Convention 2020 – Workshop “Il Notariato e la riforma del diritto successorio”

Notariato Convention 2020

Il workshop a cura della Commissione Studi Civilistici del CNN si è incentrato sul tema “Il Notariato e la riforma del diritto successorio” ed è stato animato dai notai Cesira De Michele (moderatrice e relatrice), Carmine Romano (relatore), Raffaele Lenzi (relatore), Marino Sannino (moderatore della chat).

Il tema è stato introdotto da Cesira De Michele, che ne ha ricordato la scottante attualità, specialmente alla luce delle note criticità legate alla circolazione degli immobili di provenienza donativa e alle altrettanto note istanze, formulate dalla dottrina più autorevole, di riforma del diritto delle successioni e particolarmente della successione necessaria.

Un primo profilo della proposta della riforma proveniente dal Notariato, formulata nel 2019, è esposto da Carmine Romano e riguarda il ripensamento del principio di unitarietà della successione, secondo cui le stesse regole successorie trovano applicazione a prescindere dalle caratteristiche soggettive di ciascun successibile, senza alcuna possibilità di distinguere tra le diverse istanze di tutela che vengono in rilievo, ad esempio, con riferimento ai soggetti più deboli come i successibili disabili. Si tratta di istanze di cui un disegno di riforma non può non tenere conto.

Un altro profilo è quello della c.d. legittima per equivalente, ossia della conversione del diritto reale alla legittima in un diritto di credito ad un valore da quantificarsi secondo le regole tradizionali della successione necessaria (relictum meno debiti più donatum). Il disegno di riforma del Notariato configura la legittima non più come un diritto sui beni del de cuius, ma come un diritto di credito che il legittimario vanta nei confronti dei beneficiari delle disposizioni lesive della sua riserva.

Questa conversione della legittima in credito comporta evidentemente una modifica della natura dell’azione di riduzione, che non è più un’azione di impugnativa negoziale, tale da minare la stabilità del titolo attributivo del beneficiario, e non è più prodromica all’azione di restituzione, che anzi non ha più ragion d’essere. L’azione di riduzione diviene invece azione di accertamento costitutivo del credito pecuniario del legittimario leso, esperibile nei confronti dei beneficiari delle disposizioni lesive. A questi, peraltro, viene riconosciuta la facoltà di liberarsi dal debito nei confronti del legittimario leso trasferendo allo stesso, in tutto o in parte, quanto ricevuto dal de cuius.

Sempre nel disegno di riforma del Notariato, il credito del legittimario leso è assistito da un privilegio speciale sull’immobile donato/legato, inopponibile agli aventi causa dal beneficiario della disposizione lesiva i quali abbiano trascritto o iscritto il titolo prima della trascrizione della domanda giudiziale di riduzione.
Sul piano fisiologico, la legittima per equivalente consente al testatore una maggiore libertà di disporre del proprio patrimonio per il tempo successivo alla sua morte, mettendo a sua disposizione strumenti nuovi come, ad esempio, il legato in sostituzione di legittima avente ad oggetto denaro non presente nel suo patrimonio.

Una riforma di questo tipo avvicinerebbe il nostro ordinamento a quello francese e a quello tedesco, e determinerebbe il superamento di tradizionali istituti quali quello – già ricordato – dell’azione di restituzione e quello della cautela sociniana di cui all’art. 550 cod. civ.

Un ulteriore profilo della proposta di riforma del Notariato è quello riguardante il patto di famiglia e, in particolare, l’ampliamento del relativo ambito di applicazione con la sua estensione ai beni non produttivi e il ripensamento strutturale dell’istituto.

Sotto quest’ultimo aspetto, Carmine Romano ricorda che una delle maggiori criticità operative del patto di famiglia si deve alla sua rigidità strutturale e, in particolare, alla previsione che il discendente assegnatario debba liquidare i legittimari non assegnatari. Nella maggior parte dei casi, l’assegnatario non dispone della liquidità sufficiente per effettuare la liquidazione ed è costretto a fare ricorso alla provvista fornitagli dallo stesso disponente: meccanismo, questo, che la dottrina ha ammesso, ma che si risolve in una liberalità ulteriore operata dal disponente a vantaggio dell’assegnatario. Questo problema ben potrebbe essere risolto dalla tipizzazione normativa del c.d. patto di famiglia verticale, cioè della liquidazione dei legittimari non assegnatari ad opera dello stesso disponente.

Un’altra criticità dell’istituto emerge dalla considerazione che, spesso, l’assegnatario del bene produttivo non ha l’esperienza necessaria per approdare subito al vertice dell’impresa. Appare quindi opportuno, riprendendo un vecchio progetto di riforma, prevedere che l’azienda possa essere affidata temporaneamente a un soggetto terzo in qualità di gestore, il quale sarebbe affiancato dall’assegnatario fino a quando questi non abbia maturato la necessaria esperienza gestoria. Una modifica normativa in questo senso potrebbe rendere il patto di famiglia uno strumento assai competitivo rispetto, ad esempio, al trust.

Raffaele Lenzi ricorda come la disciplina della successione necessaria si basi su principi non più attuali, legati alla struttura patriarcale della famiglia e ai profili più autoritari della stessa: in un contesto sociale così caratterizzato, ben si spiegavano le istanze di solidarietà familiare e di tutela del coniuge e dei figli del de cuius; istanze che tuttavia scolorano fortemente nel contesto attuale, caratterizzato da rapporti familiari assai più equilibrati e da modelli familiari assai diversi tra loro.

A fronte del mutato contesto di riferimento, è tempo di riconoscere cittadinanza all’interno dell’ordinamento giuridico ai patti successori rinunciativi. Un’apertura in questo senso potrebbe essere favorita dalla previsione di un diritto di ripensamento del rinunciante, da esercitarsi entro un tempo definito, trascorso il quale la sua rinuncia diverrebbe definitiva: si configurerebbe così un vero e proprio ius poenitendi di natura non dissimile da quello previsto dal codice del consumo a tutela dell’autodeterminazione del contraente consumatore. Il rinunciante potrebbe essere tutelato a fronte di possibili perturbamenti anche dalla forma solenne dell’atto di rinuncia, eventualmente da stipularsi alla presenza di due notai, come già previsto in altri ordinamenti.

Un’altra proposta di riforma, volta a valorizzare il rapporto fiduciario tra disponente e legittimario, è quella di consentire la rinuncia all’azione di riduzione, vivente il donante, in relazione ad uno o più atti dispositivi determinati. Peraltro, poiché una rinuncia siffatta potrebbe determinare degli effetti negativi per i beneficiari di liberalità precedenti (stante la regola di cui all’art. 559 cod. civ.), si potrebbe prevedere che la rinuncia precluda al suo autore la riduzione delle liberalità precedenti. In alternativa, potrebbe riconoscersi almeno, de iure condendo, la rinunziabilità dell’azione di restituzione, già peraltro ammessa da una parte della dottrina.

In chiusura, Raffaele Lenzi fa cenno a un ulteriore profilo problematico che meriterebbe un intervento normativo, soprattutto alla luce del formante giurisprudenziale: la riflessione prende spunto dalla figura, di matrice dottrinale, della “pretermissione amica” (espressione che si deve al prof. Stefano Pagliantini), cioè della pretermissione di un legittimario voluta dal testatore non in funzione punitiva, e consapevolmente accettata dal legittimario, che conseguentemente ometta di esercitare l’azione di riduzione. Oggi, a fronte dell’inerzia del legittimario, la giurisprudenza ammette che i suoi creditori possano agire in riduzione in via surrogatoria (il riferimento è alla nota pronuncia della Corte di cassazione n. 16623/2019); così come ammette che la rinuncia all’azione di riduzione da parte del legittimario, dopo la morte del disponente, possa essere impugnata con l’azione revocatoria. Si tratta di soluzioni che non convincono, in quanto distoniche rispetto alle istanze solidaristiche che, come ricordato, sono alla base della successione necessaria.

Si potrebbe quindi, in un’ottica di riforma, riconoscere carattere personalissimo sia all’azione di riduzione, prevedendo che questa possa essere esercitata esclusivamente dal legittimario leso e dai suoi eredi, sia alla rinuncia, da parte del legittimario che intenda conseguire la legittima, al legato sostitutivo di cui all’art. 551 cod. civ.

Segue un breve dibattito, moderato da Mariano Sannino, innescato da alcuni interventi in tema di patto di famiglia, famiglia di fatto, negozi di destinazione testamentari. Quest’ultimo, osserva Raffaele Lenzi, è un tema particolarmente avvertito, dal momento che la giurisprudenza di merito nega l’ammissibilità del negozio di destinazione testamentario, anche in ragione di una lettura particolarmente rigida del divieto di pesi e condizioni sancito dall’art. 549 cod. civ. Un ripensamento di questa norma sarebbe opportuno, quantomeno con riferimento ai casi in cui l’atto di destinazione o il trust, che abbiano come beneficiario un legittimario, prevedano la destinazione a questi del reddito del patrimonio vincolato, riservandone – magari solo temporaneamente – la gestione a un soggetto terzo.

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Convention 2020 – Workshop “Il Notariato e la riforma del diritto successorio” ultima modifica: 2020-11-06T08:29:02+01:00 da Matteo Mattioni
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