Commento a Cass. 22-2-21, n. 4645
“In tema di responsabilità disciplinare del notaio per illecita concorrenza mediante riduzione degli onorari, il requisito della non occasionalità, richiesto dall’art. 147, co. 1°, lett. b), della L. n. 89/1913 (qui contestato in relazione all’art. 14 del Codice deontologico), è compatibile anche con una collocazione temporale degli illeciti confinata entro un periodo inferiore all’anno, non dovendo necessariamente sussistere un rapporto di adeguata proporzione tra il numero delle pratiche illecite e il volume complessivo dell’attività professionale calcolato su base annuale e non essendo richiesto un monitoraggio esteso a un periodo predefinito a priori, fatta salva la necessità che le violazioni non risultino isolate o del tutto episodiche”.
Con la sentenza dalla quale è tratta (anche) questa massima, la S.C. – nel confermare la condanna del Notaio a sei mesi di sospensione in un caso (tra l’altro) di concorrenza sleale tramite una fatturazione compiacente, su richiesta delle parti, in modo da far conseguire loro indebiti risparmi fiscali – è da ultimo tornata su quel criterio, ancor sempre sfuggente, della “non occasionalità”, previsto dall’art. 147, lett. b), L. 89/1913, “che punisce la violazione non occasionale delle norme professionali”. Secondo la pronuncia, “il rilievo disciplinare di tali condotte postula, per espressa previsione di legge, il carattere reiterato delle violazioni” (nella specie “riscontrate in più di 40 pratiche nell’arco di un trimestre”).
In particolare, giudicando infondato il motivo di ricorso secondo il quale la pronuncia impugnata avrebbe erroneamente “attribuito alla condotta del Notaio carattere sistematico e non occasionale, pur essendo contestati illeciti esauritisi nel corso di un unico trimestre, mentre l’arco di tempo da prendere in considerazione ai fini disciplinari non può essere inferiore all’anno solare”, la S.C. afferma che “il requisito della non occasionalità della violazione deontologica ai sensi dell’art. 147, lett. b), L.N. osta a che sia perseguita una singola o episodica violazione, ma che anche più condotte illecite cronologicamente concentrate entro un periodo temporale non predefinito e tuttavia ugualmente significativo, possono superare la soglia di liceità, poiché idonee a compromettere il bene/interesse protetto dalla norma professionale. Il periodo di osservazione minimo individuato, per altre tipologie di illecito da questa Corte con la pronuncia 31006/2017, non può essere generalizzato o automaticamente traslato nel settore degli illeciti concorrenziali quale criterio esclusivo per perimetrare le condotte sanzionabili” (e in effetti notiamo subito che non si tratta propriamente di un precedente, perché non cita neppure la formula dell’occasionalità, ma ha riguardo al criterio delle “ricorrenti” prestazioni presso terzi indicato dall’art. 31, lett. f, Cod. Deont.).
Formulata a questo punto testualmente la massima su riportata, la motivazione tiene poi a precisare che “appaiono sanzionabili anche comportamenti riferibili a un’unica prestazione professionale notarile che tuttavia si sia svolta in varie fasi e condotte sequenziali, tali da occupare un intervallo temporale apprezzabile (Cass. 29456/2018)”, e aggiunge, infine, una generica, cumulativa svalutazione dei precedenti difformi, poiché carenti “di un’esplicita affermazione di principio sulla questione qui dibattuta”.
Come si vede, la motivazione tradisce una qualche incertezza, che certo deriva dagli ondivaghi precedenti evocati e, però, rende anche manifesto l’esito a tutt’oggi problematico di quella formula “non occasionale”, oggettivamente singolare per una norma “incriminatrice”. Formula che, infatti, salvo errore, non risulta mai impiegata in analoghe norme in campo penale, dove l’occasionalità (oltre che criterio di valutazione del nesso di causalità) è piuttosto parametro per un’attenuante, o per la riduzione della pena all’interno della forbice edittale, o per valutare la “tenuità” del fatto ex art. 131 bis c.p., ovvero anche la sua irrilevanza se commesso da un minorenne (art, 27 D.P.R.448/88). L’occasionalità è poi bensì considerata per qualificare l’infiltrazione mafiosa, ma siamo in tema di misure di prevenzione patrimoniale (art. 34 bis D. Lgs. 159/2011), cioè in un contesto e in una logica sanzionatoria ben diversi.
Ripercorriamo allora i pochi precedenti nei quali la Cassazione (a sezioni semplici) si è pronunciata ex professo sul nostro tema con riferimento a situazioni in fatto diverse e dettando, di volta in volta, come deve essere, la regola per la soluzione di quello specifico caso (così va inteso un “precedente”). In estrema sintesi:
- nel 2008 (sent. n. 19927), in un caso di omessa comunicazione di apertura di ufficio secondario (art. 13 Cod. Deont), la Cass. ha escluso l’addebito, perché non si era trattato di una “sistematica violazione delle norme deontologiche”, ma di una “isolata violazione”, comunque “tale in linea di fatto da non apparire come disdicevole per la classe notarile”;
- nel 2010 (ord. n. 2235), ha confermato invece l’addebito in un caso di mancati crediti formativi, riconoscendo che era una “prima volta” (quindi un’unica violazione), frutto, però, di un comportamento “continuato” nell’arco di due anni e “pertanto” non integrante una condotta “isolata” (quindi equiparando, per così dire, la durata alla ripetitività…);
- nel 2014 (sent. n. 1437), nel caso di un’abituale e organizzata presenza in una sede secondaria non consentita, ha ancora confermato l’addebito, potendo facilmente ribadire a contrario quella prima formula del 2008, “violazione sistematica e non isolata”;
- nel 2015 (sent. n. 8104), in un caso di violazione degli artt. 36 e 37 Cod. Deont. (sette atti a raccolta in meno di un’ora, con orari sovrapposti di due verbali di assemblea di Srl per la nomina di un liquidatore) la Cass., in termini piuttosto apodittici, ha confermato la decisione d’appello di proscioglimento, ma ne ha corretto la motivazione (la Corte d’Appello aveva affermato che la ritenuta occasionalità della condotta dipendeva dalla “singolarità del contesto di riferimento”: era il 22 dicembre e le parti avevano espresso unanime consenso). Scrive invece la Cass.: “l’occasionalità della violazione delle regole professionali non discende dalla peculiarità del contesto in cui si inserisce il comportamento contestato, così come, specularmente, la non occasionalità non può derivare dal rilievo di stati soggettivi, quale la convinzione del notaio di aver agito legittimamente là dove ha violato regole deontologiche. La giurisprudenza di questa Corte interpreta l’espressione ‘non occasionale’ nel senso che, ai sensi dell’art. 147, lett. b) della legge notarile, è sanzionabile la sistematica violazione delle regole deontologiche e non un’isolata violazione (ex plurimis, Cass. n. 1437/2014 e n. 19927/2008”; il precedente del 2010 non viene citato);
- nel 2017 (sent. n. 25357), però, in un caso complesso ex art. 50 Cod. Deont. di dichiarazione del donante sulla provenienza, raccolta senza indagini sulla legittimazione a disporre, la Cass. per confermare l’addebito, ha sottolineato “la non episodicità della condotta, peraltro riflettentesi in due diverse violazioni (a e b dell’art. 50), pur se nello stesso rogito”, in quanto integrante un comportamento complessivo che “attesta un contesto di volontaria disapplicazione delle norme” (ma non si trattava certo di una violazione “sistematica” ed era anche “isolata”, almeno nel senso di unica);
- nel 2018 (sent. n. 29456), infine, per una violazione degli artt. 40, 41, 42 e 28 Cod. Deont., pur riferita a un’unica, laboriosa prestazione professionale, la S. C. ha osservato che si trattava di “un illecito che integra gli estremi di una fattispecie plurioffensiva… per cui non può ritenersi connotato dall’occasionalità il comportamento posto in essere con una pluralità di condotte protrattesi in un ampio lasso temporale, che di per sé escludono il verificarsi di un fatto propriamente episodico”.
Tra i precedenti non può invece farsi rientrare la molto citata (e molto discussa) SS UU n. 25457 del 2017, che en passant evoca “le fattispecie meno gravi, quali i comportamenti occasionali o isolati di cui alla lett. b) dell’art. 147”. Questa sentenza affronta, infatti, il contrasto esistente sull’interpretazione dell’art. 136 (l’avvertimento è sanzione generale residuale per le trasgressioni più lievi oppure si applica solo in caso di “degradazione” della censura per effetto delle attenuanti?): è quindi (solo) in relazione a questa questione oggetto del contrasto (e non a tutte le espressioni verbali contenute nella motivazione, anche eventualmente discorsive, esemplificative o addirittura obiter dicta) che la decisione delle SS. UU. merita quello speciale ossequio dovuto alla massima espressione della funzione nomofilattica. Del resto, questa funzione si traduce, com’è noto, in una formulazione finale quasi “solenne” di un “principio di diritto”; e se lo si legge nel nostro caso c’è bensì un riferimento esemplificativo generico “…come per i comportamenti occasionali o isolati…” , ma il principio si occupa della portata della sanzione dell’avvertimento, non della definizione del criterio di occasionalità ex art 147 lett. b). In relazione al quale, in effetti, la sentenza non offre, oltre alla coppia di aggettivi citata (forse intesi come un’endiadi), nessuna argomentazione, se non un’ovvia contrapposizione tra “condotta sistematica e organizzata continuativamente” e “occasionalità”: ma, appunto, tra questi due poli c’è di sicuro un’ampia gamma di possibili condotte. Insomma, non è esatto dire che sulla nostra questione sia intervenuto un arresto giurisprudenziale al massimo livello.
La rassegna, in conclusione, per farla breve, mostra che la definizione del requisito fattuale della “non occasionalità” oscilla tra il criterio numerico della condotta e quello temporale della sua durata: di certo la sua traduzione come “violazione sistematica e non isolata” non è risolutiva e anzi non appare neppure corretta.
Proviamo dunque un rapido, parziale approfondimento interpretativo.
Partendo anzitutto, com’è sempre doveroso, dal significato letterale delle parole: “occasionale” significa (Devoto-Oli) “riconducibile a uno o più motivi indiretti o fortuiti (così: incontro occasionale, causa occasionale)”. Difficile dunque sostenere che una condotta, sia commissiva sia omissiva, “riconducibile a” o “motivata da” una volontà diretta e consapevole possa definirsi occasionale: e ciò vale evidentemente anche se una tale condotta sia stata realizzata una volta sola (solo per quell’atto, solo per quella parte).
Ma, in secondo luogo, e sempre in base alla lettera della legge, non è esatto dire, con la sentenza in commento, che “l’espressa previsione di legge postula il carattere reiterato delle violazioni”: quel che deve essere “non occasionale” è il “modo” della violazione, non la violazione!
Il che testualmente conferma il primo rilievo appena espresso e ribadisce, anche contro un altro dei precedenti citati, che è importante, se non decisiva, la valutazione del “contesto”, sia oggettivo che soggettivo, dell’infrazione. In altri termini, il giudicante deve chiedersi “come” sia avvenuta, cioè ricostruire le “modalità”, appunto, della condotta esaminata, dal momento che chiedersi il “come” significa qui comprendere anche il “perché”: a quale ragione è riconducibile la violazione? Una distrazione? Una situazione fortuita?
Questa prospettiva, del resto, mi sembra quella più adeguata ad attuare correttamente l’intenzione del Legislatore (altro fondamentale parametro interpretativo), che ha inteso bensì riconoscere al Consiglio Nazionale un potere normativo indiretto dotando di sanzione i suoi precetti deontologici, che quindi ora appartengono a pieno titolo all’ordinamento disciplinare, ma che, allo stesso tempo, si è preoccupato di “non esagerare”, non volendo automaticamente punire con il 147 lett. b) anche un momento di scarsa lucidità, una superficialità, un “accidente” che può capitare a tutti…
Com’è evidente, è ben possibile che queste indicazioni ermeneutiche non si rivelino sempre risolutive e anzi conviene senz’altro dichiararle provvisorie: a un chiarimento definitivo potrà provvedere solo l’intervento riformatore dello stesso Legislatore, che sarebbe quindi opportuno sollecitare, tra gli altri proposti, anche su questo punto.
AUTORE

Magistrato di lungo corso, sia con funzioni inquirenti sia giudicanti, è stato (tra l’altro) Presidente di Sezione alla Corte d’Appello di Milano. Ha presieduto CO.RE.DI Lombardia dal 2012 al 2019 ed è attualmente Presidente di Sezione in Commissione Tributaria.