L’attuale situazione di stallo della politica impone un momento di riflessione che può approfondire argomenti che vanno dal c.d. “mercato” alle professioni, dalla rappresentanza ordinistica all’esperienza associativa, dalla cultura agli studi universitari.
di Alberto Vermiglio, presidente di Aiga (Associazione Italiana Giovani Avvocati)
Partendo da quest’ultimo argomento, le categorie professionali, ed in particolare i giovani, dovrebbe o costituire uno spunto di riflessione per il prossimo Ministero al fine di individuare quelle materie universitarie (diritto ambientale, diritto dell’informatica e delle nuove tecnologie, diritto internazionale dei contratti, diritto processuale europeo) che davvero costituiscono un possibile sbocco per il futuro dei prossimi neolaureati e che consentirebbe un prima specializzazione, sin dagli studi, dei futuri professionisti.
Durante il percorso universitario bisognerebbe anche avere il coraggio di preparare lo studente ad una scelta fondamentale da attuare nel periodo post studi, immaginando addirittura un indirizzo specifico per chi intende svolgere la libera professione forense, per chi intende partecipare a concorsi per magistratura o notariato, ed uno, ancora diverso, per chi intende concorrere a posti pubblici e/o comunque amministrativi.
Altri paesi dell’Europa hanno coraggiosamente anticipato una scelta che nel nostro paese si compie intorno ai trent’anni, quando ormai la decisione assunta è difficile da mutare in corsa.
L’università è il luogo dove il giovane si confronta con un nuovo livello di cultura, quella giuridica, che ha fatto sì che le libere professioni siano state percepite, per lungo tempo, come il traino della società civile.
Al fine di poter nuovamente esprimere la funzione sociale dell’avvocato e delle altre professioni giuridiche è necessario che l’azione di rinnovamento non si limiti alle professioni ma si apra alla società civile facendo un balzo fuori dagli studi dedicando alcune delle proprie energie per progetti che abbiano una rilevanza sociale tangibile, nel tentativo di riportare le categorie interessate ad essere di nuovo comprese come “classi” socialmente apprezzate.
Le professioni dovranno più attentamente sollecitare la politica rilanciando anche la questione delle società tra professionisti, norme previste dal nostro ordinamento giuridico, e dall’ultimo ddl sulla concorrenza, ma che restano lettera morta per l’incapacità del nostro legislatore di emanare una normativa davvero completa. Queste novità potrebbero finalmente far sorgere quelle agevolazioni fiscali tanto agognate dai professionisti senza cedere ai rischi legati all’intrusione di “estranei” nella gestione dell’attività professionale.
Le ultime riforme legislative che incideranno sulle libere professioni (equo compenso, copertura assicurativa infortuni, gratuito patrocinio e difese d’ufficio, nuove procedure fallimentari), affrontano solo alcuni argomenti che meriterebbero una concreta opera di revisione e riforma.
Sull’equo compenso si sono sprecate innumerevoli battute e considerazioni ma quello che è passato è il principio che nessun professionista può rinunciare alla sua dignità professionale a fronte di un compenso “indegno”, in un momento storico dove la tendenza al “risparmio” ha coinvolto anche le professioni con un decremento sensibile della qualità della prestazione.
Tutte le proposte in Parlamento sono certamente perfettibili, ma spetta alle professioni fare da traino affinchè il suddetto principio non resti una norma inattuabile o, addirittura, dannosa per i professionisti, e si giunga in tempi ragionevoli a tornare a parlare di “parametri minimi”, che non vuol dire ritornare al vecchio sistema tariffario quanto invero creare quella “barriera” al di sotto della quale nessuno potrà chiedere ad un (giovane) professionista di scendere per la liquidazione delle proprie competenze.
I vecchi sistemi professionali hanno lasciato il campo a nuove competenze, spesso digitalizzate, il futuro è sempre più legato alla robotica che, per sua connotazione, stona con le fondamenta umanistiche delle libere professioni, ma questo contorno sociale impone la necessità di una forte specializzazione del giovane.
I professionisti, più o meno esperti, dovranno continuare nella ricerca di nuovi spazi di mercato per l’esercizio della professione, valorizzando i nuovi strumenti che il nostro tempo ci fornisce, puntando sulle nuove tecnologie non ancora al servizio degli studi, incrementando la sempre più crescente diffusione delle lingue straniere che possano favorire l’approccio con sistemi economici fuori dai nostri confini.
Andrà favorita l’internazionalizzazione della professione, facendo affidamento sulle associazioni professionali esistenti all’estero anche al fine di poter consentire un’esperienza pratica presso studi stranieri o presso le strutture dell’Unione Europea. I liberi professionisti dovrebbero mettersi a disposizione degli Stati esteri per la redazione di protocolli legali e commerciali che favoriscano lo sviluppo delle nostre aziende all’esterno ed un maggiore investimento nello stivale del capitale d’oltralpe.
Nelle professioni legali andrà sempre più attenzionato il rispetto della deontologia, per un migliore amministrazione della c.d. “giustizia domestica”, che costituisce punto di forza e debole, allo stesso tempo, del profilo disciplinare.
Le giovani leve di avvocati, notai, commercialisti ed altri professionisti saranno chiamati ad attenzionare in maniera particolare il corretto rispetto della deontologia, sia per il recupero di una funzione sociale del professionista, sia per il corretto rispetto di norme che costituiscono la vera salvaguardia della autonomia che da sempre lo Stato ha voluto riconoscere alle professioni, che negli ultimi decenni non hanno sempre dimostrato di meritare.
Le nuove formulazioni delle condotte deontologicamente rilevanti, con la previsione di sanzioni legate a condotte tipizzate, fa si che inizi a conformarsi un vero e proprio codice a differenza del passato dove non era più di una raccolta di norme di buon comportamento.
Le scelte, anche politiche, delle istituzioni delle libere professioni devono essere davvero al passo con i tempi e ciò impone una nuova rappresentanza giovanile nelle istituzioni.
Andrà richiesta una maggiore attenzione nell’elezione dei componenti dei Consigli distrettuali di disciplina, evitando sbarramenti anagrafici, di genere e possibili conflitti di interesse, vigilando anche sull’applicazione di rimedi deontologici che sanzionino in modo rigoroso la colpa professionale.
Andrebbe favorito un lavoro di raccolta delle pronunce dei disciplinari, sia al fine di monitorarne la corretta operatività sia per consegnare ai professionisti una prassi di quelle condotte, spesso anche involontarie, che costituiscono illecito disciplinare.
Le associazione giovanili di categoria dovrebbero chiedere, a gran voce, una concreta rappresentanza nelle istituzioni, locali e nazionali; se davvero spetta ai giovani costruire la professione che svolgeranno anche in futuro allora, sin da adesso, dovrà esserci un reale impegno da parte dei giovani che possa aiutare anche le nostre istituzioni ad essere davvero al passo con i tempi.
Nei prossimi mesi sono previsti appuntamenti fondamentali per la governance delle varie categorie professionali durante i quali i giovani dovranno presentarsi come nuovi protagonisti della scena politica, forti di una strategia, anche comunicativa, che faccia comprendere all’esterno che la competenza vale più della concorrenza, che la tutela dei diritti non può essere sacrificata a fronte di un interesse “efficientistico”, che regolare una professione vuol dire dare regole certe ad un sistema (e non mercato) professionale che costituisce un elemento fondamentale della crescita della società.
Una prospettiva come quella attuale richiede ai giovani professionisti uno sforzo tendente a puntare sulla formazione per ricercare anche nuove fonti di reddito senza una “guerra” fratricida; attraverso una sana concorrenza fatta di competenza e forte specializzazione si può pensare a costruire un futuro con una più equa redistribuzione degli incarichi professionali che oggi sono ancora troppo spesso concentrati nelle studi di pochi.

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