“L’atto notarile non può essere ricevuto dal notaro se non in presenza delle parti”.
Questa affermazione, contenuta nell’apertura dell’articolo 47 della legge notarile, è da sempre apparsa scontata e chiara, tanto da non aver interessato granché gli studiosi di cose notarili.
E ciò ha forse narcotizzato la dottrina notarile, che non ha indagato con frequenza sulla possibilità che gli atti notarili potessero essere privi di parti, orientando così la prassi, da sempre propensa a aderire ad interpretazioni difensive (da cui l’orrenda locuzione “tuziorismo”), ad inventarsi “parti “anche quando esse non erano necessarie ai fini della formazione del documento.
Ma poi è arrivata la pandemia che, è quasi stucchevole ripeterlo, ha sconvolto abitudini consolidate e provocato ripensamenti destinati a cambiare la vita quotidiana.
Ci si è trovati nella necessità di chiedersi, questa volta purtroppo partendo da fattispecie concrete che vedevano coinvolti soggetti impossibilitati a presenziare, in quali casi l’atto notarile non necessitasse l’intervento e quindi la sottoscrizione delle parti e quali potessero essere le possibili estensioni rispetto ai pochi casi frequentati dalla prassi.
Ed è infine arrivato l’articolo di Luca Iberati recentemente pubblicato su questa rivista, sapiente ricostruzione scientifica del tema che, con questo contributo, si vorrebbe arricchire con una casistica.