Accade di frequente che due soggetti decidano di intraprendere un’attività economica in comune, ripartendo il capitale sociale in misura paritetica tra loro e spesso affiancando alla partecipazione al capitale anche un coinvolgimento diretto nella gestione dell’impresa, ad esempio nominando un Consiglio di Amministrazione composto da un numero paritetico di membri, nominati pro quota, oppure entrando essi stessi a far parte dell’organo amministrativo.
Una società così strutturata è destinata a funzionare fino a quando gli azionisti concordino sulle strategie aziendali. In caso però di dissidio insanabile, il rischio è che la società entri in una situazione di stallo (quello che gli anglosassoni comunemente definiscono “deadlock” – punto morto).
Diventa allora importante non solo prevedere l’eventuale situazione di contrasto, ma anche contemplare e regolamentare possibili rimedi per uscire dalla situazione di stallo, al solo scopo di preservare la funzionalità e la continuità dell’impresa.
Tra le tecniche più frequenti utilizzate per superare lo stallo, vi è quella che prevede che uno degli azionisti assuma il controllo della società, verso la corresponsione di un corrispettivo in denaro.
La quantificazione del corrispettivo, ovviamente in mancanza di accordo, viene determinata in modo tale che ciascuna parte sia incoraggiata a fare la propria offerta senza però sapere a priori se acquisterà le quote e quindi il controllo della società, oppure se riceverà il pagamento in denaro delle proprie, uscendo dalla compagine sociale o eventualmente raggiungendo una posizione di minoranza nella società.
In mancanza di una soluzione o di un meccanismo di sblocco, la società sarà inevitabilmente costretta verso il suo scioglimento per impossibilità di funzionamento e continuata inattività.
I meccanismi per prevenire situazioni di stallo si possono dividere in due categorie:
A) quelli aventi come scopo finale quello di mantenere in vita il rapporto sociale e
B) quelli aventi ad oggetto lo scioglimento del rapporto sociale.
Tra i primi possiamo far rientrale le clausole che prevedono:
– la maturazione di un’intesa tre le parti attraverso un periodo di riflessione (c.d. “periodo cooling off”);
– la prevalenza della volontà di una delle parti (sistema del c.d. “casting vote”);
– l’intervento di terzi all’interno della struttura della società, attraverso l’intestazione della partecipazione sociale ad un arbitro fiduciario (c.d. ago della bilancia)
– l’intervento di terzi estranei alla struttura societaria (c.d. “chairman esterno”).
Tra i secondi, invece, possiamo far rientrale le clausole di c.d. “buy-sell provision” che:
– prevedono un diritto di prelazione (semplice, con take out, o con determinazione peritale del prezzo);
– mirano a realizzare un’asta tra i soci per l’acquisto delle partecipazioni, mediante meccanismi di opzioni reciproche.
In particolare tra queste ultime rientra la c.d. clausola di “Russian Roulette” (o Roulette Russa), il cui meccanismo risulta così strutturato.
Uno dei soci presenta un’offerta per l’acquisto delle partecipazioni dell’altro socio, indicando il prezzo al quale è disposto ad acquistarle. Se il socio che ha ricevuto la proposta non è disposto a vendere la sua partecipazione, allora il meccanismo si inverte e lui stesso diventa obbligato ad acquistare quelle del socio proponente al prezzo indicato dallo stesso.
Una clausola siffatta presenta il vantaggio della semplicità, della rapidità e soprattutto implica di per sé una valutazione accurata ed obiettiva della partecipazione.
Indubbiamente, però, chi formula l’offerta rischia di ottenere un risultato opposto a quello desiderato. Chi mette in moto il meccanismo, infatti, lo fa nella convinzione di diventare l’unico azionista della società, ma è altresì consapevole del fatto che potrà vedersi costretto a vendere lui stesso le proprie quote. Chi riceve l’offerta, invece, si trova nella situazione di dover scegliere se vendere o acquistare, con la necessità di reperire le necessarie risorse finanziarie con un preavviso relativamente breve.
Si tratta di un meccanismo rapido, ad un solo colpo di rilancio, che proprio per la sua dinamica incentiva il socio offerente a proporre un prezzo realistico, potendo rischiare di vedersi acquistare la propria partecipazione in luogo di quella del terzo e quindi potendo penalizzare sé stesso nella valutazione economica.
Una clausola di russian roulette potrebbe essere così strutturata:
“In caso di stallo, ciascuna Parte avrà il diritto di comunicare, entro . . . giorni dalla data di verificazione dello stallo, la volontà, irrevocabile, di acquistare l’intera partecipazione dell’altra Parte: tale comunicazione varrà anche come dichiarazione, proveniente dalla Parte che la effettua, della propria volontà irrevocabile di vendere l’intera sua partecipazione alla parte che ha ricevuto la comunicazione stessa. La dichiarazione dovrà contenere l’indicazione del prezzo offerto per il caso di acquisto. In caso di comunicazioni pervenute contemporaneamente, prevarrà l’offerta con prezzo più elevato; qualora anche il prezzo fosse identico, si estrarrà a sorte la comunicazione che avrà efficacia ai seguenti fini.
Entro . . . giorni dal ricevimento della comunicazione di sui sopra, la Parte destinataria della comunicazione dovrà comunicare all’altra se accetta irrevocabilmente la proposta di vendere alla Parte offerente la propria partecipazione, ovvero se accetta irrevocabilmente la proposta di acquistare dalla Parte offerente l’intera partecipazione di quest’ultima.
In caso di mancata accettazione della proposta di vendita o della proposta di acquisto (intendendosi per mancata accettazione anche la mancata risposta entro il termine ovvero una risposta condizionata o comunque non conforme alla proposta), la Parte offerente potrà, a suo giudizio, decidere se acquistare dall’altra l’intera sua partecipazione della stessa, ovvero se vendere all’altra Parte l’intera partecipazione; l’altra Parte sarà obbligata a vendere la propria partecipazione ovvero ad acquistare la partecipazione dalla Parte offerente al prezzo indicato nella prima comunicazione.”
Il meccanismo sopra esposto può avere diverse varianti, tutte accomunate sempre da una applicazione rapida e cruenta.
Ad esempio, una parte può decidere di fare la prima mossa offrendosi di acquistare la partecipazione dell’altra parte ad un determinato prezzo. Si prevede che il socio che ha ricevuto l’offerta possa accettarla oppure possa fare una controfferta stabilendo un prezzo più elevato o per vendere la propria partecipazione oppure per acquistare quella del primo offerente.
In alternativa (c.d. fairest sealed bid), entrambe le parti sono tenute a consegnare una busta chiusa ad un terzo e solo chi avrà offerto il prezzo maggiore potrà acquistare le quote della controparte.
Ancora, si potrebbe prevedere addirittura un vero e proprio processo di asta, con le parti che possono aumentare le loro offerte in competizione.
Un esempio di “modifìed roulette mechanism” rinforzata potrebbe essere del seguente tenore:
“Nel caso in cui uno dei due soci accetti di pagare un prezzo maggiore rispetto a quello definito al fine di acquistare la quota dell’altro socio, il socio offrente il prezzo maggiorato ha titolo e diritto di acquistare al prezzo maggiorato la quota dell’altro socio.
Detto socio dovrà seguire la seguente procedura:
– entro 90 giorni dalla definizione del primo prezzo di vendita il socio può fare un’offerta fissando il prezzo di acquisto della quota;
– entro 120 giorni dalla definizione del primo prezzo di vendita l’altro socio può fare una controfferta fissando il prezzo di acquisto della quota.
Da e dopo ogni offerta proveniente da uno dei due soci è ammessa una controfferta, iniziando dalla controfferta del socio . . con contestuale richiesta di ulteriore offerta a rilancio da parte dell’altro socio. Fino a 3 giorni lavorativi successivi al ricevimento dell’offerta dell’altro socio, ciascun offerente dovrà offrire un prezzo di acquisto superiore di ulteriori . . . euro al prezzo della proposta immediatamente precedente proveniente dall’altro socio.”
Occorre a questo punto chiedersi se le clausole di “Russian Roulette” siano lecite.
Da una prima disamina emerge chiaramente come questo meccanismo a funzionamento rapido “one-shot”, possa facilmente prestarsi ad abusi, incoraggiando l’azionista più facoltoso a creare ad arte un meccanismo di deadlock, violando principi di buona fede e di correttezza.
Occorre allora chiedersi se sia necessario strutturare la clausola prevedendo dei meccanismi di predeterminazione del prezzo di acquisto/vendita, ad esempio prevedendo un corrispettivo minimo da indicare nella prima offerta, determinato d’accordo tra le parti oppure da un arbitratore, oppure ancora facendo ricorso all’equa valorizzazione della partecipazione, sulla base dei criteri di determinazione del valore stabiliti per il recesso.
La risposta, alla luce di quanto esposto sul meccanismo e sulle finalità della clausola, è negativa.
Tanto che, sia la dottrina (v. Busi Tecniche di soluzione delle situazioni di stallo decisionale nelle compagini societarie, in Società e contratti, bilancio e revisione, n. 9/2005; Draetta, Un esempio di “russian roulette clause” per la soluzione di “dead-locks”, in Dir. comm. int., 1992, 515; Daino, Tecniche di soluzione del “deadlock”: la soluzione contrattuale del disaccordo tra i soci nelle joint venture paritarie”, in Dir. comm. int., 1988, 151) che più di recente, la giurisprudenza, hanno avuto occasione di occuparsi della clausola di Russian Roulette e di ritenerla lecita.
Una clausola di questo genere è stata riscontrata in una prima pronuncia del Tribunale di Milano, sezione specializzata in materia di impresa “B” (giudice designato dott. Enrico Consolandi) nell’ordinanza in data 15 gennaio 2014, RG 83681/2013.
Pur non pronunciandosi espressamente sulla validità della stessa, il Tribunale non ne ha ravvisato comunque l’illiceità, ritenendo il meccanismo indicato in statuto come uno dei possibili sistemi per superare lo stato di crisi.
Più di recente, invece, il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 19708 del 19 ottobre 2017 (si veda il commento in CNN Notizie del 21 febbraio 2018 a cura di Antonio Ruotolo e Daniela Boggiali) ha affrontato la questione della validità di una clausola di roulette russa contenuta in un patto parasociale e si è pronunciata in modo espresso sulla sua validità stabilendo che “Non può ravvisarsi all’interno del diritto societario alcuna norma imperativa implicita che vieti o renda illegittima ex ante una clausola antistallo del tipo della roulette russa anche nel caso in cui la parte titolare del potere di determinare il prezzo non sia soggetta ad alcun criterio da seguire e ciò a condizione che la clausola non porti, necessariamente ad una determinazione iniqua”.
Il caso affrontato riguardava una società partecipata da due soci al 50% ciascuno. In questo caso il patto parasociale (e non propriamente lo statuto) stabiliva che nel caso di inattività dell’organo amministrativo o dell’assemblea era riconosciuto ad un socio il diritto di stabilire, senza riferimento ad alcun criterio di valutazione, un prezzo che avrebbe rappresentato tanto il prezzo di acquisto della partecipazione dell’altro socio, quanto il prezzo al quale l’offerente avrebbe venduto la sua partecipazione qualora l’altro socio fosse stato disposto ad acquistarla, al posto di vendere la sua.
Il ricorrente aveva sostenuto la nullità della clausola di russian roulette sia per mancanza di interessi meritevoli di tutela, sia per vizio dell’oggetto, sia per la mancanza di un meccanismo di equa valorizzazione, sia infine per violazione del divieto del patto leonino.
Al riguardo il Collego ha rilevato, in primo luogo, come la clausola persegua indubbiamente interessi meritevoli di tutela, poiché la sua funzione è proprio quella di risolvere le situazioni di stallo decisionale attraverso una riallocazione delle partecipazioni, in una chiara ottica di favor societatis evitando i costi e i tempi della liquidazione.
Attivando il meccanismo della russian roulette clause si giunge a determinare il prezzo di cessione e il soggetto che acquisterà la partecipazione, raggiungendo il fine voluto di evitare l’inerzia e l’impossibilità di funzionamento della società.
Ha ritenuto altresì infondato il motivo di nullità della clausola per vizio dell’oggetto, rimesso al mero arbitro di una delle parti (il soggetto che determina il prezzo di fatto agisce al buio non sapendo se il destinatario dell’offerta venderà oppure comprerà allo stesso prezzo) proprio perché l’eventualità per colui che si offre di acquistare le quote, della possibilità di doverle vendere allo stesso prezzo, fa sì che il corrispettivo sia valutato dalle parti nel modo più equo possibile e non in modo meramente arbitrario. Il soggetto oblato ha una duplice facoltà, quella di acquistare la partecipazione altrui o di vendere la propria ed è proprio questo duplice risvolto che gli consente di approfittare di valutazioni errate tanto per difetto, quanto per eccesso.
Questo meccanismo, sotto il profilo causale risulta intrinsecamente equilibrato: nessuno dei soci intenderà svendere la propria partecipazione, sapendo che rischia per quel prezzo di vedersi lui stesso privato della propria partecipazione.
Il Collegio ha poi sostenuto che il principio dell’equa valorizzazione richiamato dalla dottrina e dalla giurisprudenza per le clausole di covendita e di trascinamento delle partecipazioni sociali, non possa applicarsi per definizione alla suddetta clausola, in quanto lo stesso meccanismo su cui si fonda la clausola impedisce di ravvisare una finalità soggettiva volta a produrre un prezzo iniquo.
Se la finalità della clausola è quella di superare lo stallo che altrimenti porterebbe alla liquidazione, non si ravvisano gli stessi presupposti del riscatto o della vendita forzosa delle partecipazioni che giustificano l’applicazione dei criteri di valutazione del recesso.
La possibilità tanto di acquistare l’altrui partecipazione, quanto di vendere la propria, non attiva le cautele da adottare nel caso in cui il socio sia costretto a “subire” l’acquisto forzoso, per preservare il valore reale e reddituale della propria partecipazione.
E da ultimo, in relazione alla violazione del patto leonino, ha affermato che in generale le clausole antistallo non sono idonee ad escludere un socio dalla responsabilità della gestione ovvero a consentire ad uno di essi di approfittare di una determinata situazione per escludere l’altro. Questo perché la clausola viene attivata (e solo in questo momento si propone il prezzo) solo al verificarsi di eventi che portano allo stallo ed impedisce una sua attivazione arbitraria in mancanza dei presupposti previsti dalle parti.

AUTORE

Gabriella Quatraro è notaio dall’anno 2004. Ha esercitato la professione presso la sede di Vercelli, Bollate e dall’anno 2009 di Milano. Ha insegnato alla scuola del Notariato di Milano presso il Corso “Contratto in generale”. Si occupa principalmente di diritto societario e di operazioni straordinarie.