- La fattispecie.
Massimo (promittente acquirente) e Roberto (promittente venditore) stipulano un contratto preliminare di vendita di una abitazione. Massimo versa una congrua caparra e ottiene la consegna anticipata del bene.
Il preliminare viene stipulato per atto notarile ai fini della trascrizione.
Il notaio provvede alla registrazione e dopo qualche tempo si vede recapitare un avviso di accertamento di maggiore imposta: 200 euro per enunciazione del contratto di comodato.
di Letterio Claudio Scordo notaio
Il notaio chiede spiegazioni al, pur disponibile, funzionario della Agenzia delle entrate il quale spiega come le ultime direttive sono nel senso di “scovare” le consegne anticipate contenute in contratti del genere per applicare (senza pietà) una ulteriore imposta fissa.
In sostanza: consegni prima a chi non è (ancora) proprietario? Un fiorino! Che al cambio attuale fanno 200 euro.
Già, perché al notaio avvisato (e, forse, per ora mezzo salvato) la fattispecie ricorda la celebre scena della carretta dell’altrettanto celebre film dal titolo (ahinoi profetico) Non ci resta che piangere.
- Il punto di vista della Agenzia delle entrate. La prevalenza della sostanza sulla forma.
Fuor di metafora vediamo su cosa la AE fonderebbe le proprie ragioni a sostegno della propria pretesa impositiva.
La AE premette il richiamo alla disciplina dell’art. 20 TUR: “L’imposta è applicata secondo la natura intrinseca e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”.
Per “intrinseca natura” deve intendersi la ricostruzione giuridica dell’atto quale risultante dall’esame del suo contenuto.
La prevalenza della natura intrinseca degli atti registrati e dei loro effetti giuridici sul loro titolo e sulla loro forma apparente vincola l’interprete a privilegiare, nell’individuazione della struttura del rapporto giuridico tributario, la sostanza sulla forma.
Ed a sostegno, apparentemente, del ragionamento della AE il granitico arresto delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, che con sentenza n. 7930 del 27 marzo 2008 hanno affermato che nel preliminare di compravendita con il quale sia contestualmente pattuita anche la consegna anticipata della res (e/o la corresponsione anticipata del prezzo) va ravvisata la convergenza degli elementi costitutivi di più contratti tipici. In particolare, quanto alla concessione dell’utilizzazione della res da parte del promittente venditore al promissario acquirente, va ravvisato un comodato.
In conclusione, a seguito dell’arresto delle Sezioni Unite ora esposto, “nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilità conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori”.
- Il punto di vista del notaio.
Ci sia consentito di dire che quello del notaio è un punto di vista privilegiato nella ricostruzione della sostanza del negozio giuridico che le parti intendono porre in essere.
Infatti a differenza degli altri interpreti (quali gli accertatori fiscali e financo i giudici) il notaio ha di fronte fisicamente le parti e per sua funzione istituzionale viene a diretta conoscenza degli interessi sostanziali che li muovono.
E da tali interessi, con una funzione maieutica, ricava il negozio giuridico più idoneo al soddisfacimento di tali interessi.
Accettiamo quindi il richiamo dell’art. 20 TUR per vagliare se il contratto di comodato sia compatibile o meno con la sostanza del regolamento negoziale di un contratto preliminare con consegna anticipata della res.
Per farlo ci tocca esaminare le norme del contratto tipico di comodato e confrontarle con gli interessi delle parti manifestati nella fattispecie de qua.
Ebbene il contratto di comodato è definito dall’art. 1803 c.c.
Tratto essenziale di tale contratto è, sì, la consegna di una cosa da parte del proprietario ad altra parte, ma è altrettanto essenziale (oltre la gratuità di cui infra) la assunzione dell’obbligo di usarla per un uso determinato e poi di restituirla.
La causa sociale e giuridica del comodato risiede nei rapporti di cortesia e di fiducia.
La gratuità connota poi il comodato come carattere essenziale.
Normalmente nell’ambito sociale abbiamo comodato quando un proprietario vuole agevolare un parente o un amico “prestandogli” gratuitamente una cosa propria perché costui ne possa fruire per un tempo determinato ma con l’ottica comune della temporaneità del godimento e della successiva restituzione.
Da questa causa tipica discendono e si giustificano tutta una serie di obbligazioni che legano comodante e comodatario nella esecuzione del contratto di comodato, che è un contratto di durata.
Siamo sicuri che la soggezione delle parti a tali obblighi sia compatibile con la situazione di un preliminare con consegna anticipata?
Vediamo questi aspetti nel dettaglio.
Innanzitutto come detto la obbligazione principale del comodatario è la successiva restituzione della res. A ben vedere tutte le norme sul comodato hanno come “stella polare” la effettiva restituzione del bene.
Invece, nel preliminare a consegna anticipata, secondo l’intento palesato dalle parti la restituzione del bene è un evento solo patologico del contratto preliminare e non già voluto nell’intento negoziale originario.
Ed ancora: art. 1803 c.c.: il carattere essenziale del comodato è la gratuità.
Quando la consegna anticipata della cosa è calata all’interno di un preliminare di compravendita solo apparentemente abbiamo una “gratuità”. Invero l’anticipazione della consegna è ben valutata dalle parti nella fissazione del prezzo e il venditore spesso spunta un corrispettivo (di vendita) più alto consegnando in anticipo la cosa. Quindi la categoria di “gratuità”/“onerosità” non si attaglia al nostro caso perché, come meglio si vedrà infra, non trattasi di contratto ma di adempimento di obbligazione, laddove la doverosità esclude ogni connotazione di apparente gratuità.
Mancando la gratuità difetta l’essenza stessa del comodato.
Ancora: 1804 c.c., co. 1: il comodatario è tenuto a custodire la cosa e a conservarla con la diligenza del buon padre di famiglia.
Anche questa norma non è compatibile con la nostra situazione sostanziale.
Il detentore della cosa se ne serve come il proprietario, tanto è vero che normalmente la consegna anticipata della cosa in sede di preliminare si conviene per permettere al promissario acquirente di iniziare i lavori di ristrutturazione/ammodernamento della cosa.
Ancora: 1804, co. 2: il comodatario non può concedere a terzi il godimento della cosa.
Nel nostro caso non è raro che la consegna anticipata preveda la possibilità del promissario acquirente, che magari acquisti l’immobile per investimento, di locare il bene a terzi. O, ancora più frequentemente, di concederlo in godimento a propri familiari.
Ancora: 1808, co. 2: il comodatario ha diritto a essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie o urgenti.
Ebbene questa norma forse più delle altre dimostra quanto sia distante rispetto al comodato la situazione del promissario acquirente che consegua il possesso della cosa anticipatamente rispetto alla vendita.
È inimmaginabile, infatti, che se il promissario acquirente durante la detenzione anticipata abbia sostenuto qualche spesa “straordinaria” sulla stessa cosa di cui poi diviene proprietario (e lo diviene sulla base del reale intento negoziale delle parti) chieda, magari in sede di stipula del definitivo il rimborso al venditore.
Ancora: 1809, co. 2: se durante il termine del contratto sopravviene un urgente e impreveduto bisogno del comodante, questi può esigere la restituzione immediata.
Una situazione del genere è anch’essa inimmaginabile nel nostro caso, perché, secondo l’intento programmatico delle parti, la situazione di detenzione del promissario acquirente è definitivo. Il promittente venditore sa bene che recupererà il possesso della cosa solo in caso (patologico) di inadempimento dell’acquirente, ma giammai durante il termine di adempimento del preliminare.
Vale forse la pena di insistere su questo punto.
Se infatti fosse da qualificarsi come godimento titolo di comodato il periodo tra la stipula del preliminare e quella del definitivo, se il comodante/promittente venditore avesse un imprevisto bisogno di servirsi della cosa prima della stipula del definitivo, potrebbe “sfrattare” il promittente acquirente.
Una situazione del genere (se fosse quella legittimata dalla legge) ripugna al comune sentire sociale.
E la spiegazione, a nostro parere, risiede proprio nel fatto che tale norma (1809, co. 2) ha una sua logica nell’ambito del contratto tipico di comodato che ha come tratto essenziale la gratuità; tratto che, come abbiamo visto prima, difetta nella nostra fattispecie, perché è sterilizzato dal fatto che la fattispecie del godimento anticipato è calato nell’ambito di un contratto oneroso.
O meglio è calato nell’ambito di un collegamento negoziale di tipo programmatico, essenzialmente oneroso.
Ancora: 1811: in caso di morte del comodatario, il comodante può esigere dagli eredi la immediata restituzione della cosa.
Ebbene nel preliminare se dovesse decedere il promissario acquirente la posizione contrattuale si trasmette agli eredi, i quali potranno stipulare il contratto definitivo in loro nome. È impensabile che sia giustificata in questo caso la richiesta del venditore (presunto comodante) di chiedere la restituzione del bene e quindi “sfrattare” gli aventi causa mortis causa del promissario acquirente.
Infine, se ci trovassimo di fronte ad un comodato nel caso in cui il promissario acquirente, occupante l’immobile, fosse inadempiente alla stipula del definitivo, il venditore, riavuto il bene quale legittimo proprietario, non potrebbe chiedere alcun risarcimento per il mancato godimento “medio tempore” del bene. È evidente che ciò è contrario alla sostanza dei rapporti giuridici tra le parti di un preliminare di vendita.
Dall’esame di queste norme si ricava l’impressione che l’Agenzia delle entrate, nel momento stesso in cui raccomanda (sulla scorta dell’art. 20 TUR) l’esame della sostanza e della natura intrinseca del negozio soggetto a tassazione, assume nello stesso frangente una imposizione fiscale basata sulla sola forma. O meglio basata su una equazione meccanica tra traditio della res da parte del non proprietario e comodato, dimenticandosi (o non volendo andare a fondo nell’esame) della sostanza della fattispecie soggetta a tassazione.
- L’equivoco delle sentenze di Cassazione
Altrettanto meccanico e non ponderato sembra il richiamo alla predetta sentenza delle SS.UU., che in effetti equipara alla detenzione del comodatario il rapporto tra promissario acquirente e res consegnatagli anticipatamente.
Ebbene, anche qui, si dovrebbe fare uno sforzo interpretativo di sostanza, per capire bene la funzione per la quale è stata enunciata tale equiparazione.
Tale sentenza, in altre parole, non può essere apprezzata nella sua valenza di guida ricostruttiva, se scollegata dall’ambito sostanziale al quale si riferiva la controversia.
Tale controversia era legata alla domanda del promissario acquirente, resosi inadempiente alla promessa di stipula dell’acquisto (e quindi del pagamento del prezzo) di farsi riconoscere la situazione di detenzione del bene quale possesso legittimo “ad usucapionem”.
Nell’ambito dell’articolato procedimento argomentativo che conduce ad un dispositivo che non risultasse premiante per l’inadempiente, la Suprema Corte ha “scomodato” la figura del comodato per qualificare la situazione giuridica del consegnatario anticipato come mero “detentore” e quindi negargli (giustamente) il titolo per usucapire.
Ma il riferimento al concetto di comodato in quella sentenze va limitato a quel particolare fine argomentativo motivazionale (cioè qualificare il rapporto tra promissario acquirente e bene come detenzione).
Non se ne può certo dedurre la equiparazione tout court della consegna anticipata alla sostanza del comodato.
O quanto meno non se ne può dedurre la esistenza tutte le volte.
Se si esamina bene nel dettaglio di quella sentenza “pilota”, vi è un passaggio che illumina sulla reale natura della consegna anticipata in sede di preliminare.
“Devesi preliminarmente considerare”, argomenta la Suprema Corte, “come la previsione e l’esecuzione della traditio della res (e/o del pagamento del prezzo) non siano affatto, di per se stessi, incompatibili con l’intento di stipulare un contratto solo preliminare di compravendita. Dacché, in tal guisa operando, le parti manifestano e concretamente realizzano esclusivamente l’intento d’anticipare non gli effetti del contratto di compravendita (…) ma solo quelle prestazioni che delle obbligazioni nascenti dalla compravendita costituiscono l’oggetto, id est la consegna della res (ed il pagamento del prezzo) quali, ex artt. 1476 e 1498 c.c., sono poste a carico, rispettivamente, del venditore e del compratore”.
È quindi evidente, per tutto quanto evidenziato sopra, che la sostanza giuridica del contratto di comodato non si ritrova nell’ambito dell’assetto giuridico divisato dalle parti di un preliminare con consegna anticipata, laddove gli interessi divisati dalle parti appaiono, ad un esame approfondito e sostanziale, incompatibili con il contenuto, la sostanza e gli effetti del comodato non intendendo, in particolare, le parti soggiacere alle obbligazioni contrattuali dello stesso e non intendono subire gli effetti giuridici di quello che potrebbe essere interpretato come un comodato.
L’unico punto di contatto tra il consegnatario in anticipo e il comodatario è la situazione (non di possesso ma) di detenzione.
Ma questo non giustifica certo l’assoggettamento a imposizione fiscale della fattispecie.
Per vagliare la rilevanza fiscale della fattispecie è illuminante metterla in relazione con la causa e la funzione del preliminare di vendita.
Non è superfluo rilevare che il contratto preliminare, nel nostro ordinamento, è una figura generale e non già un contratto tipico.
Il nostro codice civile gli dedica appena due norme: l’una (1351 c.c.) nell’ambito dei contratti in generali e si occupa solo della forma. L’altra (2932 c.c.) nel libro VI, nell’ambito della esecuzione forzata.
Si tratta pertanto di un negozio di secondo grado, che svolge una funzione programmatica di un procedimento negoziale privato.
Non è superfluo notarlo, per rimarcare come la causa del preliminare (intesa come funzione economico individuale del contratto) non possa che essere una causa derivata, mutuata dal negozio programmato.
Con il preliminare, quindi, le parti principalmente programmano. Programmano le condizioni economiche del negozio definitivo, ma programmano anche gli aspetti operativi, tra cui, nel nostro caso, il momento della consegna e il pagamento del prezzo.
Nel preliminare di compravendita la consegna anticipata non è quindi indice della esistenza di un contratto (di comodato), ma è soltanto l’adempimento di una obbligazione (di un contratto futuro sì, ma programmato e suscettibile di adempimento forzato in forma specifica).
In altre parole l’adempimento dell’obbligo di consegna della cosa presuppone sì la compravendita, ma la presuppone in senso logico e non cronologico.
Come adempimento di una obbligazione e, quindi, in linea con la sua natura meramente solutoria, la consegna (anticipata) della cosa non esprime alcuna capacità contributiva e quindi non assume alcuna rilevanza fiscale. A meno di non voler introdurre una tassa sull’adempimento, che per fortuna, nel nostro sistema di imposizione indiretta, ancora non esiste.
- La sequenza preliminare/definitivo come fattispecie a formazione progressiva. Riflessi fiscali.
Val la pena insistere sulla natura del contratto preliminare di vendita e sulla sua funzione programmatica del trasferimento definitivo per meglio apprezzarne i riflessi in relazione al principio (invocato dalla stessa AE) enunziato dall’art. 20 TUR (l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti).
Innanzitutto, va notato che se la disponibilità immediata del bene pone il promissario acquirente in una situazione per certi versi equivalente a quella del comodatario.
Tale equivalenza, però, può, a tutto concedersi, valere dal punto di vista economico e non già giuridico.
Ma l’art. 20 scatta, per espresso volere del legislatore solo in caso di equivalenza giuridica e non già meramente economica. E tale equivalenza giuridica, come sopra dimostrato, non c’è.
Insistiamo però nell’allineare la sostanza giuridica della fattispecie alla sua (corretta) tassazione.
Ebbene, in giurisprudenza, si è fatta applicazione (anche se spesso in senso sfavorevole al contribuente) dell’art. 20 e del principio su cui si fonda per ricondurre a corretta tassazione la combinazione di più contratti collegati.
È pregnante in tal senso quanto espresso da Cass. 2002/2713 (la cui controversia verteva su tutt’altra fattispecie e che in quel caso ha legittimato la condotta impositiva della AF[1]) in tema di contratti collegati.
Ebbene, proprio per ricondurre la imposizione fiscale al principio di “sostanza” la Cassazione afferma che: “l’incorporazione in documenti diversi di dichiarazioni negoziali miranti a realizzare (…) un unico effetto giuridico finale traslativo (…) si trovano dinanzi a una sola qualificazione giuridica formulata dal legislatore tributario: la sottoposizione ad imposta di registro in base alla natura dell’effetto giuridico finale. I due negozi (collegati, ndr) vanno considerati dal punto di vista della speciale legge dell’imposta di registro, come un fenomeno unitario (consistente nel trasferimento di un immobile, ndr) non solo per l’interpretazione che si deve dare all’art. 20 (in connessione con l’art. 1 e 21 e tariffa), ma anche perché tale interpretazione è l’unica conforme al principio costituzionale di capacità contributiva ex art. 53 Cost”.
È innegabile che la sequenza preliminare/definitivo sia un collegamento negoziale (la più scontata ipotesi di collegamento negoziale), con il quale si realizza un trasferimento immobiliare con una fattispecie a formazione progressiva.
Questo collegamento negoziale è ben noto al legislatore tributario che lo tiene ben presente laddove, nella nota all’art. 10 della tariffa, “sterilizza” l’imposizione tributaria prevista per il pagamento di acconti o il versamento di caparre, prevedendone la imputazione alla imposta principale dovuta sul definitivo.
E, addirittura, nel caso in cui l’imposta versata sul preliminare sia maggiore di quella poi effettivamente dovuta sul definitivo, è possibile chiederne il rimborso[2].
Orbene se tale “sterilizzazione” (frutto del riconoscimento del collegamento teleologico tra preliminare e definitivo) è prevista per l’anticipo della obbligazione del pagamento del prezzo (quale in effetti è l’acconto prezzo), a fortiori lo deve essere per la consegna anticipata, stante che, come detto, l’adempimento dell’obbligo di consegna è fiscalmente irrilevante, perché atto solutorio.
5.1. La consegna anticipata e l’art. 21 TUR.
L’indagine sulla causa negoziale della fattispecie è foriera di risultati coerenti nel senso della irrilevanza fiscale della consegna anticipata, anche in riguardo all’art. 21. TUR.
Come noto, la detta norma dispone che: “Se un atto contiene più disposizioni che non derivano le necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.
Se le disposizioni contenute nell’atto necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa”.
Bene, come detto, la natura e la funzione programmatica del preliminare e il suo intrinseco nesso teleologico col definitivo, evidenzia come sia del tutto naturale che con tale contratto le parti programmino la collocazione nel tempo delle prestazioni del definitivo.
Quindi è del tutto naturale che nel preliminare si disponga in ordine ai termini di adempimento dell’obbligo di consegna.
L’art. 21, co. 3, ci dà degli esempi testuali di disposizioni connesse non soggette ad imposte, espressamente prevedendo la neutralità di accolli di debito e quietanze previsti e rilasciate nello stesso atto che contiene le disposizioni cui si riferiscono.
I casi testualmente previsti (che palesemente non sono ipotesi tassative, altrimenti non si spiegherebbero i primi due commi) ci conducono a ritenere che la norma si applica quando la “disposizione” si traduca in una attività giuridica del tutto accessoria ad altra (principale) che la giustifica ed a cui è correlata[3].
In particolare, se appuntiamo l’attenzione sull’accollo di debito, noteremo che lo stesso (nei casi previsti dall’art. 20) altro non può essere che una modalità di adempimento della obbligazione dell’acquirente.
Quindi, se il principio di assorbimento vale per la previsione delle modalità di adempimento delle obbligazioni dell’acquirente, perché non dovrebbe valere per la disciplina (che necessariamente deve essere contenuta nel preliminare) delle modalità e dei termini di adempimento delle obbligazioni del venditore? E in particolare per quella della consegna della cosa?
A bene vedere l’art. 20 e l’art 21 TUR costituiscono due facce della stessa medaglia, quella che, per una applicazione costituzionalmente legittima della imposta, impone alla Amministrazione Finanziaria di tassare sulla base della reale sostanza della fattispecie giuridica in conformità al principio costituzionale di capacità contributiva, evitando quindi ipotesi di doppia tassazione a fronte di unica fattispecie fiscalmente rilevante.
A questo punto è di tutta evidenza come la consegna anticipata della cosa non vive di vita propria perché è del tutto accessoria alla compravendita, cioè quel contratto che esprime unitariamente la sostanza economica della fattispecie ed esprime mediatamente la causa del preliminare dove tale consegna è prevista.
Per rendersi, empiricamente, conto di ciò basti pensare che mai il promissario venditore concederebbe in comodato la cosa al promissario acquirente, se tale concessione non fosse incasellata nella fattispecie a formazione progressiva costituita dalla sequenza: preliminare (dove tale consegna può bene essere prevista)/definitivo.
- Conclusioni
Questa è stata l’impostazione assunta dal notaio in sede di ricorso contro l’avviso di liquidazione della AE.
La Commissione Tributaria di 1° grado l’ha condivisa e quindi si può dire che il notaio avvisato, per adesso, è mezzo salvato.
Confidiamo e speriamo che tale impostazione si stratifichi e non sia smentita dai successivi gradi.
E ci confidiamo anche per ragioni di “politica” tributaria. Perché in effetti (e qui giova di nuovo il punto di vista privilegiato notarile) una fattispecie del genere si verifica quando all’acquisto della casa di abitazione ambiscono i soggetti meno “strutturati” patrimonialmente.
Sarebbe quindi contrario alla funzione propulsiva di eguaglianza sostanziale, a cui dovrebbe tendere un oculato e costituzionalmente orientato sistema tributario, percuotere con maggiore imposta fattispecie del genere.
[1] La fattispecie, in quel caso, era riferita al collegamento negoziale tra una operazione di aumento capitale con conferimento immobili e la successiva cessione delle quote sociali, laddove il collegamento negoziale portava la AF a riqualificare la fattispecie come trasferimento immobiliare e assoggettarlo a imposta.
[2] Si rammenti che, se in sede di preliminare si versa una imposta su acconti o caparre superiore a quella dovuta sul definitivo, spetta al contribuente il rimborso della eccedenza. In tal senso l’interpello n. 954-7/2013 della Direzione Centrale Normativa AE, proprio in considerazione della unitarietà che contraddistingue l’operazione preliminare più definitivo; posizione poi confermata dalla Circolare 18/E del 29 maggio 2013.
[3] Cfr. Busani, Imposta di registro, Ipsoa, 2009, 78, che afferma inoltre: “Questo accollo e questa quietanza non hanno vita propria, non hanno autonomia: sono attività giuridiche accessorie, intrinsecamente e inscindibilmente connesse con la attività principale cui si riferiscono”.

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La Redazione di Federnotizie è composta da notai di tutta Italia, specializzati in differenti discipline e coordinati dalla direzione della testata, composta dai notai Arrigo Roveda e Domenico Cambareri.