Una riflessione che abbia a oggetto l’atto notarile senza parti, in un ordinamento giuridico che contiene la norma di cui all’art. 47 della Legge notarile che stabilisce che l’atto notarile non può essere ricevuto dal notaio se non in presenza delle parti, è certamente una riflessione che inizia, quantomeno, in salita.
L’impostazione della ricerca di una regola che consenta, in linea di principio, di distinguere i casi in cui, nel vigente ordinamento giuridico, non sia ovvero sia possibile (o necessario) porre in essere un atto notarile senza parti, sembra a chi scrive doversi basare su una “summa divisio”: quella tra negozio giuridico e atto in senso lato non negoziale.
Tenendo in mente questa distinzione e ricordando che ogni buona regola per essere tale deve avere le sue eccezioni, si possono svolgere talune brevi riflessioni senza pretese di esaustività e di rigore sistematico – scientifico che le finalità del presente scritto e soprattutto il suo autore non consentono di avere.
Le principali norme sulla forma dell’atto notarile contenute nella legge notarile sono state concepite e scritte avendo prevalentemente in considerazione il negozio giuridico ricevuto dal notaio mediante lo strumento principe della sua funzione e cioè l’atto pubblico. Viene subito in mente a tutti l’articolo 51 della legge notarile che è il fulcro della forma dell’atto pubblico. La forma in detto articolo delineata fa perno sulle parti dell’atto, le presuppone e le considera protagoniste dell’atto medesimo. Lo vediamo anzitutto nella c.d. comparizione dove la legge ne richiede, con analitica attenzione, le generalità (originariamente ne prevedeva anche l’indicazione della condizione). Analiticità ripresa poi, ad esempio, nella indicazione del contenuto del negozio giuridico costitutivo di società (ad esempio: art. 2328 comma 2 numero 1, art. 2463 comma 2 numero 1, art. 2521 comma 3 numero 1 del codice civile). L’atto deve inoltre contenere la dichiarazione della certezza dell’identità personale delle parti o la dichiarazione dell’accertamento fattone per mezzo dei fidefacienti. Dell’atto e degli eventuali allegati deve essere data lettura alle parti che, purché sappiano leggere e scrivere, possono consentire l’omissione della lettura degli allegati per espressa loro volontà. Infine la sottoscrizione, distinta in finale, marginale e, salvo le esclusioni espresse, sugli allegati, presidiata dalle specifiche e dettagliate regole ben note. Le parti devono sottoscrivere per prime poiché la volontà di porre in essere l’atto è loro ed è un presupposto necessario senza il quale non può esserci l’atto. Le altre firme, degli eventuali fidefacienti, interprete e testimoni ed infine quella del notaio, seguono solo se ci sono già quelle di tutte le parti.
Non è poi il caso di soffermarsi sulle norme che, con le relative cautele, regolano l’intervento in atto dello straniero, del sordo e del muto.
Bastano questi basilari e più noti richiami alla posizione delle parti per comprendere la loro centralità nell’atto notarile che reca un negozio giuridico. E bastano anche per comprendere che il loro intervento nell’atto notarile è un intervento non meramente accertato, narrato e documentato dal notaio, bensì un intervento diretto all’interno dell’atto stesso che attraverso la loro “costituzione “in atto e la loro sottoscrizione diviene l’atto voluto e stipulato dalle parti, insomma un vero e proprio “atto con le parti” nel senso più letterale e stringente della locuzione.
In questa tipologia di atto notarile, la volontà delle parti si manifesta e si cristallizza in un documento che, con le dovute forme, si perfeziona mediante la funzione di adeguamento svolta dal notaio che, a sua volta, lo sottoscrive suggellandone la piena legittimità e si identifica con lo stesso negozio giuridico voluto e sottoscritto dalle parti.
Questo vale non solo per il negozio giuridico per il quale l’ordinamento giuridico richieda a vario titolo la forma scritta, la quale in tal caso vede piena realizzazione nell’atto notarile, ma vale anche, per ipotesi, con riferimento ad un negozio giuridico a forma libera, come ad esempio quello che abbia ad oggetto un semplice bene mobile la cui negoziazione non comporti nemmeno l’iscrizione in un determinato registro che possa richiederne la forma scritta. Anche in questo caso, infatti, ove le parti si rivolgessero al notaio chiedendogli di ricevere un atto per il quale la legge non prescriva la forma scritta, l’atto ricevuto non muterebbe ovviamente la sua natura di, in ipotesi, negozio giuridico.
Ove invece il notaio si limitasse a redigere un verbale che constatasse e dichiarasse l’avvenuta espressione del consenso negoziale delle parti in sua presenza, a prescindere da ogni considerazione circa l’efficacia di un tale atto de iure condito, non riceverebbe un negozio giuridico ma solo la constatazione del suo accadimento. Pensiamo ad esempio, più concretamente, al caso in cui il notaio nel corso della verbalizzazione di una assemblea proceda a verbalizzare la dichiarazione di rinuncia da parte di uno dei soci presenti al diritto di opzione in relazione ad un aumento del capitale sociale.
In altri termini il concetto di “parte” cui fin qui si è fatto riferimento è quello del soggetto che non solo è presente ma interviene all’atto sottoscrivendolo e facendo sì che l’atto notarile posto in essere sia esso stesso un negozio giuridico. Nell’ultimo esempio fatto siamo invece nel campo dei verbali di constatazione di cui tra breve parleremo partendo proprio da quello che è uno dei principali verbali di constatazione che è appunto il verbale di assemblea.
Se dunque quanto siamo venuti fin qui ad esporre è corretto, dobbiamo concludere che nei negozi giuridici la regola che possiamo ricavare è la necessità dell’intervento nell’atto notarile delle parti nel senso e nelle forme suddetti.
In estrema sintesi, l’atto notarile che sia un negozio giuridico è un atto “con le” parti perché è un atto “delle” parti.
La seconda delle indicate categorie di atti notarili, quella degli atti in senso lato non negoziali, presenta tratti e caratteristiche diverse rispetto a quella degli atti negoziali fin qui delineata.
In questa seconda categoria si colloca quella parte dell’attività notarile che si caratterizza nelle diverse e variegate operazioni, in senso lato, di constatazione, accertamento, attestazione e certificazione che il notaio compie senza porre in essere alcun negozio giuridico. È una categoria dai contorni non ben delineati e talora controversi che per questo si è preferito definire in modo negativo di “atti in senso lato non negoziali” accomunati appunto dall’assenza della natura negoziale. Categoria che, solo per fare qualche esempio, spazia dalla vidimazione al verbale d’assemblea, dall’inventario alla copia autentica o al semplice certificato.
Tuttavia una precisazione si impone. Se è vero che in questa categoria manca l’elemento negoziale, non è invece vero che nella categoria degli atti negoziali manchino elementi propri della categoria degli atti non negoziali. In questo senso la tesi secondo la quale anche l’atto negoziale è un atto di constatazione essendo il documento notarile un “verbale di constatazione”[1], anche se non condivisibile nella sua assolutezza, contiene una parte di verità, in quanto l’attività di constatazione in senso lato è, più o meno, quasi sempre presente in tutta l’attività notarile. Ciò aggiunge una ragione in più e spiega ulteriormente perché nella individuazione delle dette due categorie di atti si è utilizzata la scriminante della negozialità distinguendo tra atti negoziali e atti non negoziali e non invece distinguendo, ad esempio, tra atti negoziali e atti di constatazione.
In questa seconda categoria di atti non negoziali non sembra potersi parlare di “parti” in senso tecnico, civilistico, ma solo eventualmente di “comparenti” nel senso notarile di “soggetti costituiti in atto”.
Con questo non si vuole certo, con un trucco terminologico, aggirare l’ostacolo e concludere che gli atti di questa seconda categoria sono atti senza parti ma … con comparenti! La precisazione terminologica vuole invece alludere ad un diverso ruolo eventualmente svolto dai soggetti che intervengono in atto. Necessario quello delle parti nel negozio giuridico, eventuale quello dei comparenti nell’atto non negoziale.
In effetti, nella categoria in parola degli atti non negoziali, è dato riscontrare come l’atto sia o possa essere un atto del solo notaio, cioè un atto senza comparenti.
L’eventualità dei comparenti può discendere direttamente dalla legge come, per esempio, nel caso della pubblicazione del testamento olografo in cui l’art. 620 c.c. prescrive la sottoscrizione del relativo verbale da parte della persona che presenta il testamento.
Ma l’eventualità dei comparenti può essere frutto di una scelta come avviene nel principale atto di constatazione che è il verbale d’assemblea dei soci. Come è noto, infatti, la dottrina aveva da tempo indicato che il verbale di assemblea non richiedesse necessariamente la costituzione in atto di alcun soggetto, orientamento ora supportato anche dal testo riformulato dell’articolo 2375 c.c. In questo, come in altri casi di verbali di constatazione ed in genere di atti non negoziali, la scelta della costituzione in atto del Presidente, o di altri soggetti, può avvenire per la pressione esercitata da una prassi tralatizia e persistente, o per l’ingiustificata preoccupazione di dover applicare le norme formali previste per l’atto pubblico a partire in particolare dall’art. 51 della legge notarile[2] ovvero ancora dalla maggior sicurezza e tranquillità che può essere percepita nell’avere una conferma sottoscritta e una conseguente assunzione di (co)responsabilità in ordine all’esatto contenuto dell’atto di constatazione per il quale, spesso, il sottoscrittore ha contribuito, in varia misura, nella determinazione degli eventi ivi constatati.
In certi casi, si desume direttamente dalla legge la non necessaria partecipazione all’atto dei soggetti che di solito nella prassi vengono costituiti in atto. Così, ad esempio, l’art. 771 C.P.C. indica le persone che hanno “diritto di assistere” all’inventario e quindi ammette implicitamente che, in assenza di un obbligo di assistere, la formazione dell’inventario possa procedere anche senza coloro che, avvisati a norma del successivo art. 772 C.P.C., non hanno inteso esercitare il diritto di cui al detto art. 771 C.P.C., con l’estrema conseguenza che nel caso in cui nessuno degli aventi il diritto di assistervi lo eserciti, l’inventario sarà giocoforza validamente redatto e sottoscritto dal solo notaio e con l’ulteriore conseguenza che il “diritto di assistere” di cui parla il detto art. 771 C.P.C. non significa necessariamente “comparizione in atto”.
Mentre, facendo il confronto con la categoria degli atti negoziali, non sarebbe ovviamente possibile procedere con un negozio, come ad esempio una vendita, in assenza (personale o per rappresentanza) del venditore o dell’acquirente, ovvero una divisione senza la partecipazione (personale o per rappresentanza) anche di uno solo dei comunisti.
Infine, nella categoria in esame, non manca il caso in cui la legge giunge addirittura a non lasciare spazi per la possibilità che nell’atto vi sia un soggetto ulteriore rispetto al notaio. E’ il caso della rettifica ad opera del notaio di cui all’art. 59 bis della legge notarile che conferisce al notaio la facoltà di rettificare un atto pubblico o una scrittura privata autenticata provvedendovi “mediante propria certificazione contenuta in atto pubblico da lui formato”.
Tuttavia la ricerca di una regola per poter ritenere, in linea di principio, che gli atti rientranti nella categoria in esame siano o possano essere senza parti, non sembra dipendere prevalentemente dal numero di esempi che si possono addurre a sostegno. Infatti, tolto l’elemento negoziale, resta in questi atti come elemento imperante e decisivo il principio contenuto nell’art. 2700 c.c. che stabilisce che l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti. A tal fine non è richiesto alcun altro soggetto. Ovviamente il principio di cui al citato art. 2700 c.c. si applica anche agli atti negoziali ed è all’uopo riferito testualmente, dal detto art. 2700 c.c., anche alle “dichiarazioni delle parti”, al servizio della cui volontà negoziale è pure posto. Abbiamo infatti visto come l’attività di constatazione in senso lato è, più o meno, quasi sempre presente in tutta l’attività notarile. Tuttavia l’inserimento dell’elemento negoziale non consente di considerare l’atto come atto del solo notaio.
Se dunque gli atti appartenenti alla prima categoria li abbiamo definiti come atti “delle parti”, possiamo probabilmente definire gli atti in senso lato non negoziali come atti essenzialmente “del notaio”. In tali atti, se la legge non dispone diversamente (per esempio art. 620 c.c. sopra ricordato), sembra che il principio al quale poter fare riferimento sia quello che gli atti appartenenti a questa categoria sono o possono essere senza parti o meglio, più in generale e a scanso di equivoci terminologici, senza “comparenti”.
Luca Iberati
Note
[1] G. SANTARCANGELO, La forma degli atti notarili, Roma 1981, pag. 23.
[2] È infatti evidente che, a parte il dubbio a monte circa l’applicabilità dell’art. 51 della legge notarile agli atti non negoziali, non troveranno applicazione quelle norme che presuppongono la costituzione in atto di un soggetto (così, per esempio, la lettura dell’atto al comparente e la sua sottoscrizione).
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