Con la sentenza n. 02643/2021 (Reg. prov. Coll.) n. 02997-2018 (Reg. Ric.), pubblicata oggi, il Consiglio di Stato (Sezione Sesta) ha accolto il ricorso in appello proposto dal Consiglio Nazionale del Notariato con cui si chiedeva la riforma della sentenza del TAR Lazio n. 10004/2017 che aveva rigettato l’istanza del CNN di annullamento del DM 17 febbraio 2016 (e dei provvedimenti attuativi collegati) portante la possibilità di costituire una startup innovativa in assenza di atto pubblico.
La sentenza riafferma l’importanza dell’atto pubblico in sede di costituzione della s.r.l. con argomentazioni molto significative che si riassumono brevemente in questo primo commento di sintesi.
Come noto, in forza del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3 (successivamente convertito con modificazioni con l. 24 marzo 2015, n. 33) e del successivo DM 17 febbraio 2016, emanato dal Ministero dello Sviluppo Economico:
– in deroga all’art. 2463 c.c., è possibile costituire una startup innovativa non solo attraverso atto pubblico, ma anche in forma elettronica, con firma digitale, seguendo un modello standard predisposto dal Ministero dello sviluppo economico, senza che sia richiesta alcuna autentica di sottoscrizione;
– di tale costituzione viene data “iscrizione provvisoria” nella sezione ordinaria del registro, con apposita annotazione, e, su istanza dell’interessata, nell’iscrizione nella sezione speciale ex art. 25 d. l. n. 179/2012 (conseguibile soltanto dopo l’iscrizione provvisoria; artt. 2 e 3);
– in caso di cancellazione dalla sezione speciale per motivi sopravvenuti, la società “mantiene l’iscrizione in sezione ordinaria, senza alcuna necessità di modificare o ripetere l’atto, fino ad eventuale modifica statutaria” (secondo le regole ordinarie di cui all’art. 2480 c.c.; art. 4).
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Tra le varie argomentazioni addotte dal CNN a sostegno del proprio ricorso volto all’annullamento del DM 17 febbraio 2016 (e dei provvedimenti attuativi collegati), si segnalano in particolare quelle relative alla incompatibilità del procedimento di iscrizione dell’atto costitutivo e delle successive modificazioni delle startup innovative con il rilevante quadro normativo di riferimento:
– sia interno, cioè delineato dalle fonti di legislazione primaria (con riferimento al d.l. 24 gennaio 2005 e alla disciplina nazionale in punto di competenza degli Uffici del Registro delle Imprese);
– sia europeo, cioè delineato dalle direttive europee 2009/101/CE e 2017/1132/UE;
Dal primo punto di vista, il CNN ha osservato che:
(i) il Ministero, attraverso il decreto impugnato, anziché limitarsi ad approvare un modello standard di atto costitutivo/statuto, ha introdotto una evidente deroga al sistema – attraverso una norma di fonte secondaria che non poteva avere alcuna portata innovativa – prevedendo tra l’altro, che “l’atto costitutivo e lo statuto, ove disgiunto, sono redatti in modalità esclusivamente informatica” (ciò nonostante il d.l. 24 gennaio 2005 concepisse la forma elettronica come mera alternativa all’atto pubblico: cfr. art. 4, comma 10-bis del d.l. 24 gennaio 2015, n. 3);
(ii) la disciplina nazionale (art. 11 DPR 581/1995) attribuisce agli Uffici del Registro delle Imprese la competenza ad un controllo di tipo eminentemente formale, non diretto ad accertare l’effettiva esistenza delle condizioni per l’iscrizione della società nel registro, ma basato sull’esame della documentazione presentata dal notaio.
Dal secondo punto di vista, il CNN ha evidenziato che “le direttive europee hanno affermato la necessità del controllo di legalità in sede di costituzione, modificazione ed estinzione delle società di capitali, prescrivendo a tutela dei soci e dei terzi che, nel caso di assenza di controllo preventivo (amministrativo o giudiziario) al momento della costituzione, l’atto costitutivo, lo statuto e le loro modifiche devono rivestire la forma dell’atto pubblico”.
Nell’accogliere il ricorso proposto dal CNN il Consiglio di Stato ha avuto modo di:
– ricordare che “in base all’art. 11 della Direttiva 2009/101/CE “in tutti gli Stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, l’atto costitutivo e lo statuto della società e le loro modifiche devono rivestire la forma di atto pubblico” (è di analogo tenore l’art. 10 della successiva Direttiva 2017/1132/UE)”;
– affermare che nel nostro ordinamento tale controllo preventivo non è affidato al Registro delle Imprese dal momento che al conservatore del Registro Imprese è “consentito un controllo meramente formale” e “comunque e sempre limitato a quei vizi dell’atto che devono essere estrinseci all’atto stesso, rilevabili immediatamente, senza che si rendano a tal fine necessari accertamenti, che esulerebbero dai poteri di controllo del conservatore”;
– confermare quanto già statuito dal TAR Lazio con la sentenza n. 10004/2017 (sentenza qui impugnata sugli altri capi) ossia che, “in assenza di un’idonea copertura legislativa al riguardo”, l’iscrizione alla sezione ordinaria di una startup cancellata dalla sezione speciale possa “permanere” nella sezione ordinaria del Registro Imprese solo se la società possieda i requisiti di forma e di sostanza di una comune s.r.l. (al fine di evitare un facile aggiramento della normativa sulla costituzione delle s.r.l.).
La sentenza che promana dalla massima autorità del Consiglio di Stato conferma la centralità del controllo del notaio sulla costituzione di s.r.l. e costituirà un ulteriore punto di riferimento nella adozione della Direttiva 2019/1115.
Testo integrale della Sentenza

AUTORE

Nominata notaio a luglio 2017, ha conseguito l’abilitazione alla professione forense nel 2011 e il dottorato in diritto commerciale nel 2014; collabora con l’Università Cattolica del Sacro Cuore in qualità di ricercatrice in diritto commerciale, titolare del corso in Comparative Company Law e di insegnamenti nell’ambito del Master Universitario di II livello in Corporate Governance presso la facoltà di Economia.