I piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR)

Con la legge di bilancio 2017 (legge n. 232/2016), sulla scia del successo avuto in altri paesi, come gli Usa, il Giappone, la Francia e la Gran Bretagna) sono stati introdotti anche in Italia i c.d. PIR (piani individuali di risparmio a lungo termine), con lo scopo di attrarre i risparmi delle persone fisiche verso l’economia “reale” del paese, soprattutto verso le piccole e medie imprese.

di Alessandra Bortesi notaio

A un anno dalla loro introduzione – stando a quanto riportato anche da una notizia ANSA del 9 febbraio – è stato registrato un grande successo anche nel nostro Paese, con la raccolta di circa 11 miliardi di euro.

I PIR non sono altro che dei contenitori di investimenti definiti dal legislatore “qualificati” che beneficiano, al ricorrere di tutte le condizioni di legge, della totale esenzione dalle imposte sui redditi e dall’imposta di successione.

Originariamente riservati alle sole persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, che non agiscono nell’esercizio di impresa commerciale, con D.L. n. 50/2017, (convertito in Legge n. 96/2017) sono stati estesi anche agli enti di previdenza obbligatoria e alle forme di previdenza completare.

Il PIR si costituisce destinando una determinata somma o valore, per un periodo minimo di 5 anni, ai cosiddetti “investimenti qualificati” di cui al comma 102 dell’art. 1 della legge 232/2016.

La legge prevede due limiti massimi all’investimento:

1) annuale, di 30.000 euro,

2) complessivo, avuto riguardo all’intera durata del piano, di 150.000 euro.

Non è necessario effettuare investimenti ogni anno di durata del piano, l’importante è che le somme investite non siano superiori a 30.000,00 euro annui e che sia in ogni caso rispettato il tetto massimo complessivo delle 150.000,00 euro.

Per costituire un Piano Individuale di Risparmio possono essere utilizzati molteplici strumenti giuridici, che vanno dai fondi comuni alle polizze vita.

Può essere aperto, ad esempio, un rapporto di custodia, di amministrazione titoli, di gestione di portafogli o altro stabile rapporto con esercizio dell’opzione per l’applicazione del regime del risparmio amministrato, di cui all’articolo 6 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

Può essere stipulato un contratto di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione; possono essere sottoscritte (ai sensi del comma 104 dell’art. 1 della legge 232/2016), quote o azioni di un Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR), qualora lo stesso sia “PIR conforme”.

Il PIR può essere costituito avvalendosi:

– di intermediari abilitati all’applicazione del regime fiscale del risparmio amministrato, con delega pertanto agli stessi, quali sostituti d’imposta, degli adempimenti fiscali, tra cui il pagamento dell’eventuale imposta sostitutiva sulle plusvalenze per il caso di decadenza dal beneficio fiscale dell’esenzione,

– di imprese di assicurazione residenti o operanti in Italia tramite una stabile organizzazione o in regime di libera prestazione di servizi con nomina di un rappresentante fiscale in Italia.

Affinchè il PIR goda delle esenzioni è necessario che siano osservati determinati “vincoli di investimento”.

Deve trattarsi in primo luogo di “investimenti qualificati”, il che si verifica qualora  almeno il 70% dei capitali destinati al PIR siano investiti – a norma del comma 102 sopra richiamato – in strumenti finanziari emessi o stipulati con imprese italiane o europee (appartenenti all’UE o aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo) aventi stabile organizzazione in Italia, che svolgano attività diverse da quella immobiliare.

Di questo 70%, il 30% (che equivale al 21% del valore complessivo degli investimenti del piano) deve essere investito in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice MIB della Borsa Italiana, o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati europei, e pertanto in azioni, obbligazioni o altri strumenti finanziari emessi da imprese di dimensioni minori (le c.d. PMI).

Sono considerati “investimenti qualificati” – come sopra anticipato – anche le quote o azioni di un Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR), qualora possa definirsi “PIR conforme”, ovvero qualora l’attivo dell’OICR sia investito rispettando le percentuali previste dal citato comma 102 dell’art. 1 della legge 232/2016.

Il piano non deve necessariamente contenere esclusivamente investimenti qualificati, poichè per la restante parte del 30% puo’ essere composto anche da “investimenti non qualificati”, quali ad esempio, strumenti finanziari di imprese non radicate in Italia,  strumenti finanziari di imprese che svolgano attività immobiliare, titoli di stato o  liquidità, purche’ quest’ultima non ecceda il 10% del valore complessivo degli investimenti ricompresi nel piano.

Il “divieto di concentrazione” impone poi che non più del 10% del portafoglio possa essere destinato a strumenti finanziari dello stesso emittente o stipulati con la stessa controparte o con altra società appartenente al medesimo gruppo dell’emittente o della controparte.

Non possono concorrere a formare un PIR esente, neppure entro la percentuale “non qualificata” del 30%, taluni strumenti finanziari quali:

a) le partecipazioni sociali qualificate ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. C del TUIR,

b) gli strumenti finanziari i cui redditi concorrono a formare il reddito complessivo imponibile e

c) gli strumenti finanziari, anche se negoziati in mercati regolamentati, emessi o stipulati con soggetti residenti in paesi diversi da quelli indicati nelle c.d. “white-list”.

Gli importanti sgravi fiscali, consistenti nella completa esenzione dalle imposte sui redditi e dalle imposte di successione, sono subordinati al possesso del piano per un periodo minimo – c.d. holding period – di 5 anni.

Il PIR è peraltro uno strumento flessibile in quanto consente il disinvestimento degli strumenti finanziari in esso contenuti, purchè il ricavato venga reinvestito in nuovi strumenti finanziari qualificati entro il termine di 90 giorni, termine così elevato dagli originari 30 giorni, a seguito della modifica apportata dall’art. 57 comma 2 lett. e) del citato D.L. n. 50/2017.

Il periodo di 90 giorni entro cui effettuare il reinvestimento si somma al periodo quinquennale, cosicchè il decorso del termine quinquennale rimane sospeso durante detto periodo.

Nel caso di mancato reinvestimento nei termini, ai sensi del comma 106 dell’art. 1 della legge n. 232/2016, i redditi realizzati attraverso la cessione e quelli percepiti durante il periodo di investimento del piano sono soggetti all’imposizione fiscale ordinaria, maggiorata degli interessi, senza che tuttavia ciò comporti l’applicazione di sanzioni.

Ricordiamo infine che ciascuna persona fisica può essere titolare di un unico PIR e che lo stesso non può essere cointestato con altre persone.

Nessuna preclusione opera invece con riguardo all’età dell’investitore, sicchè si ritiene che il PIR possa essere detenuto anche da persona minore d’età.

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I piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR) ultima modifica: 2018-03-19T18:13:01+01:00 da Redazione Federnotizie
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