo. 3) e ribadito da A. Lomonaco – D. Barone, I chiarimenti cit., in CNN Notizie del 10 novembre 2021 n. 208.

[14] Così invece l’Agenzia nella Circolare under 36 e negli altri documenti di prassi citati alla nota 6.

[15] Magari sollecitata proprio dalla categoria notarile. Si veda quanto scritto su Federnotizie, in “Clausola penale illegittimamente tassata: Agenzia delle Entrate condannata a rifondere le spese“.

Si allega una bozza di istanza di annullamento in autotutela (.DOCX). In caso di mancato accoglimento della stessa (e di fallimento del tentativo di mediazione), il contenuto dell’istanza potrà essere replicato in un eventuale ricorso alla competnete Commissione Tributaria.

[16] Come dovrebbe a breve accadere con la tassazione del Trust (Per un esaustivo excursus “Tassa fissa per i trasferimenti in trust: la Cassazione conferma“(Federnotizie.it), secondo quanto si legge nella bozza di Circolare (.PDF) pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate).

[17] Quale, ad esempio, quella prevista dall’art, art. 7, Tariffa – Parte Prima TUR per i trasferimenti a titolo oneroso di unità da diporto.

[18] Così generalizzando quanto affermato dalla sopracitata Cass. 23 giugno 2021, n. 17904.

Si segnala, tuttavia, che, anche chi sostiene la tesi della tassazione di caparre/acconti nei limiti dell’imposta proporzionale dovuta per il contratto definitivo, non perviene a tale ulteriore (estrema) conclusione, almeno con riguardo alla tassazione della caparra prevista nei contratti preliminari preordinati alla stipula di contratti definitivi soggetti ad IVA che scontano l’imposta d’atto in misura fissa.

Per A. Lomonaco, Note cit., Studio n. 185-2011/T, in CNN Notizie del 21 dicembre 2011 (paragrafo 3) “resta infine dubbio se tale limite massimo possa operare anche nell’ipotesi in cui il contratto definitivo sia “soggetto ad IVA” ai sensi dell’art. 40 D.P.R. n. 131/1986 (applicandosi in tal caso l’imposta di registro in misura fissa per il principio di alternatività) ed in sede di registrazione del preliminare sia stata pagata un’imposta proporzionale di registro per la pattuizione di una caparra confirmatoria (non avente anche natura di acconto prezzo), potendosi intendere il meccanismo dell’imputazione, previsto dalla nota cit., circoscritto ai soli casi in cui la tassazione dell’operazione emergente dalla sequenza preliminare-definitivo sia soggetta ad un’imposizione omogenea, ossia rientri nel campo di applicazione dell’imposta di registro”.

In senso analogo A. Busani, Imposta cit., 968, il quale inoltre (cfr. nota 566 a pag. 962) ritiene che l’imposta proporzionale versata per la caparra possa essere imputata all’imposta fissa principale dovuta per il definitivo.

Per entrambi gli Autori ora citati, comunque, in questo caso, stipulato il definitivo, si dovrebbe consentire all’acquirente di chiedere il rimborso dell’imposta proporzionale versata per la caparra, quantomeno quando quest’ultima sia imputata a corrispettivo: in caso contrario, infatti, le somme inizialmente versate a titolo di caparra e poi imputate a corrispettivo, risulterebbero assoggettate sia ad IVA che a registro, in violazione del principio di alternatività.

[19] L’imputazione in parola, non di rado, può precludere all’acquirente di utilizzare appieno il credito di imposta cui avrebbe eventualmente diritto ex art. 7, commi 1 e 2, L. n. 448/ 1998 (v., al riguardo le osservazione di A. Busani, Imposta cit., 964 e ivi nota 573). In tal caso, comunque, l’amministrazione finanziaria consente di utilizzare il residuo credito non goduto, come chiarito nella Circolare del 24 aprile 2015 n.17/E (.PDF), par. 4.9.

[20] Si consideri anche che il diritto al rimborso è soggetto al termine di decadenza (3 anni), con ulteriore (ingiustificata) penalizzazione per il contribuente.

[21] Per le conseguenze in caso di atti soggetti ad IVA, quando l’acquisto non è agevolato come invece si era previsto nel preliminare,  si rinvia all’approfondita analisi di A. Busani, Imposta cit., 976 e ss.

[22] Cfr. ancora  Cass. 23 giugno 2021 n. 17904: “se si aderisce a questa tesi, deve necessariamente darsi ingresso anche ad un diritto al rimborso dell’importo pari alla maggiore tassazione del contratto preliminare rispetto al contratto definitivo”.

[23] Si veda lo schema di istanza allegato (.DOCX).

[24] V. nota 18.

[25] Nel caso di acquisto con agevolazione p.p.c., o di acquisto di bene strumentale ex art. 10 comma 1, n. 8ter), DPR n. 633/1972, al momento della registrazione del contratto definitivo, si potrebbe, forse, anche ipotizzare la compensazione con l’imposta catastale dovuta nella misura dell’1% o, rispettivamente, con l’imposta ipotecaria (3%) o catastale (1%).

Ciò almeno nel caso in cui il contratto preliminare sia stato ricevuto e registrato dal medesimo notaio che registra il definitivo, ex art. 3 ter, D. Lgs. n 46371997, considerando quella versata al preliminare alla stregua di un’imposta (che ex post è divenuta) versata in eccesso in sede di autoliquidazione del contratto preliminare.

[26] In generale sul diritto alla restituzione, in caso di nullità o annullamento dell’atto per causa non imputabile alle parti, cfr art. 38, comma 2, TUR (non applicabile all’ipotesi di risoluzione consensuale del contratto, secondo Comm. Trib. Reg. Lazio, n. 285/2011).

La conclusione di cui al testo vale, tuttavia, anche nel caso di risoluzione consensuale del contratto preliminare.

Ciò non è necessariamente in contrasto con la ricorrente affermazione (A. Fedele, La rilevanza fiscale di riserve a disporre e condizioni di reversibilità nelle donazioni, in Riv. Dir. Trib., 2000, I, 1019; cfr anche A. Busani, Imposta cit., 881 e s. ) secondo la quale l’imposta di registro regolarmente riscossa non viene restituita in caso di risoluzione del contratto, in quanto il diritto alla restituzione deriva ora dalla stessa natura meramente anticipatoria e temporanea dell’imposta di cui si chiede la restituzione.

Sarebbe invece imponibile l’eventuale restituzione (dal promittente venditore al promissario acquirente delle somme da questi versate al primo a titolo di caparra/acconto) derivante dalla risoluzione consensuale.

A tal proposito la prassi degli Uffici è orientata a tassare la restituzione contestuale alla risoluzione con applicazione dello 0,50% prevista dall’art. 6, Tariffa, Parte I, TUR per le quietanze; e la restituzione solo promessa con l’applicazione 3%, ex art. 9, Tariffa, Parte I, TUR. considerando la restituzione alla stregua di un corrispettivo ex art. 28 TUR (Cfr. anche G. Santarcangelo, La tassazione degli atti notarili, Quinta edizione, 1004).

Invero, anche quest’ultima affermazione meriterebbe di essere rimeditata, in quanto, non trattandosi ora di un corrispettivo della risoluzione, appare incoerente che “la promessa di una dazione” possa scontare un’imposta più gravosa di quella prevista per “la dazione”.

Del resto, come sopra esposto, per il caso di caparra prevista nel contratto preliminare, la tassazione è pacificamente sempre la stessa (0,50%), sia che la caparra sia versata sia che la stessa sia solo promessa.

[27] Cfr. A. Lomonaco, Note cit., Studio n. 185-2011/T, in CNN Notizie del 21 dicembre 2011 e riferimenti alla nota 32.

[28] E prima ancora Cass. 15 giugno 2007, n. 14028, 14028 per la quale è “infatti evidente che, essendo dovuta per i contratti preliminari “di ogni specie” solo l’imposta fissa – quale imposta sull’atto, non sui suoi effetti, come prescrive la Legge di registro, art. 1 anche quello in esame deve, in origine, scontare tale imposta (…).
Quanto all’imposta proporzionale da versare in anticipo sugli acconti, si osserva che simile eccezione – per cui l’imposta è (parzialmente) dovuta in relazione ad un atto ancora da stipulare – è totalmente priva di ragion d’essere allorché, non essendo pervenute le parti alla conclusione del contratto definitivo di trasferimento di diritti sul bene, l’acconto sia stato (o debba essere) restituito. (…)  A questo proposito, non vale osservare che nessuna norma prevede la restituzione dell’imposta versata sull’accento, in eccedenza rispetto alla misura fissa, quando il contratto definitivo venga a mancare.

In realtà, la disposizione eccezionale prevedente l’anticipazione d’imposta, da computare in quella “principale dovuta per la registrazione del contratto definitivo” – come recita, in fine, la nota aggiunta al citato articolo 10 della Tariffa – non può essere estesa dall’interprete al diverso caso in cui la registrazione del contratto definitivo non segua affatto, per mancata stipula di questo.

In tal caso, l’imposta parziale, anticipatamente versata, risulta indebitamente trattenuta dal fisco che, perciò, è tenuto alla restituzione in base ad una regola di carattere generale, di cui è traccia evidente nel D.P.R. n. 131 del 1986 art. 77 (…)”.

[29] Si veda lo schema di istanza allegato (.DOCX).

 

La tassazione di caparre confirmatorie e acconti nei trasferimenti onerosi esenti o agevolati ultima modifica: 2022-07-06T08:30:25+02:00 da Redazione Federnotizie
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