Per la seconda volta, un Tribunale si pronuncia sul controverso tema della rinunzia all’azione di restituzione verso i terzi aventi causa dal donatario, vivente il donante.
In piena condivisione alle motivazioni di cui al decreto n. 2298 del Tribunale di Torino del 26 settembre 2014, il Tribunale di Pescara con decreto del 25 maggio 2017 n. 250 ha così statuito:
- “la rinunzia all’azione di restituzione ai sensi dell’art. 563 c.c. è sicuramente possibile, in quanto azione del tutto diversa e distinta dall’azione di riduzione ex artt. 553 e segg. c.c. (non rinunziabile ai sensi dell’art. 557, co. 2, c.c.), in assenza di espresso divieto ed anzi legislativamente ritenuta, per via implicita, rinunciabile con l’introduzione (novella 80/2005), nell’ambito del disposto del primo comma dell’articolo in esame, del limite temporale di esercizio del ventennio dalla trascrizione della donazione”;
- “tale rinunzia all’azione ex art. 563 c.c. non può neppure essere assimilata ad un patto successorio dispositivo, rinunciativo, nullo ex art. 458 c.c., visto che con la donazione il bene è fuoriuscito dal patrimonio del donante, futuro de cuius, prima del suo decesso e conseguente apertura della successione”
- “pur non potendo ipotizzarsi una autonoma trascrizione della rinunzia non prevista dal codice civile, è da considerare tuttavia possibile l’annotazione della stessa, a titolo informativo, a margine della donazione, visto che non solo una tale annotazione non è in grado di nuocere ai terzi, ma al contrario può favorire da parte degli stessi l’acquisizione di tutte le notizie veritiere ed utili al riguardo”.
Nella fattispecie de qua, il Conservatore dei Registri Immobiliari competente rifiuta ex Art. 2674 c.c. l’annotamento, a margine di due atti di donazione (il primo della nuda proprietà, il secondo dell’usufrutto), di un atto di rinuncia all’azione di restituzione da parte di legittimario, adducendo la tassatività delle trascrizioni e dei relativi annotamenti, la dubbia legittimità della rinuncia all’azione di restituzione ed, infine, l’imprevedibilità degli effetti nei confronti dei terzi.
Mentre nella fattispecie, oggetto del provvedimento del Tribunale di Torino, il Conservatore aveva rifiutato la trascrizione di un atto di rinuncia sulla base del principio di tipicità degli atti soggetti a trascrizione ex Art. 2643 c.c., ammettendone, tuttavia, l’annotamento a margine della trascrizione.
Ora, fermo restando che il problema della rinuncia all’azione di restituzione ed il problema della “commerciabilità” degli immobili di provenienza donativa, si pone solo con riguardo alle “donazioni tipiche” (dopo la sentenza della Cassazione n. 11496 del 2010, confermata dal Tribunale di Roma sez. VIII, del 30 maggio 2011, infatti, l’azione di restituzione non è più esperibile nei confronti degli acquirenti da donatario che ha ricevuto con donazioni indirette), ci si chiede se per rendere sicura la circolazione delle donazioni tipiche, sia possibile ricorrere, durante la vita del donante e prima del decorso del termine ventennale di cui all’Art. 563 1° comma c.c., alla rinuncia all’azione di restituzione, da utilizzarsi quale valido ed idoneo strumento giuridico.
Nel provvedimento de quo, il Tribunale di Pescara, prima di affermare l’ammissibilità della pubblicità immobiliare dell’atto di rinuncia all’azione di restituzione mediante suo annotamento a margine della trascrizione della donazione, muove da un esame istituzionale dell’azione di restituzione, evidenziandone in termini comparativi le molteplici differenze rispetto all’azione di riduzione nonché l’inapplicabilità alla stessa delle norme in tema di azione di riduzione.
L’azione di restituzione ha carattere “reale”, l’azione di riduzione ha carattere “personale”: il che spiega il perché quest’ultima non sia rinunciabile durante la vita del donante (art. 557 c.c.).
Tra le due azioni vi è perfetta autonomia e diversità di “petitum”: Il vittorioso esperimento dell’azione di riduzione comporta l’inefficacia delle donazioni e delle disposizioni testamentarie lesive, mentre quello dell’azione di restituzione il recupero del bene fuoriuscito dal patrimonio del donante (inefficacia della donazione).
Diversa è anche la legittimazione passiva per le due azioni: l’azione di riduzione viene esperita verso i beneficiari di donazioni e disposizioni testamentarie lesive, quella di restituzione viene esperita verso gli attuali proprietari del bene oggetto di donazione/disposizione testamentaria e, quindi, anche nei confronti degli aventi causa dei beneficiari delle donazioni e delle disposizioni lesive.
Infine, l’azione di riduzione è azione unitaria, universale (unica azione contro tutti i beneficiari delle disposizioni donative o testamentarie) ed azione di impugnativa. L’azione di restituzione è un’azione particolare (singole azioni contro i rispettivi aventi causa dal donatario) ed azione di condanna (alla restituzione).
Per la proposizione dell’azione di restituzione è necessario che sia stata esperita vittoriosamente contro il beneficiario l’azione di riduzione e che la relativa sentenza sia addirittura passata in giudicato.
Il Tribunale di Pescara, prima di affrontare il problema della “pubblicità immobiliare” dell’atto di rinuncia all’azione di restituzione, ne verifica la sua liceità/legittimità, esaminando, poi, attentamente le norme che in qualche misura possono ostacolare un tale riconoscimento e precisamente, gli Artt. 557 c.c. (I soggetti che possono chiedere la riduzione non possono rinunziare a questo diritto finché vive il donante) e 458 c.c. (È nullo ogni atto col quale taluno rinunzia ai diritti che gli possono spettare su una successione non ancora aperta – “Divieto dei patti successori rinunciativi”).
Quanto all’Art. 557 c.c., data la profonda diversità ed autonomia tra le due azioni sia quanto a natura che a legittimazione passiva, petitum, causa petendi, funzione ed effetti, il Tribunale afferma, in perfetta sintonia con quanto sostenuto anche dalla dottrina maggioritaria, che il divieto di rinuncia di cui all’Art 557 c.c. non sia applicabile all’azione di restituzione, riferendosi il divieto esclusivamente all’azione di riduzione, l’unica prevista espressamente dalla norma, stante il carattere di norma eccezionale dell’Art. 557 c.c., da interpretarsi in senso restrittivo e non suscettibile di applicazione analogica.
La conferma di quanto sopra, si trova in “re ipsa” nello stesso codice civile e precisamente, dopo la novella introdotta dal legislatore del 2005, nell’Art. 563 c.c.: Il legittimario se non fa opposizione alla donazione e sono trascorsi 20 anni dalla trascrizione della medesima, perde il diritto ad agire in restituzione anche se il donante è ancora in vita, pur potendo agire in riduzione.
La Dottrina dopo il 2005 ha utilizzato in vario modo l’opposizione di cui all’Art. 563 c.c. per superare gli ostacoli che in qualche misura potrebbero essere di impedimento alla preventiva rinuncia all’azione di restituzione, in particolare, sottolineando come l’Art. 563 c.c. avrebbe dissociato l’evento della morte del donante dalla possibilità di agire in restituzione.
Mentre il diritto ad agire in riduzione è un diritto indisponibile (vivente il donante), addirittura considerato da autorevole Dottrina coperto dall’ordine pubblico, invece, quello ad agire in restituzione è ritenuto dalla Dottrina maggioritaria un diritto disponibile e rinunciabile (anche vivente il donante): se, infatti, in caso di inerzia del legittimario, l’azione di restituzione sarebbe “destinata a perire col decorso del predetto termine [venti anni dalla trascrizione], anche se il donante sia ancora in vita” (così Tribunale di Torino), non si vede perché non sia possibile rinunciare anche durante il decorso dei venti anni.
Secondo una parte della Dottrina (Palazzo), la rinuncia al diritto di opposizione determinerebbe la rinuncia implicita all’azione di restituzione, dalla quale si potrebbe dedurre anche la volontà di non volersi avvalere dell’azione di riduzione (ancorché astrattamente esperibile).
Secondo altra parte della Dottrina (Caprioli D’Amico), la rinuncia andrebbe ricondotta nell’ambito degli accordi ex art. 1322 c.c. trattandosi di legittimo accordo tra legittimario e donatario volto ad escludere l’esercizio dell’azione di restituzione.
Quanto all’Art. 458 c.c., si ritiene che la rinuncia preventiva all’azione di restituzione non impinga nel divieto dei patti successori rinunciativi (il cui fondamento risiede nell’evitare che i delati, anche per mera prodigalità, possano privarsi delle sostanze che a loro deriverebbero da una successione non ancora aperta nonché nell’evitare accordi immorali che possano portare al c.d. “votum captandae mortis”), per le seguenti ragioni:
– la rinuncia alla restituzione è circoscritta a quanto oggetto di una specifica donazione e non preclude la possibilità per il legittimario di agire in riduzione e, quindi, di soddisfarsi su altri beni
– la rinuncia alla restituzione ha ad oggetto un bene che è ormai uscito dal patrimonio del futuro de cuius attraverso l’atto di donazione e, dunque non si tratta di atto su bene facente parte del compendio di una futura successione
– la rinuncia alla restituzione non preclude al legittimario rinunciante di poter agire in riduzione verso il donatario al fine di ottenere il controvalore pecuniario del bene donato e venduto a terzi
Per le ragioni logiche e sistematiche sopra esposte viene ritenuta legittima la dichiarazione dell’erede legittimario di rinuncia all’azione di restituzione verso i terzi acquirenti dei beni donati, anche durante la vita del donante.
Quanto alla pubblicità nei Registri Immobiliari dell’atto di rinuncia, il Tribunale di Pescara e il Tribunale di Torino sono concordi nell’affermare che tale rinuncia non possa essere suscettibile di autonoma trascrizione nei Registri immobiliari per il principio di tassatività degli atti soggetti a trascrizione cui è improntato il sistema normativo ma che sarebbe possibile la sua annotazione a margine della trascrizione dell’atto di donazione, a titolo informativo. A conferma di ciò si invoca la stessa c.d. norma di chiusura dettata dall’art. 2645 c.c. che estende l’obbligatorietà della trascrizione per la finalità di cui all’art. 2644 c.c. “ad ogni altro atto o provvedimento che produce in relazione a beni immobili o altri diritti immobiliari taluno degli effetti dei contratti menzionati nell’art. 2643 c.c.”, così circoscrivendone chiaramente l’ambito ai soli atti negoziali che spieghino incidenza sul regime giuridico dei beni immobili. La dichiarazione di rinuncia all’azione di restituzione non rientra dunque fra gli atti negoziali di cui sia obbligatoria la trascrizione neppure ai sensi dell’art. 2645 c.c. poiché incidente, non già sul regime di proprietà del bene immobile donato, bensì sulla facoltà dei legittimari di agire in giudizio contro gli aventi causa del donatario.
In mancanza di conflitti tra più aventi causa, l’annotazione avrebbe natura esclusivamente di pubblicità notizia, con esclusione di ogni riferimento a quella dichiarativa, ai fini della opponibilità ai terzi.
Il Tribunale di Pescara precisa, al riguardo che una tale annotazione non sarebbe in grado di nuocere a terzi, ma al contrario favorire da parte degli stessi l’acquisizione di tutte le notizie veritiere e utili al riguardo.

AUTORE

Daniela Riva è notaio in Lecco con studio in Vicolo della Torre, 15. Avvocato del Foro di Lecco dal 2004 al 2013. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Milano e diplomata in maturità classica presso il Liceo Classico “A. Manzoni” di Lecco.