Notariato ed efficienza: un costo o un valore? – Tavola rotonda del Convegno del 12 gennaio 2018 (Parte prima)

La Tavola rotonda (Prima parte)

Modera il dibattito Debora Rosciani, giornalista di Radio 24-Il Sole 24 Ore.

Viene data la parola al professor Andrea Goldstein (Chief Economist, Nomisma), il quale è interrogato sul rapporto Doing Business (pubblicato ogni anno dalla Banca Mondiale), che analizza la disciplina normativa e fiscale che riguarda l’intero ciclo di vita delle imprese. Nell’ultima rilevazione, la quale consiste in una formazione composita di Paesi, l’Italia risulta al 46° posto sui 190 presi in considerazione recuperando posizioni rispetto al 2012, con particolare miglioramento della efficienza delle transazioni immobiliari posizionandosi in tale ambito al 23° posto. In particolare, dal rapporto emerge come l’Italia abbia costi e tempi in linea con gli altri Paesi OCSE.

La moderatrice pone la domanda di quale reazione abbiano i vari paesi qualora ricevano un cattivo rancking e quale iniziative intraprendono successivamente per migliorare posizione, con particolare riferimento all’Italia. Goldstein sottolinea che gli ultimi governi italiani, ed in particolare la legislatura con il ministro Padoan – che conosce molto bene il mondo delle relazioni internazionali – hanno adottato strategie indirizzate a tale miglioramento, anche se esso non è stato repentino non è da considerarsi un disvalore, essendo necessario un periodo di cristallizzazione. I governi delle ultime legislature, insomma, hanno agito in buona direzione attraverso anche l’opera di semplificazione (Maggiori approfondimenti qui.

La moderatrice ricorda la necessità di riferirsi al contesto internazionale del notariato e richiede un commento al professor Ugo Mattei (ordinario di diritto civile presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Torino) sul rapporto Doing Business anche in relazione alla diminuzione di regole e di affidamento di prestazioni professionali ai notai.

Il professor Ugo Mattei ritiene che il notariato non possa prendere troppo sul serio il rapporto Doing Business che viene definito come “una grossa buffonata” in quanto, in realtà, i grandi investitori, per alcune operazioni, preferiscono paesi a bassa legalità e non il contrario, restando sul piano ideologico l’assioma secondo cui legalità sia sinonimo di attrattiva per i capitali. Viene rilevato come nel diritto comparato devono essere presi in considerazione sistemi complessi con contesti istituzionali variabili da luogo a luogo, che vanno conosciuti nel dettaglio e come non sia corretto fare classifiche fra sistemi diversi, contestando in tal modo il rapporto Doing Business che non tiene conto di tutto ciò. Inoltre sottolinea come il vecchio 44° posto della Francia nel precedente rapporto sia dovuto a una operazione, soprattutto riferita al mercato assicurativo americano che controlla il trasferimento immobiliare, di delegittimazione forte dei sistemi di civil law rispetto al sistema anglosassone.

In altri termini, il sistema latino è stato un bersaglio a fronte di una aggressione della finanza di paesi dei sistemi finanziari di common law. Porta come esempio di ciò, il fatto che in Italia si parla di concorrenza mentre nei paesi anglosassoni si usa il termine competition, sottolineando che concorrenza deriva dal greco ?e? (scorrere) mentre competition deriva dal latino (competere), cosicché appare evidente che la differenza non è solo terminologica, ma sostanziale in quanto vi è una visione conflittuale nel termine competition termine proprio del “far west del capitalismo U.S.A.”. Il termine concorrenza, nell’Europa continentale, e in Italia in particolare, corrisponde a concetti e valori di coesione, comparativi e di condivisione. Conclude che introdurre il concetto di competizione nel contesto di civil law porta a dissestare i sistemi: non va dimenticato che l’Italia è tributaria di modelli culturali che si scontrano con la visione conflittuale, la quale non è utile al sistema istituzionale. In particolare, ritiene che si snatura il notariato se si vuole renderlo solo competitivo con altri Paesi o sistemi di organizzazione.

Il professore, infine, richiama l’attenzione sulla nuova frontiera rappresentata dalla tecnologia, la quale vede un tasso di crescita in misura esponenziale di sostituzione dell’uomo (portando l’esempio di google translator). Tale trasformazione sta avvenendo anche con il giurista nei sistemi estrattivi internazionali cercando di sostituire le macchine a intelligenze umane sofisticate; tuttavia il giurista, nel sistema attuale che è dipendente dalla tecnologia, poiché non è solo numeri ed algoritmi ha un lato umanistico nella sua professione di mediazione che è ancora insostituibile, anche se si sta spingendo a renderlo tale al fine della sua stessa sopravvivenza. In una realtà geopolitica attuale dove lo Stato è sempre più debole con i forti e forte con i deboli è, quindi, sempre più prono a processi di decisioni istituzionali che vengono finalizzate altrove, luoghi nei quali vi sono diversi apparati ideologici. In questi apparati ideologici è compreso anche il Doing Business.

Andrea Goldstein replica alla critica al Doing Business del professor Mattei, rilevando come qualsiasi studio del genere possa subire attacchi da Paesi che non abbiano ottenuto un ranking soddisfacente per loro: tuttavia questo fa parte delle regole. Cita di seguito il presidente dei giuristi comparatisti francesi, secondo il quale rilevazioni e studi come il Doing Business hanno il pregio di stimolare la discussione sui temi che trattano.

Il notaio Cesare Licini interviene su sollecitazione della moderatrice e condivide l’idea che il Doing Business presenti modelli di tipo mercatistico alle società, così da rimodellare le legislazioni in senso liberista. Lo scopo è quello di liberare le legislazioni nazionali da normative onerose e vincolistiche. Tuttavia va considerato che i Paesi che si sono classificati davanti all’Italia nel rapporto Doing Business hanno legislazioni carenti sulla tutela dei diritti civili e lavoristici sul piano individuale e collettivo: condizioni inaccettabili per le società di modello occidentale. Valutando le classifiche di Doing Business andrebbero estratti Paesi con sistema omogeneo. Perciò non ha senso comparare l’Italia con paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti d’America; inoltre rileva che sul tema dell’acquisto immobiliare l’Italia sia posizionata al 23° posto, mentre i campioni del liberismo sono rispettivamente al 37° (U.S.A) e al 47° (Gran Bretagna); la Germania è al 78° e la Francia è al 100°. In una materia prettamente notarile siamo quindi in una posizione di eccellenza: se l’Italia si posizione male nella classifica generale ciò è legato alla lentezza burocratica e alle incertezze dei tempi di giustizia: a livello disgregato, dove c’è il notaio, la preformance nazionale risulta migliore.

Il notaio Giovanni Liotta sottolinea poi che è necessario leggere con attenzione tali rapporti, ad esempio la procedura MISE prevede che ogni passaggio per la costituzione di una società venga indicato e che ogni adempimento viene temporizzato in almeno un giorno; in altri termini sei adempimenti corrispondono a sei giorni, anche se possono essere fatti in poche ore. Vi sono paesi, come la Nuova Zelanda, dove le diverse procedure sono state raggruppate in un unico modulo, che corrisponde sulla carta a un giorno, ma per il suo riempimento è necessario in realtà più tempo. In altri termini i rapporti come il Doing Business sono a volte poco trasparenti.

Prende la parola Carlo Stagnaro (Senior Fellow dell’Istituto Bruno Leoni) il quale sottolinea che non ha senso fare delle classifiche interne perché le stesse non avrebbero ovviamente la stessa valenza; è normale che le soluzioni metodologiche adottate per creare un indice sintetico di classifica tra i vari Paesi possano soffrire di imprecisioni causate dalla semplificazione per se stessa necessaria. Ma non va al contempo dimenticato che tali rilevazioni hanno la funzione e l’utilità di valutare la facilità di fare affari e impresa nei vari Paesi. Questo non significa che Doing Business come altri indici simili sia per forza da inquadrare come liberista avendo la funzione di permettere alle imprese di avere una indicazione grossomodo oggettiva di come i Paesi organizzano la propria politica economica e di impresa, tanto è vero che, anche prendendo rilevazioni diverse che si formano su altri metodi, il rancking non cambia in maniera significativa. Il ruolo del notariato anche se è positivo in alcuni aspetti può essere, sotto il profilo del Doing Business, negativo per altri: il che dovrebbe portare a interventi per migliorare la posizione economica del nostro Paese.

Viene data poi la parola al Professor Roberto Pardolesi (professore ordinario di diritto Privato Comparato presso l’Università Luiss Guido Carli), richiamando la sua attenzione dalla denuncia fatta dal New York Times sulla disinvoltura delle transazioni immobiliari in alcuni Stati, legato anche ai mutui subprime.

Pardolesi sottolinea che si è alla presenza di un paradosso di autoreferenzialità: nel dibattito presentato tutto dipende dalla scelta di campo preventiva o emotiva, ma manca poi il riscontro empirico al fine di dare alle contrapposte visioni una preferenza. Sottolinea che, inotre, il notariato soffre di ibridismo in quanto il notaio ha una funzione di terzietà (come la figura del mediatore), funzione di counsellor super partes (magistrato inter volentes), altre volte funzione di certificatore, o ancora di facilitatore quando aumenta la qualità dei contratti e ha poi la vocazione di pubblico ufficiale. Il notaio, però, ha capacità di adeguarsi allo sviluppo tecnologico, aumentando la competitività dei registri pubblici, cosicché si può parlare anche di “notaio piattaforma” che contribuisce ai servizi pubblici e privati, tra di loro molto diversi.

Se vi è ibridismo nel notariato vi è anche indeterminatezza nell’approccio concorrenziale: la concorrenza, infatti, non si presenta con un paradigma fisso; si porta ad esempio il problema dell’imposizione del prezzo di rivendita il quale rappresenta una esperienza storica nei mercati anglosassoni e europei: esso è tendenzialmente accettato nei sistemi common law, ma non è così nei civil law. Tuttavia il relatore è favorevole ad esso in quanto nelle catene di franchising il prezzo minimo rappresenta un livello accettabile di qualità, così lo stesso è una leva concorrenziale. Chiude osservando come dal dibattito odierno emerga un reciproco rilevamento dei problemi aperti a diverse soluzioni.

 – Seguirà seconda e ultima parte –

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Notariato ed efficienza: un costo o un valore? – Tavola rotonda del Convegno del 12 gennaio 2018 (Parte prima) ultima modifica: 2018-01-12T20:03:49+01:00 da Lodovica De Stefano
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