Il d.lgs. 12 gennaio 2019 n.14 rielabora le modalità di gestione delle situazioni di crisi e di insolvenza del debitore, apportando delle importanti novità alla disciplina delle procedure concorsuali.
Il legislatore, difatti, traendo spunto dai dettami europei[1] e dai principi dell’UNCITRAL, ha strutturato la riforma sulla base dei capisaldi della “prevenzione” e della “regolazione concordata”[2], introducendo delle procedure di superamento dello stato di crisi e di insolvenza del debitore, tentando – quando si tratta di imprese – di preservare la continuità dell’attività aziendale, convinto che la cessazione dell’attività imprenditoriale danneggi eccessivamente il debitore, i creditori e l’equilibrio dei mercati.
La liquidazione giudiziale (prima definita “fallimento”) costituisce quindi la extrema ratio.[3]
Per meglio comprendere la portata della riforma, è necessario tracciarne gli ambiti soggettivi e oggettivi e i profili temporali di applicazione.
L’ambito soggettivo
Obiettivo del legislatore era quello di disciplinare compiutamente le fattispecie della crisi e dell’insolvenza del debitore, indipendentemente dalla sua qualificazione come imprenditore, consumatore o professionista.
Tale obiettivo non è stato, però, completamente conseguito.
Il codice difatti si applica all’“impresa”, che esercita, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, come persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo o gruppo di imprese, ma prevede delle eccezioni per le società pubbliche e le grandi imprese. Continua a leggere