In un momento così difficile per la categoria, viene da chiedersi cosa ci si aspetta dal nostro CNN, ma più in generale a cosa serva la politica del notariato oggi e come vorremmo che fosse.
E’ innegabile che abbiamo assistito all’esaurimento di un certo modo di “fare” e di “pensare” la politica del notariato; abbiamo assistito all’esaurimento di quelle categorie concettuali che fino ad un certo punto avevano funzionato o almeno ci avevano dato l’impressione di fare presa sulla realtà.
Negli ultimi anni i tradizionali quadri politici (spesso connaturati alla cosidetta governance da corridoio) hanno mostrato sempre più la propria debolezza e hanno generato nella base un diffuso sentimento di disorientamento unito alla difficoltà di comprensione di ciò che stava realmente accadendo.
D’altro canto crediamo che la politica del notariato da tempo sia travagliata da profonde cause che ne inducono la trasformazione.
Se osserviamo la rete di sottrazione di competenze che hanno segnato in modo strutturale la professione notarile negli ultimi anni a partire dalle autentiche delle vendite auto (attribuite alla competenza di Comuni e ACI), seguite a ruota dalle cancellazioni di ipoteca (attribuite alla competenza delle banche), fino ad arrivare alle cessioni di quote (delegate anche ai commercialisti), alle reti di impresa e oggi alle start up innovative (costituibili con modalità digitale), facciamo fatica a individuare un disegno unitario.
Da questi eventi sono passati gli scossoni che hanno più volte nel corso degli anni terremotato la nostra stabilità governativa interna.
Proprio da questi scossoni i nostri vertici avrebbero dovuto imparare fin da subito che i vecchi schemi politici improntati alla mediazione, alla linea morbida e alla politica di corridoio andavano abbandonati perché il mondo si stava muovendo in una direzione diversa.
A fronte di questa mancanza di cambiamento, in questi spazi completamente desaturati dalla crisi sono emersi, sempre più prepotenti, i tumulti.
Nel II canto dell’Iliade, Odisseo, in un momento di crisi dell’autorità militare, ribadisce con accenti sprezzanti l’autorità dell’Uno: uno sia il capo, uno il re, non è bene che i molti comandino, e soprattutto che non si azzardi a prendere la parola chi non conta nulla in guerra e nel Consiglio.
A seguito degli emersi tumulti, il nostro CNN (nell’ottica di un iniziale nuovo dialogo) ha interpellato la base responsabilizzandola e invitandola a seguire la propria autorità e una strategia unitaria condivisa. E la categoria ha seguito.
Di fronte alla nuova sconfitta, noi crediamo però che oggi sia giunto il momento di accantonare il vecchio modus operandi per definirne uno nuovo, che non costituisca in alcun modo la ripetizione o la riproposizione degli schemi del passato.
La manifestazione del dissenso non è devianza genetica (come sostenevano gli esperti americani degli anni ’60), ma è l’essenza della politica e della democrazia stessa; oggi, più che in qualunque altro momento, il dissenso diventa il concreto indicatore della presenza di due mondi che si stanno scindendo: i vertici di governo e la base.
Oggi la categoria rivendica il proprio diritto alla protesta e al tumulto, alla linea dura e alla lotta per i diritti propri e la tutela della cittadinanza.
A fronte di tali istanze, una politica del notariato che non risponderà in tempi brevi in modo incisivo, diventerà inevitabilmente deludente, non rappresentativa e a poco a poco si renderà superflua autorizzando in tal modo i singoli a farne a meno, con licenza di insorgere e di muoversi liberamente.
E’ evidente che ogni tipo di iniziativa dovrà essere coordinata, imponente, seria e seguita da tutti perché qualunque azione che non riuscirà a rendersi visibile in forme forti al Governo porrà un problema che avrà molto a che fare con la fine della politica e forse del notariato stesso.
Da ciò un appello all’unità nella lotta: non dividiamoci, ma Voi non divideteci con una azione politica scarsamente incisiva, attenta più agli instabili equilibri governativi che alla tutela dei diritti di categoria.
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