1. Dalla nullità all’inefficacia parziale delle vendite di immobili di edilizia residenziale pubblica a prezzo superiore a quello massimo di cessione
di Massimo Saraceno
La degradazione da nullità a inefficacia, in entrambi i casi parziale[1], della sanzione per la violazione dei limiti costituiti dal prezzo massimo di cessione degli immobili interessati dalle convenzioni ex art.35 della legge 22 ottobre 1971 n.865 ad opera dell’art.25 undecies del D.L. 23 ottobre 2018 n.119, convertito nella legge 17 dicembre 2018 n.136, che ha modificato il comma 49 bis e introdotto il comma 49 quater nell’art.31 della legge 23 dicembre 1998 n.448, induce più d’una riflessione, sia di ordine sistematico che pratico-applicativo, sugli spazi che la novella ha dischiuso all’autonomia negoziale nella stipula degli atti di compravendita aventi ad oggetto gli immobili suddetti per i quali non sia stato intrapreso o non sia completato l’iter per l’affrancazione.
La ricostruzione del “nuovo” statuto normativo della circolazione degli immobili di edilizia residenziale pubblica convenzionata avrà, d’ora in avanti, anche il pregio della stabilità (salvi successivi interventi riformatori) alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n.210 del 23 settembre 2021 che, nel dichiarare non fondate le questioni di legittimità costituzionale del suddetto art. 25 undecies del D.L. 119/2018 e dell’art.31 commi 49 bis, 49 ter e 49 quater della legge 23 dicembre 1998 n.448 in riferimento agli artt.3, 24, 42, 47, secondo comma, 77, secondo comma, 101, 102, 104, 111 e 117, primo comma, della Costituzione, ha confermato la plausibilità della scelta legislativa di qualificare in termini di inefficacia parziale, e non più di nullità parziale, la patologia negoziale dalla quale sono affetti gli atti di vendita a prezzo superiore a quello massimo di cessione. Continua a leggere