Il notaio non può essere ritenuto responsabile dei danni subiti da un contraente (Banca) per il fatto che lo stesso notaio
- ha erroneamente identificato l’altro contraente (mutuatario) – in un primo tempo – tramite la propria segretaria sulla base dell’originale di un documento di identità, apparentemente senza alterazioni ma poi rivelatosi falso (documento non ripresentato in originale al notaio in sede di stipula in quanto sequestrato qualche giorno prima della stipula),
- e – nel complesso – sulla base di elementi utili a formare il suo convincimento, quali la presentazione del cliente da parte di agente immobiliare e commercialista conosciuti dal notaio, l’apparente conoscenza del cliente da parte del direttore di banca – stante il comportamento amichevole dai due palesato – l’istruttoria del mutuo effettuata dalla banca, i certificati di residenza e di stato di famiglia trasmessi dalla stessa banca.
La Sentenza di Cassazione n. 28823 del 28 settembre 2017 in commento conferma quanto era stato evidenziato dalle sentenze di Cassazione 15424/2004 e 9757/2005, ovvero che, stante la modifica dell’art. 49 della legge notarile ad opera della legge 333/1976, il notaio, non dovendo essere “personalmente” certo, possa raggiungere la certezza dell’identità personale delle parti (certezza ancora richiesta) anche tramite suoi collaboratori o, in generale, attraverso qualsiasi elemento – gli “elementi” non sono specificati dalla legge – che possa comunque portare il notaio a raggiungere tale certezza; e ciò non necessariamente prima della stipula dell’atto, ma anche al momento della stipula.
Un notaio viene incaricato di stipulare una vendita e un mutuo contestuali.
Il mutuatario, qualche giorno prima della stipula, porta il suo documento di identità in originale alla segreteria del notaio, che lo fotocopia; il documento non appare alterato e non presenta particolarità di sorta; la trattativa per l’acquisto dell’immobile è stata seguita da un agente immobiliare che il notaio conosce; il mutuo è stato richiesto dal cliente alla banca suggeritagli da un commercialista che il notaio conosce; la banca trasmette al notaio la minuta del mutuo (con le generalità che appaiono dal documento di identità di cui i notaio ha copia, quello poi rivelatosi falso) e trasmette copia del certificato di residenza e dello stato di famiglia del mutuatario. Il giorno della stipula il direttore e il cliente si danno del tu ed appaiono conoscersi.
In stipula però il cliente non ha l’originale del suo documento di identità.
Il notaio stipula ugualmente, ritenendo di essere certo dell’identità del comparente. Successivamente emerge che il documento era falso e che l’originale era stato sequestrato pochi giorni prima dell’atto.
La Banca cita in giudizio il notaio per danni (quantificandoli in una somma pari al mutuo erogato oltre alle spese), sul presupposto che il notaio non ha adempiuto al suo dovere professionale perché non ha identificato correttamente il cliente.
In primo grado il Tribunale dà ragione alla banca, riducendo significativamente il risarcimento da parte del notaio (a circa un terzo dell’importo del mutuo) per concorso di colpa della banca medesima (ex art. 1227 Cod. Civ.).
La Corte D’Appello[1] e la Corte di Cassazione danno invece ragione al notaio.
Sia in Corte d’Appello che in Cassazione viene evidenziato che, stante la modifica dell’art. 49 della legge notarile:
- è superato dalla lettera della legge il concetto secondo il quale il notaio deve essere “personalmente” certo dell’identità personale delle parti; il notaio continua a dovere essere certo dell’identità delle parti, ma può raggiungere tale certezza anche tramite “l’attività preparatoria del notaio e dei suoi collaboratori”;
- il notaio può raggiungere tale certezza “sulla base dell’esame e della valorizzazione di tutti gli altri elementi, anche di fatto e di natura presuntiva, purché gravi, precisi e concordanti, che abbiano avuto un rilievo nella formazione del suo personale convincimento”, non solo sulla base dell’esame della carta d’identità o di altro documento analogo.
Già Cassazione 10 maggio 2005 n. 9757, citata dalla sentenza in commento, aveva evidenziato che il notaio “deve trovarsi in uno stato soggettivo di certezza intorno a tale identità, conseguibile, senza la necessaria pregressa conoscenza personale delle parti stesse, attraverso le regole di diligenza, prudenza e perizia professionale e sulla base di qualsiasi elemento astrattamente idoneo a formare tale convincimento, anche di natura presuntiva, purché, in quest’ultimo caso, si tratti di presunzioni gravi, precise e concordanti”.
La sentenza qui in commento specifica che, nel caso di specie, la mancata esibizione al notaio dell’originale del documento di identità al momento della stipula è “non decisiva, in quanto consente di escludere che l’esibizione del detto documento avrebbe indotto il professionista a constatare la falsità delle generalità del …”
Nel caso di specie, quindi, una serie di fattori, alcuni dei quali forniti tra l’altro proprio dalla banca, aveva concorso a formare la certezza richiesta dalla norma, certezza che l’esibizione dell’originale del documento di identità non avrebbe minato.
Per questo la responsabilità civile del notaio è stata esclusa.
Note
[1] Cfr. Appello Milano 1155 / 2009.

AUTORE

Laureato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha svolto per oltre un decennio la professione di avvocato del Foro di Milano, occupandosi prevalentemente di diritto delle successioni e di procedimenti in Commissione Tributaria. Ha vinto il concorso notarile bandito nell’anno 2008, classificandosi terzo a livello nazionale. Svolge la professione di notaio in Milano dal 2013.