Compensi e concorrenza

di Arturo Brienza

L’art 147 L.N. resiste ancora al vento delle liberalizzazioni che ha spazzato via la tariffa obbligatoria con l’obbiettivo di garantire l’utente-consumatore mediante la creazione di un mercato efficiente ed economico. Tuttavia è evidente che l’interprete, adeguandosi al mutato quadro normativo, deve ritenere l’espressione “illecita concorrenza” equivalente a quella di “concorrenza sleale” ed impegnarsi in una elaborazione della casistica che produce effetti distorsivi della concorrenza sul mercato.

Art. 147 (Vigente)

1. È punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno o, nei casi più gravi, con la destituzione, il notaio che pone in essere una delle seguenti condotte:

a) compromette, in qualunque modo, con la propria condotta, nella vita pubblica o privata, la sua dignità e reputazione o il decoro e prestigio della classe notarile;

b) viola in modo non occasionale le norme deontologiche elaborate dal Consiglio nazionale del notariato;

c) fa illecita concorrenza ad altro notaio, con riduzioni di onorari, diritti o compensi, ovvero servendosi dell’opera di procacciatori di clienti, di richiami o di pubblicità non consentiti dalle norme deontologiche, o di qualunque altro mezzo non confacente al decoro ed al prestigio della classe notarile.

2. La destituzione è sempre applicata se il notaio, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per la violazione del presente articolo, vi contravviene nuovamente nei dieci anni successivi all’ultima violazione.

Art. 147 (Previgente)

Il notaro che in qualunque modo comprometta con la sua condotta nella vita pubblica o privata la sua dignità e reputazione e il decoro e prestigio della classe notarile, o con riduzioni degli onorari e diritti accessori faccia ai colleghi illecita concorrenza, è punito con la censura o con la sospensione fino ad un anno, e nei casi più gravi con la destituzione.

La destituzione sarà sempre applicata qualora il notaro, dopo essere stato condannato per due volte alla sospensione per contravvenzione alla disposizione del presente articolo, vi contravvenga nuovamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E’ indubbio ormai che l’attività notarile sia assoggettabile alla normativa antitrust:

conformemente alla consolidata giurisprudenza comunitaria e nazionale sulla natura di impresa dei professionisti, i notai, in quanto prestano stabilmente, a titolo oneroso e in forma indipendente, i propri servizi professionali, svolgono attività economica ai sensi dei principi antitrust. Si ricorda infatti che la nozione di impresa ai fini dell’applicazione delle norme in materia di concorrenza è una nozione oggettiva che prescinde dallo status giuridico, dalle modalità di organizzazione e di finanziamento del soggetto. La giurisprudenza adotta infatti un’interpretazione funzionale della nozione di impresa, in base alla quale è impresa qualsiasi soggetto che eserciti un’attività economica, ossia un’attività consistente nell’offrire beni e servizi sul mercato.

Giova inoltre ricordare che, in base alla giurisprudenza nazionale e comunitaria, le prestazioni notarili non si sottraggono all’applicazione del diritto della concorrenza.

In particolare, è irrilevante a tal fine il fatto che i notai agiscano perseguendo un obiettivo di interesse generale, giacché, come recentemente sottolineato dalla Corte di Giustizia, tale caratteristica non è unicamente prerogativa della professione notarile, ma è propria di numerose attività svolte nell’ambito di diverse professioni regolamentate:

“… i notai, ‘nei limiti delle loro rispettive competenze territoriali’, esercitano la loro professione ‘in condizioni di concorrenza’; e la circostanza che le attività notarili perseguano obiettivi di interesse generale, miranti in particolare a garantire la legalità e la certezza del diritto degli atti conclusi tra privati, non è sufficiente a far considerare quelle attività come una forma di “partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri” (Provvedimento dell’Antitrust del 30 maggio 2013 n. 1749 a carico del CND di Milano).

Le osservazioni critiche a tale indirizzo non sono valse a contenere l’impulso liberista che ha prodotto al contrario una serie di ulteriori interventi (competenza distrettuale, aumento dei posti in tabella, ecc.) applicati all’attività notarile; tali critiche, tutte respinte, possono essere così sintetizzate:

  1. l’atto notarile è stato definito anche quale “bene pubblico” poiché la certezza dei diritti non riguarda soltanto le attuali parti interessate da una data transazione, ma tutte le potenziali parti che, a vario titolo, si confronteranno con il flusso di diritti e di doveri che dall’atto notarile possano derivare;
  2. la funzione economica dell’atto notarile si propaga quindi dalle parti transattive attuali al sistema nel suo complesso. Si generano così esternalità positive cioè non solo benefici privati per i futuri acquirenti-venditori, ma anche benefici pubblici per il sistema nel suo complesso; tali benefici non passano attraverso il “mercato” poiché solo attraverso il buon funzionamento del “mercato dei diritti” si potranno ottenere transazioni efficienti;
  3. il costo efficiente dell’atto notarile è il più basso costo transattivo tra quelli possibili per mantenere un sistema giuridico di sostegno al sistema economico. Solo dunque ove si assuma che i mercati possano funzionare perfettamente in via indipendente dal sistema giuridico, si può immaginare che l’atto notarile non svolga alcuna funzione sociale;
  4. la professione notarile interviene nei processi di attuazione dell’ordine giuridico e tale intervento, tenuto conto della rilevante funzione antiprocessuale (o di giustizia preventiva), presenta profili di rilevanza costituzionale. La prestazione notarile, a differenza di quanto accade in altre professioni, immette infatti nella circolazione giuridica un titolo, produttivo di rilevanti effetti erga omnes;
  5. la liberalizzazione tariffaria concerne solo l’attività libero professionale e non quella connessa con l’esercizio della pubblica funzione;
  6. il compenso professionale deve in ogni caso essere adeguato alla resa prestazione;
  7. la concorrenza nella qualità presuppone l’assenza di concorrenza nel prezzo per le prestazioni notarili. La concorrenza di prezzo, infatti, finirebbe per generare fenomeni di riduzione della qualità media delle prestazioni notarili e, in ultima analisi, della ‘qualità dei diritti’.

Adeguandosi alla normativa liberalizzatrice la Cassazione con cinque sentenze (8 gennaio 2013 n. 3715, 17 aprile 2013 n. 9358, 23 aprile 2013 n. 9793, 24 aprile 2013 n. 10042 e 2 maggio 2013 n. 10234) ha chiuso in modo definitivo la stagione della speranza di un ritorno alle tariffe professionali stabilite dai CND, statuendo che il Notaio che offre sistematicamente la propria prestazione ad onorari più contenuti rispetto a quelli derivanti dall’applicazione della tariffa notarile, non pone in essere, per ciò solo, un comportamento di illecita concorrenza, in violazione dell’art. 147, comma 1, lett. c), l. not.

Queste decisioni pur essendo spiacevoli perché tolgono uno strumento probabilmente insostituibile all’azione contro i predatori, tuttavia non hanno creato un vuoto normativo assoluto; anzi esse vanno prese come se i giudici ci volessero offrire una serie di ancoraggi tutt’altro che effimeri, sui quali fondare un’azione di difesa della categoria, di fatto scrivendo i limiti disciplinari alle condotte concorrenziali dei notai.

Dunque il notariato deve accettare la sfida del mito dell’ “efficienza del mercato” e governare il passaggio: “Reagire significa piuttosto ricercare gli ambiti e i margini di compatibilità dei nuovi indirizzi liberalizzanti con il modello del notariato latino, che va salvaguardato nella sua autentica identità” (F.D. Busnelli in Notariato n. 3/2016 pag.205).

Paradossalmente, è proprio dalla giurisprudenza più avveduta che giungono indicazioni utili alla individuazione di quegli ambiti e margini di compatibilità con il mito del mercato e della concorrenza.

… Ferma l’irrilevanza disciplinare della mera adozione, da parte del notaio, di comportamenti di prezzo indipendenti sul mercato, l’estensione dell’autonomia privata, con la conseguente possibilità di pattuire compensi inferiori rispetto a quelli discendenti dalla applicazione della tariffa, non deve in ogni caso tradursi in un pregiudizio per il cliente in termini di qualità della prestazione …

Di qui l’importanza, per un verso, della previsione di regole deontologiche che quella qualità consentano sempre di assicurare, in conformità delle speciali e peculiari caratteristiche tecniche della professione notarile. Il notaio, infatti, giurista di alta qualificazione che accede alla professione a seguito di una rigorosa selezione e sottoposto a vigilanza e controlli ispettivi anche a fini disciplinari, è un pubblico ufficiale con il compito di attribuire agli atti di cui è autore il carattere di autenticità, assicurandone al contempo la conservazione, l’efficacia probatoria e la forza esecutiva; ed il suo intervento, tanto per la consulenza che fornisce in modo imparziale ma attivo alle parti, come per la redazione del documento autentico che ne è il risultato, conferisce all’utente del diritto la sicurezza giuridica e, prevenendo possibili liti, costituisce un elemento indispensabile per la stessa amministrazione della giustizia. Ma come la tariffa non è di per sé garanzia della qualità della prestazione, cosi la deroga alla tariffa con la pattuizione di un compenso più basso rispetto alla stessa non equivale in alcun modo a prestazione scadente.

Di qui, ancora, la sanzionabilità, sotto il profilo disciplinare, dell’illecita concorrenza realizzata attraverso comportamenti del notaio contrari ai doveri di correttezza professionale o servendosi di altri mezzi non confacenti al decoro ed al prestigio della classe notarile, come il citato art. 147, comma 1, lettera e, continua a prevedere, una volta venuto meno, per abrogazione, il riferimento alla condotta di riduzioni di onorari, diritti o compensi. Il che avviene, a titolo esemplificativo, quando il notaio esegua la propria prestazione in modo sistematicamente frettoloso o compiacente o violi il principio di personalità della prestazione, ovvero provveda a documentare irregolarmente, anche dal punto di vista fiscale, la prestazione resa, o ponga in essere comportamenti di impronta prettamente commerciale non confacenti all’etica professionale (si pensi all’ acquisizione di rapporti di clientela a mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza o al decoro, o, ancora, all’offerta di servizi, come finanziamenti e anticipazioni di somme, che non rientrano nell’esercizio dell’ attività notarile) o non adeguati alla diligenza del professionista avveduto e scrupoloso, o che possano comunque nuocere alla sua indipendenza, alla sua imparzialità e alla sua qualità di pubblico ufficiale”…

Al Collegio non sfugge la delicatezza delle questioni poste con il ricorso, abilmente illustrate in udienza, con riguardo al “decoro professionale” e al rischio che una indiscriminata politica di ribassi tariffari possa pregiudicare il ruolo stesso del notaio.

Va però ribattuto che la difesa della figura del professionista notaio e della deontologia che connota questa peculiare attività non può essere più affidata alla rigida osservanza dello strumento tariffario, ormai, come si è visto, inadeguato rispetto alle esigenze emerse a livello legislativo.

Si possono però individuare, sul piano disciplinare che qui rileva, almeno due versanti di “tenuta” dell’equilibrio tra professionalità e regime dei compensi.

Il primo attiene a condotte concorrenzialmente scorrette o anche soltanto predatorie, che si caratterizzino cioè per politiche di mercato, conosciute nel diritto industriale e descritte in dottrina e giurisprudenza, che mirano a ostacolare una concorrenza effettiva nel mercato e non a realizzarne i benefici effetti.

Il secondo versante di sviluppo dell’azione disciplinare attiene alla verifica, ben più incisiva di quanto indirettamente sin qui ottenuto mediante il controllo sull’osservanza delle tariffe, del rispetto dei criteri di personalità, territorialità e qualità della prestazione, di adeguatezza di essa, di congruità tra quanto attestato e la tempistica necessaria alla preparazione, spiegazione e formalizzazione dell’atto.

Le argomentazioni spese in ricorso a tutela del decoro professionale sottendono, senza dirlo, questo timore: che l’attività serialmente prestata, previo disinvolto accaparramento dei clienti, si riveli carente sotto il livello qualitativo, fidando sulla incapacità della clientela di rendersi conto dell’insufficiente rigore e della (in)completezza della prestazione ricevuta.

Ciò però impegna gli organismi di controllo a verifiche adeguate a questa prospettiva, senza poter fidare sulla scorciatoia ~ non più praticabile – di prevenire o interdire questi comportamenti con una sostanziale equiparazione dei compensi (tramite le tariffe), che rendeva inutile per il cliente la ricerca del minor costo e costituiva filtro indiretto della caduta di professionalità causata da un’attività sviluppata quantitativamente grazie ai ribassi” (Sentenza n. 9793 del 23 aprile 2013 e in termini identici Cassazione 14 febbraio 2013 n. 3715).

Ancora la Cassazione ha statuito che:

“… compromette la dignità e la reputazione del Notaio (insieme con il decoro e il prestigio della classe notarile) l’operare in modo da dare vita a un “rapporto del tutto impersonale con i clienti, non conosciuti prima dell’incontro finale per la stipula per evidente carenza di tempo” determinata dall’elevata media di atti stipulati in un solo giorno “che certo non consente di sviscerare al momento della stipula le problematiche relative all’atto (…), cosi ingenerando nella clientela stessa la convinzione della fungibilità della prestazione del Notaio con quella di collaboratori e ausiliari, a cui ha delegato la stessa funzione notarile ed in tal modo accreditando nella clientela l’erronea convinzione che l’attività notarile possa legittimamente essere svolta con un’organizzazione di tipo industriale nella quale al Notaio viene riservato un compito meramente formale” (Cassazione 3 giugno 2015 che conferma ordinanza della Corte d’Appello Milano 6 maggio 2014).

Solo apparentemente in contrasto in una successiva decisione si legge:

Non viola il principio di personalità della prestazione né il decoro ed il prestigio della classe notarile il notaio che, pur rogando un elevato numero di atti, sia in grado di adempiere perfettamente alla sua funzione. L’incompatibilità tra il numero di atti rogati dal notaio e l’ora di sottoscrizione ravvicinata tra gli stessi è presunzione che deve essere sorretta da specifica motivazione in fatto, potendo i giudici di merito far ricorso ai poteri istruttori riconosciuti dalla Legge Notarile” (Sentenza n. 20787 del 14 ottobre 2015).

Occorre rilevare a questo punto che i vigenti “Principi di deontologia professionale dei notai” non sono in grado di far fronte al mutato quadro normativo e giurisprudenziale; infatti il Consiglio Nazionale, recependo le indicazioni della giurisprudenza, nella seduta del 22 luglio 2016 ha deliberato di predisporre un testo di Codice deontologico, da presentare al prossimo Congresso nazionale da tenersi nella primavera 2017, indicando ai consiglieri responsabili del settore deontologico alcune linee guida; se ne riportano qui le più significative:

– un necessario punto di equilibrio tra le esigenze dell’utenza e dello Stato da una parte e quelle della categoria notarile dall’altra, è rappresentato dalla finalità di assicurare ai destinatari dei servizi notarili prestazioni caratterizzate perfettamente dall’applicazione dei principi fondamentali della “funzione pubblica notarile”: indipendenza, imparzialità, terzietà, lealtà fiscale, personalità, qualità, correttezza, diligenza. Ne deriva, conseguentemente, che i destinatari delle prestazioni di servizi notarili debbano essere qualificati “cittadini” ed “utenti”, ed in generale “utenza”, e non “clienti e “clientela”, per sottolineare che la prestazione dei servizi notarili, per quanto ampiamente disciplinata da norme privatistiche, non sfugge ad una intensa disciplina pubblica di cui i principi deontologici sono piena espressione;

– individuazione di regole e principi fondamentali alla luce dei quali risolvere ogni incertezza interpretativa ed applicativa, potenziando fortemente: a) il principio di personalità nelle varie fasi di svolgimento dell’incarico (con conferma piena del divieto di procacciamento e/o di intermediazione, comunque praticata, nell’assunzione dell’incarico, a danno dell’utenza, ciò che peraltro contravviene anche al principio di indipendenza, e del divieto di generica esternalizzazione della prestazione); b) il principio di qualità; entrambi costantemente utilizzati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione degli ultimi anni a difesa della collettività e del sistema “sicurezza e qualità giuridica” del sistema notariato italiano; c) il principio di indipendenza (con necessaria attenzione e disciplina circa l’efficienza e l’equilibrio patrimoniale e finanziario dello studio notarile);

– maggiore dignità per il principio di lealtà fiscale, peraltro già esistente (regolarità negli adempimenti fiscali e previdenziali dello studio, regolarità e correttezza nella tassazione degli atti e nel pagamento delle imposte in nome e conto delle parti, corretta ed efficiente gestione contabile, corretta esposizione delle voci in fattura);

– ammodernamento dei Capi III e IV del Titolo II “degli atti in generale e di alcuni tipi di atti”, alla luce delle esigenze di economicità, celerità, digitalizzazione e qualità della prestazione e delle intervenute modifiche legislative.” 

Tuttavia a prescindere dalla futura, e si spera rapida, riscrittura del Codice deontologico il CND può continuare la sua azione di vigilanza sviluppando ed integrando quelle linee di tendenza che aveva enunciato da circa un decennio:

“… non esiste alcun limite quantitativo prefissato all’ammontare degli onorari repertoriali o al numero degli atti ricevuti, nell’ovvia considerazione che vengano rispettati i doveri prescritti dalla legge e dalla deontologia. La variegata tipologia degli atti, le capacità organizzative e le qualità personali di ciascun notaio sono caratteristiche così variabili da non rendere possibile l’adozione di criteri standard predeterminati ed uniformi. D’altra parte l’attività professionale non può essere assimilata in modo semplicistico ad una mera attività economica di tipo imprenditoriale: il professionista intellettuale, e in particolare, il notaio non è un imprenditore. Le peculiarità dell’attività notarile, che realizzano una convergenza di interessi pubblici e privati, pongono il “prodotto” notarile, cioè l’atto, al di fuori di questa logica esclusivamente economica mirante al massimo profitto, poiché la protezione della pubblica fede, la forza probatoria dell’atto notarile, la tutela del cliente/consumatore, il dovere di informazione e chiarimento, la funzione di adeguamento, e, infine, l’assenza di rischio d’impresa, impediscono l’equiparazione professionista=imprenditore e funzionano allo stesso tempo da limite alla delegabilità delle funzioni notarili. Questo Consiglio ritiene pertanto che solo all’imprenditore è consentito un affidamento anche totale della responsabilità di gestione potendo essere le sue direttive non necessariamente specifiche e reiterate; peraltro le direttive dell’imprenditore possono essere impartite inizialmente una volta per tutte, mentre i controlli, che pure possono essere affidati ad altri, possono limitarsi alla verifica a campione della buona riuscita della lavorazione o del prodotto: il prodotto difettoso, se immesso nella rete commerciale, viene sostituito con le scuse al cliente. Al prodotto notarile, cioè l’atto, non è possibile applicare una tale logica poiché se “difettoso” esso produce danni, ai privati e al sistema, non facilmente eliminabili. L’attività notarile non è “mercato del prodotto” ed il suo esercizio non potrà mai pregiudicare la personalità della prestazione il cui momento culminante è costituito dall’attività di adeguamento”.

Il rispetto dei principi deontologici caratterizzanti l’attività notarile non è collegato alla mole degli atti formati dal Notaio poiché può lavorare male colui che lavora poco e viceversa lavorare bene colui che lavora molto”.

Nonostante la piena consapevolezza da parte del CNM dei “paletti” all’interno dei quali svolgere la doverosa attività di vigilanza, è intervenuta di recente, creando una situazione di grave instabilità ed incertezza, l’Autorità Antitrust che ha avviato una nuova istruttoria ancora una volta nei confronti del Consiglio Notarile di Milano sul presupposto che l’attività di monitoraggio (significativamente e riduttivamente definita quale “attività di scrutinio”) posta in essere dal Consiglio sia diretta ad acquisire informazioni dettagliate “sul comportamento economico dei soggetti vigilati” “facendo strumentalmente leva sulla violazione del principio di personalità della prestazione”…”ancorando tale principio al superamento di una soglia quantitativa di atti al giorno, oltre la quale scatterebbe una presunzione di violazione del principio della personalità di prestazione, con le relative conseguenze sul piano disciplinare, a prescindere da qualsiasi valutazione sulla qualità della prestazione e il corretto esercizio della stessa”.

Tale iniziativa appare sproporzionata ed eccessiva soprattutto in relazione alle modalità di acquisizione delle prove sulla presunta condotta anticoncorrenziale del CNM; l’iniziativa solleva delicati problemi di competenza poiché solo al Ministero della Giustizia compete l’alta vigilanza sui Consigli Notarili e si pone inoltre in contrasto con il chiaro orientamento della Cassazione:

Deve tuttavia affermarsi che il Consiglio notarile, quando assuma l’iniziativa del procedimento disciplinare, eserciti, in adempimento dello specifico compito di vigilanza del decoro nella professione e nella condotta dei notai iscritti ad esso affidato dalla legge, la gestione di “servizi di interesse economico generale”, e sia perciò esente dall’applicabilità delle norme in tema tutela della concorrenza e del mercato, ai sensi dell’art. 8, comma 2, legge n. 287/1990. La ragione di questa esenzione trova il proprio fondamento nel fatto che tali servizi, benché esercitati da imprese, sono funzionali ad obiettivi extraeconomici d’interesse generale, essendo volti a soddisfare esigenze di carattere sociale, ambientale, culturale e simili, facenti capo ad un’indeterminata platea di soggetti. Peraltro, la necessità di bilanciamento tra tale interesse economico generale e la ratio cui è ispirata la normativa sulla concorrenza impone che la deroga all’operatività delle disposizioni a tutela della concorrenza sia ravvisabile soltanto per quei comportamenti che appaiano strettamente connessi all’adempimento degli specifici compiti affidati all’impresa. L’esenzione del Consiglio notarile dalla normativa sulla concorrenza e sul mercato, allorquando esso eserciti funzione disciplinare, deriva, allora, dalla considerazione che in tale veste il Consiglio è portatore di un interesse all’esatta applicazione della sanzione, che gli deriva dalla spettanza in capo all’Ordine del compito di elaborare i principi di deontologia professionale (la cui enunciazione è rimessa istituzionalmente al Consiglio nazionale del Notariato dall’art. 2, lettera f, della legge 3 agosto 1949, n. 577), e di vigilare che tali regole siano osservate insieme a quelle poste dal legislatore, in quanto assumono rilevanza disciplinare (Cass., sez. un., 26 giugno 2002, n. 9328; Cass. 24 ottobre 2003, n. 16006). Nella delibera di esercizio della vigilanza disciplinare, il Consiglio notarile adempie, in sostanza, una funzione sociale fondata sul principio di solidarietà ed esercita prerogative tipiche dei pubblici poteri (cfr. Corte di Giustizia, 19 febbraio 2002, causa C-309/99 Wouters e altri v. Algemene Raad van de Nederlandse Orde van Advocaten), e non regola i comportamenti economici dei notai, ovvero l’attività economica dagli stessi svolta, consistente nell’offerta di servizi sul mercato.”  (Cassazione 5 maggio 2016 n. 9041).

In sintesi: i Consigli esercitano “prerogative tipiche dei pubblici poteri” finalizzate al perseguimento di “obiettivi extraeconomici d’interesse generale” in quanto volte a “soddisfare esigenze di carattere sociale, ambientale, culturale e simili, facenti capo ad un’indeterminata platea di soggetti”. Esigenze di fronte alle quali le ragioni della concorrenza cedono il passo.

Così delineata la situazione, fatte però le più ampie riserve sul recente intervento dell’Antitrust, è necessario ribadire che i criteri dell’attività di vigilanza, ed eventualmente anche dell’istruttoria dibattimentale, devono continuare a prescindere, come per il passato, dal dato economico ed escludere qualsiasi presunzione e/o automatismo sanzionatorio collegato alla quantità degli atti e all’orario di sottoscrizione; mole degli atti ed orari di sottoscrizione costituiscono solo indizi che richiedono un’istruttoria approfondita e motivata in relazione al rispetto dei canoni fondamentali dell’attività (personalità, adeguamento, lealtà fiscale, doveri di informazione e chiarimento, ecc…). Sarà altresì necessario discriminare nella mole degli atti in osservazione la loro tipologia e la loro complessità per ricostruire correttamente il comportamento del notaio; a tal fine anche i dati statistici trasmessi ed acquisiti dall’Archivio da ciascun notaio sono particolarmente utili per raggruppare gli atti per categorie omogene. Infine in omaggio ai principi di trasparenza ed imparzialità dell’azione amministrativa, il CN dovrebbe programmare e rendere nota un’attività di screening sulla base dei dati repertoriali (onorari, quote spettanti a Cassa e Consiglio) acquisiti d’ufficio essendo trasmessi annualmente dall’Archivio al Consiglio per la determinazione e riscossione della tassa consiliare senza, al momento, richiedere ai notai dati erroneamente ritenuti sensibili (documentazione contabile e fiscale); una volta acquisiti tali dati dall’Archivio occorrerà suddividerli per fasce repertoriali e, successivamente, estrarre a sorte in ciascuna fascia i nominativi da monitorare e da sottoporre al “controllo di qualità”. Naturalmente il Consiglio dovrà sempre attivare le necessarie verifiche a fronte di eventuali esposti che siano circostanziati o che abbiano elementi di verosimiglianza.

Questa prospettiva può rilanciare un’ampia e leale intesa tra le due Istituzioni, Archivio Notarile e Consiglio Notarile, preposte a difesa del corretto esercizio della professione notarile; una collaborazione storica, indispensabile e preziosa che ha già dato molti positivi risultati e ancora ne darà. Parimenti potrà essere intensificata la collaborazione con l’Agenzia delle Entrate che condivide con il notariato l’interesse ad una corretta e tempestiva liquidazione degli atti la cui inosservanza danneggia l’Erario e lede il decoro e la dignità della categoria. Intese di fatto tra tutte queste Istituzioni si sono già sviluppate anche se non in modo organico e permanente; il Consiglio potrà dare il massimo impulso all’applicazione dell’art. 93-bis L.N. il cui testo è utile ricordare:

“… Al fine di controllare il regolare esercizio dell’attività notarile, i consigli notarili distrettuali, tramite il presidente o un loro componente, delegato dal consiglio, possono: 

a) effettuare accessi agli studi ed esaminare atti, repertori, indici, registri, libri e documenti contabili del notaio nonché richiedere, anche periodicamente, informazioni e l’esibizione di documenti, estratti repertoriali, atti, registri e libri anche di natura fiscale;

b) esaminare gli estratti repertoriali conservati presso gli archivi notarili distrettuali con facoltà di ottenerne copia, dandone preventivo avviso ai notai interessati;

c) assumere informazioni presso le amministrazioni e gli uffici pubblici”.

In stretta relazione con tale norma e a sostegno delle potenzialità operative della stessa, occorre ricordare anche le seguenti disposizioni:

“Art. 129 L.N.

2. Il presidente del consiglio notarile distrettuale o il consigliere da lui delegato rilevano, in occasione dell’ispezione, anche le violazioni delle norme deontologiche.

Nel caso di cui alla lettera b) del comma 1, l’ispettore informa il consiglio notarile distrettuale competente per l’azione disciplinare delle violazioni deontologiche riscontrate.

3. Gli archivi notarili forniscono al consiglio notarile distrettuale tutti gli elementi in loro possesso in merito a tali violazioni”.

Decreto Legislativo 18 dicembre 1997 n. 463:

 Articolo 3 ter … “Nel caso di dolo o colpa grave nell’autoliquidazione delle imposte, gli uffici segnalano le irregolarità agli organi di controllo competenti per l’adozione dei conseguenti provvedimenti disciplinari. Per i notai è ammessa la compensazione di tutte le somme versate in eccesso in sede di autoliquidazione con le imposte dovute per atti di data posteriore, con conseguente esclusione della possibilità di richiedere il rimborso all’Amministrazione finanziaria”.

 

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Compensi e concorrenza ultima modifica: 2017-02-10T07:48:18+01:00 da Redazione Federnotizie
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