La clausola della roulette russa e la contrattazione immobiliare

Tribuna Giovani

di Alessia Alberti

1. Il problema degli acquisti immobiliari da parte di due soggetti in comproprietà in quote di ½ ciascuno

Nella prassi degli acquisti immobiliari da parte di una famiglia già formatasi o che si sta per creare avviene spesso che i conviventi, i (già o futuri) coniugi o uniti civilmente decidano di acquistare in comunione ordinaria[1] un immobile da adibire a casa familiare, contribuendo in modo paritario all’acquisto, talvolta anche dietro provvista delle rispettive famiglie a titolo di liberalità indiretta.

In questi casi può succedere che i rapporti tra i comproprietari in pari quota dell’immobile adibito a casa comune, nell’ottica di una convivenza di lungo periodo, si sgretolino, con la conseguenza che i due proprietari non sono più disposti a condividere il godimento dell’immobile[2]. Il risultato finale può alternativamente consistere nel fatto che: a) l’immobile resti inutilizzato direttamente dai comproprietari e si riesca di comune accordo a metterlo a reddito cedendolo in locazione a terzi[3]; b) solo uno dei componenti della coppia continui ad abitarci, corrispondendo all’altro un canone di locazione come corrispettivo del godimento dell’intero immobile, ovvero a titolo gratuito in forza di un contratto di comodato.

Ove, invece, non si addivenga a simili accordi, la situazione può risultare sconveniente per entrambi i soggetti, trovandosi gli stessi costretti o a rinunciare a un godimento pieno ed esclusivo dell’immobile tanto desiderato, oppure, nel peggiore dei casi, a una convivenza non più gradita. Si pensi al caso in cui uno dei comproprietari non possieda liquidità per acquistare un altro immobile (dovendo magari ancora pagare le rate del mutuo contratto per l’acquisto) o per trovare un’altra sistemazione.

In altre parole, l’acquisto in comproprietà potrebbe tramutarsi in una ricchezza immobilizzata che crea notevoli disagi e che non garantisce a nessuna delle parti la certezza di poter godere in modo esclusivo l’immobile, non potendo ciascun comproprietario impedire all’altro di fare parimenti uso del bene secondo il suo diritto (art. 1102 c.c.).

Tale situazione potrebbe trovare, e spesso trova, una soluzione nell’acquisto, da parte di uno dei comproprietari, della quota dell’altro. Tuttavia, ciò presuppone che si addivenga a un accordo su chi si renda acquirente della quota altrui e sul prezzo, accordo che non sempre si riesce a raggiungere facilmente, soprattutto se i rapporti sono tesi, il tutto con il risultato ultimo di trovarsi in una situazione che potremmo definire di “stallo”, cui può porsi termine, in mancanza di accordo, solo mediante la divisione giudiziale (salva sempre la possibilità di alienare l’immobile a terzi di comune accordo).

2. Somiglianza del problema con lo stallo (c.d. deadlock) in ambito societario

Il tema dello stallo è stato diffusamente, soprattutto di recente, trattato in ambito societario, ove si stanno progressivamente diffondendo clausole statutarie e parasociali in funzione risolutiva di potenziali stalli decisionali (c.d. “deadlock”).

Nonostante in siffatto ambito le esigenze sottese alla predisposizione di meccanismi antistallo siano diverse e verosimilmente più sentite, stante il dinamismo che caratterizza l’attività d’impresa, ciò non significa che un’analoga esigenza non possa essere sentita nel caso di acquisti immobiliari che abbiano una certa rilevanza, anche affettiva, per i soggetti coinvolti.

Lo scopo del presente articolo è dunque vagliare se e in che limiti ci si possa avvalere in ambito immobiliare di uno dei meccanismi elaborati dalla prassi societaria al fine di garantire in ottica preventiva la soluzione dello “stallo”, assicurando così la circostanza che uno dei comproprietari acquisti la proprietà esclusiva dell’immobile.

Nello specifico, oggetto dell’analisi sarà la possibilità di trasporre in ambito immobiliare il meccanismo della c.d. Russian roulette clause per veicolare lo scioglimento di una comunione non più gradita, strumento che in ambito societario si differenzia da altre tecniche risolutive di deadlock per la sua particolare effettività ed auto-esecutività nel ristabilire il regolare proseguimento dell’attività d’impresa.

Già in via del tutto preliminare pare potersi quanto meno affermare che il risultato cui tale meccanismo tende sia meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, posto che la comunione è generalmente vista con sfavore dall’ordinamento e concepita come una situazione transitoria (significativo in tal senso è il brocardo latino “nemo compellitur invitus detineri”), rispetto alla quale l’art. 1111 c.c. riconosce in capo a ciascun comunista il diritto potestativo di ottenere lo scioglimento.

3. Cenni sulla clausola risolutiva dello stallo della c.d. roulette russa societaria elaborata dalla prassi

La clausola della roulette russa in ambito societario[4], nella sua essenza, può essere così definita e descritta: a fronte del presupposto di una situazione di suddivisione del capitale sociale tra due soci in misura sostanzialmente paritetica o in presenza di due soci di controllo congiunto e paritetico (non necessariamente, quindi, gli unici due soci al 50%-50%), tale clausola costituisce uno strumento giuridico volto a risolvere possibili situazioni di stallo decisionale (c.d. “deadlock”) attraverso la fuoriuscita di uno dei due soci e l’acquisizione dell’intera partecipazione sociale per mano dell’altro, così conseguendo un effetto di concentrazione delle partecipazioni sociali nelle mani di un solo socio.

In forza di questa clausola, rinvenibile tanto in uno statuto sociale quanto in un patto parasociale, i soci prevedono che determinate ipotesi previamente stabilite di stallo decisionale in assemblea e/o in seno all’organo amministrativo e di disaccordo sulle decisioni più importanti per la vita della società (cc.dd. “triggering events”) diano la facoltà all’uno o all’altro a seconda delle circostanze (normalmente ad entrambi, ma non necessariamente) di far partire una procedura antistallo. Tale procedura, nella sua formulazione più semplice, attribuisce ad un socio la possibilità di comunicare all’altro socio il valore che egli attribuisce alle partecipazioni rappresentative dell’intero capitale sociale e, quindi, percentualmente, il prezzo per il trasferimento della partecipazione paritetica di uno dei due soci all’altro, attribuendo al socio oblato la scelta tra (i) vendere (o obbligarsi a vendere, a seconda della variante redazionale scelta) la propria partecipazione al socio che ha stabilito il prezzo, oppure (ii) acquistare (o obbligarsi ad acquistare) quella di chi ha determinato il prezzo, allo stesso prezzo. Il modo in cui si fissa questo prezzo può a sua volta essere soggetto a una serie di varianti.

Volendo provare a trasporre il meccanismo antistallo sopra brevemente descritto in ambito immobiliare al fine di predisporre uno strumento risolutivo delle situazioni di stallo sopra delineate per i casi di acquisti immobiliari in (normalmente, ma non necessariamente) pari quota, si ipotizzerà la struttura del negozio (che d’ora in avanti, per semplicità espositiva, chiameremo “negozio antistallo della roulette russa”) che lo possa contenere, in ottica non societaria ma civilistica, si procederà a ricostruirne la possibile natura giuridica, e a valutarne quindi la compatibilità con i principi ispiratori della contrattazione immobiliare.

La natura giuridica della clausola antistallo è stata finora oggetto di analisi soprattutto con riferimento alla riconducibilità della stessa, sotto un punto di vista prettamente societario, alle clausole limitative della circolazione delle partecipazioni sociali e, più precisamente, tra le clausole che realizzano un c.d. “exit passivo” e, se inserite nello statuto sociale, necessitano il rispetto del principio di equa valorizzazione delle partecipazioni sociali[5].

Può dunque essere interessante addentrarsi in questa sede in alcuni aspetti ancora pressoché inesplorati, di tipo prettamente civilistico, al fine di ricostruire sotto questo diverso profilo la natura giuridica della clausola antistallo, così come trasposta in ambito immobiliare sotto la rinnovata veste di “negozio antistallo”.

Prima di addentrarci nell’analisi, è necessario premettere che la natura giuridica del negozio non può essere ricostruita ed individuata a priori in modo unitario, in quanto essa può cambiare in funzione delle molteplici varianti redazionali che possono essere scelte di volta in volta. Stante l’impossibilità oggettiva di un inquadramento unitario e generalizzante, e onde evitare di esulare dagli scopi della presente trattazione, ci si limiterà a ricostruire la possibile natura giuridica del meccanismo antistallo della roulette russa immobiliare una volta trasposto in tale ambito quella che è la sua struttura più frequente nella prassi societaria.

4. Possibile struttura del negozio antistallo della roulette russa immobiliare e inquadramento civilistico

Il negozio antistallo potrebbe essere redatto alla stregua di un doppio  e reciproco patto di opzione in cui si conviene che, per un determinato periodo di tempo e senza che sia necessario il verificarsi di precisi presupposti, ciascuno dei comproprietari rimanga vincolato a una doppia proposta alternativa, di obbligarsi ad acquistare la quota di comproprietà altrui oppure di obbligarsi a vendere all’altro la propria quota al prezzo (unico sia per il caso di acquisto che di vendita) che sarà comunicato con una successiva comunicazione integrativa (d’ora in avanti, per semplicità espositiva anche “Proposta Integrata”). Decorso il termine senza che vi sia stata accettazione di una delle proposte il contratto di doppia opzione cesserà naturalmente di produrre il proprio effetto.

Sarà, quindi, opportuno prevedere nel patto che la Proposta Integrata debba essere comunicata entro un ragionevole lasso di tempo anteriore allo spirare del termine finale di durata del patto di opzione. Inoltre, nel caso in cui si voglia agevolare la trascrizione del contratto preliminare che si viene a formare a seguito dell’accettazione di una delle due proposte, la suddetta Proposta Integrata dovrà costituire copia autentica di una proposta opportunamente redatta in forma notarile (atto pubblico o scrittura privata autenticata).

Le parti potranno inoltre valutare l’eventuale indicazione, già nel patto di opzione, di un prezzo minimo ovvero dei criteri da seguire per la determinazione dello stesso oppure, ancora, potranno prevedere che la determinazione del prezzo verrà rimessa dalla parte più diligente, ai sensi dell’art. 1349 c.c., al prudente apprezzamento di un terzo arbitratore.

Inoltre, in caso di Proposta Integrata inviata da entrambe le parti, dovrà precisarsi chi debba intendersi come proponente sulla base di precisi criteri (normalmente temporali[6]), dovendosi, conseguentemente, intendere priva di efficacia la proposta dell’altra parte.

Con riferimento ai termini e modalità di accettazione di una delle due proposte alternative, invece, pare opportuno disciplinarle espressamente nel patto, e precisamente:

  • sempre ai fini di un’eventuale trascrizione del contratto preliminare, si potrà precisare che essa dovrà avvenire nella forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata;
  • prevedere il termine entro cui essa debba essere notificata al proponente (in ogni caso, entro il termine di durata del patto di opzione);
  • al fine di assicurare certezza relativamente al momento di perfezionamento del contratto preliminare ed agevolare il compimento delle formalità pubblicitarie, si potrà prevedere che le parti eleggano domicilio speciale ai soli fini della notifica dell’atto di accettazione, ai sensi dell’art. 47 c.c., presso lo studio del notaio che riceverà l’atto di accettazione. L’elezione di domicilio ai fini della ricezione dell’accettazione della proposta sarà quindi finalizzata a rendere contestuali alla stipulazione dell’atto di accettazione gli effetti del contratto preliminare di vendita e a poter procedere subito alla trascrizione dello stesso. Altrimenti, infatti, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1326 e 1335 c.c., per il perfezionamento del contratto si dovrebbe attendere che l’accettazione giunga all’indirizzo del proponente.

Al fine di cautelarsi dalla possibilità che l’oblato non accetti espressamente una delle due proposte alternative nel termine pattuito decorrente dalla notificazione della Proposta Integrata, pare opportuno conferire, contestualmente alla stipulazione del patto di opzione, apposito mandato irrevocabile con rappresentanza a un terzo, il quale dovrà essere tempestivamente reso edotto dell’attivazione della procedura antistallo e dovrà essere incaricato di accettare espressamente  entro un certo termine una delle due proposte, previamente determinata già nel patto di opzione, in nome e per conto di chi abbia ricevuto la Proposta Integrata ma non abbia accettato nessuna delle due proposte.

Il negozio sopra proposto si configura come un contratto di opzione ai sensi dell’art. 1331 c.c., ossia un contratto preparatorio avente lo scopo di favorire la conclusione di un futuro contratto, in tal caso un preliminare di vendita. Più precisamente, trattasi di un contratto con cui si conviene l’irrevocabilità ai sensi dell’art. 1329 c.c. di una certa proposta contrattuale.

Con un patto di opzione di preliminare di vendita avremo, dunque, due contratti[7]: uno principale (il preliminare di vendita) in via di formazione, e uno strumentale (il patto di opzione) che è già perfetto.

Il patto di opzione della roulette russa immobiliare presenta alcuni caratteri distintivi.

La prima peculiarità del negozio di roulette russa immobiliare consiste nel fatto che si tratta in realtà di due patti di opzione collegati, in quanto la proposta alternativa (di acquisto o di vendita) non è una ma sono due, una proveniente da ciascuna delle parti. Pertanto, mediante tale contratto, le parti convengono l’irrevocabilità non di una sola proposta ma di ben due proposte provenienti una da ciascuna parte, entrambe ugualmente alternative.

La seconda caratteristica del negozio sotto analisi è la tendenziale non gratuità[8] dello stesso.

Questo elemento è un corollario del fatto che l’opzione è in realtà doppia e reciproca, onde per cui proprio nel vincolo reciproco assunto da entrambi i contraenti nelle due opzioni pare sussistere una sorta di corrispettività. In altri termini, nel contesto contrattuale del negozio antistallo, le opzioni reciproche non dovrebbero ritenersi gratuite, in quanto partecipano pur sempre della causa onerosa della complessiva operazione in cui si inquadrano, anche laddove le parti non abbiano interesse a prevedere un corrispettivo in denaro.

Detto altrimenti, l’assenza di un corrispettivo in denaro per le opzioni reciproche non pare potersi considerare sinonimo di gratuità delle stesse.

Non è possibile, in ogni caso, escludere a priori che venga previsto un corrispettivo a carico di una sola delle parti, specialmente nel caso in cui solo ad essa prema particolarmente la stipulazione di un simile negozio antistallo.

Il terzo carattere, forse quello maggiormente distintivo, del negozio della roulette russa immobiliare consiste, invece, nel fatto che l’oggetto di tale patto (che in definitiva è la reciproca proposta alternativa) non può dirsi ancora del tutto determinato.

Questo profilo merita una analisi più attenta, poiché tradizionalmente si ritiene che il patto di opzione debba contenere tutti gli elementi essenziali del contratto finale (nel nostro caso un preliminare di vendita), in modo da consentirne il perfezionamento con la semplice accettazione dell’oblato, senza necessità di ulteriori accordi[9].

Diversamente, il meccanismo di funzionamento tipico della roulette russa (che consente peraltro di fissare un prezzo che sia adeguato rispetto al momento in cui viene concretamente attivato il meccanismo antistallo e, pertanto, tendenzialmente più congruo di un prezzo stabilito a priori al momento di stipulazione del patto di opzione reciproca) presuppone che il prezzo venga determinato da chi per primo attivi il meccanismo antistallo proprio nel momento di attivazione dello stesso. Ciò comporta inevitabilmente, salvo voler del tutto snaturare il modello antistallo tipico della roulette russa, che le proposte reciproche oggetto dei patti di opzione siano incomplete, ossia non contengano il prezzo.

Se si tiene a mente, tuttavia, che il patto di opzione è un contratto e che, in quanto tale, il suo oggetto, in base alla regola generale di cui all’art. 1346 c.c., non deve necessariamente essere determinato ma può essere anche determinabile[10], la presenza di una proposta incompleta non pare rappresentare un problema insuperabile.

Volendo fare un breve parallelismo con la clausola statutaria/parasociale della roulette russa, sulla cui validità non pare potersi dubitare, preme ricordare che carattere tipico della clausola, ricorrente in pressoché tutte le sue varianti, consiste nel fatto che la determinazione del prezzo sia rimessa a uno solo dei soci.

Ciò fa imbattere nel tema, discusso nella dottrina civilistica, della c.d. determinazione dell’oggetto del contratto rimessa ad una delle parti, anche noto come arbitraggio di parte[11]. Una soluzione in senso positivo al problema, seppur con riferimento alla determinazione della parte spettante a ciascun socio nei guadagni e nelle perdite si rinveniva nel codice civile Pisanelli[12]  all’art. 1718 c.c. che disponeva: “se i soci hanno convenuto di rimettersi al giudizio di uno di essi o di un terzo per determinare le porzioni, la determinazione che sarà data non può impugnarsi che nel caso in cui sia evidentemente contraria all’equità”. Al contrario, nessuna disposizione del codice civile vigente riconosce espressamente alle parti la facoltà di rimettere a una di loro la determinazione dell’oggetto del contratto[13].

A far dubitare, in epoca più recente, dell’ammissibilità della determinazione del contenuto contrattuale da una delle parti sono state due criticità principali: la prima è stata rinvenuta nella legittimità in astratto che a una sola parte sia attribuito il potere di determinare unilateralmente e parzialmente il contenuto del contratto, restando l’altra parte ingiustificatamente soggetta al suo arbitrio[14]; la seconda, nel concreto rischio che la parte arbitratrice si trovi in conflitto di interessi[15]. Se a lungo si è considerata nulla la clausola che prevedesse l’arbitraggio di parte[16], l’opinione negativa ha progressivamente lasciato il passo alla tesi più liberale[17]  che riconosce e ammette l’arbitraggio di parte per la fondamentale esigenza di tutelare l’economicità, la rapidità e la flessibilità delle contrattazioni[18], pur con diverse posizioni argomentative in dottrina[19].

A ben vedere, tuttavia, entrambe le criticità rilevate dalla dottrina tradizionale sopra menzionate sembrano notevolmente attenuarsi nel negozio sotto esame.

Sotto il primo profilo, se da un lato è vero che solo il proponente fissa unilateralmente il prezzo, dall’altro, tale determinazione è solo parziale e destinata ad integrarsi con la determinazione dell’oblato, il quale ha la possibilità di scegliere la direzione del futuro trasferimento, ossia se assumere la veste di promissario acquirente o di promittente venditore. La determinazione dell’oggetto del contratto non sarebbe quindi operata da una sola delle parti, ma per concorde volontà di entrambe in quanto l’oblato, scegliendo quale proposta accettare, implicitamente accetta la determinazione effettuata e la determina a sua volta[20]. Sotto il secondo profilo, anche il rischio della configurazione di una situazione di conflitto di interessi (per cui il proponente potrebbe effettuare una discrezionale e libera valutazione nel definire il prezzo da offrire, perseguendo esclusivamente il proprio interesse, anche a scapito di quello dell’altro socio) pare evidentemente e intrinsecamente ridotto. Guardando alla struttura stessa del negozio della roulette russa, nella determinazione del prezzo da parte del proponente non paiono rinvenirsi interessi confliggenti dei comunisti, essendoci anzi una inevitabile convergenza degli stessi. Il proponente/arbitratore, infatti, nel momento in cui determina il prezzo, non sa ancora se a quel prezzo sarà obbligato ad acquistare la quota altrui oppure a cedere la propria. In altri termini, potendo l’oblato avvantaggiarsi sia di una determinazione in sottovalutazione (obbligandosi ad acquistare) sia in sopravvalutazione (obbligandosi a vendere), il proponente sarà naturalmente e intrinsecamente spinto ad operare una valutazione il più possibile equa e non sarà indotto a sacrificare uno dei due interessi, cercando piuttosto di contemperarli. Come è ovvio, questi ragionamenti sono svolti in chiave fisiologica, e dimostrano come il meccanismo teorico della roulette russa sia impeccabile.

In ambito societario, il tema della legittimità della clausola della roulette russa nella parte in cui rimette la determinazione del prezzo del trasferimento delle partecipazioni sociali a uno solo dei soci è stato specificamente affrontato dalla giurisprudenza di merito, e in particolare nella sentenza del Tribunale di Roma, 19 ottobre 2017, n. 19708 (che, si ricorda, aveva ad oggetto la validità di una clausola della roulette russa contenuta in un patto parasociale). Un intero passo della pronuncia affronta e smonta la ricostruzione di parte attrice che sul piano del diritto civile adduceva la nullità della clausola contenuta in un patto parasociale per vizio dell’oggetto, in quanto rimesso al mero arbitrio di una delle parti. In particolare, secondo parte attrice, nel caso di specie il mero arbitrio si concretizzava sia nell’esonero del socio proponente dall’obbligo di fornire al socio oblato una giustificazione del risultato raggiunto attraverso il proprio insindacabile giudizio, sia nell’assenza di criteri predeterminati da seguire nell’effettuare la propria valutazione. Per quanto la parte attrice riconoscesse la possibilità che l’oggetto del contratto sia determinato da una sola delle parti, ciò sarebbe dovuto a suo avviso avvenire necessariamente sulla base di parametri predeterminati, fattuali ed oggettivi tali da rendere verificabile e controllabile il risultato finale con riguardo a una sua possibile erroneità o iniquità. Il principale argomento che l’attore portava a sostegno della nullità della clausola è la disciplina di cui all’art. 1355 c.c. in tema di condizione meramente potestativa che, prevedendo la nullità dell’assunzione di una obbligazione subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dal mero arbitrio di una delle parti, dovrebbe parimenti sanzionare (essendo l’effetto finale analogo) l’assunzione di un’obbligazione a contenuto indeterminato, la cui determinazione concreta sia rimessa al mero arbitrio di una parte. Secondo il Tribunale, tuttavia, “il meccanismo complessivo previsto dalla clausola della roulette russa consente di escludere che la determinazione del corrispettivo fosse rimesso al mero arbitrio della parte. […] la convenzione di roulette russa, per la sua intrinseca struttura, assicura l’equilibrio negoziale indipendentemente da quale sia il criterio utilizzato per la determinazione del valore della quota da acquistare o vendere: tale equilibrio è garantito dalla circostanza che la scelta tra l’acquisto e la vendita spetta alla parte che non ha operato la determinazione del prezzo”. Tale approdo è avvalorato dal Tribunale menzionando i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di condizione meramente potestativa, per cui la condizione è meramente potestativa quando “consiste in un fatto volontario il cui compimento o la cui omissione non dipende da seri o apprezzabili motivi, ma dal mero arbitrio della parte, svincolato da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza”[21]. Sulla base di tale premessa, tuttavia, ad avviso del Tribunale non si può ritenere che la determinazione del prezzo operata dal socio proponente sia svincolata da qualsiasi razionale valutazione di opportunità e convenienza, dal momento che essa tiene necessariamente ed inevitabilmente conto della facoltà di scelta del socio oblato, che così concorre, quale “fattore estrinseco”, a determinare il comportamento del socio proponente. In senso conforme si è altresì espressa la Corte d’Appello di Roma nell’ambito della stessa vicenda[22].

Alla luce degli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di cui si è dato conto, in linea di principio non pare esservi ostacolo all’ammissibilità della forma di arbitraggio di parte sui generis che caratterizzerebbe la roulette russa anche in ambito immobiliare, posto che, pur cambiando l’oggetto della contrattazione, si tratta di una altrettanto legittima manifestazione dell’autonomia negoziale dei contraenti.

Tale meccanismo può chiaramente essere messo in discussione[23] in situazioni patologiche, qualora il proponente, conscio della situazione di debolezza finanziaria dell’oblato che sarà “costretto” a vendere, svilisca il prezzo di acquisto della quota altrui, finendo per espropriarne almeno parte dell’effettivo valore[24]. Così come si è fatto in ambito societario, si potrebbe tuttavia suggerire di prevenire tale problema di formazione non genuina del prezzo ricorrendo a una sapiente tecnica redazionale, mettendo a disposizione dell’oblato in stato di difficoltà finanziaria una finestra temporale[25] in cui ricercare dei finanziamenti per acquistare oppure prevedendo a monte dei criteri di valutazione, eventualmente rimessi alla determinazione, dietro richiesta della parte più diligente, di un terzo ai sensi dell’art. 1349 c.c., professionista all’uopo espressamente incaricato da entrambe le parti. Eventualmente, si potrebbe anche prevedere un floor minimo al di sotto del quale il prezzo non possa essere stabilito, il tutto al fine di prevenire utilizzi opportunistici e abusivi del meccanismo antistallo.

Quanto al prezzo, nulla esclude inoltre che le parti prevedano dei meccanismi di rilancio con progressive Proposte Integrate, analogamente a quanto avviene in quelle che in ambito societario sono note anche come “Texas Shoot Out clauses [26].

Gli ultimi due aspetti su cui preme soffermarsi sono elementi che, vuoi per ragioni di opportunità, vuoi per il subentro in ambito immobiliare di requisiti formali maggiormente stringenti, distinguono il modello di roulette russa immobiliare da quello tipicamente utilizzato in ambito societario.

In primo luogo, nel negozio sopra proposto non si è ritenuto opportuno prevedere e disciplinare degli specifici presupposti che condizionassero la possibilità di avvalersi del meccanismo antistallo e presentare quindi all’altro comproprietario una Proposta Integrata. Così come in ambito societario la Russian roulette clause prevede tipicamente un dettagliato elenco degli eventi-stallo o triggering events che consentono di attivare la clausola, infatti, si sarebbe potuto immaginare di prevedere corrispondenti eventi anche nella roulette russa immobiliare (si pensi alla cessazione della convivenza dei comproprietari, oppure alla separazione dei coniugi, al loro divorzio o qualsiasi altro evento ritenuto rilevante dalle parti). Ad una più attenta riflessione, tuttavia, simili previsioni avrebbero una rilevanza piuttosto secondaria nell’ambito di una comunione indivisa, dal momento che il negozio, favorendo lo scioglimento di una comunione che potrebbe in ogni caso essere sciolta giudizialmente dietro domanda di una sola delle parti, può dirsi per certi versi meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico a prescindere dai concreti presupposti eventualmente stabiliti.

Pertanto, fermo restando che in caso di volontà delle parti di determinare precisi eventi condizionanti l’attivabilità del meccanismo antistallo è opportuno che la scelta ricada su eventi oggettivamente accertabili, si è ritenuto che il negozio possa ben svolgere la funzione che gli è propria anche in assenza di una rigida predeterminazione di siffatti eventi. In altre parole, si consente in tal modo ai comproprietari di disporre per un certo periodo di tempo (verosimilmente un periodo – più o meno lungo – immediatamente successivo all’acquisto) di uno strumento cui ricorrere per porre fine a uno stato di comunione non più desiderato.

Da ultimo, una significativa differenza rispetto al meccanismo antistallo tipico dell’ambito societario, consiste nel fatto che la conclusione di un preliminare di vendita immobiliare richiede, a differenza del contratto di vendita di partecipazioni sociali, la forma scritta ad substantiam (artt. 1351 e 1350, comma 1, n. 1 c.c.). Ciò implica che con maggiore difficoltà, rispetto alla roulette russa societaria, si potrà attribuire a priori al silenzio [27] del contraente oblato cui viene inviata la Proposta Integrata con il prezzo un significato in un senso (accettazione della proposta di vendita) o nell’altro (accettazione della proposta di acquisto)[28]. Per tale ragione, al fine di ovviare alla possibile inerzia dell’oblato a seguito della ricezione della Proposta Integrata, pare opportuno prevedere un meccanismo suppletivo tramite cui si conferisce contestualmente alla stipula del patto di opzione apposita procura irrevocabile a un terzo che gode della fiducia di entrambe le parti. In forza di tale procura, in mancanza di una espressa manifestazione di volontà da parte dell’oblato entro un certo termine, il terzo potrà accettare una delle due proposte in nome e per conto dell’oblato rimasto inerte (e, precisamente, quella preventivamente stabilita nello stesso patto di opzione).

5. Considerazioni conclusive

Per quanto dall’analisi del negozio della roulette russa immobiliare quest’ultimo risulti un valido ed efficace strumento volto ad ovviare alle spinose situazioni descritte all’inizio del presente contributo, non si può negare che l’utilizzo dello stesso potrebbe, da un punto di vista pratico, trovare delle resistenze legate a valutazioni di opportunità.

In tal senso, potrebbero rappresentare delle barriere, da un lato, la percezione della volontà di stipulare un siffatto negozio come spia di mancanza di reciproca fiducia e di serietà rispetto al progetto concordato e, dall’altro lato, più semplicemente, l’esistenza di buoni rapporti tra i comproprietari al momento dell’acquisto che faccia sottovalutare l’insorgenza di future problematiche.

Tuttavia, ove le parti siano previamente rese edotte delle potenzialità di tale strumento giuridico, non è da escludersi che, analogamente a quanto avvenuto in ambito societario, il ricorso a tale negozio inizi a diffondersi nella prassi delle contrattazioni immobiliari[29]. Sotto una diversa prospettiva, infatti, la stipulazione del negozio di Russian roulette denota una forma di reciproca assunzione di responsabilità delle parti le quali, fin dall’origine, intendono garantirsi il buon esito dell’investimento ed evitare future e dispendiose controversie.

In definitiva, per le ragioni sopra esposte, il negozio della roulette russa immobiliare proposto può rappresentare un valido strumento risolutivo per il tramite di un attento ricorso alla tecnica redazionale che predisponga, adatti e calibri il medesimo in funzione delle esigenze concrete.

L’utilità dello stesso sarà infatti direttamente proporzionale all’accuratezza riposta nella sua redazione, in mancanza della quale potrebbe altrimenti rivelarsi un strumento inefficiente e generatore di contenzioso[30].


Note

[1] Si limita l’analisi al caso in cui l’acquisto sia effettuato in comunione ordinaria in quanto il meccanismo della roulette russa di seguito delineato potrebbe operare solo nel caso in cui la comunione legale, seppur inizialmente esistente, si sia sciolta e l’immobile acquistato in costanza di matrimonio sia dunque diventato oggetto di una comunione ordinaria.

[2] Una situazione analoga può darsi anche in caso di acquisti effettuati a titolo di investimento da parte di più imprenditori senza la formazione di un veicolo societario (c.d. “contractual joint venture”, in contrapposizione alla c.d. “equity joint venture”, in cui la collaborazione è veicolata tramite una nuova società appositamente costituita).

[3] Ai sensi dell’art. 1105 comma 2 c.c. gli atti di ordinaria amministrazione (come la stipulazione di un contratto di locazione infranovennale avente ad oggetto l’intero immobile) richiedono il consenso della maggioranza dei partecipanti alla comunione, maggioranza che non si avrebbe con il consenso di un solo comproprietario nel caso di acquisto in pari quota. In caso di locazione ultranovennale, invece, trattandosi di atto di straordinaria amministrazione, sarebbe necessaria una maggioranza ancora più elevata (di 2/3) ai sensi dell’art. 1108 comma 2 c.c..

[4] La clausola ha suscitato un vivo interesse in dottrina a seguito delle primissime sentenze che hanno avuto ad oggetto la legittimità della stessa nell’ambito di un patto parasociale (Trib. Roma, 19 ottobre 2017, n. 19708 e App. Roma, 3 febbraio 2020, n. 782). La sentenza del Tribunale di Roma, in particolare, è stata pubblicata in Giur. Comm., 2019, p. 861 ss. (con nota di B. Sciannaca, Russian roulette clause); in Le Società, 2018, p. 434 ss. (con nota di P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette); in Notariato, 2018, p. 301 ss. (con nota di E. Mazzoletti, Valida la “russian roulette clause); in Giur. it., 2018, p. 1136 ss. (con nota di M. Tabellini, La clausola parasociale della roulette russa al vaglio della giurisprudenza); in Riv. dir. soc., 2018, p. 617 ss. (con nota di A. Bernardi, La validità della clausola antistallo del tipo “roulette russa”); in CNN Notizie, 21 febbraio 2018 (con nota di A. Ruotolo – D. Boggiali, Patto parasociale contenente una russian roulette clause); ne Il Sole 24 Ore, 28 dicembre 2017 (con nota di A. Porracciolo, La clausola russian roulette evita lo stallo della società); ne Ilsocietario.it, 19 dicembre 2017 (con nota di R. Rosapepe, La clausola c.d. russian roulette al vaglio della giurisprudenza); ne Ilcaso.it, 1° novembre 2017 (con nota di R. Ranucci, Legittimità di clausola antistallo del tipo roulette russa); nonchè in www.giurisprudenzadelleimprese.it (con massima a cura di P.P. Picarelli, Determinazione del prezzo della partecipazione azionaria in applicazione della clausola russian roulette). Tra i commentatori della vicenda giurisprudenziale si segnalano altresì V. Provera, Clausola “Russian roulette” per superare lo stallo societario, in Il Sole 24 Ore (Diritto 24), 22 maggio 2018, disponibile su www.diritto24.ilsole24ore.com, C. Pasquariello, La clausola di roulette russa tra meritevolezza e validità, in Società, 2021, p. 144 ss., F. Caselli – A.F.F. Sciortino, Clausola di roulette russa ed equa valorizzazione delle partecipazioni obbligatoriamente dismesse, in Contratti, 2021, p. 311 ss., M. Facci, La clausola di roulette russa, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2020, p. 765 ss., L.A. Stabile, La validità della c.d. russian roulette clause nei patti parasociali, in Corriere Giur., 2021, p. 1413 ss.; E. Cicatelli, Partecipazioni paritetiche e stalli decisionali: atipicità e meritevolezza della russian roulette clause, Banca, borsa, tit. cred., 2020, p. 912 ss., F. Perreca, La clausola di russian roulette e il superamento dello stallo decisionale (deadlock), in Banca, borsa, tit. cred., 2020, p. 939 ss.. Si vedano altresì le posizioni assunte nei confronti della clausola dalla prassi notarile: Massima n. 181 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, disponibile in www.consiglionotarilemilano.it nonché la Massima n. 73/2020 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, disponibile in www.consiglionotarilefirenze.it.

[5] Con riferimento alle clausole statutarie di Russian roulette, si vedano le posizioni, parzialmente divergenti, sostenute nella Massima n. 181 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano, disponibile in www.consiglionotarilemilano.it e nella Massima n. 73/2020 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato, disponibile in www.consiglionotarilefirenze.it.

[6] Se il negozio antistallo attribuisce la facoltà di attivare la procedura non ad uno solo, ma ad entrambi i comproprietari, è importante cautelarsi contro il rischio che sia la clausola antistallo stessa a generare un’ipotesi di stallo, nel caso in cui entrambi azionino in contemporanea la clausola. Di qui l’importanza di prevedere un meccanismo di priorità (ad esempio, su base temporale). In tal senso si veda P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette, cit., p. 449, nt. 3; nonché D. Proverbio, I patti parasociali, IPSOA, Assago, 2010, p. 114.

[7] La natura giuridica del patto di opzione, secondo la teoria sostenuta da autorevole dottrina e dalla giurisprudenza prevalente, sarebbe riconducibile a un doppio contratto. Per una panoramica sulle varie teorie sulla natura giuridica dell’opzione si rinvia a M.C. Diener, Il contratto in generale, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 146-148.

[8] Si ricorda, in proposito, che è dibattuta in dottrina l’ammissibilità di un patto di opzione a titolo gratuito. La questione è particolarmente delicata, posto che chi propende per la soluzione negativa ravvede un’ipotesi di nullità del patto di opzione gratuita per mancanza di causa, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1325 e 1418, comma 2, c.c.. La tesi negativa è stata talora sostenuta anche in giurisprudenza, seppur in via isolata: cfr. App. Milano, 5 febbraio 1997, in Giur. it., 1998, p. 488 e App. Milano, 11 marzo 1997, in Corr. Giur., 1997, p. 805.  Sul punto, si rinvia alle considerazioni svolte da M.C. Diener, op. cit., pp. 151-152, la quale sintetizza le ragioni addotte dai sostenitori della tesi più restrittiva e di quella più permissiva, propendendo per quest’ultima in ragione del fatto che anche l’opzione gratuita ha una propria giustificazione causale, in quanto il vantaggio a favore del concedente sarebbe ravvisabile proprio nell’agevolare la conclusione di un contratto che gli preme stipulare. In senso analogo v. A. Paganini, L’opzione e le figure affini: gratuità o onerosità dell’opzione – il commento, in Contratti, 2011, p. 1085 ss., nonché F. C. Follieri – G. Russo, L’ammissibilità dell’opzione gratuita. Una questione ancora aperta, in Contratti, 2015, p. 304 ss. (in particolare la nota 60, che passa in rassegna la prevalente dottrina e giurisprudenza espressasi a favore dell’ammissibilità dell’opzione gratuita). Cfr. altresì A. Zaccaria, sub art. 1331 c.c., in Commentario breve al codice civile fondato da G. Cian – A. Trabucchi, XIV ed., CEDAM, Padova, 2020, p. 1395.

[9] Cfr. M.C. Diener, op. cit., pp. 154-155 e 251, ove si precisa, però, che il contenuto della proposta deve essere determinato o quantomeno determinabile.

[10] In generale, in tema di determinatezza e determinabilità dell’oggetto nel contratto di opzione v. M. Rocca, Opzione, in Aa.Vv., Compravendita e figure collegate, vol. II, a cura di P. Cendon, UTET, Torino, 2007, p. 391 ss., che fa riferimento ad un orientamento della giurisprudenza di merito secondo cui il patto di opzione, pur dovendo comprendere l’intero regolamento pattizio del contratto di compravendita alla stipulazione del quale è finalizzato, può contenere anche una prestazione non determinata ma determinabile. Cfr. sul punto Cass., 29 ottobre 1993, n. 10777, in Corr. Giur., 1993, p. 1401, Cass., 28 aprile 1983, n. 2908, in Mass. Giust. Civ., 1983, p. 1083 (secondo la quale la configurabilità del patto di opzione resta esclusa con riguardo ad una proposta che contenga solo alcuni elementi essenziali e non l’intero regolamento negoziale, perché, in tal caso, il perfezionarsi del contratto non può conseguire a detta accettazione, ma richiede la formazione del consenso sugli ulteriori elementi non contemplati dalla proposta stessa) e Cass., 6 aprile 1981, n. 1944, in Giust. Civ., 1981, p. 2272 (secondo cui l’opzione consiste in un’offerta contrattuale che, per accordo delle parti, diviene irrevocabile per un certo tempo durante il quale la parte destinataria dell’offerta la può accettare, così concludendo il contratto definitivo, per cui non occorre una nuova manifestazione di volontà da parte dell’autore dell’offerta). Cfr. altresì Cass., 14 febbraio 1986, n. 873, in Leggi d’Italia banca dati online, la quale ammette l’ipotesi in cui il prezzo dell’opzione sia determinato o determinabile (in quanto rimesso alla determinazione di un terzo ai sensi dell’art. 1349 c.c. o determinabile sulla base di un’attività meramente ricognitiva, muovendosi sulla base di criteri, punti di riferimento, parametri, che siano stati convenzionalmente precostituiti nel contratto), purché non si richieda un ulteriore accordo di entrambe le parti. Sulla base di quanto affermato da tali sentenze della giurisprudenza di legittimità, tuttavia, non pare che l’opzione sui generis della roulette russa immobiliare ingeneri i problemi che tali pronunciati sembrano voler scongiurare. Infatti, da un lato, proprio per la precisa procedimentalizzazione prevista dalla roulette russa, non potrà avvenire in concreto che l’oblato accetti una delle proposte alternative non ancora integrate con il prezzo, dato che la possibilità di accettare è subordinata proprio all’attivazione del meccanismo antistallo mediante l’invio della Proposta Integrata; dall’altro lato, la determinazione è rimessa a una sola delle parti (o, avendo così voluto le parti, a un terzo) e non ad un successivo accordo di entrambe.

[11] Lo stesso problema sorge, ma con implicazioni differenti, anche con riguardo alle clausole di tag e drag along. Sul tema si veda P. Divizia, Le clausole di tag e drag along. Nuove regole statutarie di società di capitali e patti parasociali, cit., p. 32 ss.. Il tema dell’arbitraggio di parte ha suscitato un acceso dibattito in dottrina, ove è possibile ravvisare una molteplicità di tesi sostenute: per una rassegna v. M.C. Diener, op. cit., p. 379 ss..

[12] Il primo codice civile del Regno d’Italia.

[13] Infatti, secondo la dottrina prevalente, non possono considerarsi fondamenti normativi di questa facoltà né l’art. 1349 c.c., che autorizza solo l’arbitraggio del terzo (non facendo riferimento alla possibilità che l’oggetto del contratto sia determinato da una delle parti), né l’art. 1285 c.c. in tema di obbligazioni alternative che prevede che il debitore si libera eseguendo una delle due prestazioni dedotte (e quindi predeterminate) in obbligazione. Contra C.M. Bianca, Il contratto, cit., p. 338, per il quale “l’ammissibilità di una parziale determinazione del rapporto da parte del titolare interessato trova per altro esplicito riconoscimento in tema di obbligazione alternativa”, nonché P. Divizia, op. ult. cit., p. 37; A. Zaccaria, sub art. 1349 c.c., in Commentario breve al codice civile, cit., p. 1427. Né si ritiene che possa considerarsi fondamento di tale facoltà l’art. 1355 c.c. che sancisce la nullità del contratto subordinato a condizione sospensiva meramente potestativa, il cui oggetto sia già determinato. Cfr. sul punto B. Sciannaca, Russian roulette clause, cit., p. 882.

[14] Cfr. A. Zaccaria, sub art. 1349 c.c., in Commentario breve al codice civile, cit., p. 1427.

[15] In tal senso P. Divizia, op. ult. cit., p. 35. Analogamente B. Sciannaca, op. cit., p. 882 e V. Roppo, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di G. Iudica e P. Zatti, Giuffrè, Milano, 2001, pp. 356-357, per il quale la determinazione dell’oggetto del contratto operata da una parte è una scelta per definizione egoistica, “orientata all’interesse di chi la compie e suscettibile di ledere l’interesse dell’altra parte”, da ammettersi solo se “si muove entro un orizzonte di ragionevole prevedibilità, sulla base di parametri obiettivi (non importa se esplicitati in contratto, o impliciti nella natura di questo o nelle circostanze): la determinazione fatta in spregio a essi potrà essere impugnata da controparte in base alle norme sull’impugnativa dell’arbitraggio rimesso all’equo apprezzamento del terzo (se la parte era investita della determinazione in ragione di sue conoscenze o competenze) oppure al suo mero arbitrio (se ne era investita essenzialmente per atto di fiducia di controparte). La determinazione rimessa alla parte è invece inammissibile – e rende nullo il contratto per indeterminabilità dell’oggetto – quando l’interesse di controparte a non subire sorprese lesive non sia adeguatamente presidiato da limiti posti alla discrezionalità di chi sceglie”.

[16] Si veda G. Schizzerotto, Arbitrato improprio e arbitraggio, Giuffrè, Milano, 1967, p. 55.

[17] Cfr. G. Zuddas, L’arbitraggio, Jovene, Napoli, 1992, p. 81 ss.; F. Galgano, Trattato di diritto civile, vol. II, III ed., CEDAM, Padova, 2015, p. 273.

[18] Si veda A. Zaccaria, sub art. 1349 c.c., in Commentario breve al codice civile, cit., p. 1427.

[19] Per un’ampia rassegna bibliografica della dottrina più autorevole sul punto si veda B. Sciannaca, op. cit., p. 883, nt. 24. Cfr. anche P. Divizia, op. ult. cit., p. 36.

[20] È significativo in questo senso un passo della sentenza del Tribunale di Roma, 19 ottobre 2017, n. 19708, cit., che con riferimento alla possibilità di scelta in capo al socio oblato afferma che si tratta di “un diritto potestativo insindacabile della controparte che deve sottostare alla decisione che l’oblato assume”.

[21] Cfr. Cass., 26 agosto 2014, n. 18239 e Cass., 21 maggio 2007, n. 11774, entrambe in DeJure banca dati online.

[22] Cfr. il § 4.2 della sentenza della Corte d’Appello di Roma, 3 febbraio 2020, n. 782, in Società, 2021, p. 144 ss., la quale, ribadendo la correttezza di quanto rilevato dal Tribunale, afferma che “deve escludersi che possa ritenersi rimesso l’oggetto del contratto al mero arbitrio della parte poiché il meccanismo della clausola […] esclude in radice e con tutta evidenza la determinazione di un prezzo arbitrario”. V. anche Cass., 26 agosto 2014, n. 18239, cit.: “[…] i principi più volte enunciati dalla giurisprudenza, per cui la condizione non può essere considerata meramente potestativa, quando l’evento dedotto in condizione sia collegato a valutazioni di interesse e di convenienza e si presenti come alternativa capace di soddisfare anche l’interesse proprio del contraente; soprattutto se la decisione sia affidata al concorso di fattori estrinseci, idonei ad influire sulla determinazione della volontà, pur se la relativa valutazione sia rimessa all’esclusivo apprezzamento dell’interessato (Cass. civ. Sez. 2, 20 giugno 2000 n. 8390; Cass. civ. Sez. 1, 20 ottobre 2005 n. 20290; Cass. civ. Sez. 2, 21 maggio 2007 n. 11774)”. Solo in assenza di tali elementi valutativi d’interesse e convenienza rispetto al rapporto contrattuale la condizione potestativa degrada da semplice a mera. Come giustamente notato da A. Bernardi, La validità della clausola antistallo del tipo “roulette russa”, cit., p. 643, “il diritto di scelta del socio potrebbe essere reputato quale elemento valutativo d’interesse, talché la valutazione delle partecipazioni sarebbe qualificabile come condizione potestativa semplice e per tal ragione perfettamente valida”. Tali considerazioni inducono, quindi, il Tribunale e la Corte d’Appello di Roma ad escludere la sussistenza della condizione meramente potestativa invocata da parte attrice, in quanto, come è stato correttamente osservato da P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette, cit., p. 452, nt. 11, “se al potere di determinare il corrispettivo per la compravendita delle azioni fa da contraltare il diritto dell’oblato di approfittare, in un senso o nell’altro, di valutazioni erronee per difetto o per eccesso, è conseguenziale che la fissazione di questo corrispettivo non sia economicamente irrilevante per chi lo determina (e già questo aspetto è sufficiente per potersi escludere il carattere “meramente potestativo”)”. In definitiva, se la ratio di imporre dei criteri predeterminati nella determinazione del prezzo è quella di evitare abusi arbitrari “non sembra che vi siano ostacoli nel ritenere legittimo […] che la determinazione del prezzo sia rimessa ad una parte qualora i limiti contro la sua arbitrarietà siano “strutturali” e cioè derivino (non tanto dall’imposizione di criteri di fissazione del prezzo, ma) dai diritti contrattuali della controparte”: così B. Sciannaca, Russian roulette clause, cit., p. 883. V. anche C. Pasquariello, La clausola di roulette russa tra meritevolezza e validità, cit., p. 144 ss., nonché F. Perreca, La clausola di russian roulette e il superamento dello stallo decisionale (deadlock), cit., p. 943. Cfr. altresì C.M. Bianca, Il contratto, cit., p. 338 secondo cui “la determinazione successiva del contratto può essere rimessa ad uno dei contraenti nei limiti in cui non si presti ad alterare la posizione dell’altro contraente”.

[23] Cfr. P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette, cit., p. 452, nt. 9.

[24] Tuttavia, come giustamente sottolineato dalla giurisprudenza di merito in ambito societario, il rischio di un abuso della clausola non inciderebbe sull’atto (e quindi sulla validità della stessa), attenendo solo alla condotta. Infatti, se è vero che, nella clausola della roulette russa, l’oblato è assoggettato alla determinazione del valore operata dalla controparte, è altrettanto vero che a lui è concessa la scelta tra cedere la propria partecipazione ovvero acquisire quella di proprietà del socio che ha operato quella determinazione: l’iniquità quindi non sarebbe conseguenza della clausola, ma potrebbe semmai essere valutata sotto il profilo di un eventuale “abuso” per violazione dei principi di correttezza e buona fede, per la cui configurazione non potrebbe reputarsi sufficiente la determinazione manifestamente iniqua del prezzo, ma sarebbe comunque necessaria la prova dell’approfittamento di particolari condizioni in cui eventualmente versi il socio oblato, con conseguente possibilità di chiedere (non già la nullità della clausola, ma) il risarcimento del danno o di paralizzare l’altrui pretesa attraverso l’exceptio doli. Cfr. sul punto F. Perreca, La clausola di russian roulette e il superamento dello stallo decisionale (deadlock), cit., p. 950.

[25] Cfr. H. Fleisher – S. Schneider, Shoot-Out Clauses in Partnerships and Close Corporations, in European Company and Financial Law Review, Volume 9, Issue 1, 2012, p. 49, i quali affermano che “a clause requiring that any offers made as part of a shoot-out procedure must equate to a “good faith estimation” of the market value is theoretically attractive, but difficult to implement in practice. Providing the financially weaker party with a fixed time frame, usually between 30-60 days, to arrange the necessary financing, or allowing purchase on deferred terms may prove to be a more practical solution”; nonché la motivazione della citata Massima n. 73/2020 del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Firenze, Pistoia e Prato la quale, pur propendendo per la non applicabilità del principio di equa valorizzazione alla clausola della roulette russa statutaria, afferma che “non minore attenzione merita la previsione […] di un adeguato arco temporale accordato al socio oblato per valutare se aderire o meno all’offerta, anche al fine di acquisire la relativa provvista finanziaria”.

[26] Cfr. L. Ponti – P. Panella, La preferenza nel diritto societario e successorio, Giuffrè, Milano, 2003, p. 203 ss.; P. Divizia, Patto parasociale di russian roulette, cit., p. 449, nt. 5; M. Bianchi, Dizionario delle clausole contrattuali nei contratti internazionali, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, pp. 291-293.

[27] Si veda sul punto C. Pasquariello, La clausola di roulette russa tra meritevolezza e validità, cit., p. 144 ss., la quale puntualizza che nella clausola della roulette russa contenuta in un patto parasociale la volontà delle parti viene espressa preventivamente, mentre la successiva condotta silente permette il consolidamento della stessa; nonché l’analisi di M. Facci, La clausola di roulette russa, cit., p. 765 ss., il quale ritiene sia più coerente con la struttura della clausola il fatto che “l’inattività di colui al quale spetterebbe la scelta di vendere o acquistare oltre il termine pattuito facoltizzi colui che ha innescato la procedura a esercitare egli stesso l’opzione con la medesima libertà che avrebbe avuto la controparte”.

[28] Cfr. M.C. Diener, op. cit., pp. 155 e 268, la quale chiarisce che se l’opzione “ha come contratto principale uno di quelli per i quali è richiesta la forma scritta (art. 1350), tanto il patto di opzione quanto l’accettazione del promissario devono essere rivestiti di tale forma a pena di nullità”.

[29] Tale negozio sarà verosimilmente collocato nel medesimo atto di acquisto dell’immobile in comproprietà oppure in un separato atto più o meno immediatamente successivo.

[30] Centrale sarà dunque la figura del notaio nello svolgere un’importante funzione anche di consulenza. Cfr. S. Di Meglio, L’atto notarile quale strumento di prevenzione o di risoluzione della lite, in Aa.Vv., L’atto pubblico notarile come strumento di tutela nella società dell’informazione, a cura di P. Sirena, Gruppo 24 Ore, Milano, 2013, disponibile su elibrary.fondazionenotariato.it, il quale enfatizza “l’attitudine del notaio, in forza della sua formazione culturale e della garanzia di imparzialità, indipendenza e terzietà assicurate dal suo ufficio, a svolgere compiti di «mediazione giuridica», rappresentando così uno strumento essenziale nella limitazione dell’insorgenza delle controversie giudiziarie e nell’alleggerimento, per questa via, della presente crisi della giustizia civile nel nostro Paese. […] Nel compimento dei doveri appena indicati, dunque, il notaio svolge una funzione che per certi versi ricorda quella del giudice. Come quest’ultimo, infatti, anche il notaio deve trarre un giudizio dalla varia rappresentazione della realtà dinanzi a lui riprodotta dalle parti, onde assicurare alle stesse, in una soluzione imparziale di ogni loro problema, la tutela dei rispettivi diritti ed interessi. Tuttavia, mentre il giudice opera in una situazione di conflitto tra le parti, in presenza, cioè, di una lite già insorta, il notaio svolge la sua attività nel momento che si potrebbe definire fisiologico del rapporto, quando cioè le parti sono intenzionate unicamente a regolare i rispettivi interessi sul piano sostanziale e non è ancora sorta (né, per vero, è detto che insorga) una controversia: compito del notaio è, appunto, quello di impedire, tramite il suo intervento qualificato, l’insorgenza della controversia”. Si ricordi altresì la celebre espressione di F. Carnelutti, La figura giuridica del notaro, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1950, p. 928: “quanto più notaio, tanto meno giudice”.

 

La clausola della roulette russa e la contrattazione immobiliare ultima modifica: 2022-04-22T08:30:44+02:00 da Redazione Federnotizie
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