Raffaele Trabace
L’art. 1, comma 565, legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Legge di stabilità 2017) pubblicata nella G.U. n. 297 del 21-12-2016 – Suppl. Ordinario n. 57, proroga i termini delle agevolazioni per le trasformazioni e le assegnazioni/cessioni a soci con una disposizione del seguente letterale tenore:
“Le disposizioni dell’articolo 1, commi da 115 a 120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, si applicano anche alle assegnazioni, trasformazioni e cessioni poste in essere successivamente al 30 settembre 2016 ed entro il 30 settembre 2017.
I versamenti rateali dell’imposta sostitutiva di cui al comma 120 del citato articolo 1 della legge n. 208 del 2015 sono effettuati, rispettivamente, entro il 30 novembre 2017 ed entro il 16 giugno 2018.”
Come si ricorderà le agevolazioni in commento erano scadute il 30 settembre 2016 ed appare pertanto singolare che le disposizioni che contengono la proroga, che entrano in vigore il 1° gennaio 2017, estendano i benefici anche alle cessioni/assegnazioni poste in essere successivamente al 30 settembre 2016.
Probabilmente la ragione non va ricercata nella volontà di dettare una sorta di sanatoria degli atti stipulati in un periodo di non vigenza delle agevolazioni, per l’ovvio motivo che tali atti non potrebbero contenere una richiesta di applicazione di agevolazioni al momento della stipula non più in vigore, ma soltanto nel fatto che nelle intenzioni degli estensori la proroga avrebbe dovuto formare oggetto di un decreto fiscale da emanarsi prima della scadenza del termine del 30 settembre, disposizioni poi stralciate ed inserite, per evidente svista, così com’erano state originariamente concepite, nella Legge di stabilità 2017.
La proroga non “trascina” con sé la data del possesso del requisito soggettivo per fruire dell’agevolazione, vale a dire quello della qualità di socio a una data prestabilita, data che rimane pertanto ancorata al 30 settembre 2015.
Il tema delle assegnazioni/cessioni agevolate è stato già affrontato in maniera esauriente da vari commenti pubblicati su questo periodico ed ampiamente trattato dall’AE con le Circolari 1° giugno 2016, n. 26/E e 16 settembre 2016, n. 37/E, anche sotto il profilo della imposizione diretta.
Qui ci si limiterà, pertanto, a cercare di fornire qualche ulteriore chiarimento in ordine ad alcuni aspetti problematici della disciplina che hanno formato oggetto di ampio dibattito nella categoria in relazione a casi concreti, con particolare riferimento:
1) alla fuoriuscita di talune fattispecie di assegnazioni dal perimetro di applicazione dell’ IVA;
2) alla corretta individuazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva e dell’imposta di registro;
3) alla interferenza con la nuova disciplina agevolativa dei principi introdotti nell’ordinamento tributario dalla recente normativa in tema di abuso del diritto.
1. CESSIONI/ASSEGNAZIONI – IN CAMPO/ FUORI CAMPO IVA
Va ricordato in generale quanto segue:
– l’IVA si applica sulle cessioni di beni effettuate nel territorio dello Stato nell’esercizio di imprese;
– costituiscono cessioni di beni gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere;
– le assegnazioni ai soci fatte a qualsiasi titolo da società di ogni tipo e oggetto costituiscono cessioni di beni;
– le cessioni di beni fatte dalle società si considerano in ogni caso effettuate nell’esercizio di imprese e quindi in campo IVA, a seconda dei casi, imponibili o esenti, salvo fattispecie particolari: es. cessioni di terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria (che non si considerano cessioni di beni ai fini IVA);
– le assegnazioni di beni ai soci realizzano ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio d’impresa, da ricomprendere, unitamente all’autoconsumo, tra le fattispecie di cui all’art.5, par. 6, della VI Direttiva IVA, disposizione che in base alla sentenza della Corte di Giustizia europea 17 maggio 2001, causa C-322/99 e C-323/99, è da intendersi nel senso che un bene dell’impresa destinato all’uso privato dell’imprenditore, o a finalità estranee all’impresa, non deve essere assoggettato ad imposta qualora tale bene non abbia consentito la deduzione dell’IVA in ragione del suo acquisto presso un soggetto che non ha la qualità di soggetto passivo. (Cfr. Circolare 13 maggio 2002, n. 40/E; Risoluzione 17 giugno 2002, n. 194/E; Circolare 1° giugno 2016, n. 26/E)
Pertanto le assegnazioni ai soci sono da considerarsi IN CAMPO IVA soltanto nei casi in cui i beni assegnati siano stati acquistati dalla società assegnante presso un soggetto Iva dal 1° gennaio 1973 (data di entrata in vigore del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633) in poi.
Conseguentemente, sono da considerarsi FUORI CAMPO IVA le assegnazioni di beni acquistati dalla società: prima del 1973; presso privati; conferiti da privati.
Un caso particolare
Assegnazione di un fabbricato acquistato dalla società presso un privato, successivamente trasformato o ampliato dalla società stessa con la esecuzione di lavori per i quali sia stata operata la detrazione dell’IVA.
L’assegnazione rimane fuori campo IVA nel caso in cui i lavori siano stati finalizzati esclusivamente al miglioramento delle condizioni di utilizzazione dell’immobile.
[Tenuto presente altresì che, a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 133/2014, convertito dalla L. n. 164/2014, al d.P.R. n. 380/2001, Testo unico in materia edilizia, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici e per realizzare ed integrare i servizi igienico/sanitari e tecnologici, a condizione che non vadano a modificare la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti delle destinazioni d’uso, si considerano interventi di manutenzione straordinaria così come gli interventi consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere, anche se comportano la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico, purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e sia mantenuta l’originaria destinazione d’uso. Interventi pertanto non rilevanti ai fini dell’applicazione alle assegnazioni/cessioni della disciplina di cui ai nn. 8-bis) e 8-ter), co. 1°, art. 10, d.P.R. n. 633/1972.]
Qualora, invece, il fabbricato di risulta, per la natura degli interventi eseguiti, qualificabili come interventi di “ristrutturazione”, possa considerarsi, per la sua attuale consistenza, come “nuovo” immobile, valutabile autonomamente rispetto a quello originario, l’assegnazione viene attratta nel campo di applicazione dell’IVA e, pertanto, trattandosi di cessione di fabbricato, l’operazione deve farsi rientrare nella disciplina di cui all’art. 10, co. 1°, n. 8-bis) oppure n. 8-ter), a seconda che si tratti di fabbricato abitativo o di fabbricato strumentale per natura (Cfr. Risoluzione 17 giugno 2002, n. 194/E).
Stessa disciplina va riservata all’assegnazione di un fabbricato costruito dalla società, con IVA portata in detrazione, su terreno acquistato presso un soggetto privato senza applicazione dell’IVA.
1.1. CESSIONI/ASSEGNAZIONI IN CAMPO IVA
1.1.1. DISCIPLINA
Per i terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria: si applica la disciplina generale, per cui le cessioni/assegnazioni sono soggette/imponibili IVA, con applicazione dell’aliquota ordinaria del 22%.
Per i fabbricati: si applica la disciplina di cui all’art. 10, co. 1°, d.P.R. n. 633/1972,
e precisamente:
– n. 8-bis) per le cessioni/assegnazioni di fabbricati a destinazione abitativa;
[cessioni/assegnazioni che si considerano esenti da IVA, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici/ristrutturatrici degli stessi entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, ovvero quelle effettuate dalle stesse imprese anche successivamente nel caso in cui nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione]
– n. 8-ter) per le cessioni/assegnazioni di fabbricati strumentali per natura;
[cessioni/assegnazioni che si considerano esenti da IVA, escluse quelle effettuate dalle imprese costruttrici/ristrutturatrici degli stessi entro cinque anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento, e quelle per le quali nel relativo atto il cedente abbia espressamente manifestato l’opzione per l’imposizione].
La distinzione tra fabbricati abitativi e fabbricati strumentali per natura va fatta su base catastale, considerandosi abitativi i fabbricati di categoria catastale A (esclusa A/10) e strumentali per natura i fabbricati di cui alle categorie catastali B, C, D, E e A/10. (Cfr. Circolare 4 agosto 2006, n. 27/E)
Senza dimenticare che l’opzione IVA, ove prevista, per le cessioni/assegnazioni può essere esercitata:
= per i fabbricati a destinazione abitativa, soltanto dalle imprese costruttrici/ristrutturatrici degli stessi;
= per i fabbricati strumentali per natura, anche da imprese diverse da quelle costruttrici/ristrutturatrici degli stessi.
1.1.2. ALTERNATIVITA’ IVA/REGISTRO – ART. 40 T.U.R.
Per gli atti relativi a cessioni di beni soggette a IVA, si applica l’imposta di registro in misura fissa, attualmente di Euro 200.
Tenuto presente quanto segue:
= le cessioni di fabbricati strumentali per natura si considerano “soggette” a IVA anche se esenti;
[pertanto le cessioni/assegnazioni esenti scontano l’imposta fissa di registro come le cessioni/assegnazioni imponibili];
= le cessioni di fabbricati abitativi, invece, si considerano “soggette” a IVA soltanto se imponibili;
[pertanto le cessioni imponibili scontano l’imposta di registro in misura fissa, mentre le cessioni esenti sono soggette all’imposta di registro in misura proporzionale]
2. IMPOSTA SOSTITUTIVA
L’imposta sostitutiva nella misura dell’8% o del 10,5% per le società non operative, a seguito della proroga, è da versare per le assegnazioni/cessioni poste in essere dal 1° gennaio 2017 in poi, per il 60% entro il 30 novembre 2017 e per il 40% entro il 16 giugno 2018.
2.1. ASSEGNAZIONI – BASE IMPONIBILE
Per le assegnazioni l’imposta sostitutiva si applica sulla differenza tra il valore normale dei beni assegnati, determinato ai sensi dell’art. 9 del T.u.i.r., e il loro costo fiscalmente riconosciuto.
Per gli immobili, su richiesta della società, il valore normale può essere determinato in misura pari a quello risultante dall’applicazione delle rendite catastali rivalutate (c.d. valutazione automatica).
Secondo l’AE: se, per esempio, il valore normale determinato ai sensi dall’art. 9 citato è pari a 100 e quello catastale è pari a 80, il valore normale può essere assunto anche in un importo “intermedio tra i due predetti valori” (Cfr. Circolare 1° giugno 2016, n. 26/E, paragr. 4).
2.2. CESSIONI – BASE IMPONIBILE
L’imposta sostitutiva di cui sopra dovrebbe applicarsi come segue:
= se il corrispettivo è superiore al valore normale, l’imposta si applica sulla differenza tra il corrispettivo e il valore fiscalmente riconosciuto oppure se vi è opzione per il valore catastale tra questo e il valore fiscalmente riconosciuto;
= se il corrispettivo è inferiore al valore normale determinato ai sensi dell’art. 9 del T.u.i.r. oppure è inferiore al valore determinato su base catastale, se questo richiesto dalla società, l’imposta si applica sulla differenza tra corrispettivo “computato” in misura non inferiore a uno dei predetti valori e valore fiscalmente riconosciuto.
Per quanto specificamente attiene alle cessioni, l’AE sembra pensarla diversamente.
Infatti con la Circolare 16 settembre 2016, n. 37/E, paragr. 5, l’AE sostiene:
“Si ricorda, al riguardo, la necessità nei casi di cessione di attribuire rilevanza – per la determinazione dell’imposta sostitutiva – al corrispettivo soltanto quando lo stesso è pari o superiore al valore normale o catastale dei beni ceduti (cfr. circolare n.26/E del 2016).
In altri termini, mentre nel caso di assegnazione di beni immobili è possibile determinare la plusvalenza da assoggettare a imposta sostitutiva prendendo a riferimento il valore normale o catastale dei beni, nel caso di cessione tali valori (normale/catastale) assumono rilevanza solo se superiori al corrispettivo”.
In base a quanto sopra ne dovrebbe discendere quanto segue:
= corrispettivo della cessione superiore al valore catastale: la base imponibile per l’applicazione della plusvalenza è costituita dalla differenza tra corrispettivo e valore fiscalmente riconosciuto;
= corrispettivo inferiore al valore catastale: la base imponibile per l’applicazione della plusvalenza è costituita dalla differenza tra valore catastale e valore fiscalmente riconosciuto.
Ma è anche plausibile una diversa lettura delle disposizioni di cui al comma 117 dell’art. 1 della Legge n. 208/2015, che porti a conclusioni affatto diverse dalle precedenti, cioè che porti a ritenere che, così come per le assegnazioni, anche per le cessioni il valore normale possa essere determinato in ogni caso in misura pari a quello risultante dall’applicazione dei meccanismi di rivalutazione delle rendite catastali. Con la particolarità che il valore catastale, una volta “optato”, sia termine di riferimento rilevante, non solo nei casi in cui questo sia inferiore al corrispettivo ma anche nei casi in cui sia superiore.
Diversamente argomentando, come sembra fare l’AE, si finirebbe per attribuire all’opzione per il valore catastale una finalità non prevista dalla legge e cioè quella di assumere il valore catastale soltanto come termine di confronto con il corrispettivo.
Il valore catastale dovrebbe essere, invece, rilevante soltanto se optato. E se optato dovrebbe esserlo soltanto ai fini di determinare il valore da porre a confronto con quello fiscalmente riconosciuto.
In altre parole, ad avviso di chi scrive, il disposto di cui all’ultimo capoverso della norma agevolativa in questione andrebbe letto nel senso che se si opta per la valutazione catastale questa assume rilevanza anche nei casi in cui sia “sfavorevole”. Un po’ come accade per il prezzo-valore, nei casi in cui il valore catastale sia maggiore del prezzo.
3. IMPOSTA DI REGISTRO PROPORZIONALE – IPOTECARIE E CATASTALI FISSE
Per le cessioni/assegnazioni agevolate l’imposta di registro, qualora applicabile, è ridotta alla metà.
Si applica:
= alle assegnazioni fuori campo IVA
[terreni in genere; fabbricati abitativi; fabbricati diversi da quelli a destinazione abitativa];
= alle cessioni/assegnazioni in campo IVA, ma esenti, di fabbricati abitativi;
[alle cessioni/assegnazioni in campo IVA, ma esenti, di fabbricati strumentali per natura si applica, come sopra specificato, l’imposta di registro nella misura fissa di Euro 200].
Le imposte ipotecarie e catastali si applicano in misura fissa.
3.1. IMPOSTA DI REGISTRO RIDOTTA A META’ – ALIQUOTE
Immobili in genere: 4,5%
Prima casa: 1%
Terreni agricoli: 7,5%
[Per le cessioni/assegnazioni di cui sopra soggette alle aliquote proporzionali previste dall’art. 1, tariffa, parte prima, T.U.R., l’imposta minima di registro è di Euro 1.000]
Immobili a destinazione commerciale: 2%
In merito a quest’ultima riduzione, va rilevato che l’art. 4, co. 1°, lett. a), n. 2) della Tariffa Parte Prima del T.U.R. in tema di conferimenti, norma applicabile anche alle assegnazioni in virtù del richiamo fatto dalla successiva lett. d), n. 2, prevede un’aliquota di imposta di registro del 4% per i fabbricati destinati specificamente all’esercizio di attività commerciali e non suscettibili di altra destinazione senza radicale trasformazione.
E’ ragionevole ritenere che per “fabbricati destinati … all’esercizio di attività commerciale”, attesa la premessa contenuta nel comma 1° citato: “Atti propri delle società … aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali …” , siano da intendersi tutti i fabbricati “strumentali per natura”, identificabili, come sopra precisato, su base catastale.
Per cui, nonostante qualche opinione contraria, se ne dovrebbe poter trarre la conclusione che, nell’ambito della disciplina agevolata, l’aliquota 4% si renda applicabile nella misura del 2% alle cessioni/assegnazioni di tutti gli immobili strumentali per natura rientranti nelle categorie catastali B, C, D, E e A/10.
3.2. IPOTECARIA E CATASTALE FISSE
Considerato che dal 1° gennaio 2014, le imposte ipotecaria e catastale per gli atti di trasferimento rientranti nel perimetro di cui all’art. 1, Tariffa Parte Prima del T.U.R. si applicano già nella misura fissa di Euro 50 ciascuna, le agevolazioni in commento si riducono ai casi di assegnazioni/cessioni di immobili strumentali per natura in campo IVA, con conseguente applicazione delle imposte in misura fissa in luogo di quelle cd rinforzate del 3 e 1 per cento.
3.3. IMPOSTA DI REGISTRO – BASE IMPONIBILE
Alle cessioni/assegnazioni al di fuori del perimetro applicativo della disciplina agevolata, la cd. valutazione automatica, che preclude il potere di rettifica degli uffici, si applica soltanto qualora cessioni/assegnazioni abbiano per oggetto fabbricati a destinazione abitativa e relative pertinenze, alle condizioni “prezzo-valore”: art. 52, co. 5-bis., T.U.R.
In campo agevolato, la nuova disciplina non contiene disposizioni per la determinazione della base imponibile ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro.
Secondo l’AE:
- Circolare 26/E/2016: l’opzione per la valutazione catastale ai fini della determinazione della base imponibile per il pagamento della plusvalenza esplica i suoi effetti anche ai fini dell’imposta di registro, qualora applicabile in misura proporzionale.
- Circolare 37/E/2016:
2/A) Cessioni/assegnazioni CON OPZIONE per il valore catastale ai fini della determinazione della plusvalenza:
= la valutazione automatica si applica all’imposta di registro per abitativi e strumentali per natura, qualora applicabile in misura proporzionale, qualunque sia il soggetto cessionario/assegnatario;
2/B) Cessioni/assegnazioni SENZA OPZIONE per il valore catastale ai fini della determinazione della plusvalenza:
= la valutazione automatica per il registro si applica soltanto alle cessioni/assegnazioni di fabbricati abitativi nei confronti di persone fisiche che ne facciano espressa richiesta al notaio (cfr. prezzo-valore).
4. ASSEGNAZIONI E ABUSO DEL DIRITTO
4.1. Le nuove disposizioni sull’abuso del diritto in campo fiscale
L’art. 1 del D.lgs 5 agosto 2015, n. 128 [Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente] intitolato “Modificazioni allo Statuto dei diritti del contribuente”, inserisce nella legge 27 luglio 2000, n. 212 [Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente] dopo l’articolo 10, l’art. 10-bis (Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale), in vigore dal 1° ottobre 2015, il cui primo comma è del seguente letterale tenore:
“Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.”
Perché sussista l’abuso è pertanto necessario:
– che l’operazione sia priva di sostanza economica;
– che l’operazione realizzi un vantaggio fiscale indebito;
– che il vantaggio fiscale sia effetto essenziale dell’operazione.
4.2. La prassi dell’Agenzia delle Entrate
In due fattispecie particolari, portate alla sua attenzione, l’AE, ponendo in relazione con la disciplina agevolata delle assegnazioni ai soci le nuove norme in tema di abuso del diritto, si esprime, in entrambi i casi, escludendo la sindacabilità delle operazioni sotto il profilo di queste ultime disposizioni.
Nel primo caso l’AE è chiamata ad esprimersi sulla legittimità del cambiamento di destinazione d’uso dell’immobile effettuato in prossimità della data di assegnazione, perché lo stesso acquisisca lo status di bene agevolabile.
Sono agevolabili, come noto, gli immobili diversi da quelli utilizzati dalla società assegnante per l’esercizio dell’impresa. Nel caso in questione, l’immobile, già strumentale per destinazione, muta la sua natura originaria per assumere, in vista dell’assegnazione, quella di immobile “diverso”.
L’AE non rileva, nella specie, profili di abuso/elusione, così concludendo: ”la possibilità di optare per l’assegnazione agevolata in luogo della cessione (e viceversa) costituisce una scelta preordinata all’esercizio di una facoltà prevista dal legislatore, dalla quale potrebbe originare un legittimo risparmio di imposta non sindacabile ai sensi dell’articolo 10 bis della legge n. 212 del 27 luglio 2000” (Cfr. Circolare 16 giugno 2016, n. 37/E).
Nel secondo caso, l’AE viene richiesta di esprimere il proprio parere in ordine a una fattispecie caratterizzata da un’operazione consistente nell’assegnazione agevolata ai soci di determinati immobili e nella successiva vendita degli stessi dagli assegnatari a terzi. In pratica l’istante chiede all’Agenzia di esprimersi sulla legittimità della scelta di operare attraverso l’assegnazione e la successiva vendita da parte degli assegnatari, in luogo di una vendita diretta fatta dalla società a terzi.
Anche questa fattispecie, secondo l’AE, non configura profili di abuso/elusione, dal momento che la vendita da parte dei soci degli immobili assegnati loro dalla società intestataria, avvalendosi del regime agevolato di cui all’art. 1, commi 115-120, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), è una facoltà che il Legislatore non ha inteso vietare, con la conseguenza che il legittimo risparmio di imposta che deriva dall’operazione non configura abuso del diritto e non è pertanto sindacabile ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 212 del 27 luglio 2000 (Cfr. Risoluzione 17 ottobre 2016, n. 93 /E).
Quest’ultima Risoluzione è interessante perché, oltre ad escludere la configurabilità del’abuso in relazione alla fattispecie concreta portata al vaglio dell’Amministrazione finanziaria, contiene i criteri operativi da porre a base dell’indagine dell’AE finalizzata alla emersione dei presupposti per l’applicazione della nuova disciplina antiabuso.
L’AE, dopo aver ricordato che affinché un’operazione possa essere considerata abusiva l’Amministrazione Finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:
a) la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”;
b) l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;
c) l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”;
ribadisce che l’assenza di uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di assenza di abusività.
Ritiene, quindi, l’AE che si debba procedere prioritariamente alla verifica dell’esistenza del primo elemento costitutivo – l’indebito vantaggio fiscale – in assenza del quale l’analisi antiabusiva si deve intendere terminata. Nel caso in cui, invece, sia riscontrata la presenza di indebito vantaggio, si dovrà proseguire nell’analisi della sussistenza degli ulteriori elementi costitutivi (assenza di sostanza economica e essenzialità del vantaggio indebito). Solo qualora dovesse riscontrare l’esistenza di tutti gli elementi, l’AE potrà procedere all’analisi della fondatezza e della non marginalità delle ragioni extra fiscali.

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La Redazione di Federnotizie è composta da notai di tutta Italia, specializzati in differenti discipline e coordinati dalla direzione della testata, composta dai notai Arrigo Roveda e Domenico Cambareri.