Non è stato facile tirare le fila e le conclusioni dal groviglio di date e di scadenze per le assemblee/riunioni degli organi collegiali degli enti non profit, ma forse, fino al 31 marzo prossimo, salvo modifiche in sede di conversione del d.l. 31 dicembre 2020 n. 183 (detto anche “decreto mille proroghe”), possiamo stare tranquilli.
Partiamo dal d.l. 17 marzo 2020 n. 18, convertito con l. 24 aprile 2020 n. 27.
All’art. 73 stabiliva che “fino alla data di cessazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio dei ministri il 31 gennaio 2020… le associazioni private anche non riconosciute e le fondazioni che non abbiano regolamentato modalità di svolgimento delle sedute in video conferenza, possono riunirsi secondo tali modalità, nel rispetto di criteri di trasparenza e tracciabilità previamente fissati”, purché si possano identificare con certezza i partecipanti e della convocazione della riunione venga data adeguata pubblicità.
L’art. 106 secondo comma consentiva che con l’avviso di convocazione delle assemblee ordinarie e straordinarie le società lucrative, anche in deroga alle diverse disposizioni statutarie, potessero prevedere espressione del voto in via elettronica o per corrispondenza e che l’intervento all’assemblea potesse essere ammesso anche esclusivamente mediante mezzi di telecomunicazione che garantissero “l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 2370 quarto comma, 2479 bis quarto comma e 2538, sesto comma, codice civile, senza in ogni caso la necessità che si trovino nel medesimo luogo, ove previsti, il presidente il segretario o il notaio”.
Il comma 8-bis dell’art. 106 rendeva applicabili anche a fondazioni e associazioni tutte le disposizioni del medesimo articolo (il quale conteneva anche disposizioni inerenti la proroga dei termini di approvazione di bilancio) fatta eccezione per le organizzazioni di volontariato, per le associazioni di promozione sociale e per le ONLUS, richiamati dall’articolo 104 del codice del terzo settore (esclusione razionalmente priva di qualsiasi logica).
La norma interveniva pochi giorni dopo la massima n. 187 della Commissione massime societarie del Consiglio notarile di Milano, a tutti nota, la cui portata prescindeva dalla ricorrenza del periodo emergenziale.
Quindi il termine finale applicabile a tutte le riunioni indette da enti non profit di cui all’art. 73 d.l. 18/2020 non era genericamente legato al perdurare dello stato di emergenza, bensì a quello specificamente fissato dalla delibera del C.d.M. al 31 gennaio 2020; ciò diversamente da quanto stabilito dall’art. 106 del medesimo d.l., che al settimo comma faceva riferimento “alle assemblee convocate entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza dell’epidemia”.
Successivamente, lo stato di emergenza veniva prorogato al 15 ottobre 2020 dal d.l. n. 83/2020 convertito in legge n. 124/2020, e, per quanto di interesse, il d.l. n. 125/2020 prorogava i termini previsti dalle disposizioni legislative emanate durante lo stato di emergenza richiamandole in apposito allegato che citava entrambi gli artt. 73 e 106 sopra indicati.
Il d.l. 31 dicembre 2020 n. 183 (“mille proroghe”):
-
all’art. 3 sesto comma dispone: “All’articolo 106, comma 7, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, le parole “entro il 31 luglio 2020 ovvero entro la data, se successiva, fino alla quale è in vigore lo stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio sanitario connesso all’insorgenza dell’epidemia da COVID-19” sono sostituite dalle seguenti: “entro la data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021”;
all’art 19 proroga i termini correlati con lo stato di emergenza epidemiologica da COVID-19: “1. I termini previsti dalle disposizioni legislative di cui all’allegato 1 sono prorogati fino alla data di cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-19 e comunque non oltre il 31 marzo 2021, e le relative disposizioni vengono attuate nei limiti delle risorse disponibili autorizzate a legislazione vigente”. A questo riguardo, bisogna ricordare che l’allegato 1 al punto 10 richiama l’art. 73 del decreto legge 17 marzo 2020 n. 18.
Conclusione: ad oggi sia le disposizioni dell’art 73 sia quelle dell’art. 106 del d.l. n. 18/2020 sono prorogate al 31 marzo 2021. Habemus “datam”!
Altro problema è invece quello relativo alla possibilità di applicare anche a ODV, APS e ONLUS le modalità di tenuta delle assemblee/riunioni indicata al secondo comma dell’art. 106 d.l. n. 18/2020.
Ricordiamo brevemente le differenze tra l’art 73 e l’art. 106 sopra richiamati.
Il secondo comma dell’art. 106 fa riferimento alle assemblee e stabilisce che queste possano tenersi anche in deroga allo statuto con le seguenti modalità: i) per via elettronica, (ii) per corrispondenza; (iii) mediante mezzi di telecomunicazione (quindi mezzi sia audio che video) (iv) senza che sia necessaria la compresenza del presidente e del segretario. Il tutto purchè resti garantita l’identificazione dei partecipanti, la loro partecipazione e l’esercizio del diritto di voto.
Il quarto comma dell’art. 73 riguarda sia assemblee che riunioni di altri organi collegiali degli enti non profit e prevede che possano tenersi in videoconferenza, a condizione che i rispettivi statuti non abbiano diversamente regolamentato le modalità di svolgimento delle sedute con tale mezzo. Il che rende applicabile il mezzo anche ove fosse escluso per statuto.
Anche in questo caso la norma richiede che i mezzi consentano di identificare con certezza i partecipanti ed aggiungono la necessità che i sistemi adottati rispettino criteri di trasparenza e tracciabilità ”previamente fissati” e che delle modalità delle sedute sia data “adeguata pubblicità”.
Siccome l’ultimo comma dell’art. 106 ha esteso l’applicazione dell’intero articolo anche a associazioni e fondazioni, escludendo espressamente le categorie delle OdV, APS e ONLUS, è legittimo chiedersi se sia lecito applicare anche a questi enti quanto disposto dall’art. 106. E questo malgrado l’espressa esclusione di legge, in quanto totalmente priva di qualsiasi motivazione, in particolare se si considera che queste categorie di enti sono proprio quelle richieste di adeguare i loro statuti al Codice del Terzo settore entro il 31 marzo 2021 e pertanto quelle più interessate a deliberare garantendo la “sicurezza sanitaria” ai partecipanti dei loro organi competenti.
Secondo alcuni sarebbe possibile un’interpretazione estensiva che consenta anche a questi enti l’applicazione dell’art. 106 qualora i rispettivi statuti non lo escludano (D. Boggiali, in Notiziario CNN del 31 luglio 2020); secondo altri l’applicazione è diretta e senza condizioni, dal momento che la ratio della norma era quella di consentire anche agli altri enti diversi dagli ETS, nel periodo transitorio, di poter godere di una proroga non disciplinata nell’originaria stesura del d.l. n. 18/2020 (così G: Sepio, “Un groviglio di scadenze per le assemblee del non profit”, in Norme e tributi, Sole 24 Ore del 29 aprile 2020).
In realtà l’intera normativa dettata per il periodo di emergenza epidemiologica tende a evitare assembramenti per esigenze sanitarie; lo stesso art. 73 esordisce con le parole “Al fine di contrastare e contenere la diffusione del virus COVID-19 “, finalità sottesa, anche se non esplicitata, nell’art. 106.
In proposito può essere utile anche la lettura dalla disposizione contenuta nell’art. 1, comma 1, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020, recante Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 (originariamente applicabile alla Lombardia ed alle province di Modena, Parma, Piacenza, Reggio nell’Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Padova, Treviso, Venezia, ma poi esteso all’intero territorio nazionale in forza dell’art. 1 del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 9 marzo 2020, recante Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull’intero territorio nazionale. Questa disposizione, alla lett. h), stabilisce che «Sono sospese le riunioni degli organi collegiali in presenza», e, alla lett. q), che «sono adottate, in tutti i casi possibili, nello svolgimento di riunioni, modalità di collegamento da remoto con particolare riferimento a strutture sanitarie e sociosanitarie, servizi di pubblica utilità e coordinamenti attivati nell’ambito dell’emergenza COVID-19, comunque garantendo il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di un metro di cui all’allegato 1 lettera d), ed evitando assembramenti». E’ qui evidente la volontà di favorire le riunioni a distanza, durante il periodo di emergenza da Covid-19, per qualunque tipo di organo collegiale.
Se lo scopo del legislatore è il medesimo per le norme in oggetto sotto l’aspetto sanitario, anche la necessità di garantire gli interessi dei partecipanti (comuni a in tutte le formazioni associative organizzate secondo un modello corporativo) è la medesima, con la conseguenza di ritenere ammissibile l’applicazione analogica delle modalità di tenuta delle assemblee societarie anche alle riunioni di tutti gli organi collegiali di enti non profit, qualsiasi sia la loro categoria di appartenenza. Una volta chiarito che il “sistema”, cioè l’utilizzi di mezzi di teleconferenza condizionata al rispetto dei diritti dei partecipanti, può essere adottato anche dagli enti non profit stante l’identità di ratio, non potrebbe quindi giustificarsi un limite all’applicazione analogica delle ulteriori previsioni dell’art. 106 riferite alla non necessaria compresenza del presidente della riunione e del segretario.
Restano comunque applicabili le condizioni stabilite dall’art. 73: nello statuto dell’ente deve mancare qualsiasi regola che stabilisca diverse modalità di svolgimento della riunione in videoconferenza; è necessario che i partecipanti siano informati delle modalità con cui l’organo competente dell’ente ha stabilito che debba tenersi la seduta, devono essere previamente fissati criteri di trasparenza e tracciabilità.

AUTORE

Notaio in Seregno e Milano. Dal 2007 al 2014 membro del Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Milano Monza Lodi e Varese. Direttrice di FederNotizie dal 2004 al 2007 e in seguito redattore. Notaio Mediatore e dal 2010 Vicepresidente del CdA dell’organismo di mediazione ADR Notariato srl. Dal 2005 al 2011 docente alla Scuola del Notariato della Lombardia. Docente anche presso l’Università Bocconi di Milano, l’ODCEC e l’Università Cattolica. Ha curato un Codice del Notariato pubblicato dalla UTET e contribuito a numerose pubblicazioni in materia societaria, di mediazione e contratti di rete.