Amministrazione di sostegno e donazione: un binomio possibile

Al Giudice Tutelare presso il Tribunale di Modena è stato richiesto di autorizzare un contratto di donazione (.PDF) avente quale donante una persona beneficiaria di amministrazione di sostegno.

Nel caso concreto non residuava, in capo alla beneficiaria di ADS, un livello di capacità naturale tale da consentirle di esprimere validamente una attuale volontà di donare.

Il Giudice deve, pertanto, valutare se la donazione possa essere conclusa dall’ADS, in rappresentanza della beneficiaria.

Nell’ambito del suo ragionamento il Giudice ipotizza tre possibili scenari.

Il Giudice potrebbe estendere il divieto di cui all’art. 774 c.c., attraverso lo strumento di cui all’art. 411, u.c., c.c.. Così facendo la beneficiaria non sarebbe ammessa a donare, e non ci si dovrebbe occupare del tema della rappresentanza. L’istanza dovrebbe quindi essere rigettata, ovvero disposto un “non luogo a provvedere”.

La seconda alternativa per il Giudice sarebbe quella di ritenere che il richiamo all’art. 375 c.c. contenuto, nel caso concreto, nel decreto di nomina dell’ADS, in qualche modo si riverberi anche sulla capacità di cui all’art. 774 c.c.. La beneficiaria, non potendo disporre pienamente e liberamente dei propri beni, non potrebbe donare. L’esito sarebbe, quindi, il medesimo di cui allo scenario precedente.

Il Giudice Tutelare sceglie, invece, di intraprendere una terza strada, più innovativa e coraggiosa.

Il Giudice ritiene, infatti, che la capacità donativa della beneficiaria debba ritenersi integra.

La strada intrapresa dal Giudice pone, allora, la questione della ammissibilità, o meno, de jure condito, di una valida manifestazione da parte dell’ADS di un animus donandi che la beneficiaria non sia in grado di esprimere alla attualità.

A sostegno della ammissibilità milita, a parere del Giudice, la duplice considerazione che:

  • la sostituzione è pacificamente ammessa anche in riferimento al compimento di altri atti cd. personalissimi, che coinvolgono financo il bene della vita;
  • non ammettere sostituzione nell’esercizio di un diritto di chi non possa materialmente esercitarlo, si traduce nella privazione del diritto medesimo, in forza dell’ostacolo rappresentato dalla patologia.

Precisa, tuttavia, il Giudice che ciò può conseguire solo ed esclusivamente alla approfondita e sufficientemente sicura ricostruzione dell’animus donandi che costituisce stato soggettivo della sola donante.

Precisa, infine, il Giudice che la donazione non pare passibile di autorizzazione espressa, poiché:

  • la stessa non è prevista dall’ordinamento, dovendosi ritenere discutibile che le donazioni possano rientrare nel concetto di “alienazioni” di cui all’art. 375 c.c., norma pensata nell’ambito di un contesto (quello della tutela dei minori e degli interdetti) in cui le donazioni sono espressamente vietate;
  • la Consulta ha rigettato la questione di legittimità costituzionale che auspicava proprio una pronuncia additiva in tal senso (“art. 774, comma 1, del codice civile, nella parte in cui non prevede che siano consentite, con le forme abilitative richieste, le donazioni da parte del beneficiario di amministrazione di sostegno”).

La comprensibile esigenza di un vaglio giudiziale, può quindi, sempre a parere del Giudice, essere soddisfatta solo per la via dell’art. 410 comma 2, c.c.. La disposizione, infatti, interpretata nella sua massima estensione, può verosimilmente ricomprendere il vaglio dell’animus donandi (quale “provvedimento opportuno”) in relazione alla donazione da compiersi.

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Amministrazione di sostegno e donazione: un binomio possibile ultima modifica: 2022-07-15T17:40:00+02:00 da Redazione Federnotizie
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