La Cassazione cambia. Trust all’8%. Il trust liquidatorio è soggetto alla disciplina della imposta di donazione con aliquota rinforzata nella misura dell’8%.

La Cassazione, con sentenza del 4 maggio 2018 N. 13626, sez. V civile (pubblicata il 30.05.2018) ha stabilito che il trust non liberale è soggetto a tassazione proporzionale con aliquota dell’8%.

Il fondamento della decisione poggia sui seguenti argomenti:

1) il patrimonio del beneficiario è già potenzialmente arricchito seppur ancora non abbia ricevuto alcunchè,

2) il trust è, nella fattispecie oggetto del vaglio, un vincolo di destinazione che produce effetti traslativi e pertanto deve essere assoggettato alla relativa imposta.

di Alessio Paradiso – notaio in Torino

Inoltre la Cassazione ha ritenuto corretta la richiesta di integrazione dell’imposta a carico del notaio rogante perché “evincibile sulla base degli elementi desumibili dall’atto”

LE NORME DI RIFERIMENTO.

Il trattamento fiscale degli atti di trusts è stato oggetto di disciplina nell’2007, ma non è stato il legislatore ad intervenire nella materia bensì l’Agenzia delle Entrate.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate ha emanato la Circolare n.48/E del 2007 che prevedeva, oltre i chiarimenti in materia di imposte di successioni e donazioni, anche la previsione che il trattamento fiscale per i trusts e per i vincoli di destinazione (art.2.645 ter c.c.) dovesse essere uniformato a quello disposto per le successioni e donazioni.

Ulteriore intervento da parte dell’A.E. si è avuto con la Circolare n.3/E/2008.

L’A.E. ha disciplinato i trusts liberali, mentre nulla è stato mai disposto in merito ai trusts non liberali, quali ad esempio i trusts di garanzia, i trusts liquidatori, ed in generale i trusts che non hanno come finalità l’arricchimento liberale dei beneficiari.

Del resto, è anche coerente con il sistema che la normativa in materia di imposte sulle successioni e donazioni si applichi ai trusts liberali e non a quelli che liberali non sono; semmai a questi ultimi potrà applicarsi l’imposta di registro di cui al dpr 131/86 e succ mod. o comunque la tassa fissa come già statuito dalla stessa Corte di Cassazione in passato, perchè non vi è alcun arricchimento patrimoniale in favore del trustee.

L’unica legge in materia di imposte indirette relative ai trusts, è la n.112/2016 (cc dd “dopo di noi”), che disciplina il trattamento fiscale degli atti destinati in favore di persone affette da disabilità gravi.

Secondo l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate, inoltre, l’atto di trust autodichiarato è soggetto alle imposte di successioni e donazioni, ed a imposta fissa quanto alle ipotecarie e catastali, che sono viceversa dovute (rispettivamente 2% e 1%) nel caso in cui il trustee sia un soggetto diverso dal Disponente.

PRECEDENTI.

Il Supremo Collegio già da qualche hanno si è pronunciato sulla tassazione dei trusts.

Il Collegio ha mostrato dapprima un orientamento ondivago, successivamente consolidato nel senso dell’assoggettamento degli atti di trusts a tassazione a tassa fissa.

Ricordiamo brevemente la cronistoria degli ultimi anni.

In prima battuta, nell’anno 2015, la Cassazione con tre ordinanze, praticamente uguali, n..3735, 3737, 3886, interviene sul punto e sancisce un trattamento tributario pesantissimo.

Successivamente la stessa Cassazione muta radicalmente l’indirizzo precedente nel dicembre dello stesso anno 2015, con le sentenze del 18 dicembre 2015, n.ri 25.478/25.479/25.480 che sanciscono l’applicazione della tassa fissa.

Nel marzo del 2016, la stessa Sezione della Corte di Cassazione che aveva redatto le Ordinanze del febbraio 2015, ritorna sul punto e ribadisce con la Sentenza n.4.482 del 2016 quanto già affermato all’inizio del 2015.

Successivamente la Cassazione, con sentenza n. 21.614, del 05.10.2016, critica le motivazioni delle Ordinanze del 2015 e della Sentenza del marzo 2016, e dispone l’applicazione della tassa fissa, statuendo il principio per il quale da una parte il Trustee non riceve alcun arricchimento, e dall’altra i Beneficiari riceveranno quanto loro destinato alla scadenza del termine di durata del trust, se al termine della durata del trust saranno in vita e se Beneficiari, e nei limiti della consistenza del Fondo in Trust: nessun trasferimento è possibile perché è proprio contrario al programma del trust; quindi non è possibile applicare l’imposta sulle successioni e donazioni perché manca il presupposto impositivo.

LA FATTISPECIE OGGETTO DEL VAGLIO DELLA SUPREMA CORTE.

Oggetto di ricorso era la tassazione di un atto di dotazione di beni in trust.

La società “Alfa” aveva dotato il “Fondo in Trust” di proprie quote di partecipazione in una srl per provvedere al pagamento dei creditori della medesima società disponente.

L’A.E. ha contestato l’autoliquidazione dell’atto da parte del notaio, che aveva previsto la tassa fissa, ed ha riliquidato l’atto applicando la normativa in materia di successioni e donazioni con l’aliquota dell’8% perchè – chiaramente – Beneficiari sono estranei e non parenti rispetto al disponente.

LA POSIZIONE DELLA SUPREMA CORTE.

La vicenda ruota attorno alla “vexata quaestio” della natura giuridica del trust e della analogia con il vincolo di destinazione previsto dall’art.2.645 ter c.c.

E’ di tutta evidenza che i due istituti sono diversi tra loro, ma d’altra parte non è questa la sede per analizzare le differenze tra i due istituti, che si differenziano tra loro tra l’altro per natura giuridica, causa, oggetto, forma, soggetti, azioni a tutela dei soggetti coinvolti, durata, il carattere rotatorio, solo per citarne alcune.

In questa sede, basti solo ricordare che il vincolo di destinazione si caratterizza appunto per il “vincolo” che viene impresso ad un dato bene per (poi) realizzare una finalità; viceversa nel trust, ciò che rileva è la fiducia verso il trustee per realizzare una data finalità, salvo poi dotarlo di un patrimonio (“Fondo in Trust”) che è rotatorio e surrogabile e quindi non è soggetto ad un vincolo di destinazione, ma semmai è segregato per lo scopo da realizzare.

Detto ciò, giova ricordare che la Cassazione in passato (anno 2015, provvedimenti sopra citati) si era espressa identificando il vincolo di destinazione con il trust, salvo poi tornare sui suoi passi per segnare una netta separazione tra i due istituti.

Con la sentenza in oggetto la Cassazione ritorna sul punto. In particolare la Corte ha ripercorso brevemente l’orientamento della stessa negli anni precedenti, precisando che:

“Questa Corte ha manifestato nel tempo diversi orientamenti interpretativi sull’imposta di registro da applicare ad un trust con vincolo di destinazione. In particolare con l’ordinanza n.3737/2015 la Corte ha affrontato un caso relativo alla costituzione e alla dotazione patrimoniale di un trust di garanzia osservando che “L’imposta sulla costituzione di vincolo di destinazione è un’imposta nuova, accomunata solo per assonanza alla gratuità delle attribuzioni liberali, altrimenti gratuite e successorie; essa riceve disciplina mediante un rinvio, di natura recettizio-materiale, alle disposizioni del decreto legislativo 346/90, ma conserva connotati peculiari e disomogenei rispetto a quelli dell’imposta classica sulle successioni e sulle donazioni. Ciò in quanto nell’imposta in esame, a differenza che in quella tradizionale, il presupposto impositivo è correlato alla predisposizione del programma di funzionalizzazione del diritto al perseguimento degli obiettivi voluti; là dove l’oggetto consiste nel valore dell’utilità della quale il disponente, stabilendo che sia sottratta all’ordinario esercizio delle proprie facoltà proprietarie, finisce con l’impoverirsi. Se questa imposta abbisognasse del trasferimento e, quindi, dell’arricchimento, essa sarebbe del tutto superflua, risultando sufficiente quella classica sulle successioni e sulle donazioni, nelle quali il presupposto d’imposta è, giustappunto, il trasferimento, quantunque condizionato o a termine, dell’utilità economica ad un beneficiario con riguardo all’imposta in esame, non rileva affatto la mancanza di arricchimento, giacché il contenuto patrimoniale referente di capacità contributiva è ragguagliato all’utilità economica, della quale il costituente, destinando, dispone Ciò posto, il legislatore, evocando soltanto l’effetto, ha inequivocabilmente attratto nell’area applicativa della norma tutti i regolamenti capaci di produrlo. Tra questi, vanno annoverati anche gli atti di destinazione contemplati dall’art. 2645-ter cod.civ. In relazione all’aliquota applicabile, la misura dell’8% prevista dalla lettera c) del comma 49 della medesima norma, è imposta dalla sua natura residuale, non rientrando la figura del conferente, che seguita ad essere proprietario dei beni, in alcuna delle altre categorie previste dalla norma, che godono di aliquota inferiore” (nello stesso senso Cass. sez. n. 4482 del 2016; Cass. sez. VI n. 5322 del 2015; Cass. sez. VI n. 3886 del 2015; Cass. sez. VI n. 3737 del 2015; Cass. sez. VI n. 3735 del 2015).

Più recentemente questa Corte ha ritenuto di non condividere l’interpretazione letterale dell’art. 2, comma 47 ss., d.l. n. 262 cit. adottata dalle rammentate ordinanze di questa Corte sez. VI al cui avviso sarebbe stata istituita un’autonoma imposta «sulla costituzione dei vincoli di destinazione» disciplinata mercé il rinvio alle regole contenute nel d.lgs. n. 346 cit. e avente come presupposto la loro mera costituzione.”

La Corte giustifica l’applicazione della imposta proporzionale e dell’aliquota dell’8% ritenendo legittima l’applicazione dell’imposta di cui al TU n. 346/90 “…………qualora, come nella specie, il trasferimento a favore dell’attuatore faccia emergere la potenziale capacità economica del destinatario (immediato) del trasferimento.  Coerentemente con la natura e l’oggetto del tributo, sono rilevanti i vincoli di destinazione in grado di determinare effetti traslativi in vicende non onerose, collegati al trasferimento di beni e diritti, che realizzano un incremento stabile, misurabile in moneta, di un dato patrimonio con correlato decremento di un altro.

Il vincolo di destinazione, in tal caso è idoneo a produrre un effetto traslativo funzionale al (successivo ed eventuale) trasferimento della proprietà dei medesimi beni vincolati a favore di soggetti beneficiari diversi dal soggetto disponente” senza alcun effetto di segregazione del bene.

In tal modo, il vincolo di destinazione assume un rilievo autonomo, rispetto alle altre fattispecie assoggettate al tributo, che hanno solo portata destinatoria con conseguente effetto di segregazione o separazione del bene, il quale rimane però nel patrimonio del disponente (in tal senso si è espressa Cass. 21614/2016 con riferimento all’istituzione di un trust cosiddetto “autodichiarato”).

2) Altro elemento che è stato affermato dalla Suprema Corte è l’arricchimento del beneficiario seppur non riceva alcunchè dall’atto di dotazione in Trust.

La Cassazione ritiene che l’affetto traslativo in favore del trustee realizza un arricchimento che se non è attuale è comunque potenziale.

La stessa Cassazione in passato aveva invece sancito una posizione diversa in coerenza con la Convenzione de l’Aja del 1985 e con l’inquadramento sistematico del Trust che comporta la segregazione del patrimonio, il cui effetto è quello di costituire un patrimonio che non è (più) del disponente, non appartiene al trustee, ne’ tanto meno ai beneficiari.

Il “Fondo in Trust” spetterà ai Beneficiari solo al ricorrere delle condizioni previste nel regolamento del trust e non per il sol fatto di essere previsti quali beneficiari.

LA POSIZIONE DEL NOTAIO.

La Suprema Corte ha confermato le pronunzie dei Giudici di merito che avevano confermato la pretesa della A.E. al notaio rogante e cioè la differenza di imposta versata dal medesimo, e ricalcolata sulla base dell’aliquota dell’8%

La motivazione della Cassazione è basata sulla circostanza che la differenza di imposta (poi richiesta al notaio) era “evincibile sulla base degli elementi desumibili dall’atto”, e quindi “la commissione di merito ha positivamente appurato questo requisito, là dove ha ritenuto legittima la maggiore imposizione da parte dell’ufficio sulla base di una determinata interpretazione del contratto; condotta esclusivamente sugli elementi da quest’ultimo desumibili e, segnatamente, dalla tipologia e destinazione economica unitaria dei beni trasferiti.

La CTR ha osservato in proposito come l’atto rechi un valore netto delle quote trasferite al Trustee pari a €……(omissis)  e quindi  richiamando l’art.49 DL 262/2006 convertito in legge 286/2006 andrà  necessariamente applicato, ai fini del calcolo dell’imposta, il dichiarato “valore globale” dei beni che si è andato costituendo con vincolo di destinazione.”

La Cassazione ha così ritenuto che il notaio avesse di fatto errato il calcolo della imposta, escludendo che l’A.E. avesse invece riqualificato il negozio o comunque avesse superato i limiti che consentono la richiesta di integrazione al notaio della imposta.

In sostanza è come se il notaio avesse solo in parte versato una imposta che era comunque dovuta.

L’Agenzia delle Entrate avrebbe richiesto la differenza di imposta sulla base di mero calcolo matematico e non sulla base di un ragionamento giuridico.

In effetti la situazione relativa alla tassazione degli atti di trusts non è così pacifica, come lo potrebbe essere per un’altra tipologia di atti codificata.

Infatti per quanto sopra indicato, a livello legislativo, a livello di prassi e soprattutto a livello giurisprudenziale, la materia è piuttosto fluida e non vi sono certezze.

Basti rileggere i riferimenti ai provvedimenti della Cassazione dal 2015 in poi per rendersi conto che la questione è tutt’altro che definita.

Probabilmente in materia di trusts liberali vi sono maggiori certezze dati i provvedimenti della prassi amministrativa.

La certezza perde vigore per quanto attiene ai trusts non liberali, dove a tutt’oggi è incerto se la tassazione sia fissa (art.11 della tariffa parte prima, allegata al dpr 131/86) oppure soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale, ed in tal caso è ancor più incerto quale aliquota applicare (forse il 3%?), oppure ancora, come si evince dalla vicenda sottoposta al Supremo Collegio, se sia quella prevista per le imposte di successioni e donazioni.

Alla luce di queste considerazioni non è forse troppo peregrina l’idea che considera piuttosto forte una decisione che faccia ricadere e gravare sul notaio rogante una disputa fiscale su una materia che, lungi dal trovare una soluzione pacifica, è in continua evoluzione.

CONCLUSIONI.

La corte di Cassazione presuppone quindi che il trust sia un vincolo di destinazione con effetti traslativi ed è soggetto alle imposte sulle successioni e donazioni, anche se nel caso di specie non sia liberale.

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La Cassazione cambia. Trust all’8%. Il trust liquidatorio è soggetto alla disciplina della imposta di donazione con aliquota rinforzata nella misura dell’8%. ultima modifica: 2018-07-02T10:11:25+02:00 da Redazione Federnotizie
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