La prima novità introdotta dal codice della crisi consiste nella previsione di misure e procedure volte a rilevare immediatamente lo stato di crisi e ad individuare una soluzione da attuare, eventualmente concordata con i creditori.
Lo scopo è quello di impedire che la situazione di difficoltà economica peggiori, divenendo incontrollabile, e di riportare nuovamente il debitore in una situazione di stabilità finanziaria.[1]
È possibile distinguere due differenti fasi, le quali possono – ma non necessariamente – susseguirsi l’una all’altra:
- la prima fase è connotata dall’attività di allerta in senso stretto, basata sull’adempimento dell’obbligo di allerta e di segnalazione al debitore gravante sui soggetti indicati dalla normativa (strumenti di allerta);
- la seconda fase è caratterizzata dallo svolgimento di una vera e propria procedura di composizione assistita della crisi di natura non giudiziale innanzi a specifici organismi.
Gli strumenti di allerta e la procedura di composizione si applicano a tutte le imprese, escluse le grandi imprese, i gruppi di imprese di rilevanti dimensioni, le società con azioni quotate in mercati regolamentati o in sistemi multilaterali di negoziazione o diffuse tra il pubblico in misura rilevante, le imprese bancarie, le assicurazioni e le altre società indicate dall’art. 12, comma 5, del c.c.i.i.[2]
1. Gli strumenti di allerta
Ai sensi dell’art.12 c.c.i.i., gli obblighi di allerta gravano su soggetti interni ed esterni all’impresa stessa: da un lato, gli organi di controllo societari e i revisori, dall’altro lato, i creditori pubblici qualificati (Agenzia delle Entrate, INPS, Agente della Riscossione) sono tenuti a segnalare all’imprenditore le criticità finanziarie dell’impresa.
In particolare, gli organi di controllo societari e i revisori devono verificare che l’organo amministrativo valuti costantemente l’adeguatezza dell’assetto organizzativo dell’impresa, la sussistenza dell’equilibrio economico finanziario e il prevedibile andamento della gestione e, quando vi sono fondati indizi di crisi, sono tenuti ad informare l’organo amministrativo medesimo di tale situazione.
La segnalazione deve essere motivata e deve concedere un termine non superiore a trenta giorni entro il quale l’organo amministrativo deve a sua volta comunicare le soluzioni adottate per far fronte alla crisi.[3]
L’obbligo di segnalazione a carico degli organi interni si pone, dunque, in una posizione speculare rispetto all’obbligo organizzativo, introdotto dall’art.3 dello stesso codice della crisi, gravante sull’imprenditore (individuale e collettivo) di adottare misure idonee o un assetto organizzativo adeguato ai sensi dell’art.2086 c.c., al fine di rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere le iniziative necessarie.
In caso di omessa o inadeguata risposta o mancata adozione delle misure necessarie per superare lo stato di crisi nei termini previsti, gli organi di controllo interni devono informare l’Organismo di Composizione della Crisi di Impresa (OCRI), istituito presso la Camera di Commercio nel cui ambito territoriale si trova la sede legale dell’impresa, fornendo ogni utile elemento per le relative determinazioni.
Ai sensi dell’art.15 c.c.i.i., invece, i creditori pubblici qualificati[4] effettuano la segnalazione al debitore solo se vengono superate determinate soglie di indebitamento, indicate al secondo comma del medesimo articolo, e concedono al debitore un termine di novanta giorni per, alternativamente, estinguere il debito e regolarizzare la propria posizione, presentare istanza di composizione assistita della crisi o di accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza.[5]
Nel caso in cui l’impresa non abbia effettuato alcuna scelta, i creditori pubblici qualificati dovranno segnalare la situazione all’OCRI.
Ricevuta la segnalazione dagli organi di controllo interni ed esterni o l’istanza del debitore, il referente dell’OCRI dà comunicazione della segnalazione agli organi di controllo della società[6] ed entro quindici giorni dalla ricezione della segnalazione o dell’istanza, l’OCRI convoca dinanzi al collegio il debitore (o i componenti degli organi di controllo in caso di società) per l’audizione.[7]
Dopo l’audizione, il collegio, se ritiene non sussistente la crisi o se la segnalazione riguarda un imprenditore al quale non si applicano gli strumenti di allerta, dispone l’archiviazione. Se, invece, rileva l’esistenza della crisi, individua con il debitore le possibili misure per porvi rimedio e fissa un termine per l’attuazione. Se il debitore nei termini indicati non assume alcuna iniziativa, il collegio, tramite il referente, informa gli autori delle segnalazioni.
2. La procedura di composizione assistita
All’esito dell’audizione (ma anche prima e a prescindere dalla stessa), il debitore può decidere di presentare istanza per il procedimento di composizione assistita della crisi.
Si tratta di una procedura attivabile dal solo debitore, che si distingue nettamente dagli strumenti di allerta.
Difatti mentre gli strumenti di allerta sono finalizzati a far emergere tempestivamente lo stato di crisi dell’impresa, ricercando, con l’ausilio degli organi di controllo o dello stesso OCRI e senza coinvolgere i creditori, una soluzione mediante l’adozione di misure riorganizzative dell’attività imprenditoriale, la composizione assistita della crisi è, invece, finalizzata a ricercare una soluzione, più incisiva della riorganizzazione interna, mediante una trattativa con i creditori, favorita dall’intervento dell’OCRI, che si pone come un mediatore tra le parti.[8]
Ricevuta la richiesta dal debitore, il collegio dell’OCRI fissa un termine non superiore a 90 giorni per il raggiungimento di un accordo con i creditori.[9]
L’accordo con i creditori deve avere forma scritta, è depositato presso l’OCRI e non è estensibile a soggetti diversi da quelli che lo hanno sottoscritto.
Esso produce gli stessi effetti degli accordi di esecuzione del piano attestato di risanamento ed è, quindi, esente dalla revocatoria in caso di successiva liquidazione giudiziale.
Su richiesta del debitore e con il consenso dei creditori, l’accordo può essere iscritto nel Registro delle Imprese.[10]
La norma non prevede che l’accordo venga redatto in forma autentica o nella forma dell’atto pubblico. Tuttavia potrebbe essere richiesto l’intervento notarile per l’autentica delle sottoscrizione, ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. 7 dicembre 1995 n.581, ai fini dell’iscrizione facoltativa.
Se non viene raggiunto l’accordo nel termine di novanta giorni e permane lo stato di crisi[11], il collegio invita il debitore a presentare istanza per un procedimento di regolazione della crisi o dell’insolvenza nel termine di trenta giorni.[12]
La procedura di composizione assistita ha, quindi, come obiettivo primario quello di individuare una soluzione stragiudiziale concordata tra debitore e creditori, ma potrebbe concludersi, in assenza di accordo, con l’accesso alla procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza.[13]
È discusso se presupposto oggettivo della procedura di composizione assistita sia esclusivamente lo stato di crisi oppure se detta procedura sia attivabile anche in caso di insolvenza.
Parte della dottrina[14] ritiene che, nonostante il procedimento in questione sia definito dal legislatore come “procedimento di composizione della crisi”, non vi sia motivo per escludere il ricorso a tale procedura da parte dell’impresa insolvente. A favore di questa interpretazione depone l’art.21 c.c.i.i., il quale, nel sancire, nell’ipotesi di mancato accordo, l’obbligo del debitore di richiedere l’accesso ad una delle procedure di regolazione, tra le quali è compreso anche il fallimento, lascia intendere che anche il debitore insolvente possa essere soggetto di una procedura assistita.
Altra parte della dottrina[15], invece, ritiene che la procedura sia applicabile soltanto in presenza di una situazione di crisi, distinguendo così i presupposti di applicazione degli strumenti di composizione della crisi, riservati ai debitori in crisi, da quelli di regolazione, attivabili sia per i debitori in crisi sia per quelli in stato di insolvenza.
3. Le misure protettive
Durante il procedimento di composizione assistita, il debitore può richiedere al Tribunale, Sezione Specializzata delle Imprese, l’adozione di misure protettive necessarie per il buon esito delle trattative. Tali misure hanno carattere inibitorio e sono volte ad impedire ai creditori di intraprendere azioni esecutive o cautelari sul patrimonio del debitore.
A tutela delle ragioni dei creditori, tuttavia, il legislatore prescrive per esse una durata massima, pari a tre mesi, salvo ulteriore proroga di 90 giorni esclusivamente nel caso in cui siano stati compiuti significativi progressi nelle trattative, tali da rendere probabile il raggiungimento dell’accordo.
Inoltre, durante il procedimento e fino alla sua conclusione, il debitore può chiedere al Tribunale la disapplicazione delle norme del codice civile in tema di riduzione del capitale, poste a salvaguardia dell’integrità e della esatta rappresentazione del capitale sociale.
In particolare, sul presupposto che gli obblighi di ricapitalizzazione e lo scioglimento della società per la perdita del capitale potrebbero pregiudicare la conclusione di soluzioni concordate, è concessa al debitore la continuazione dell’attività imprenditoriale, nel corso della procedura assistita, pur quando la perdita del capitale imporrebbe una scelta tra ricapitalizzazione e trasformazione o determinerebbe lo scioglimento della società.
L’art. 20 c.c.i.i. quindi statuisce che il giudice competente possa disporre:
- il differimento degli obblighi di riduzione del capitale sociale, nel caso di perdite superiori al terzo o che abbiano ridotto il capitale al di sotto del minimo legale (art. 2446, comma 2 e 3 c.c., art.2447 c.c., art. 2482 bis, comma 4, 5 e 6, c.c. e 2482 ter c.c.);
- la non operatività della causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale (art.2484, comma 1,c.c. e art. 2545 duodecies c.c.)[16].
Tale provvedimento deve essere pubblicato nel Registro delle Imprese, su istanza del debitore.
4. Gli effetti degli strumenti di allerta e della procedura
L’avvio del procedimento di composizione assistita non determina alcuna variazione nella sfera dei diritti patrimoniali del debitore e alcun mutamento nel rapporto con i creditori e con i terzi.
Il debitore continua a conservare il potere di gestione dei suoi beni e dell’impresa.
I creditori hanno diritto di essere soddisfatti integralmente alla scadenza convenuta, salva diversa pattuizione contenuta nell’accordo all’esito della procedura, e possono esercitare o proseguire le azioni esecutive e cautelari nei confronti del debitore inadempiente, salva l’adozione delle misure protettive di cui all’art. 20 c.c.i.i.
Al fine di garantire la prosecuzione dell’attività imprenditoriale, il legislatore ha altresì previsto che l’attivazione della procedura di allerta o di composizione della crisi non costituisce causa di risoluzione dei contratti pendenti, anche se stipulati con la Pubblica Amministrazione, né di revoca di affidamenti fiduciari ed è nulla ogni pattuizione contraria.
Note
[1] Buta G.M., Gli obblighi di segnalazione degli organi di controllo e del revisore nell’allerta sulla crisi d’impresa, in Nuove leg. civ. comm., 5, 2019, p.1177; De Acutis M., Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019 n.14), in Studium Iuris, 7-8, 2019, p.846; Bassi A., I presupposti delle procedure concorsuali nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Giur. it., 8, 2019, p.1949; Inzitari B., Crisi, insolvenza, insolvenza prospettica, allerta: nuovi confini della diligenza del debitore, obblighi di segnalazione e sistema sanzionatorio nel quadro delle misure di prevenzione e risoluzione, in Contr. impr., 2, 2020, p.618.
[2] Gli strumenti di allerta si applicano anche alle imprese agricole e alle imprese minori, ma la successiva fase di composizione assistita è di competenza dell’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC).
[3] La tempestiva segnalazione all’organo amministrativo consente di escludere la responsabilità solidale degli organi di controllo interni per le conseguenze pregiudizievoli derivanti dalle omissioni o dalle azioni poste in essere successivamente dall’organo amministrativo, che non siano diretta conseguenza delle decisioni assunte prima della segnalazione.
[4] Il mancato adempimento dell’obbligo di segnalazione comporta, per l’Agenzia delle Entrate e dell’INPS, l’inefficacia del titolo di prelazione spettante sui crediti; mentre, per l’Agente della Riscossione, l’inopponibilità del credito per spese ed oneri di riscossione.
[5] Nei confronti dell’AE è sufficiente essere in regola con il pagamento rateale del debito previsto dal d.lgs. 462/1997
[6] Nel caso in cui la segnalazione riguardi un’impresa minore o agricola, il referente procede alla convocazione del debitore avanti all’Organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento (OCC) competente per territorio.
[7] L’art.18 c.c.i.i. richiede che la convocazione e l’audizione si svolgano in via riservata e confidenziale, affinché non si diffondano inutili allarmismi che potrebbero pregiudicare l’immagine commerciale dell’impresa e la sua possibilità di accedere ulteriormente al credito: Tagnani S.B.- Carloni M., Obblighi di segnalazione degli organi di controllo societarie delle banche nel nuovo CCII, in Le Società, 7, 2020, p.856
[8] La soluzione potrebbe consistere nella ristrutturazione del debito, la quale infatti, richiede il consenso dei creditori: Nisivoccia N., La composizione assistita della crisi, in www.ilfallimentarista.it, 2020.
[9] Il collegio richiede, quindi, al debitore tutti i documenti necessari, quali la relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa e l’elenco dei creditori e dei titolari di diritti reali o personali, con specificazione dei relativi crediti e cause di prelazione.
[10] L’iscrizione è facoltativa. Mentre il consenso del debitore è richiesto affinché il debitore possa scegliere se conservare la riservatezza dell’accordo o meno, non si comprende, invece, la ragione per cui è richiesto il consenso dei creditori e, dunque, perché i creditori possano opporsi all’iscrizione.
[11] È necessaria la permanenza dello stato di crisi, perché potrebbe anche verificarsi che, a prescindere dall’accordo, lo stesso sia venuto meno: Nisivoccia N., La composizione assistita della crisi, in www.ilfallimentarista.it, 2020
[12] Dell’esito negativo del procedimento, l’OCRI dà notizia ai soggetti obbligati alla segnalazione che non vi abbiano partecipato.
Se il debitore non compare in audizione o non attiva la procedura di composizione assistita, in caso di mancata archiviazione da parte del collegio, o, all’esito delle trattative non richiede l’apertura della procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza, ed è evidente lo stato di insolvenza, sarà il PM, su segnalazione del referente, a presentare il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale.
[13] Vattermoli D., Il procedimento di composizione assistita della crisi e l’OCRI, in Il fall., 7, 2020, p.894: “L’esito definibile fisiologico del procedimento di composizione assistita della crisi è rappresentato, alternativamente, dal perfezionamento di un accordo extragiudiziale o dall’accesso ad una procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza, compresa la liquidazione giudiziale. Quest’ultima non è certo l’epilogo avuto in mente da legislatore, come attestato dall’art. 19, comma 1, che indica come obiettivo […] la ricerca di una soluzione concordata della crisi d’impresa”.
[14] De Acutis M., Il codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (d.lgs. 12 gennaio 2019 n.14), in Studium Iuris, 7-8, 2019, p.846.
[15] Bonfante G., Le misure di allerta, in Giur. it., 8, 2019, p.1974; Sega D., Allerta e prevenzione: nuovi paradigmi della crisi di impresa, in Nuova giur. civ. comm., 5, 2019, p.1105.
[16] Non è questo l’unico caso in cui il legislatore ha previsto la non applicazione delle norme del codice civile poste a salvaguardia del capitale sociale nelle ipotesi di perdite superiori al terzo.
Già l’art. 182 sexies l.f., al fine di favorire il ricorso alla procedura concordataria, escludeva l’applicazione degli artt. 2446, comma 2 e 3 c.c., 2447 c.c., 2482 bis, comma 4, 5 e 6, c.c. e 2482 ter c.c. “dalla data del deposito della domanda per l’ammissione al concordato preventivo, della domanda per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione […] ovvero della proposta di accordo […] e sino all’omologazione” (disposizioni trasfuse negli artt. 64 e 89 c.c.i.i.).
Anche la legge di bilancio 2021 ripropone la disapplicazione di tali meccanismi, già introdotti dal decreto liquidità 8 aprile 2020 n.23, quale strumento per fronteggiare le criticità economico-patrimoniali emerse nel contesto emergenziale causato dal COVID (vedi Legge di bilancio 2021 – Perdite del capitale: “Ricapitalizza o liquida” quo vadis?).
AUTORE

Notaio in San Martino in Rio (Reggio-Emilia). Nell’aprile 2010 si laurea con lode presso la Luiss “Guido Carli”. Già avvocato del Foro di Roma, supera il concorso notarile indetto con D.M. 26 settembre 2014. E’ dottoranda di ricerca in Diritto e Impresa presso la Luiss “Guido Carli” nonché cultrice della materia di Diritto Commerciale nella medesima Università. Visiting researcher presso l’Università Ruprecht Karl di Heidelberg.