Convegno di Federnotai. Le dichiarazioni anticipate di trattamento

Scelte normative e profili operativi

(Sintesi curata da Clara Trimarchi)

Arrigo Roveda, presidente del Consiglio Notarile di Milano

Il Notaio è sempre più coinvolto nelle problematiche relative al fine vita, soprattutto quando si tratta di persone sole.

La richiesta è trasversale e i notai hanno dato ascolto a queste richieste sviluppando la problematica e la propria ars notaria per scrivere qualcosa che abbia un significato. Il progetto di legge sulle DAT è stato un riconoscimento dell’ars notaria.

Le basi normative sulle quali i notai hanno lavorato sono gli artt 32 Cost, l’art. 38 del codice di deontologia medica, e la Convenzione di Oviedo del 97.

Ora siamo in procinto di vedere tradotto in legge il progetto. L’impianto normativo è buono; si affronta il problema della forma e della revoca. Manca il problema della conservazione. Occorre fornire al legislatore qualche suggerimento.

Non siamo in presenza di una cattiva legge, è una legge che si occupa delle persone (insieme alle legge sul “Dopo di noi” e a quella sulle unioni civili).

Ci aspettiamo un dibattito costruttivo.

Giseppe Calafiori, presidente Confprofessioni

Il tema delle DAT è un grande tema che coinvolge la cura, la vita e la dignità delle persone ed è da maneggiare con cura.

Il consenso e il rifiuto informato costituiscono un ideale astratto di qualità della vita che deve essere vissuta, un principio di autodeterminazione che si contrappone a quello del bene – vita. Sono scelte tecniche che richiedono prudenza, riflessioni e conoscenze per i notai.

Sono grandi i temi e gli ospiti di oggi che ci aiuteranno a fare le riflessioni con l’apporto di voci e temi diversi.

Ringrazia la signora Welby e Lorenzo Moscon per il coraggio che hanno dimostrato con la loro presenza.

L’aspettativa è quella che un confronto rispettoso produca un dialogo equilibrato su valori che devono essere veri e condivisi e che non perdano di vista l’uomo e la sua persona.

Le macchine non potranno mai sostituire il ruolo del professionista convolto. Bisogna valorizzare la relazione con il paziente e il ruolo del notaio per adeguare alla legge e munire di certezza le scelte del cliente nell’ottica di una relazione vera personale e proattiva. Si sente un grande bisogno di umanesimo illuminato da valori condivisi.

Il notariato con le DAT si trova di fronte a una sfida.

Dario Restuccia, presidente dell’Associazione Sindacale dei notai della Lombardia

Il presidente Restuccia parla di una esperienza personale: nella malattia del padre c’è stato un momento in cui la sua visione è cambiata, di fronte alla morte è sopraggiunta chiarezza di pensiero. La morte è divenuta un evento sicuro per gli altri e per se stessi. Questo è il momento che rileva nella formazione delle DAT.

Le DAT sono destinate a durare nel tempo. La convenzione di Oviedo interviene e, dopo aver parlato di consenso informato, si occupa di DAT.

Nel 2012 il Consiglio di Europa raccomanda agli stati membri di legiferare in tema di DAT.

In Europa non esiste omogeneità normativa. Il dato comune è quello dell’accessibilità ovvero la facilità di accedere alle DAT.

Tra i vari paesi, l’unico paese che non prevede DAT  vincolanti per il medico è la Francia. La Francia prevede il rifiuto dell’accanimento, la modifica e la revoca della DAT. La durata è triennale dal momento in cui la persona non è in grado di esprimere la propria volontà.

Piace il fatto che in Francia il dibattito, partito nel 2003, sia continuato per creare una normativa che nel tempo si è evoluta ed è continuata.

Nei Paesi Bassi è prevista anche l’interruzione della vita su richiesta e l’assistenza al suicidio.

La Spagna ha previsto le disposizioni anticipate di trattamento consentendo a maggiorenni capaci e liberi di manifestare la propria volontà. È stato istituito un Registro nazionale ministeriale. Le disposizioni sono vincolanti per i medici.

In Germania la legge è stata il frutto di un confronto. E’ stata prevista la vincolatività delle DAT. La revoca è sempre possibile senza limiti di forma. È prevista altresì una figura assimilabile al nostro amministratore di sostegno che deve coniugare la DAT con la situazione attuale. La responsabilità sulla validità e la corrispondenza alla volontà del paziente è rimessa a lui.

Le DAT sono ricevute dal notaio. La legge non prevede un registro; i notai tedeschi suggeriscono infatti di portare un tesserino che attesti che le DAT sono depositate.

L’Italia è uno dei pochi paesi a non avere ancora legiferato sul tema.

Le esperienza vicine ci aiutano a comprendere come sia ben possibile elaborare una normativa che soddisfi gli interessi e sia capace di dare risposte.

Questi temi devono essere affrontati con un confronto aperto e franco e questo convegno va nella giusta direzione.

(Sintesi curata da Antonio Teti)

Le testimonianze.

La signora Mina Welby, moglie di Piergiorgio Welby, ha dichiarato di avere conosciuto suo marito da giovane, lui era già malato.

Nel corso della loro vita – ha aggiunto la signora – hanno trovato motivi per non arrendersi all’idea della morte.

Lui laico, lei molto religiosa: entrambi hanno vissuto l’avvicinamento alla morte come momento di apprendimento.

Nonostante il suo attaccamento alla vita, P. Welby chiede più volte alla moglie di aiutarlo a morire. P. Welby scrisse una lettera al Presidente della Repubblica e al Prof. D’Agostino per invocare una legge sulle disposizioni anticipate di trattamento.

Nella sua esperienza, la signora ha appreso che il medico deve sapere come informare la persona malata.

Le tematiche del fine vita non sono – aggiunge la signora – e non devono trasformarsi in una battaglia tra chi è a favore della vita e chi è a favore dell’eutanasia: devono portare il dibattito sulla necessità di adottare delle misure personalizzate sulle esigenze del paziente. Le DAT vanno in questa direzione e i notai possono dare un grande aiuto in tal senso.

Lorenzo Moscon è preoccupato per l’arrivo di una legge sulle DAT. Sostiene che lo Stato debba impegnarsi molto sul tema delle cure palliative e dell’aiuto del paziente a domicilio.

Il paziente – dichiara Moscon – si chiede spesso: “a chi appartengo?”.

La legge sulle DAT preoccupa Moscon perché nel corso della malattia, quando ormai non può più comunicare, il paziente potrebbe cambiare idea: le volontà di un malato – sostiene Moscon – non possono essere cristallizzate, ma possono mutare nel tempo.

Ritiene che la libertà di scelta sia un tema scivoloso, nel caso in cui la scelta non sia più reversibile.

Libertà di scelta – aggiunge – non significa “legge”: un singolo caso non può imporre che venga emanata una legge che vale per tutti.

“La libertà individuale tra etica e politica”.

Modera la prima tavola rotonda il giornalista, Andrea Vianello.

(Sintesi curata da Annalisa Annoni e Francesco Santopietro)

Partecipano:
Paola Binetti, deputato UDC
Marco Cappato, Radicale, tesoriere Associazione Luca Coscioni
Umberto Galimberti, filosofo
Adriano Pessina, filosofo
Modera: Andrea Vianello, giornalista
Il moderatore Vianello pone subito la domanda se tutto quello che riguarda il testamento biologico e il fine vita sia un confronto fra laici e cattolici.
Il radicale Cappato sostiene di no, perchè ci sono cattolici a favore del libero arbitrio e laici fermi su posizioni di rigetto nei confronti di chi sostiene tale facoltà. Se in Italia si è legalizzato il divorzio e l’aborto è perché questo scontro non c’è. Per Cappato un’ampia percentuale di cittadini è a favore dell’eutanasia. Il 75% si dichiara a favore delle DAT e il 50% a favore della legalizzazione dell’eutanasia.
Vianello dice che se i cittadini vogliono leggi sul tema e il Parlamento è in ritardo nel legiferare, probabilmente è un problema di stampo politico.
Il prof. Galimberti dice che la legge è universale e non prende in considerazione l’individuale.
Il testamento biologico prevede una scelta del singolo che può sempre cambiare idea.
Quando si muore si è preda di affabulazioni di speranza perché la nostra psiche non è in grado di “sentire” la propria morte. L’uomo è irrazionale, perciò parlare solo della legge non è la cosa più importante, nè la legge può risolvere questo problema, mentre essenziale e risolutivo è il rapporto medico/paziente.
L’onorevole Binetti è critica nei confronti della legge, però dice di non avere condizionamenti religiosi ma più che altro di aver maturato dei convincimenti a seguito di tutto il suo vissuto.
La vita, la libertà e la relazione sono i valori più importanti anche e soprattutto nel momento della malattia e del fine vita.
Il malato non può fare a meno degli altri, è fragile e da solo non può bastare a se stesso.
La relazione però non può e non deve essere solo di accudimento, ma c’è esigenza di una relazione d’affetto, perché la relazione ci allontana dal “delirio di onnipotenza” e dall’ideologia dell’autodeterminazione.
La sostanza del problema è che la legge in fieri non valorizzava originariamente il rapporto medico/paziente, in quanto il medico veniva percepito ed inteso come un soggetto che impone d’imperio la cura ed il trattamento sanitario contro la volontà del paziente e prevaricando la stessa. Il medico era trattato come un intruso fra l’individuo e la sua libertà personale.
Il prof. Pessina ritiene che nell’epoca contemporanea le persone hanno molto più paura dei tempi lunghi della malattia e della dipendenza più che della morte.
La fatica della dipendenza e dei legami che questa genera è per lui quello che fa propendere i cittadini a rispondere sì alla domanda sull’eutanasia.
Il consenso informato è diventato il fondamento dell’atto medico, ma a suo parere il consenso informato è lo strumento con cui il medico cerca di attuare la cura. Secondo il prof. Pessina è impossibile per un paziente comprendere veramente il consenso informato anche per come i modelli sono formulati.
Per il filosofo Pessina le DAT possono essere un mezzo per lo Stato per sdoganare di fatto l’eutanasia con una deriva in questo senso, oppure possono essere una “coperta di Linus” per far credere al soggetto che è libero di decidere per sè, quando in realtà poi a decidere di lui subentreranno il giudice, l’amministratore sostegno, ecc.
Il soggetto non potrà magari più esprimersi per manifestare un suo eventuale ripensamento.
Fondamentale è che si possano scegliere i criteri ai quali si dovrà attenere un domani chi dovrà decidere per il paziente.
Cappato dice che nessuno è/sarà obbligato a fare DAT o testamento biologico.
L’importante è che ciascuno sia libero di decidere per se stesso nel rispetto della libertà dell’altro. Cappato è a favore delle cure palliative, ma dice anche che lo Stato ha il dovere di riconoscere che un soggetto possa decidere per se stesso.
Ci sono casi in cui la legge attuale già consente di riconoscere la propria libertà. Ma le norme ad oggi vigenti non garantiscono che la scelta dell’individuo sia rispettata. Il “delirio di onnipotenza” è quello che consente ad un terzo di disattendere le volontà precedentemente espresse da un soggetto, imponendogli, quasi esercitando una sorta di violenza, scelte e trattamenti non voluti. Il paziente ha quindi diritto di dire basta alle cure.
L’onorevole Binetti precisa che la preziosità cattolica della dignità della morte non vuole e non cerca comunque l’accanimento.
La legge non può ordinare a dei soggetti di interrompere le cure nè sostituire il rischio naturale della morte con una sentenza di morte (ricordando il caso recente del bimbo neonato inglese per il quale i giudici hanno ordinato di staccare la spina).
L’onorevole Binetti sostiene che è necessario che alle persone sia ben spiegato lo strumento delle DAT, in modo che chi decidesse di ricorrervi lo faccia in modo consapevole e non superficiale. Sottolinea inoltre come le cure palliative, ammesse, e la ricerca scientifica siano testimonianza  di uno Stato che vuole garantire assistenza e cura ai cittadini, sempre nella promozione del rapporto medico/paziente.
Il moderatore propone una riflessione:
no eutanasia, no accanimento terapeutico e no abbandono terapeutico, come il medico potrà conciliare questi aspetti?
Il Prof. Galimberti dice che il medico deve parlare, spiegare, chiarire le varie possibilità al paziente e questo potrà poi scegliere. A suo avviso, ogni protocollo che il medico sarebbe obbligato a seguire equivale a violenza.
Il principio è che si deve nascere, vivere e morire per natura, ma oggi non è più così! Ormai l’etica diventa patetica perché dove la tecnica può intervenire prima o poi lo farà è difficilmente si potrà impedire questo.
Il Prof. Pessina sostiene che si possono trovare punti di contatto: la pianificazione dei trattamenti non è uguale alle DAT, perché interviene quando la persona è già nell’esperienza della malattia.
Molto spesso i medici già applicano la sospensione dei trattamenti. In un momento, che si pone tra la diagnosi della malattia e l’inizio della lotta contro la stessa,  in cui il mio corpo “vissuto” è diverso dal corpo “saputo” che mi viene prefigurato dalla medicina, è più facile voler morire che voler affrontare il dolore e la sofferenza. Si deve specificare quali contenuti dobbiamo garantire al paziente. Se si stabilisce per legge un diritto si impone anche a qualcun altro un dovere e per questo ci deve essere condivisione di valori profonda.
Cappato sostiene che oggi c’è già il diritto di rinunciare ai trattamenti, di avere sedazione in assenza dei medesimi e di dare indicazioni per il caso in cui non si dovesse essere più in grado di esprimere la propria volontà, però oggi non c’è nulla, nessuna norma, che garantisca che i medici e le strutture sanitarie abbiano il dovere di rispettare queste scelte dei pazienti.
L’onorevole Binetti conclude che si può fare molto per far comprendere la portata delle previsioni di questa legge, per far capire ai medici che è necessario migliorare e rendere più efficace la comunicazione col paziente. Sostiene altresì che la politica debba adoperarsi per promuovere e sostenere la cura e la salute dei cittadini.
Il prof. Galimberti reputa che il medico dovrà rispettare le leggi a prescindere dalla sua etica personale.
Il prof. Pessina si augura infine che non ci sia bisogno delle DAT per avere un rapporto chiaro e di fiducia tra medico e paziente.

Modera la seconda tavola rotonda la giornalista, Simona D’Alessio.

“Disposizioni anticipate di trattamento, quale disciplina”.

(Sintesi curata da Gabriella Quatraro e Alessandro Ottolina)

Partecipano:

Barbara Randazzo, docente di Diritto Costituzionale

Luciano Eusebi, docente di Diritto Penale

Andrea Nicolussi, docente di Diritto Civile

Enrico Sironi, Consiglio Nazionale del Notariato

Filippo Anelli, membro del direttivo nazionale di FIMMG

La giornalista Simona D’Alessio (ANSA) presenta la seconda tavola rotonda, introducendo gli ospiti.

Apre la discussione la Prof.ssa Barbara Randazzo, ordinario di Diritto Costituzionale dell’Università di Milano, che sottolinea la generale inadeguatezza e irrazionalità del diritto di fronte a queste problematiche antropologiche.

La Professoressa pone quindi la domanda “diritto sì o no in questo ambito?”, ritenendo vi sia la necessità di intervenire in questo campo, anche stanti le responsabilità connesse a tali scelte.

Citando il caso Englaro e ricordando la relazione dell’on. Cappato, la Prof. Randazzo richiama le pronunce della Cassazione intervenute.

Pone poi agli ascoltatori l’interrogativo di “quale legge?”, in risposta la professoressa evidenzia che condizione fondamentale per la validità dell’intervento normativo sia la sua facoltatività, affinché venga creato un obbligo bensì solo la possibilità di compiere una scelta così personale. Citando Leopoldo Elia, l’ospite sottolinea che la laicità e la pluralità dello Stato pluralità impongono oggi infatti il ricorso a leggi facoltizzanti.

In chiusura, la professoressa ricorda, in forza del combinato disposto degli artt. 2, 13 e 32 Cost., il principio di autodeterminazione non può però trasformare ogni desiderio del uomo in un diritto.

Plaude alla introduzione della legge ma ritiene che l’applicazione buona sarà fondamentale e decisiva.

Alla domanda su quali siano le criticità del testo di legge, il prof. Eusebi risponde che la cosa più importante sarà quella di individuare gli spazi di miglioramento del testo per valorizzare al meglio l’autonomia del paziente.

Andrebbe ben evidenziato che le DAT dovrebbero essere espresse dopo avere assunto adeguate informazioni mediche. Si deve arrivare ad una scelta consapevole e informata e non sembra facile individuare un contenuto essenziale che incida sulla sua validità. Si pensi a tale proposito al ruolo delicato del notaio chiamato ad attestare che ci siano i requisiti di legge.

Bisogna focalizzare l’attenzione della alleanza terapeutica, che costituisce garanzia per il malato. Un’altra criticità è evidenziata dall’articolo. 2, comma 2, dove si stabilisce che in caso di prognosi infausta a breve termine il medico deve astenersi dal prescrivere cure sproporzionate.

Ci possono però essere casi in cui si suggeriscono interventi rischiosi ma che possono assicurare salvezza. In tali ipotesi il consenso informato non occorre più.

La terapia sproporzionata non si può adottare anche se sussiste il consenso del paziente.

Nodo centrale diventa il recupero dell’alleanza terapeutica nell’interesse del paziente. L’atto unilaterale rischia di essere controproducente per la vera dignità del paziente.

 Enrico Sironi sottolinea che, al fine di delinerare il ruolo del notaio e della categoria nelle DAT, è importante distinguere due situazioni. La patologia in atto e la patologia eventuale. L’ art. 1 è relativo al primo caso e si rivolge alla persona capace, che con l’aiuto del medico si forma il consenso. Nella seconda ipotesi è orientato l’art. 5 che prevede la pianificazione di cure condivise.

Diversa è la DAT che colloca il livello del consenso in modo più basilare. Anche i modelli di testamento biologico che circolano sono molto generici. Quindi il ruolo del notaio non sostituirà mai il rapporto tra medico e paziente. Si voleva che le DAT fossero fatte solo dal notaio con l’intervento del medico. Questa tesi non è stata seguita per paura di costi troppo elevati.

Importante è la designazione del fiduciario che a distanza di tempo può decidere al posto del malato. In questo ambio diventa fondamentale l’attività del notaio e la sua funzione di adeguamento e di indagine della volontà del paziente.

Per questo non potrebbe bastare un testamento biologico olografo perché si dispone della vita e non delle sostanze.

La parola passa al Prof. Nicolussi, ordinario di Diritto Civile della Università Cattolica, che sottolinea come la posizione cattolica non debba per forza scontrarsi contro la nuova legge e che però le DAT e il consenso informato non debbano essere mitizzate, per non ricadere nella soggettivizzazione della saluta.

Le DAT sono atti unilaterali sottoposti a condizioni future e incerte e hanno a che fare con la realtà attuale, in cui i tempi della tecnica possono far sì che tali dichiarazioni siano si utili ma anche “cupe”.

Le DAT quindi devono essere riviste sotto la luce costituzionale e, in particolare, alla luce dell’art. 32 che prevede sia il principio inespresso di autodeterminazione ma anche la presenza di trattamenti sanitari obbligatori: quindi le DAT devono tenere conto del rispetto della persona umana senza attuare volontà per quale che essa sia.

Il professore inoltre ricorda La necessità di non ridurre a funzionario il medico: solo uno Stato totalitario può escludere il principio di obiezione di coscienza togliendo la libertà ai professionisti di rispettare i propri principi personali.

Il professore poi distingue tra rifiuto e rinuncia: il rifiuto delle cure è preventivo rispetto alle cure e nasce dalla relazione iniziale con il medico, mentre la rinuncia si innesta in una cura già iniziata e quindi comporta una responsabilità anche del medico in carica per la tutela del paziente.

Infine, il prof. Nicolussi si sofferma sul ruolo del notaio, evidenziando la alterità rispetto al medico e gli obblighi di informazione stringenti connessi alla stipula delle DAT.

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Convegno di Federnotai. Le dichiarazioni anticipate di trattamento ultima modifica: 2017-06-17T10:04:42+02:00 da Redazione Federnotizie
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