L’idea del monitoraggio degli studi notarili, ossia della raccolta organizzata di dati economici, nasce nei primi anni 90 nel distretto di Milano ed è frutto della ricerca di una maggiore efficacia ed oggettività dell’azione di vigilanza e disciplinare.
Fino ad allora l’esercizio del potere dovere di vigilanza e, conseguentemente, del connesso potere dovere disciplinare era affidato alla personale conoscenza del Collegio Notarile da parte del Presidente e dei Consiglieri e alle segnalazioni che al Consiglio venivano fatte da privati, colleghi o istituzioni; i cosiddetti esposti.
Ciò produceva in molti notai la sensazione, giusta o sbagliata che fosse, di una vigilanza blanda e casuale e di una disparità di trattamento tra chi avesse un percorso storico pulito e chi fosse nuovo del collegio o, peggio ancora, avesse avuto precedenti incidenti di percorso.
di Arrigo Roveda, notaio in Milano
Il primo risultato che si voleva ottenere col monitoraggio era una maggiore enfasi della funzione di vigilanza su quella disciplinare. Ci si voleva comportare come quelle pattuglie della polizia stradale che si posizionano bene in vista lungo un rettilineo per scoraggiare gli eccessi di velocità e non come quelle che si nascondono dietro una curva per sanzionare. Al notariato, ai cittadini interessa che il singolo notaio non infranga la regola e solo secondariamente che venga sanzionato (ci si ricordi della scarsa deterrenza delle sanzioni ante riforma CO.RE.DI. del 2006).
Il secondo era quello di garantire che il controllo fosse esteso a tutti i notai, consiglieri compresi; in modo che nessuno si sentisse in posizione di privilegio rispetto ad altri. Quando il tema del monitoraggio si è affacciato ai dibattiti congressuali quanti vecchi presidenti di distretto (soprattutto piccoli) abbiamo sentito proclamare “a me il monitoraggio non serve io so, nel mio distretto, chi si comporta bene e chi si comporta male”. In quel distretto, chi era sicuro di essere nella “colonna dei buoni” aveva diritto ad una sorta di immunità non sempre sfruttata nel pieno rispetto delle regole (soprattutto fiscali).
Il terzo risultato, contingente al periodo ed oggi ancor più attuale, aveva l’obiettivo di rendere efficienti ed imparziali i controlli dei nuovi iscritti che, in alcuni distretti, aumentano di diverse decine ad ogni concorso. La vigilanza “vecchio stile” basata sulla conoscenza era ed è, in questo caso, inefficace per mancanza della conoscenza stessa, quando non discriminatoria (ed anticoncorrenziale) quando si traduce in una vigilanza rafforzata per i nuovi iscritti (ai fini appunto di acquisire la conoscenza) rispetto ai vecchi e noti.
Il quarto ed ultimo risultato, estraneo al tema della vigilanza, ma non secondario per l’amministrazione della categoria, era quello di dotarsi di uno strumento di conoscenza del settore economico (principalmente immobiliare) nel quale il notariato opera.
Quello del monitoraggio era un approccio del tutto nuovo che ha comportato la necessità di affinare i metodi di raccolta e di elaborazione dei dati e che, con una buona dose di empirismo, ha portato a risultati difficili o impossibili da raggiungere con la vigilanza vecchio stile.
La prima raccolta di dati viene effettuata nel 1996 ed è relativa all’anno fiscale 1995.
Grazie ai dati raccolti ed elaborati sono stati intercettati e sanzionati macroscopici e organizzati fenomeni di evasione fiscale (non che l’evasione microscopica o saltuaria sia commendevole ma non è evidenziabile dall’elaborazione dei dati di monitoraggio).
Sono state riscontrate e sanzionate situazioni di inversione del rapporto di proporzionalità tra sede e ufficio secondario.
E’ stato intercettato e sanzionato l’utilizzo di procacciatori di affari così come il fenomeno del notaio “dipendente” da studi abusivi.
Sono venute alla luce situazioni di cattiva gestione dei conti dello studio e di squilibrio finanziari,o che mettevano a rischio le somme affidate da terzi al notaio sia per il pagamento delle imposte che per i depositi fiduciari.
E sono, quanto tempo è passato, emerse e sanzionate violazioni delle norme relative alla tariffa notarile.
Una somma di risultati che ha rivoluzionato il modo di vigilare ed ha avuto, come positivo effetto collaterale, il merito di portare un po’ di cultura aziendalistica negli studi, fondamentale in un periodo di forte contrazione dei margini, essendo i notai che operavano nell’epoca pre-crisi non sempre abituati a tenere sotto controllo i costi e attrezzati per quantificare la giusta remunerazione di ogni pratica.
Molta acqua è passata però da quei tempi sotto il ponte del notariato. E non sempre acqua tranquilla.
Nel 2006 l’introduzione dell’articolo 93-bis che, con l’obiettivo di rafforzare i poteri di vigilanza dei Consigli Notarili Distrettuali, introduceva la possibilità di “richiedere, anche periodicamente, informazioni e l’esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale” del notaio.
Nel 2012 il governo Monti liberalizzava le tariffe delle professioni e veniva automaticamente meno la funzione di controllo del rispetto delle regole tariffarie.
Nel gennaio del 2017, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, deliberava l’apertura di un procedimento, nei confronti del Consiglio Notarile di Milano, per accertare la violazione dell’art. 2 della legge 287/90, proprio su segnalazione di un notaio del distretto relativa all’attività di monitoraggio in corso di svolgimento. Nel comunicare le risultanze istruttorie l’AGCM sollevava il problema della legittimità del monitoraggio, definito come la “raccolta di dati a tappeto”, in quanto potenzialmente in grado di condizionare i comportamenti dei singoli notai e quindi di avere effetti distorsivi sul mercato dei servizi notarili.
Nel 2017, in occasione della riforma che ha portato alla necessità di tenere il cosiddetto conto dedicato, viene introdotta la previsione di un sorteggio annuale “di un numero di notai pari almeno a un ventesimo degli iscritti al ruolo, presso i quali sono eseguite ispezioni dirette al controllo della regolare tenuta e dell’impiego dei fondi e dei valori consegnati a ogni titolo al notaio in ragione del suo ufficio”.
E’ andata nel frattempo a regime la raccolta di dati statistici da parte del Consiglio Nazionale del Notariato, strumento dalle potenzialità ancora grandemente inesplorate, e con essa si dispone di uno strumento di conoscenza del mercato pertinente all’attività notarile sicuramente più sofisticato ed affidabile di quello offerto dal monitoraggio.
A luglio di quest’anno, a conclusione di un procedimento fiume, è arrivata la decisione finale dell’Antitrust sulla questione Milano.
L’autorità, abbandonata ogni pretesa sanzionatoria relativa ai procedimenti disciplinari instaurati da Consiglio Distrettuale, ha ritenuto che il Consiglio avesse posto in essere una non grave intesa restrittiva della concorrenza, “concretizzatasi nella richiesta a tappeto di dati economici concorrenzialmente sensibili, nella mappatura dei notai vigilati e nell’uso segnaletico delle iniziative assunte” ed ha pertanto mandato il Consiglio totalmente esente da sanzioni.
Molto ci sarebbe da dire in merito al provvedimento dell’AGCM che in alcuni passi suona come un’ode celebrativa dell’evasione fiscale quale strumento di concorrenza tra notai, ma non è questa la sede.
Occorre invece concentrarsi sulla necessità di rivedere lo strumento di monitoraggio alla luce delle novità sopravvenute.
Si deve innanzitutto prendere atto che all’AGCM non piace la raccolta di dati a tappeto. Cioè non vuole che l’organo di vigilanza disponga di dati medi, di dati di comparazione ritenendo detti dati concorrenzialmente sensibili. Non piace ma è così.
Si deve poi considerare che il legislatore, nell’affidare ai Consigli un nuovo potere di vigilanza, ha ritenuto che il sorteggio fosse lo strumento ideale per garantire controllo e imparzialità.
Bisogna poi considerare come irrinunciabili alcune caratteristiche dell’attività di vigilanza:
Prevenzione e deterrenza: la vigilanza deve servire a prevenire i comportamenti illeciti più che a punirli. La sanzione è, in qualche modo, il fallimento della vigilanza.
Oggettività: ogni notaio del distretto deve avere la stessa quantità di vigilanza e la stessa probabilità di essere controllato. Ogni arbitrio e discrezionalità deve essere cancellato.
Tempestività: i controlli devono essere vicini agli accadimenti. I fondamentali controlli ispettivi biennali, molto sottolineati dall’AGCM per censurare il monitoraggio, arrivano in tempo troppo distante dal compimento dell’atto, sia in ragione della periodicità biennale, sia in ragione del tempo necessario per esaminare atti e repertori.
Perdurando la posizione di chiusura dell’AGCM su una raccolta di dati generalizzata, occorrerà conservare un significato al disposto dell’articolo 93 bis l.n. che, come ricordato, prevede che “Al fine di controllare il regolare esercizio dell’attività notarile, i consigli notarili distrettuali, tramite il presidente o un loro componente, delegato dal consiglio, possono:
a) effettuare accessi agli studi ed esaminare atti, repertori, indici, registri, libri e documenti contabili del notaio nonché richiedere, anche periodicamente, informazioni e l’esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale;
b) esaminare gli estratti repertoriali conservati presso gli archivi notarili distrettuali con facoltà di ottenerne copia, dandone preventivo avviso ai notai interessati; c) assumere informazioni presso le amministrazioni e gli uffici pubblici”.
E occorrerà conservarlo rinunciando ad un controllo generalizzato su tutti i notai, senza abdicare ai principi fondamentali di prevenzione, oggettività e tempestività.
Non potrà quindi che farsi ricorso al percorso delineato dal legislatore nella novella del 2017.
Un sorteggio, possibilmente pubblico e in assemblea, che individui un congruo numero di notai sui quali effettuare la vigilanza prescritta dall’articolo 93 bis in particolare chiedendo l’esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale.
Ciò garantirebbe la stessa probabilità di controllo a ciascun notaio, mantenendo la stessa funzione di deterrenza e vigilanza, impedendo l’esercizio dei poteri in modo discrezionale eliminando così ogni sospetto di deiscriminazione.

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La Redazione di Federnotizie è composta da notai di tutta Italia, specializzati in differenti discipline e coordinati dalla direzione della testata, composta dai notai Arrigo Roveda e Domenico Cambareri.