La Disputatio “STUDIO ASSOCIATO: UNA SCELTA OBBLIGATA?” ha trattato l’attualissimo tema della opportunità/necessità di organizzare la professione notarile in forma associata in un contesto quale quello attuale in cui le economie di scala possono essere particolarmente utili sotto vari profili.
Il Professore Alessandro Hinna (Professore Associato di Organizzazione Aziendale presso il Dipartimento di Management e Diritto dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”) ha presentato una analisi volta a rispondere al quesito su quale sia il modello ideale di organizzazione degli studi professionali e quali opportunità, minacce o problematiche derivano dalla scelta di associarsi.
di Lucia Folladori e Federica Nardo
In particolare, ha illustrato i tre scopi principali per cui può essere utile associarsi:
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aumentare la visibilità del proprio studio (“riconoscimento sociale e di mercato”);
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aumentare le occasioni di confronto e condivisione di esperienze eterogenee, migliorando così la qualità del servizio (“qualità professionale”)
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aumentare la capacità produttiva (“capacità operativa”).
Dall’analisi di tali scopi emerge che tra i possibili effetti dell’organizzazione attraverso l’associazione vi sono:
(i) la possibilità di attivare più forme di comunicazione diverse da quelle che il singolo notaio è in grado di attivare da solo, con un impatto diretto sulla clientela;
(ii) le c.d. economie di scala: mettendo in comune lo staff, e quindi a fronte di una maggior capacità operativa, il costo unitario viene ridotto;
(iii) economie di specializzazione: studiare da soli può richiedere più tempo e comportare meno risultati in termini di esperienza rispetto a un quotidiano confronto col proprio socio.
Nell’organizzazione dello studio professionale come una rete, occorre inoltre fare i conti con tre variabili: “Attori – scopi – ambiti”, che ne determinano gradi diversi di complessità: all’aumentare degli attori, degli scopi e degli ambiti, aumentano il tempo e le competenze necessarie per gestire questo luogo di sintesi che è lo studio associato.
Se lavoriamo sul triangolo di scopi di cui sopra, e lo bilanciamo con l’investimento gestionale, possiamo configurare un trade-off tra integrazione di competenze e generazione di valore: il tempo e le competenze sono limitate e vanno riservate sia allo svolgimento della professione sia alla organizzazione del proprio ufficio; in un contesto di associazione c’è una ottimizzazione di entrambi tali aspetti, con compensazione tra tempo e competenze di ciascun socio.
Da ultimo il Professore Hinna evidenzia che al crescere del fabbisogno associativo (aumenta il numero degli attori, aumentano gli obiettivi, ecc.) aumenta anche il fabbisogno gestionale (ossia di una organizzazione efficiente). Trovare un punto di equilibrio tra tali fabbisogni è la chiave e va ricercata anche tenendo conto delle sensibilità dei singoli attori: una eventuale pregressa abitudine a lavorare insieme e una reciproca conoscenza tra gli attori sono aspetti di non poco conto.
Conclusosi l’intervento del Professor Hinna, conduce il dibattito il notaio Valentina Rubertelli che – prima di iniziare il dibattito con gli ospiti – osserva come sotto il profilo economico e gestionale il vantaggio competitivo dell’associazione sia enorme, ma ritiene che al crescere al numero dei soggetti da associare debbano crescere anche le skills organizzative. La vera variabile sono gli esseri umani: “il presepe è bello ma i pastori fanno la differenza”.
Il notaio Rubertelli apre quindi il dibattito tra: Roberto Paone, sostenitore dell’associazionismo e Carmelo Di Marco che rispetto al tema si dichiara portatore di un approccio “possibilista”. Riportiamo i principali temi discussi.
Prima domanda: dimensione del vostro studio
* Roberto Paone: notaio da 30 anni, per 23 dei quali condotti professionalmente non in associazione; da 7 anni associato con 8 soci e con una organizzazione che conta 71 dipendenti, collocati tra 12 studi nel territorio della provincia di Padova, oltre a 4 collaboratori esterni. Ciascuno studio ha un suo organigramma. La struttura ha una organizzazione territoriale diffusa: ogni notaio è nel proprio studio, gli atti sono suddivisi in base alle competenze delle persone. C’è un coordinatore generale e ciascuno studio si occupa di un settore specifico, con briefing quotidiano con il coordinatore: la sua è una struttura “a stella”.
* Carmelo Di Marco: notaio da 17 anni, da 3 anni notaio in Milano, titolare di uno studio “tradizionale” con struttura orizzontale composta da 6 collaboratori, ognuno con specifici ruoli, si autodefinisce “notaio solitario – o unico notaio milanese”.
Seconda domanda: Quali sono i principali 3 vantaggi di associarsi/non associarsi?
* secondo Roberto Paone i tre principali vantaggi dell’associarsi sono:
(i) condivisione delle casistiche e delle esperienze;
(ii) condivisione del personale;
(iii) maggiori opportunità di investimenti in aree strategiche (formazione, tecnologia, digitalizzazione, centri specializzati che assistono tutti i notai);
* secondo Carmelo Di Marco i tre principali vantaggi dello svolgere la professione singolarmente sono:
(i) indipendenza nell’organizzazione e libertà di scelta,
(ii) possibilità di strutturare l’organizzazione a propria immagine e somiglianza;
(iii) variabilità ed elasticità nella gestione delle pratiche.
Terza domanda: quali sono i rischi professionali connessi alla scelta di associarsi/non associarsi?
* Carmelo Di Marco osserva che il notaio non associato potrebbe soffrire la mancanza di un confronto continuo (in parte sopperibile con contatti diretti con colleghi amici); il rischio di una “schiavitù da lavoro”; l’esclusività del rischio collegato all’attività professionale.
* Roberto Paone evidenzia che nello studio associato i rischi aumentano proporzionalmente al numero delle persone: il primo rischio è quello di aver scelto il socio sbagliato, con cui non c’è condivisione di esperienze e pensieri ma solo condivisione economica; il secondo rischio è quello di non chiarire fin dall’inizio i principi inderogabili dell’associazione: ad esempio la mancanza di chiarezza nei criteri di distribuzione degli utili, è il primo argomento di discussione.
Quarta domanda: quali vantaggi ha il “notaio-persona” (non il notaio-professionista) che non si associa?
Carmelo Di Marco ritiene che un primo vantaggio derivi dalla gratificazione di avere il proprio studio con la connessa possibilità di godersi il tempo libero in maniera piena, anche se potenzialmente meno frequentemente.
Quinta domanda: come viene gestita la leadership?
* Roberto Paone riferisce che nella propria organizzazione ognuno ha la leadership nel proprio ambito: lo “scopo mutualistico” si attua negli aspetti in cui ciascuno associato è più capace dell’altro.
* Carmelo Di Marco risponde che essere da solo significa essere l’unico riferimento per le decisioni da assumere, sia nel rapporto coi collaboratori che con i clienti. Questo facilita un rapporto diretto col cliente e lo sviluppo del passaparola tra clienti, auspicando un percorso di auto-miglioramento.
Sesta domanda: in periodo Covid quanto aiuta la struttura associata?
* Roberto Paone risponde che – pur non avendolo dovuta sperimentare – la scelta di restare ognuno nel proprio studio consente (non solo di preservare le proprie abitudini e quelle dei propri clienti e collaboratori ma anche) di sopperire agli imprevisti di uno studio della organizzazione con altro studio, grazie a un gestionale condiviso.
* Carmelo Di Marco segnala che l’associazione con altri notai può aiutare nel caso del contagio del notaio, e solo se gli associati lavorano in luoghi diversi, perché in caso contrario può aggravare il problema. Non aiuta ad affrontare il contagio del cliente.
Per entrambi problemi la soluzione secondo me è consentire la stipula di atti a distanza, disciplinata in modo da garantire sicurezza e certezza e da prevenire ogni patologia di natura deontologica e concorrenziale..
Settima domanda: in prospettiva, quando il cliente vuole avere una consulenza a 360° con commercialisti, avvocati, geometri, siete favorevoli/contrari a uno studio multidisciplinare?
Entrambi i notai condividono l’opportunità di fornire al cliente un servizio più completo e la necessità di disciplinare il rapporto tra i vari professionisti in grado di offrirlo, mantenendo autonomia e terzietà del notaio.
Ottava domanda: perché le istituzioni del notariato dovrebbero incentivare l’associazionismo?
Secondo Carmelo Di Marco per le seguenti finalità di interesse di tutta la categoria:
– –pari opportunità: dal Rapporto Confprofessioni 2019 è emerso che in tutte le fasce d’età, le notaie donne hanno un reddito pari alla metà del coetaneo uomo; dal Rapporto Confprofessioni 2017, 965 notai rientrano nel regime forfettario sotto la soglia di reddito ordinaria per la nostra professione: associarsi potrebbe ridurre queste asimmetrie;
– ottimizzazione della gestione di operazioni di bassa redditività: sarebbe interessante una sorta di associazionismo di categoria che mette in rete, per tutti, attività di bassa redditività cosicché ognuno di noi eviti di fare accertamenti/indagini già espletati da altri colleghi.
Secondo Roberto Paone, l’associazione è la vera risposta a un notariato che cambia, che chiede competenze tecniche, e consentirebbe al notariato di posizionarsi alla pari di Banche e grandi associazioni di altri professionisti (consentendo, tra l’altro, al notaio di dedicarsi anche alla vita politica …).
Tra le domande poste dal pubblico in chat (selezionate da Michele Gentilucci) vengono segnalate le seguenti:
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– è compatibile la organizzazione attraverso associazione che copre un territorio molto vasto con regole dell’assistenza alla sede e della competenza territoriale del notaio?
Rispetto a tale domanda, che il notaio Di Marco definisce “tema politico spinoso”, evidenzia il rischio di disparità di trattamento rispetto al notaio singolo: mentre, infatti, il notaio associato potrebbe utilizzare più di due sedi, tale possibilità è preclusa al notaio non associato. Il concetto di assistenza alla sede significa assistere una comunità di utenti con cui instaurare un rapporto di fiducia. Inoltre il notaio Di Marco afferma che vi potrebbe essere il rischio che una tale struttura agevoli la diffusione di un “cartello” tariffario con risvolti problematici in punto di concorrenza. Il notaio Paone replica che l’associazione non può essere il modo per eludere l’obbligo di assistenza alla sede e precisa che la personalità della prestazione è comunque garantita perché la pratica inizia e finisce con lo stesso notaio, essendo raro che la pratica passi su due tavoli distinti.
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– Le sanzioni irrogate a un notaio si estendono anche agli altri notai associati?
Risponde il notaio Paone confermando l’estensione del rischio e facendo notare che proprio in considerazione di tal rischio l’associazione crea un comportamento virtuoso nella misura in cui i primi controllori dell’attività dell’associato sono i suoi soci, che vogliono evitare che il comportamento dannoso di un socio danneggi anche tutti gli altri.
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– Se il fenomeno dell’associazionismo si diffondesse, come evitare la perdita del carattere della personalità? Entrambi i discussant concordano sul fatto che tale rischio non discende dall’associazionismo, ma dalla scelta sbagliata dei soci. Un rimedio potrebbe essere l’adozione di un codice deontologico aggiornato alle nuove esigenze, che sanzioni duramente talune condotte, e sancisca il diritto del cliente all’interlocuzione diretta col notaio.

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La Redazione di Federnotizie è composta da notai di tutta Italia, specializzati in differenti discipline e coordinati dalla direzione della testata, composta dai notai Arrigo Roveda e Domenico Cambareri.