Il Regolamento UE n. 650 del 2012 e la legge applicabile alla successione.

Caso.

«Tizio si rivolge al notaio nel luglio del 2018. Tizio è un cittadino tedesco, residente ormai da anni in Italia, divenuta il suo centro di interessi.

È sposato con Caia, cittadina italiana, ed è titolare di alcuni beni, anche immobili, collocati in Italia, Francia e Germania.

Tizio ha un carissimo amico, Filano, cittadino tedesco e residente in Germania, a favore del quale avrebbe il desiderio di prevedere contrattualmente la devoluzione di parte della sua successione.

Tizio chiede al notaio supporto per la pianificazione della sua successione e per la ricezione del contratto con Filano».

di Diletta Girardi notaio in Segrate

  1. Qual è la normativa di diritto internazionale privato in tema di successioni?
  2. Qual è la legge da applicare alla sua successione?
  3. Si può ricevere un patto successorio?
  4. Quale disciplina devo seguire nella redazione del testamento?
  5. Ci si deve preoccupare delle possibili lesioni dei diritti dei legittimari?
  6. A quale disciplina sono sottoposti gli immobili?

1. Successioni trasfrontaliere e ambito di applicazione del Regolamento

Le tematiche di diritto internazionale privato sono spesso spinose, e diventano di rilievo primario per i notai da quando l’Unione Europea ha perseguito l’ambizioso progetto di regolare uniformemente la materia successoria, per tutti i casi in cui la successione presenti elementi di estraneità.

La successione trasfrontaliera, come si usa definirla in queste ipotesi, si configura tutte le volte in cui concorrono elementi riferibili a diversi ordinamenti: ad esempio la persona deceduta viveva in uno Stato diverso da quello di cui era cittadino ovvero possedeva beni o conti correnti in più Stati, o addirittura aveva più cittadinanze, risiedendo abitualmente in un paese ulteriore.

Quale legge, in questi casi, disciplina la successione?

Le successioni trasfrontaliere originariamente erano regolate dalle discipline di diritto internazionale privato di ciascun paese, con due inconvenienti: da un lato la difficoltà per l’operatore di reperire e comprendere le normative estere da applicare, dall’altro l’elevato rischio di conflitto tra le norme interne di ciascuno Stato e dunque il pericolo che medesimi aspetti di una stessa successione fossero oggetto di decisioni contrastanti.

In un mondo dove gli spostamenti, la circolazione e la mobilità in genere si realizzano con la più estrema facilità, l’Unione Europea ha ritenuto necessario l’intervento in questo ambito, con l’intento di dettare una normativa uniforme, volta alla sostituzione delle diverse norme di conflitto fino a quel momento vigenti nei vari Stati membri.

Per soddisfare questa esigenza è stato adottato il Regolamento UE del 4 luglio 2012 n. 650, da applicare a tutte le successioni apertesi a decorrere dal 17 agosto 2015, un testo normativo che tocca diversi ambiti del fenomeno successorio transnazionale, quali la giurisdizione, la legge applicabile – di cui si tratterà nel presente approfondimento – e l’efficacia delle decisioni, e che trova conclusione con la disciplina del certificato successorio europeo, strumento con esso istituito.

Il Regolamento, a partire dalla data indicata, vale come normativa di diritto internazionale privato per tutti i paesi dell’Unione Europea (con l’eccezione di Inghilterra, Irlanda e Danimarca): le norme interne fino ad allora vigenti – per l’Italia gli articoli da 46 a 50 della Legge 31 maggio 1995 n. 218 – vengono superate e da esso sostituite, fatte salve alcune ipotesi marginali.

È proprio nel Regolamento, quindi, che troviamo le regole per l’individuazione della lex successionis, intesa come legge materiale atta a disciplinare una determinata fattispecie successoria che presenti elementi di estraneità, regole che hanno portata universale, tanto che la legge designata sarà da applicare anche qualora sia quella di uno Stato terzo (articolo 20).

La disciplina ha carattere universale, e si applica non solo ai cittadini degli Stati dell’Unione, ma anche ai soggetti extracomunitari residenti abitualmente in un paese membro.

1. Rispetto al caso prospettato, troverà applicazione il Regolamento UE 650/2012, in quanto Tizio si presenta dal notaio nel luglio del 2018.

2. Legge applicabile e Professio iuris

Il Capo III del Regolamento è dedicato alla legge applicabile.

Il nuovo testo normativo, come confermato dal considerando 37, si propone due finalità: 

  • facilitare l’individuazione ex ante della legge applicabile: essa deve essere prevedibile, per garantire una maggiore chiarezza nella pianificazione della successione e una maggiore tutela del cittadino;
  • individuare una legge unica, volta a regolare l’intera successione, per assicurare una maggiore certezza del diritto ed evitare così i conflitti tra leggi o l’instaurazione di una successione frammentata in masse, disciplinate da leggi diverse (ad esempio in base alla qualità dei beni e alla loro collocazione).

La disciplina si fonda su tre princìpi:

  • unitarietà, di cui all’articolo 23;
  • competenza generale della legge di residenza abituale, di cui all’articolo 21;
  • possibilità di scegliere legge applicabile, di cui all’articolo 22.

L’articolo 23 detta l’ambito di applicazione della legge che regolerà la successione, proponendo un elenco da leggere in modo non tassativo. Analizzando il primo e l’ultimo punto – che fanno riferimento rispettivamente a “le cause, il momento e il luogo dell’apertura della successione” e a “la divisione di eredità”, risulta evidente come la legge sia volta a disciplinare l’intera successione e tutte le sue vicende, come peraltro espressamente dichiarato.

Rimangono, invece, esclusi gli aspetti relativi alla materia fiscale (spetta, infatti, alla legislazione nazionale di ciascuno Stato membro stabilire quali imposte di successione debbano essere pagate e dove), nonché le questioni inerenti al regime patrimoniale tra coniugi, ai trust, o a quei diritti che si acquistano non iure successionis, ma in forza di altri rapporti (pensioni di reversibilità, eventuali indennità), oltre a quanto risulta dall’elenco delle materie escluse di cui all’articolo 1 paragrafo 2.

 L’articolo 21 stabilisce il criterio generale per l’individuazione della lex successionis, la quale viene identificata nella legge dello Stato in cui il de cuius aveva la residenza abituale al momento della morte.

 Il criterio della residenza viene considerato il più efficace per le seguenti ragioni:

  • si spinge il sistema verso una migliore integrazione dei residenti stranieri: è privilegiata la legge della comunità nella quale è stabilmente inserito il de cuius (e presumibilmente anche i suoi eredi e creditori);
  • si tende alla realizzazione di una coincidenza tra ius e forum, in quanto viene utilizzato lo stesso criterio in ambito di giurisdizione;
  • si cerca di agevolare l’operatore che si occupa della successione, il quale, nella maggior parte dei casi, dovrà applicare la propria legge, senza l’onere di accertare il diritto straniero.

La residenza abituale del de cuius deve essere identificata dall’autorità che si occupa della successione, mediante l’individuazione del paese con cui il defunto aveva un collegamento stretto e stabile.

Ciò implica una valutazione complessiva e globale delle circostanze di vita, che dia rilievo a tutti gli elementi pertinenti, e dunque alla durata e alla regolarità del soggiorno, alle ragioni dello stesso, ai rapporti instaurati nel nuovo paese, non potendo limitarsi alla semplice constatazione della residenza anagrafica (così anche il considerando 23). Si tratta sicuramente di una valutazione da effettuare caso per caso.

Una deroga a tale criterio, ammessa in via eccezionale, si ha nel paragrafo 2, dove è dichiarata applicabile la legge di uno Stato diverso da quello di residenza abituale, qualora risultino con esso collegamenti manifestamente più stretti (l’ipotesi viene ben esemplificata nei considerando 24 e 25).

È chiaro che un simile accertamento può risultare altamente complesso per il notaio.

 L’articolo 22 del Regolamento consente alla persona della cui successione si tratta di scegliere una legge diversa. La scelta non è totalmente libera, dovendo ricadere tra le seguenti:

  • legge dello Stato di cittadinanza (o una della più) al momento della scelta;
  • legge dello Stato di cittadinanza (o una delle più) al momento della morte.

La ratio è quella di consentire al testatore di conservare i vincoli culturali con il proprio paese, rendendo irrilevanti eventuali trasferimenti.

I criteri sono dunque invertiti rispetto a quanto previsto dalla Legge 218/1995.

La scelta deve avvenire in modo espresso, mediante dichiarazione resa nella forma di una disposizione a causa di morte o risultare in modo implicito, ma non equivoco, dalle clausole di tale disposizione: la forma della professio iuris è dunque, per il nostro ordinamento, una forma testamentaria, in quanto tale modificabile o revocabile, come affermato dallo stesso articolo 22.

Il risultato finale – secondo l’assetto delineato dagli articoli 22 e 23 – realizza l’effetto di rendere più semplice per il notaio la gestione di successioni di cittadini stranieri con residenza abituale in Italia e, per l’inverso, quello di complicare la gestione di successioni di cittadini italiani che siano trasferiti in altro Stato. Nei confronti di questi ultimi sarà sempre possibile proporre di effettuare una scelta espressa, a favore della legge italiana.

La scelta di legge potrebbe risultare sempre utile, qualora vi sia anche solo la probabilità di spostare la propria residenza abituale in un paese straniero e si desidera l’applicazione della legge del paese d’origine. Lo stesso si potrebbe dire nel caso in cui un soggetto sia in procinto di acquisire una nuova cittadinanza e abbia preferenza per la legge di quello Stato.

Rispetto al caso prospettato la successione di Tizio sarà regolata dalla legge italiana, fermo restando che al momento della morte sia ancora la sua residenza abituale, salva l’ipotesi di scelta di legge tedesca.

Dal punto di vista redazionale scrivere “Scelgo la legge del mio Stato di cittadinanza” potrebbe risultare ambiguo, per esempio nei casi in cui venga acquisita una doppia cittadinanza. Sembrerebbe, quindi, opportuno utilizzare una formula quale “Scelgo la legge tedesca, nel rispetto di quanto previsto dalle norme vigenti al momento di apertura della mia successione”: la disposizione sortirebbe l’effetto voluto qualora sia rispettato uno dei criteri indicati.

 

3. Patti successori

La vera novità per l’ordinamento italiano, che configura una sorta di stravolgimento per il nostro sistema, è rappresentata dal tema dei patti successori.

L’articolo 3 del Regolamento definisce il patto successorio come «l’accordo, anche derivante da testamenti reciproci, che conferisce, modifica o revoca, con o senza corrispettivo, diritti nella successione futura di una o più persone parti dell’accordo», e la disposizione a causa di morte come «un testamento, un testamento congiuntivo o un patto successorio»: il patto successorio è sostanzialmente considerato come un tipo di disposizione mortis causa, per la quale variano le regole di ammissibilità e validità in ciascuno Stato membro. Una disposizione solitamente caratterizzata dalla irrevocabilità, in quanto vincolata alla volontà di un altro soggetto e, pertanto, da una limitazione della libertà testamentaria.

Si badi bene che il Regolamento non vuole imporre ai paesi membri l’obbligo di introduzione e regolamentazione di questo strumento, non ne decreta validità.

Prende atto, piuttosto, che nei vari Stati membri la disciplina dei patti successori varia e si limita, dunque, ad indicare il criterio per l’individuazione della legge che ne regoli ammissibilità, validità sostanziale ed effetti vincolanti tra le parti.

Dalla lettura della definizione sorgono alcuni contrasti in dottrina:

  • un certo orientamento sostiene vi siano riconducibili sia i c.d. patti istitutivi (contratto mediante il quale il futuro de cuius dispone della sua successione a favore di un determinato soggetto), sia quelli c.d. dispositivi e rinunciativi (i patti nei quali soggetti diversi dal de cuius dispongono della futura successione di quest’ultimo, non ancora aperta);
  • secondo un orientamento più restrittivo, forse minoritario, sarebbero invece ricompresi nella nozione esclusivamente i patti istitutivi: dal tenore letterale della definizione è previsto quale elemento essenziale che sia parte del patto la persona della cui successione si tratta, cosa che non avverrebbe nel caso di patti dispositivi e rinunciativi.

La dottrina che interpreta estensivamente la questione supera facilmente la problematica, trattando quello esposto come un ostacolo meramente formale: nel caso di patto dispositivo o rinunciativo sarebbe sufficiente l’intervento nel contratto, anche per una semplice presa d’atto, dell’individuo della cui eredità si tratta.

Di sicuro dovrà trattarsi di negozi plurilaterali: una rinuncia unilaterale ad una determinata futura successione non potrebbe essere qualificata patto successorio ai sensi del Regolamento (un eventuale atto unilaterale sarebbe regolato dalla lex successionis e non dalla legge individuata ai sensi dell’articolo 25 per i patti successori).

L’articolo 25 dispone che la legge applicabile del patto sia da individuarsi in modo diverso a seconda che esso:

  • abbia ad oggetto la successione di una sola persona: l’ammissibilità, la validità sostanziale e gli effetti vincolanti tra le parti sono regolati da quella che sarebbe stata la lex successionis (come individuata dal regolamento) se il de cuius fosse deceduto il giorno di conclusione del patto (quindi dalla legge di residenza abituale ovvero dalla legge scelta al momento di conclusione del patto – considerando 51);
  • abbia ad oggetto la successione di più persone: l’ammissibilità si ha solo qualora il patto successorio sia ammissibile per la lex successionis (come al punto sopra individuata) di ciascun partecipante al patto.

L’ampio favore nei confronti del patto successorio è rilevabile dal paragrafo 3 della norma, di rilevante interesse anche pratico, in forza del quale le parti possono, derogando a quanto appena esposto, stabilire che il patto sia regolato dalla legge che anche uno solo dei partecipanti avrebbe potuto scegliere ai sensi dell’articolo 22.

La disposizione è di estrema rilevanza se si pensa a quanto può essere determinante nel caso in cui partecipi al patto un soggetto la cui legge applicabile lo vieti fermamente.

La legge individuata per disciplinare il patto successorio è applicabile esclusivamente alla valutazione di ammissibilità, validità ed efficacia del patto successorio, ma non all’intera successione, per cui tutti gli altri aspetti della successione volontaria (quota disponibile, quota di legittima, collazione, riduzione) rimangono sottoposti alla lex successionis.

Pare ora opportuno chiedersi fino a che punto il nostro ordinamento deve accettare istituti non conformi alla nostra tradizione e in quale momento può, invece, decidere di disapplicare norme del Regolamento. A tale riguardo si deve fare riferimento all’articolo 35, in forza del quale “L’applicazione di una disposizione della legge di uno Stato designato dal presente regolamento, può essere esclusa solo qualora tale applicazione risulti manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico” del foro dell’autorità che si occupa della successione.

Parte della dottrina comunitaria, in via generale, ammette che la violazione del divieto di patto successorio possa essere considerata operazione contrastante con l’ordine pubblico interno di uno Stato membro e ne giustifica, in questo caso, la disapplicazione. Una tale valutazione deve essere effettuata caso per caso e, in Italia, sembra che ormai la dottrina non tratti il divieto di patto successorio come principio di ordine pubblico.

Ciò per due ordini di ragioni:

  • a livello comunitario, il Regolamento limita fortemente il concetto di ordine pubblico interno, la cui violazione emergerebbe, infatti, solo nell’ipotesi di manifesta incompatibilità: l’operatore può disapplicare “in circostante eccezionali” determinate disposizioni di una legge straniera se “manifestamente incompatibili” con l’ordine pubblico dello Stato membro che si occupa della successione, senza però che sia ad esso consentito disapplicare disposizioni straniere in modo discriminatorio (considerando 58);
  • dal punto di vista del diritto interno, gli orientamenti sempre più diffusi della dottrina sembrano escludere che il divieto di patti successori sia da trattare come principio di ordine pubblico. Ciò sulla base di due argomenti: l’Unione Europea, come unione di diritti, di spazi e di moneta, dovrebbe rendere concepibile per il nostro ordinamento l’accettazione di istituti che altri ordinamenti ritengono pienamente leciti, tanto da essere tutelati dallo stesso Regolamento; inoltre, e soprattutto, il nostro sistema ha già superato il dogma dei patti successori con l’introduzione del patto di famiglia nel 2006, che si comporta come espressa deroga al divieto.

Rispetto al caso prospettato, seguendo l’orientamento per cui il divieto di patto successorio non sia principio di ordine pubblico, sarà possibile ricevere in Italia un contratto in forza del quale Tizio disponga della sua successione a favore di Filano. Il patto deve prevedere la scelta di legge tedesca per la sua regolamentazione (la quale attualmente ammette esclusivamente il patto successorio c.d. istitutivo), che dovrà essere rispettata in tutti gli aspetti di disciplina del patto stesso.

4. Disposizioni a causa di morte diverse dai patti successori

L’articolo 24 stabilisce la legge applicabile all’ammissibilità e alla validità sostanziale delle disposizioni a causa di morte diverse dai patti successori. Tra queste rientrano il testamento e il testamento congiuntivo, nel nostro ordinamento fermamente vietato dall’articolo 589 del Codice Civile.

La disciplina ricalca quella prevista in tema di patto successorio, per cui si identifica la legge con gli stessi criteri di cui sopra, determinabili in riferimento al momento in cui è stata resa la disposizione.

Il legislatore comunitario stabilisce quindi l’applicazione di una legge che può risultare (ma non necessariamente) diversa da quella che sarà la lex successionis, perseguendo un generale principio di favor testamenti.

Gli articoli 26 e 27 si occupano poi di analizzare gli aspetti relativi alla validità sostanziale e alla validità formale delle disposizioni.

Rispetto al caso prospettato le disposizioni a causa di morte rese da Tizio nel luglio del 2018, quanto ad ammissibilità e a validità sostanziale, sono regolate dalla legge italiana (legge di residenza abituale), salva l’ipotesi in cui sia scelta la legge tedesca.

5. La tutela dei legittimari

La lex successionis, ai sensi dell’articolo 23, regola, tra le altre cose, «la quota disponibile, le quote di legittima e altre restrizioni alla libertà di disporre a causa di morte nonché gli eventuali diritti che le persone vicine al defunto possono vantare nei confronti dell’eredità o degli eredi».

La tutela della legittima è argomento di forte contrasto tra i paesi dell’Unione: i paesi di common law ritengono la piena libertà di disporre un principio essenziale; mentre, per tradizione, i paesi di civil law sono più attaccati al principio della riserva.

Ci si chiede, dunque, se sia compatibile con l’ordinamento italiano la scelta di una legge applicabile che violi le norme sulla tutela dei legittimari.

La disapplicazione di una disposizione di una legge straniera, come visto sopra, è ammessa solo qualora vi sia manifesta incompatibilità con l’ordine pubblico: la tutela dei legittimari rientra nel concetto di ordine pubblico?

Un orientamento giurisprudenziale ha ritenuto che la disciplina della legittima sia da considerarsi estranea ai princìpi di ordine pubblico. La Cassazione afferma ciò con la pronuncia n. 5832 del 1996, argomentando la posizione sulla base del fatto che essa non è prevista all’art. 42 della Costituzione e che, pertanto, sarebbe una disciplina modificabile o addirittura eliminabile dal legislatore ordinario.

A sostegno di tale posizione la dottrina apporta un ulteriore argomento: la Legge 218/1995 prevedeva la tutela dei diritti di legittima come norma di applicazione necessaria (il Regolamento nulla dispone) e, soprattutto, ne concedeva la disapplicazione per l’ipotesi di cittadini italiani e di eredi residenti all’estero (confermando che il nostro ordinamento concepisse la “lesione” di tale principio).

Sul punto rimane in ogni caso interessante il considerando 37 che, nell’ammettere la facoltà di scelta di legge, sostiene che essa debba garantire un collegamento con il defunto anche al fine «di evitare che una legge sia scelta nell’intento di frustrare le aspettative legittime di persone aventi diritto ad una quota di legittima».

Si precisa, infine, che il considerando 50 afferma che la legge che disciplina le disposizioni a causa di morte o il patto successorio non dovrebbe pregiudicare i diritti riservati ai legittimari in forza della lex successionis: sicuramente quanto riportato vale come orientamento di massima, ma è pronto a soccombere qualora si ritenga superato dal contenuto di uno degli articoli, in quanto il considerando non ha di per sé effetti dispositivi.

Rispetto al caso prospettato la tutela dei legittimari, e precisamente della moglie Caia, sarà da valutarsi secondo la lex successionis (legge di residenza o cittadinanza per il caso di scelta), sempre trattando in modo delicato le ipotesi in cui la modifica di residenza sia volta appositamente a frustrare tali diritti.

 

6. Immobili

 Sembra opportuno spendere due parole riguardo al tema degli immobili caduti in successione e delle relative formalità pubblicitarie.

Tra le materie escluse dall’ambito di applicazione del Regolamento rientra «qualsiasi iscrizione in un registro di diritti su beni mobili o immobili, compresi i requisiti legali relativi a tale iscrizione, e gli effetti dell’iscrizione o della mancata iscrizione di tali diritti in un registro».

Quanto ai beni immobili:

  • la lex successionis regola il trasferimento dei beni ad eredi e legatari (salve alcune ipotesi eccezionali di beni soggetti a disciplina speciale – articolo 30);
  • la c.d. lex rei sitae (legge del luogo in cui è situato il bene e dove sono tenuti i registri) disciplina tutti gli aspetti relativi alle formalità pubblicitarie – considerando 18.

Rispetto al caso prospettato l’acquisto dell’immobile sito in Italia sarà da pubblicizzarsi nei Registri Immobiliari secondo la legge italiana.

 

 

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Il Regolamento UE n. 650 del 2012 e la legge applicabile alla successione. ultima modifica: 2018-10-12T10:26:54+02:00 da Redazione Federnotizie
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