La Corte di Cassazione, con ordinanza del 27 maggio 2019 n. 14442, è tornata a pronunciarsi sulle conseguenze in caso di mancata redazione dell’inventario nei termini da parte di persona giuridica cui sia stata devoluta l’eredità.
di Benedetta Ferrarese, notaio in attesa di nomina
Può essere opportuno ricordare che, ai sensi dell’art. 473 c.c., l’accettazione dell’eredità da parte di enti diversi dalle società non può farsi che con beneficio di inventario. La legge non disciplina, tuttavia, le conseguenze in capo alla persona giuridica chiamata all’eredità nel caso in cui alla dichiarazione di accettazione beneficiata, resa nelle forme di cui all’art. 484 c.c., non segua la redazione dell’inventario nei termini previsti dagli artt. 485 e 487 c.c.
L’ordinanza in commento, nel ripercorrere e confermare le argomentazioni svolte dalla Corte d’Appello, si riallaccia alla tesi che ricostruisce l’accettazione beneficiata dell’eredità come una fattispecie a formazione progressiva che si compone di due elementi costitutivi indissolubilmente legati tra loro: da un lato, la dichiarazione di accettazione con beneficio di inventario e, dall’altro, il compimento dell’inventario. La mancata redazione dell’inventario successiva alla dichiarazione di accettazione impedirebbe quindi il perfezionamento della fattispecie, portando alla conseguenza, sancita dagli artt. 485 e 487 c.c., dell’acquisto della qualità di erede puro e semplice in capo al chiamato.
La Corte di Cassazione, non discostandosi dai precedenti in merito (si veda Cass. n. 2617/1979 e Cass. n. 19598/2004) evidenzia, peraltro, come tale esito non possa prodursi in capo alle persone giuridiche diverse dalle società, pure tenute agli oneri imposti dall’art. 484 c.c. Gli artt. 485 e 487 c.c. sarebbero, quindi, inapplicabili sotto questo profilo per evidente incompatibilità con la regola stabilita dall’art. 473 c.c. per cui gli enti diversi dalle società non possono concepirsi come eredi se non con il beneficio di inventario.
Proseguendo la propria disamina, la Corte di Cassazione esclude, inoltre, che in tale contesto si possa parlare di decadenza dal beneficio di inventario proprio perché, in mancanza del compimento dell’inventario, la fattispecie non si sarebbe perfezionata; la decadenza contemplata dagli artt. 493, 494 e 505 c.c. si colloca nella fase di liquidazione dell’eredità e presuppone che il beneficio dell’inventario si sia effettivamente ed efficacemente instaurato successivamente al completamento degli adempimenti legali.
L’accettazione di eredità beneficiata (unica forma di accettazione consentita alle persone giuridiche) a cui non sia seguita la redazione dell’inventario, pertanto, non potrebbe che considerarsi inefficace, inesistente. A differenza del precedente del 1979 (sopra citato) sul tema, l’ordinanza in commento esclude che la conseguenza della mancata redazione dell’inventario sia l’incapacità a succedere della persona giuridica nell’eredità alla stessa devoluta. Sostenere questa posizione significherebbe individuare una causa di decadenza dal diritto di accettare l’eredità che la legge, in realtà, non contempla. Del resto, si osserva, la sanzione dell’incapacità a succedere non è prevista quale conseguenza della mancata redazione dell’inventario nemmeno dagli artt. 485 e 487 c.c., che pure regolano espressamente la fattispecie.
La Corte conclude allora nel senso che l’inefficacia della dichiarazione di accettazione beneficiata dell’eredità a cui non abbia fatto seguito l’inventario non consumi il diritto di accettare del chiamato; il chiamato avrebbe, cioè, la possibilità di ripetere la propria accettazione (cui far seguire il compimento dell’inventario nei termini) fermo restando, naturalmente, il rispetto del termine di prescrizione di cui all’art. 480 c.c.
A sostegno della propria conclusione, la Corte si ricollega alla previsione di cui all’art. 525 c.c. in tema di rinuncia all’eredità; così come l’ordinamento riconosce al chiamato all’eredità la possibilità di accettare nonostante la precedente dichiarazione di rinuncia, a maggior ragione dovrebbe essere consentito alla persona giuridica di ripetere la propria accettazione ove quella compiuta in precedenza sia risultata inefficace.
Questa soluzione, del resto, è quella che, a detta della Corte, appare maggiormente in grado di tutelare tutti gli interessi che vengono in considerazione. In primo luogo, infatti, si consentirebbe di dare piena attuazione alla volontà del testatore che abbia chiamato all’eredità la persona giuridica, conformemente al generale principio di conservazione della volontà testamentaria cui è improntato il sistema. In secondo luogo, si garantirebbe l’interesse dell’ente ad accettare l’eredità allo stesso devoluta. Da ultimo, non si osserverebbe alcun pregiudizio in capo ai creditori dell’eredità i quali potrebbero in ogni caso veder tutelate le proprie ragioni per loro iniziativa tramite lo strumento della separazione di cui agli artt. 512 ss. c.c.
Può non risultare superfluo precisare che le conclusioni cui è giunta la Corte di Cassazione sembrano valere solo nel caso in cui la dichiarazione di accettazione beneficiata sia effettuata quale primo adempimento a cui, poi, non sia seguito l’inventario. Qualora, infatti, come consentito dall’art. 483 c.c., l’inventario non sia stato preceduto dalla dichiarazione, non potrebbe non trovare applicazione quanto stabilito dall’art. 487, co. 3, c.c. Anche la persona giuridica perderebbe, quindi, il diritto di accettare l’eredità in caso di mancata dichiarazione di accettazione nei quaranta giorni successivi al compimento dell’inventario.

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