L’ordinanza della Corte di Cassazione del 26 luglio 2018 n. 19799, secondo cui vi è scambio di corrispondenza anche quando proposta e accettazione siano intervenute tra presenti, esprime alcune conclusioni sull’istituto della c.d. enunciazione che meritano di essere segnalate per la ricorrenza della fattispecie nella pratica dell’attività notarile e costituisce anche occasione per accennare, senza alcuna pretesa di scientificità, agli altri e più moderni strumenti per attribuire ai documenti scambiati tra le parti una data certa[1].
di Ruben Israel Notaio in Milano
Lo scambio di corrispondenza non è materia estranea all’attività notarile: essa spesso accompagna, seppur trasversalmente, atti che siamo chiamati a stipulare in modo formale. Mi riferisco ad esempio a operazioni di finanziamento ove spesso, a latere degli atti notarili ed a supporto di quel corredo documentale che la terminologia degli studi legali definisce security package, vi sono accordi che veniamo richiesti[2] di munire di data certa mediante confezione di copia autentica di proposta ed accettazione. Ma non meno importanti e frequenti sono altre evenienze in cui, sempre a margine di atti in forma autentica, veniamo richiesti della stessa attività per documentare, con rilevanza verso possibili contestazioni, la data (e quindi anche l’esistenza) di altri documenti scambiati tra le parti: accordi che dettagliano earn-out, liberazioni extra assembleari di aumenti di capitale con utilizzo di finanziamenti soci[3] o, più semplicemente, accordi che documentino, a margine di una compravendita, l’erogazione della provvista da parte di un terzo. Si tratta in tale ultimo caso di finanziamenti che vengono definiti prestiti graziosi, effettuati, senza intento liberale, da terzi che, per i legami intercorrenti coll’acquirente, si aspettano una lunga restituzione rateale, spesso senza interessi, della somma. Il comune denominatore di tali ipotesi, è evidente, risiede in prevalenza in motivazioni fiscali, spesso volte ad evitare una enunciazione che, attraverso l’emersione dal corpo dell’atto, potrebbe attivare una pretesa impositiva del Fisco; non sono peraltro da escludere anche esigenze di riservatezza volte a relegare tra le sole parti specifiche pattuizioni contrattuali che, per il meccanismo di pubblicità cui sono sottoposti gli atti notarili, non sempre è opportuno che vengano rese conoscibili ai terzi.
Modalità e condizioni perché si possa parlare di scambio di corrispondenza – Gli operatori di contrattualistica in campo societario sono a conoscenza del principio per cui gli atti formati per corrispondenza, un tempo ulteriormente qualificata “commerciale”, escludono la registrazione in termine fisso e fanno sorgere l’obbligo relativo solo in caso d’uso[4].
E’ allora opportuno, come ha fatto la Cassazione nella decisione in commento, chiarire preliminarmente quali siano le condizioni per configurare la fattispecie prevista dalla Legge di Registro. Essa si riferisce testualmente agli “atti formati mediante corrispondenza”, ma cosa significa esattamente la formazione mediante corrispondenza? Possiamo tranquillamente affermare che il meccanismo di scambio del consenso deve risultare da una proposta in forma di lettera e cioè di scambio epistolare che proviene da una parte e destinata all’altra: ci si riferisce, per le fattispecie contrattuali, al meccanismo di scambio di proposta ed accettazione come previsto dall’art. 1326 C.C.; è lo stesso codice civile che, nella normativa generale sulla formazione del contratto, prevede come caso tipico quello di conclusione inter absentes: il Codice non ha ritenuto opportuno disciplinare la formazione del contratto inter praesentes codificando la regola della proposta ed accettazione come se le controparti, proponente ed oblato, non si trovino nel medesimo luogo. Per soddisfare il requisito formale richiesto dalla legge, bisogna quindi evitare il perfezionamento contestuale, tipico, almeno di regola, dell’attività notarile, ove le parti, una di fronte all’altra, appongono contestualmente le proprie sottoscrizioni al medesimo documento.
Così se un documento contiene gli elementi formali e sostanziali di un negozio, ed in particolare le sottoscrizioni di tutti coloro che ne sono parti, è, di regola ai fini dell’imposta di registro, una scrittura privata soggetta a registrazione in termine fisso, anche se si presenta come corrispondenza. Trattandosi di questione attinente alla forma documentale occorre osservare il requisito prescritto dalla norma nel senso che tutta la struttura documentale deve assumere i caratteri della corrispondenza, dall’inizio alla fine e così dalla intestazione alla sottoscrizione: essa dovrà necessariamente essere apposta dal proponente e dall’accettante e mai da entrambi sullo stesso esemplare cartaceo[5].
Le modalità operative più ricorrenti sono quelle in cui il proponente invia o consegna una proposta (da lui) sottoscritta corredata di una copia richiedendo a controparte di sottoscriverla o di ricopiare la proposta in segno di accettazione. Alcuni autori[6] affermano che sarebbe possibile anche utilizzare un unico documento e cioè una proposta che, una volta sottoscritta dal mittente-proponente, venga inviata al destinatario e poi da questi rispedita al mittente dopo essere stata firmata in segno di accettazione. Tuttavia tale modalità, a parte il fatto di potersi prestare a successive contestazioni da parte di terzi ed in particolare dalla Agenzia delle Entrate[7], è da altri[8] considerata non rispettosa nella norma, in quanto per corrispondenza deve intendersi l’incontro della volontà delle parti che si perfeziona attraverso una duplice, autonoma (e sostanzialmente identica) rappresentazione documentale: non si ha quindi corrispondenza, ma vera e propria scrittura privata se da un unico documento, sia pure redatto e spedito in forma epistolare sia possibile desumere tutti gli elementi essenziali del contratto e in particolare la sottoscrizione di coloro che vi figurano come contraenti. Anche la giurisprudenza tributaria e la prassi della Agenzia delle Entrate[9] sposa la tesi più restrittiva della necessaria duplicità documentale.
Spedizione postale e modalità equipollenti e gli altri strumenti suscettibili di attribuire la data certa – Sulle modalità con cui l’oblato viene a conoscenza della proposta a lui indirizzata, dottrina e prassi contrattuale più recenti non hanno mai considerato la spedizione postale che, peraltro, non è nemmeno richiesta dalla legge, condizione necessaria al fine di configurare la fattispecie fiscale, pur essendo questa la modalità tradizionale. Prassi e giurisprudenza tributaria[10] e così la Cassazione in commento, ammettono anche diverse forme purchè vi sia una materiale trasmissione del carteggio (o, come vedremo poi, anche del file elettronico che lo rappresenta) da un soggetto all’altro e quindi un inoltro e una consegna, financo, come giustamente fa notare la Cassazione, contestuali: ciò potrebbe avvenire anche per mezzo di una raccomandata a mano[11] che, nonostante il nome, non è evidentemente una forma di spedizione postale.
Il servizio postale, nell’ambito della comunicazione del consenso mediante corrispondenza poteva, sino a qualche anno or sono, essere utilizzato anche in funzione diversa ed ulteriore rispetto alla spedizione, come avveniva con la procedura ormai abrogata del c.d. corso particolare[12]. L’utilizzo del servizio postale in funzione alternativa alla spedizione, in analogia a quanto avveniva con il corso particolare, avveniva sino al 1 aprile 2016 nelle forme della c.d. autoprestazione. Con tale servizio, oltre ad ottenere la certo-datazione del documento, poteva essere effettuata la consegna diretta (anche a mano) dal mittente al destinatario col beneficio del sicuro perfezionamento mediante il c.d. scambio di corrispondenza previo assolvimento del tributo postale e purchè il formalismo fosse ripetuto per entrambi i documenti costituenti proposta ed accettazione. Un coinvolgimento, quindi, del servizio postale non in funzione di trasmissione, ma in quella di certo-datazione molto utilizzato, sino a qualche anno fa in campo bancario e finanziario. Ed è evidente, essendo la più parte dei negozi finanziari in campo I.V.A. e quindi soggetti in ogni caso a tassazione solo in caso d’uso ed a prescindere dallo scambio di corrispondenza, che in tali ambiti l’esigenza di una marcatura temporale (che per prassi oggi avviene in via digitale) risponde ad esigenze diverse da quelle fiscali.
Oggi infatti, venuta meno la possibilità di “certo-datazione” postale, esistono diversi strumenti, forniti anche dalla stessa Poste Italiane Spa, come la “data certa digitale Postel” ed anche da altri soggetti, che utilizzano marcatori temporali per attribuire ai documenti la prova della certezza della loro data. Si tratta in particolare di strumenti che sono idonei ad apporre una marcatura “virtuale” sul documento informatico associando allo stesso data e ora certa. Tale marcatura è un servizio fornito dai certificatori accreditati che permette di associare data e ora certe e legalmente valide ad un documento informatico, consentendo quindi di associare una validazione temporale opponibile a terzi e che, ai nostri fini (per configurare lo scambio di corrispondenza), può essere utilizzato anche su documenti non firmati digitalmente. Senza entrare nel dettaglio delle concrete modalità e sui requisiti affinchè ciò avvenga, possiamo tuttavia affermare con certezza che è oggi possibile datare in maniera certa e opponibile a terzi un documento attraverso la marca temporale, che può essere apposta su ogni tipologia di documento – sia esso nativo su supporto cartaceo o su supporto elettronico – attestando l’esistenza del documento stesso ad una determinata data ed ora.
E così come avveniva per la marcatura a mezzo timbro postale ancora oggi può sostenersi la piena e legittima configurazione dello scambio di corrispondenza, laddove proposta ed accettazione – si badi, sempre in separati documenti – siano marcate digitalmente.
Al netto delle nuove modalità offerte dalla informatica e dalla sua costante evoluzione non vi è, quindi, alcuna ragione di ritenere non ammissibile anche lo scambio a mezzo di corriere, di posta certificata[13] oppure di una trasmissione a mani dal mittente o da un suo incaricato. Quello che rileva, ripetesi, è sempre la duplicità documentale e delle sottoscrizioni, qualunque sia poi lo strumento utilizzato per cristallizzare e reciprocamente relazionare le due volontà.
Deve reputarsi compreso nello scambio di corrispondenza anche lo scambio via internet di proposta ed accettazione, come ha avuto modo di precisare, seppur con riferimento al caso d’uso per l’imposta di bollo[14] l’Amministrazione Finanziaria[15] con riferimento alle locazioni di durata inferiore ai 30 giorni. Secondo la stessa Amministrazione rientrano tra gli atti redatti in forma di corrispondenza, anche i contratti di locazione di immobili formalizzati tramite la restituzione, per posta o tramite e-mail, da parte del cliente di un format di accettazione della proposta contrattuale, precedentemente inviata via mail: tale documento, pertanto, se inerente ad una locazione di durata inferiore a trenta giorni nell’anno, dovrà essere assoggettato all’imposta solo in caso d’uso, e cioè solo se presentato alla Agenzia delle Entrate per la registrazione.
Anche lo scambio di proposta ed accettazione a mezzo di posta elettronica certificata (PEC) da un lato può garantire, quale mezzo di comunicazione e di inoltro[16], la data certa perché fornisce al mittente- proponente ed al destinatario-oblato la prova legale dell’invio e della consegna del documento informatico, dall’altro, per sua natura, contiene già in sé la necessaria duplicità documentale se ed in quanto venga appunto utilizzata con diversi invii in funzione di proposta e di accettazione.
E’ pertanto possibile ed oggi vieppiù frequente a tale duplice fine inviare il documento elettronicamente (e firmato digitalmente se si vuole ottenere anche la sua data certa) tramite PEC, e conservando telematicamente le e-mail inviate dal gestore, con cui si certifica la presa in consegna del messaggio e il suo recapito[17]. Altrimenti, se il documento inviato via PEC non è stato firmato digitalmente esso sarà idoneo a configurare la fattispecie di scambio di corrispondenza, ma non potrà essere opposto ai terzi (o meglio non potrà essere opposta la sua data) ai sensi dell’art. 2704 C.C. Non dimentichiamo infatti che la questione di data certa, come stabilisce anche la stessa norma, è questione di rilevanza verso i terzi e mai verso le parti che la sottoscrissero potendo esse far valere la data con qualunque mezzo.
Il ruolo del notaio – In presenza del notaio la certo-datazione, con scambio di proposta ed accettazione, è sempre avvenuta ed avviene agevolmente mediante predisposizione di copie conformi delle stesse: in tale ambito i compiti attribuiti al notaio, al di fuori del ricevimento di atti, consentono di apprezzarne ulteriori funzioni oltre alla redazione degli atti. Egli, spesso dopo aver suggerito il contenuto, estrarrà copia fotostatica del documento (anzi dei due o più documenti di cui consta lo scambio di corrispondenza) e verificata la loro conformità con gli originali firmati, attesterà, datandola ed eventualmente annotandola a repertorio[18], la conformità all’originale della copia rilasciata. Analogamente a quanto avviene colla procedura del “piego”, il notaio attesterà sul documento stesso la conformità all’originale e, ove questo sia formato da più pagine, apporrà la propria sottoscrizione documentando nella propria dichiarazione il numero di pagine come usualmente si procede nel rilascio di una copia. Prima di procedere il notaio sarà tenuto a verificare che l’atto a lui prodotto abbia tutti i requisiti per la registrazione in caso d’uso per scambio di corrispondenza, altrimenti, laddove accerti l’obbligo di registrazione in termine fisso del documento a lui prodotto, come nell’ipotesi in cui contenesse entrambe le sottoscrizioni, dovrà astenersi dal predisporne copia conforme, in applicazione del principio desumibile dall’art. 65 TUR[19]. Dovrebbe a mio avviso astenersi dal predisporre copia conforme dell’unico documento sottoscritto da entrambe le parti anche nelle ipotesi in cui l’atto, pur soggetto a registrazione in caso d’uso perché in campo I.V.A., fosse sottoscritto da entrambe le parti perché la copia conforme dell’unico documento verrebbe a costituire modalità surrettizia per evitare la registrazione ad imposta fissa, altrimenti necessaria con l’autenticazione delle sottoscrizioni o con la presentazione dell’originale non autenticato per la registrazione (volontaria). Da ultimo, ritengo personalmente che, anche nei casi in cui la legge richiede la forma scritta a pena di nullità (pensiamo alle vendite immobiliari) sia inibito al notaio il rilascio di copia conforme di proposta ed accettazione anche su documenti separati perché pure qui difettano i requisiti minimi previsti dalla legge di registro. Con lo stesso ragionamento sarebbe invece ammissibile il rilascio di copia conforme di proposta ed accettazione di cessione di quote di S.r.l. in quanto qui – come è a tutti noto – la forma scritta non dovrebbe essere richiesta ad substantiam ma ai soli fini della pubblicità camerale.
Non può quindi che salutarsi con soddisfazione l’intervento della Suprema Corte, la quale, superando la terminologia della norma che si riferisce alla “corrispondenza”, ha evolutivamente chiarito quali siano i requisiti della fattispecie consentendo il suo svolgimento a supporto della prassi contrattuale al di fuori dallo stringente obbligo di registrazione in termine fisso.
Le generali indicazioni che ho cercato di riassumere su modalità operative, su quelle alternative all’intervento notarile, accanto ad una buona padronanza delle condizioni e requisiti prescritti, non possono che arricchire di contenuti la nostra funzione tradizionale che, nel rispetto delle norme e nella fedeltà anche fiscale, che informa il nostro ufficio, può suggerire alle parti utili scritturazioni a latere dei nostri atti, senza che le stesse corrano il rischio di non poter opporre ai terzi, compresa la Agenzia delle Entrate, la data della scrittura tra loro intervenuta.
[1] Rinvio per tali aspetti a Stucchi, Manente, Chibbaro, Studio n. 1-2017/DI Il documento digitale nel tempo, Approvato dalla Commissione Informatica il 5 dicembre 2017 ed Approvato dal C.N.N. nella seduta del 22 e 23 febbraio 2018. Lo studio, in particolare, oltre a chiarire le modalità digitali di confezione dei documenti e la loro validità temporale, tratta esaustivamente i rapporti tra atto digitale e data certa e quelli tra il documento informatico ed l’omologo documento cartaceo tradizionale relativo al medesimo negozio giuridico documentato sia in forma cartacea che digitale.
[2] L’art. 1 del R.D. n. 1666/1937, al comma 5, concede ai notai la facoltà di rilasciare copie od estratti di documenti ad essi esibiti (…), salva sempre all’autorità presso cui se ne fa uso, la facoltà di richiedere l’esibizione degli originali.
[3] E’ a tutti nota la sentenza della Corte di Cassazione (30 giugno 2010, n. 15585), che ha stabilito l’assoggettamento ad imposta di registro con aliquota del 3% del contratto verbale con i quali i soci avevano in precedenza finanziato la società ed il cui utilizzo è stato “enunciato” nel verbale assembleare col quale i soci stessi hanno proceduto alla copertura delle perdite ed alla ricostituzione del capitale sociale minimo della società.
[4] La terminologia “scambio di corrispondenza commerciale”, tuttora in uso nella prassi, è spiegabile in quanto, fino al 1973, le fattispecie, per accedere a tale modalità di registrazione, dovevano svolgersi tra soggetti ove almeno uno fosse commerciante i.e. imprenditore. Successivamente fu invece considerata sufficiente la sola forma di corrispondenza prescindendo dalla qualifica imprenditoriale di almeno una delle parti. Nel R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269 era invece adottata diversa soluzione per il trattamento tributario da applicare alla corrispondenza secondo cui erano esenti da tassa di registro e bollo, finché non occorresse farne uso, le lettere con le quali i commercianti sogliono scambiare fra loro proposte od accettazioni di affari, o che contengono mandati, commissioni od obbligazioni, in quanto abbiano per oggetto atti di commercio, nonché la corrispondenza fra commercianti e non commercianti, sempre che abbia per oggetto atti di commercio. Quindi l’agevolazione tributaria, un tempo prevista solo riguardo alle lettere con cui, allora, i commercianti scambiavano fra loro semplici proposte e pedisseque accettazioni ed oggi estesa anche altre ipotesi, prima fra tutte quella che ha riguardo gli atti soggetti ad IVA, costituisce una semplificazione di cui possono beneficiare tutti i contribuenti posponendo l’obbligo di registrazione solo all’eventualità di un successivo caso d’uso.
[5] Si tratta, in sostanza, di quella modalità di perfezionamento, comune alla prassi contrattuale anglosassone, prevista dalla counterparts clause normalmente inclusa in contratti scritti per la quale “the parties to the contract intend they will execute separate copies of the agreement, for example, in transactions where there is no signing meeting”.
[6] Busani, L’imposta di Registro, Ipsoa, 124.
[7] Come ammesso anche dallo stesso autore da ultimo citato che, peraltro, ritiene tale formalismo comunque rientrante nel concetto di scambio di corrispondenza.
[8] Uckmar – Dominici, Registro (imposta di) in Novissimo Dig. It., Appendice; IV, Torino, 1986, 554.
[9] Commissione Trib. Centrale 25.5.1955, n.72242; Commissione Trib. Centrale 17.11.1961, n. 82844; C.M. n.6/310539 del 31.1.1990, Direz. Gen. Tasse.
[10] Commissione Trib. Prov. di Bologna sez I 8 marzo 2006 n.34 in Il Fisco 35/2006.
[11] Commissione Trib. Prov. di Treviso 7 giugno 2012, N. 36/3/12.
[12] Nei regolamenti postali degli Stati preunitari era previsto che, in deroga alla normativa sulla privativa dello Stato, si potessero trasportare le lettere al di fuori dei canali postali solo pagando il diritto di (af)francatura alle Poste dello Stato. Per portarle a destinazione era obbligatorio renderle franche, pagando il corrispettivo all’ufficio postale. Dopo l’Unità d’Italia, la voce corso particolare rimase immutata e la modalità era applicabile alla corrispondenza soggetta alla privativa postale dello stato, resa franca mediante l’applicazione di francobolli di uso comune (cioè per posta ordinaria) annullati con timbro a data delle Regie Poste e la dicitura “corso particolare” applicata a timbro o manoscritta. Successivamente, dopo la seconda guerra mondiale, per favorire i partecipanti con le offerte alle gare di fornitura, da recapitarsi per raccomandata, si concesse agli stessi di presentare le offerte raccomandate in posta per l’affrancatura e la registrazione. La ricevuta emessa aveva validità legale, ma le Poste, non potendo sempre garantire consegna in tempi certi, su richiesta, le ritornavano al mittente che dopo aver firmato per ricevuta provvedeva a sua cura all’inoltro della raccomandata. Successivamente la funzione del corso particolare, già prevista dall’abrogato Codice Postale (D.P.R. 156/1973), fu sostituita dalla c.d autoprestazione, cioè la prestazione di servizi postali che è all’origine della corrispondenza, caratterizzata dai seguenti elementi: presentazione da parte del mittente-destinatario del plico, apposizione della dicitura “autoprestazione” sul fronte del plico, affrancatura in base alle vigenti tariffe del corriere prioritario, apposizione del bollo a datario da parte dell’addetto con restituzione al presentatore. Dal 1 aprile 2016 Poste Italiane non eroga più il servizio di “autoprestazione”, considerato ormai obsoleto e sostituito da altre modalità più tecnologiche; resta peraltro ancora comunque possibile ottenere la data certa piegando il documento (da qui il nome “piego”), chiuderlo, senza imbustarlo, e spedirlo per raccomandata. In tal caso è assolutamente necessario, per ottenere la data certa sul documento, che la scrittura formi un corpo unico con il foglio sul quale è impresso il timbro postale, di modo che, proprio su “quel documento” la timbratura eseguita da un pubblico ufficiale equivalga ad attestazione autentica che esso risulti essere stato inviato (ed esistente) nel medesimo giorno in cui essa è stata eseguita (Cass. 5 ottobre 2017, n. 23281).
[13] La Agenzia delle Entrate, nella Circolare 12/E del 12 marzo 2010, ha confermato che lo scambio di corrispondenza, anche tramite PEC, ha validità ai fini della data certa.
[14] Con una certa analogia a quanto stabilito per il caso d’uso in tema di imposta di registro, la II parte della Tariffa allegata al D.P.R. 642/72 sull’imposta di bollo, che prevede il concretarsi del caso d’uso nella presentazione per la registrazione, elenca gli atti soggetti al tributo solo in caso d’uso.
[15] In occasione dell’intervento di un suo funzionario all’Evento MAP (Modulo aggiornamento professionale dell’ordine dei commercialisti di Ivrea Pinerolo e Torino) – L’industria del turismo e il fisco, Torino 23 settembre 2010.
[16] Ma ciò alle condizioni, si badi bene, indicate in sintesi nella nota che segue.
[17] La idoneità della PEC a costituire riferimento temporale opponibile ai terzi deriva dal particolare meccanismo di funzionamento. Infatti, il gestore di PEC invia al mittente ricevuta di accettazione con le seguenti informazioni: data e ora dell’invio, mittente, destinatario, oggetto e identificativo del messaggio. Il messaggio viene quindi “imbustato” in un altro messaggio, chiamato “busta di trasporto” che il gestore provvede a firmare digitalmente. Questa operazione consente di certificare ufficialmente l’invio e la consegna del messaggio nonché la data e l’ora ad essi associate. Pertanto, ad un documento firmato digitalmente che sia incluso quale allegato in una PEC è attribuita come data certa quella attestata dal gestore e da quest’ultimo firmata digitalmente. In questo senso, molto chiaramente, Stucchi, Manente, Chibbaro, Studio n. 1-2017/DI, cit., pag. 10. La Posta Elettronica Certificata (PEC) è una particolare e-mail, avente formato digitale “.eml”, rilasciata, a chiunque ne faccia richiesta, da uno qualsiasi dei Gestori PEC iscritti nell’elenco tenuto dall’Agenzia per l’Italia Digitale (ex DigitPA, a sua volta ex CNIPA). Tuttavia, è evidente che la PEC, per produrre gli effetti suoi propri, deve essere inviata non ad una ordinaria email (non certificata) essendo necessario che gli indirizzi di posta elettronica, del mittente e del destinatario, siano entrambi PEC.
In altri termini, la PEC ha lo stesso valore legale di una raccomandata cartacea con avviso di ricevimento ma, esclusivamente, nel senso di modalità di invio e cioè di “contenitore”. A tal proposito è anche evidente, pur se spesso questa esigenza viene obliterata, che, ove la dichiarazione allegata come file alla PEC (o la PEC stessa) non sia stata sottoscritta con firma digitale, è come spedire una raccomandata cartacea non firmata, cioè priva di “contenuto” giuridico senz’altro riferibile al mittente titolare della PEC. Tale principio, che distingue concettualmente il “contenente” dal “contenuto”, ha trovato recente conferma in Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza n. 7337 del 17 febbraio 2014 che, con riferimento ad una raccomandata spedita “on line” priva di sottoscrizione digitale del difensore, non consente la trasmissione dell’atto scritto (e firmato) in originale (o almeno in via digitale) dallo stesso.
[18] L’annotazione a repertorio potrebbe essere omessa ai sensi della L. 11 maggio 1971 n. 390, laddove venga utilizzata la certificazione di conformità nell’ambito dell’art. 18, comma II, del D.P.R. 445/2000 (Disposizioni legislative in materia di documentazione amministrativa). Tuttavia la repertoriazione del rilascio di copia è consigliabile in quanto il repertorio notarile, che ha natura di atto pubblico, svolge la funzione precipua di garantire l’ordinato svolgimento dell’attività notarile e l’ordinata conservazione degli atti, attraverso un “efficace controllo” – soprattutto cronologico, ai fini pubblicistici e fiscali – della stessa, impedendo segnatamente che possano essere alterate la data e le altre indicazioni essenziali riguardanti l’atto, delle quali è prescritta la riproduzione nel medesimo repertorio. In questo modo, pur ammettendo che la copia conforme non repertoriata garantisca parimenti la certezza della data, la repertoriazione conferma inequivocabilmente l’esistenza del documento e la certezza della sua data al momento della sua annotazione.
[19] Secondo l’art. 65 D.P.R. 131/86, i pubblici ufficiali e così i notai, non possono menzionare negli atti non soggetti a registrazione in termine fisso da loro formati, né allegare agli stessi, né ricevere in deposito, né assumere a base dei loro provvedimenti, atti soggetti a registrazione in termine fisso che non siano stati registrati. Nel senso indicato nel testo, pur non facendo sorgere in capo al notaio cui è prodotto l’atto, l’obbligo di registrazione Copia conforme ex art. 1 R.D. n. 1666/1937, originale non registrato ed obblighi del notaio, Riposta a quesito n.85-2006/T del Consiglio Nazionale del notariato. In altre parole, lo Studio, pur non prendendo espressa posizione sul punto, lascia a mio avviso intendere che, giusta i principi che possono emergere dal citato art. 65, letto assieme all’art. 10 D.P.R. 131/86 (soggetti obbligati a richiedere la registrazione), il notaio richiesto di confezionare copia conforme di un documento esibito che sarebbe soggetto a registrazione dovrebbe astenersi dal predisporla pur non essendo, in caso contrario, obbligato alla sua registrazione.

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La Redazione di Federnotizie è composta da notai di tutta Italia, specializzati in differenti discipline e coordinati dalla direzione della testata, composta dai notai Arrigo Roveda e Domenico Cambareri.