La Cassazione, questa volta a sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 15 marzo 2016, n. 5068), ritorna sul tema della donazione di beni altrui statuendo che «La donazione di un bene altrui, benché non espressamente vietata, deve ritenersi nulla per difetto di causa, a meno che nell’atto si affermi espressamente che il donante sia consapevole dell’attuale non appartenenza del bene al suo patrimonio. Ne consegue che la donazione, da parte del coerede, della quota di un bene indiviso compreso in una massa ereditaria è nulla, non potendosi, prima della divisione, ritenere che il singolo bene faccia parte del patrimonio del coerede donante».
In particolare, si riforma l’orientamento espresso nel 2001 (Cass. civ. 1596/2001), secondo il quale la donazione di beni altrui doveva ritenersi valida anche se inefficace (con conseguente sua idoneità a valere quale titolo per l’usucapione immobiliare abbreviata), argomentando tale assunto sulla base della natura eccezionale dell’art. 771 cod. civ. (donazione di beni futuri), e quindi insuscettibile di applicazione analogica.
La Cassazione in commento, invece, ritiene nulla la donazione di bene altrui, non per l’applicazione analogica della nullità ex art. 771 cod. civ., ma per mancanza di causa del negozio di donazione. In altri termini, attraverso una piana lettura dell’art. 769 cod. civ., i giudici della Suprema Corte considerano l’appartenenza al donante del bene oggetto di donazione elemento essenziale, in mancanza del quale la causa tipica del contratto stesso non può attuarsi.
Si ammette, tuttavia, che la donazione di beni altrui può valere come donazione obbligazione di dare, solo qualora l’altruità sia conosciuta dal donate attraverso una apposita dichiarazione nell’atto di donazione.
Da ultimo, la sentenza in commento, non vede differenza tra il concetto di “bene altrui” e “bene eventualmente altrui”, come nel caso di specie, in cui oggetto della donazione è un bene solo in parte altrui, perché appartenente pro indiviso a più comproprietari per quote differenti e donato per la sua quota da uno dei coeredi. In entrambi i casi, infatti, si tratterebbe di beni non presenti nel patrimonio del donante al momento dell’atto, essendovi l’astratta possibilità che il bene oggetto di donazione, in sede di divisione, venga assegnato a soggetto diverso dal disponente.
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AUTORE

Laureata presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, di cui dal 2006 è Cultore della Materia. Nel 2007 ha conseguito l’abilitazione all’esercizio della professione forense presso la Corte di Appello di Milano. Nel 2012 ha conseguito il dottorato di ricerca in “Scienze giuridiche – Diritto privato e storia della scienza giuridica civilistica” sempre presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. Ha vinto il concorso bandito nell’anno 2013 ed è stata nominata notaio nel novembre 2015.