Uno degli approdi più pacifici della prassi notarile è, da anni, la tassazione della donazione e della divisione sulla base del valore catastale degli immobili1. Tra le prime cose che un notaio impara è, infatti, che i “conti” di donazioni e divisioni immobiliari si fanno assumendo a riferimento, quale base imponibile, un valore almeno pari a quello risultante dalla rivalutazione della rendita catastale; fatto salvo il caso dei terreni edificabili, per i quali occorre sempre assumere il valore reale, cioè “commerciale”, degli stessi.
La ragione di questo granitico orientamento della prassi – esplicitamente confermato dalla circolare AE 06.02.2007 n. 6/E2 – è strettamente normativa. Per quanto riguarda la donazione, il riferimento è all’art. 34, comma 5, TUS (d. lgs. 31.10.1990, n. 346)3, mentre, per la divisione, occorre fare riferimento all’art. 52, comma 4, TUR (D.P.R. 26.04.1986, n. 131)4. Entrambe queste disposizioni, com’è noto, prevedono che – fatta eccezione per i terreni edificabili – il valore degli immobili non è soggetto a rettifica, se dichiarato in misura non inferiore a quella risultante dalla rivalutazione della rendita catastale per i fabbricati e del reddito dominicale per i terreni.
Si tratta del meccanismo della “valutazione automatica” che, a far tempo dal 2006, non è più applicabile alle cessioni rientranti nell’ambito di applicazione del “prezzo-valore”, come dispone l’art. 52, comma 5-bis, TUR5. L’introduzione del “prezzo-valore” – dovuta alla legge finanziaria 2006 (art. 1, commi 497-498, l. 23.12.2005, n. 266) – ha infatti reso residuale l’applicazione della “valutazione automatica”, che oggi continua ad applicarsi, principalmente, proprio alle divisioni (esclusi i conguagli superiori al 5% della quota di diritto)6.
Un po’ scompiglio nella prassi era stato portato dalla risoluzione AE 14.06.2007 n. 136/E, relativa all’applicazione del “prezzo-valore” ai conguagli divisionali di valore superiore al 5% della quota di diritto. Nel sancire l’applicabilità del “prezzo-valore” ai conguagli “fiscalmente rilevanti”, in questa risoluzione l’AE si lasciava andare a un’affermazione sibillina in merito alle divisioni “a pareggio”, cioè senza conguagli7. Un’affermazione che, tuttavia, era stata screditata dalla dottrina8, che l’aveva attribuita a una svista dell’AE9, nonché dalla costante prassi del notariato10 e degli uffici fiscali11.
Senonché, le placide acque in cui navigavano i notai e gli uffici tributari rischiano (solo in apparenza) di venire nuovamente funestate dalla risposta a quesito 06.11.2020 n. 534 , vero e proprio fulmine a ciel sereno scatenato da un notaio, il quale, chiamato a sciogliere una comunione ereditaria, si pone – e pensa bene di porre all’AE – il problema della base imponibile dell’imposta di divisione: valore catastale o valore venale? Il dubbio, per la verità, potrebbe anche giustificarsi vista la peculiarità del caso di specie: gli accordi tra i condividenti (madre e due figli) erano infatti di spartirsi gli immobili (caduti, in tutto o in parte, nella successione del rispettivo marito e padre) assegnando ad uno di essi l’usufrutto sull’intero compendio meno un bene, a un altro la nuda proprietà di parte del compendio e la piena proprietà di tale bene, al terzo la nuda proprietà del resto; il tutto senza pagamento di conguagli e con una valorizzazione dell’usufrutto, negli accordi tra le parti, svincolata dall’applicazione delle tabelle attuariali. Un caso, insomma, non del tutto lineare.
Il notaio, però, anziché limitarsi a recepire la volontà delle parti e a far quadrare i conti con l’accortezza di non attribuire ad alcun bene un valore inferiore al catastale (onde sventare il rischio di rettifiche grazie al disposto dell’art. 52, comma 4, TUR), si domanda invece “se sia possibile procedere con una divisione senza conguaglio, in conformità alla volontà delle parti e tenuto conto che i valori dell’usufrutto e della nuda proprietà sebbene non corrisponderebbero (sic) ai valori di tali diritti calcolati secondo le tabelle attuariali, sarebbero comunque superiori al valore di ciascuno di tali diritti secondo le tabelle attuariali sul valore catastale della massa”. Quale migliore occasione per l’AE di scardinare, pro domo sua, una prassi tanto annosa quanto incontrastata, quale la determinazione della base imponibile della divisione con riferimento al valore catastale?
La risposta dell’AE si articola nel modo seguente: poiché nel caso di specie si tratta di divisione ereditaria, la massa comune è costituita “dal valore, riferito alla data della divisione, dell’asse ereditario netto determinato a norma dell’imposta di successione” (art. 34, comma 1, TUR); occorre quindi guardare alla disciplina del TUS, secondo cui “La base imponibile, relativamente ai beni immobili (…), è determinata assumendo (…) il valore venale in comune commercio alla data di apertura della successione” (art. 14, comma 1, lett. a, TUS). Ciò premesso, l’AE conclude che “per determinare la quota di diritto e la quota di fatto dei singoli condividenti occorre aver riguardo alla valore venale in comune commercio dei beni oggetto di divisione”; “la possibilità di applicare il criterio catastale”, conclude l’AE, “è ammesso soltanto nel caso di emersione di un conguaglio divisionale di valore superiore al cinque per cento del valore della quota di diritto”, cioè soltanto nel caso in cui e nella misura in cui – ai sensi dell’art. 34, comma 2, TUR – la divisione sia tassabile come vendita.
La risposta dell’AE, a ben vedere, non avrebbe potuto essere diversa. Vero è che il TUS, di cui l’AE evoca e cita gli artt. 8 e 14, contiene anche altre disposizioni, fra cui l’art. 34, comma 512, che inibisce la rettifica del valore degli immobili – terreni edificabili esclusi – dichiarato in misura non inferiore al valore catastale. Ma è altrettanto vero che il meccanismo della “valutazione automatica” non implica in alcun modo una diversa determinazione della base imponibile, che continua a identificarsi sulla base delle norme evocate dall’AE.
Sta al contribuente (e al notaio) di servirsi della “valutazione automatica” nella determinazione di una idonea base imponibile della divisione, in modo da sottrarre l’atto alla rettifica di valore. Ciò che il contribuente (e il notaio rogante) non può fare è di applicare alla divisione il meccanismo del “prezzo-valore”, cioè “sdoppiare” i valori di riferimento dichiarandone uno venale, a fini civilistici, e uno catastale, a fini fiscali. Così facendo, l’atto non sarebbe tassato in modo corretto, perché la base imponibile della divisione non può essere costituita dal valore catastale in quanto tale, ma solo in quanto assumibile quale valore venale.
Il contribuente (e il notaio) deve avere l’accortezza di assumere un valore unitario quale base imponibile dell’atto, prendendo a riferimento, da un lato, le intese delle parti in ordine all’importo o all’assenza dei conguagli, e, dall’altro, il valore catastale quale “bottom value”, al disotto del quale l’egida della “valutazione automatica” non dispiega la sua protezione. L’accorta mediazione tra questi due valori costituisce il proprium della funzione consulenziale che il notaio è chiamato a svolgere in sede divisionale, onde consentire al contribuente di conseguire la proverbiale “giusta minor tassazione” (felicissima espressione coniata da Pietro Carusi).
Questa libertà di azione è concessa al notaio, in materia di divisione, proprio dalla perdurante applicabilità della “valutazione automatica”, che – si badi – la risposta a quesito 06.11.2020 n. 534 non pone minimamente in dubbio. Non vi è quindi nulla da temere: l’AE non ha fatto altro che ribadire una regola legale (quella della determinazione della base imponibile della divisione con riferimento al valore venale dei beni), regola che tuttavia il contribuente può “temperare” ai propri fini, forte della garanzia della “valutazione automatica”, la cui applicazione alla divisione rimane confermata. Possiamo quindi affermare che, anche a seguito del recente documento dell’AE, nulla è cambiato e nulla deve cambiare nella prassi del notariato e degli uffici tributari.
Resta da chiedersi, in chiusura, che cosa abbia spinto un collega notaio a rivolgere all’AE un interpello che possiamo tranquillamente definire dannoso, non solo e non tanto per i nostri clienti, quanto per la categoria notarile. Sarebbe forse più corretto, in prima battuta, documentarsi sui testi, ricercare il confronto coi colleghi, interloquire con l’ufficio fiscale più vicino, insomma praticare quel salutare dialogo che è alla base del sereno quotidiano svolgersi della prassi professionale; e solo in un secondo momento, una volta appurato che la questione è del tutto nuova o del tutto controversa, rivolgersi a livello centrale all’AE. Il rischio è, altrimenti, quello di gettare nello scompiglio i relativi uffici territoriali e i colleghi notai.
1 V. per tutti Petteruti, Divisione ed accertamento di valore, studio CNN n. 123-2018/T, nel notiziario CNN del 12.10.2018, n. 123.
2 Alla pag. 9 del documento si precisa “che la preclusione alla rettifica del valore prevista dai commi 4 e 5 dell’art. 52 T.U.R. continua a trovare applicazione con riferimento agli atti che non costituiscono cessione di immobili, sempre che risultino valori dichiarati o corrispettivi pattuiti in misura non inferiore ai valori catastali rivalutati. È il caso, ad esempio, degli atti aventi natura dichiarativa, come le divisioni senza conguaglio”.
3 “Non sono sottoposti a rettifica il valore o il corrispettivo degli immobili, iscritti in catasto con attribuzione di rendita, dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a 75 volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a 100 volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sul reddito, né i valori o corrispettivi della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma degli artt. 47 e 48. (…) La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”.
4 “Non sono sottoposti a rettifica il valore degli immobili iscritti in catasto con attribuzione di rendita dichiarato in misura non inferiore, per i terreni, a settantacinque volte il reddito dominicale risultante in catasto e, per i fabbricati, a cento volte il reddito risultante in catasto, aggiornati con i coefficienti stabiliti per le imposte sui redditi, né i valori della nuda proprietà e dei diritti reali di godimento sugli immobili stessi dichiarati in misura non inferiore a quella determinata su tale base a norma dell’art. 14. La disposizione del presente comma non si applica per i terreni per i quali gli strumenti urbanistici prevedono la destinazione edificatoria”.
5 “Le disposizioni dei commi 4 e 5 non si applicano relativamente alle cessioni di immobili e relative pertinenze diverse da quelle disciplinate dall’articolo 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni”.
6 Cfr. Santarcangelo, La tassazione degli atti notarili5, Utet Giuridica, 2020, pag. 1572.
7 In particolare, alla pag. 4 del documento, si affermava che “con riferimento alla fattispecie prospettata, si deve escludere l’applicazione del criterio c.d. ‘tabellare’ alle divisioni senza conguaglio”.
8 V. per tutti per tutti Busani, Imposta di registro2, Ipsoa, 2018, pagg. 2342-2344, ove ulteriori riferimenti.
9 In realtà, a parere di chi scrive, più che di una svista si era trattato di una espressione infelice: se si legge integralmente il documento, ben si comprende come l’AE, con la frase incriminata, abbia semplicemente inteso escludere l’applicazione del “prezzo-valore” – e non già della “valutazione automatica” – alla massa divisionale soggetta all’aliquota dell’1% (cioè quella al netto dei conguagli), con conseguente impossibilità di “sdoppiare” il valore della stessa rispettivamente ai fini civilistici e a quelli fiscali. In altre parole, una lettura attenta e non puramente letterale della risoluzione 14.06.2007 n. 136/E conduce a ritenere che non possa mettersi in dubbio la perdurante applicabilità della “valutazione automatica” al valore della massa divisionale, ferma restando l’applicazione del “prezzo-valore” ai conguagli per i quali ricorrono i presupposti normativi di tale meccanismo.
10 Cfr. Cannizzaro, In tema di «divisione senza conguagli», risposta a quesito n. 25-2008/T, nel notiziario CNN del 11.04.2008, n. 25.
11 Cfr. Comm. trib. Piemonte, 04.02.2010, n. 10, cit. in Busani, op. cit., pag. 2343, nt. 63.
12 Sopra riportato alla nt. 1.

AUTORE

Nato a San Daniele del Friuli nel 1985, si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università Bocconi di Milano e ha conseguito il dottorato di ricerca in Diritto privato presso l’Università degli Studi di Padova. Notaio dal 2014, è attualmente assegnista di ricerca di Diritto privato presso l’Università Bocconi. E’ responsabile scientifico di Federnotizie.