Alcune considerazioni in tema di accettazione tacita e voltura catastale

A seguito della recente ordinanza della Corte di cassazione del 22 gennaio 2020, n. 1438, si rinnova il dibattito sull’idoneità della voltura catastale a integrare i presupposti dell’accettazione tacita di eredità.

Gli atti che importano accettazione tacita di eredità sono i più vari. Tra le numerose fattispecie ritenute idonee dalla giurisprudenza vi è la presentazione della voltura catastale da parte del chiamato all’eredità. Tale inquadramento ha dato vita ad una serie di pronunce contrastanti della stessa Corte di cassazione, creando un certo disorientamento nella prassi. Parimenti, in dottrina non si riscontra piena uniformità.

di Lorezo Favaretto, dottore in Giurisprudenza

Potremmo definire la voltura come un atto, o più semplicemente una richiesta di carattere fiscale, che deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate ogniqualvolta si verifichi un mutamento nella titolarità di diritti reali su beni immobili, sia per effetto di atti inter vivos, sia per successione mortis causa.

La giurisprudenza più risalente della Cassazione aveva negato che la voltura catastale potesse integrare accettazione tacita di eredità[i]. La stessa S.C. – sin dai primi anni novanta – ha sancito l’idoneità delle volture catastali a rappresentare un valido atto di accettazione tacita, poiché trattasi di “atti al contempo fiscali e civili che rilevano non solo dal punto di vista tributario ma anche dal punto di vista civile per l’accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà̀ immobiliare e dei relativi passaggi[ii].

Più recentemente sono emerse nuove pronunce di segno opposto, che hanno messo in dubbio l’idoneità della voltura a fondare un valido atto di accettazione tacita. Nel merito, la S.C. ha avuto modo di evidenziare che “la voltura catastale non integra incondizionatamente gli estremi di un’accettazione tacita dell’eredità efficace ad ampio spettro soggettivo[iii].

Per comprendere la ratio dei diversi orientamenti è opportuno approfondire il contesto generale in cui gli stessi si collocano.

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Sembrerebbe opinione prevalente, sia in giurisprudenza sia in dottrina[iv], che atti come la presentazione della dichiarazione di successione, il pagamento della relativa imposta, nonché la trascrizione del certificato di successione (effettuata d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate e non già dal contribuente) non siano elementi idonei a fondare un atto di accettazione tacita di eredità[v].

Peraltro, non manca giurisprudenza contraria, secondo la quale la presentazione della dichiarazione può costituire indice per il giudice nella valutazione dell’assunzione della qualità di erede[vi].

Dunque, è necessario comprendere se la voltura catastale possa o meno considerarsi atto puramente fiscale, ovvero se contenga in sé anche gli “effetti civili” di cui parla la Cassazione, tenendo sempre presente la nozione di accettazione tacita di eredità di cui all’art. 476 c.c., il quale richiede: a) un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare; b) la necessaria correlazione tra tale atto e l’assunzione della qualità di erede.

Sull’interpretazione della norma, la dottrina si divide tra coloro che richiedono una valutazione soggettiva, con riguardo alle intenzioni del chiamato (animus): la volontà di accettare l’eredità si ritiene effettiva con la contezza del comportamento posto in essere, con la conoscenza della delazione e con l’appartenenza all’asse dei beni di cui il chiamato dispone[vii]; e coloro che adottano invece un approccio oggettivo, ritenendo che l’atto posto in essere dal chiamato sia un “atto giuridico in senso stretto”, ossia un atto che esplica i propri effetti indipendentemente dalla volontà di chi lo pone in essere[viii]: in altre parole, l’effetto acquisitivo prescinderebbe da qualsivoglia elemento volontaristico.

Sul versante fiscale, ad esempio, con riguardo la presentazione della dichiarazione di successione, entrambi gli orientamenti sopra esposti porterebbero ad escludere che siano integrati gli estremi dell’accettazione tacita ex 476 c.c. La dichiarazione ed il relativo pagamento dell’imposta debbono essere assolti dal chiamato in quanto tale, a prescindere dall’eventualità che lo stesso divenga successivamente erede, nonché da parte degli altri soggetti contemplati dall’art. 28, c. 2, d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346[ix].

Secondo tale disposizione il chiamato ha il dovere di presentare la dichiarazione entro dodici mesi dall’apertura della successione. L’unica chance per evitare l’obbligo di presentazione e, conseguentemente, il pagamento dell’imposta, è quella di rinunciare all’eredità, ovvero, se non nel possesso dei beni ereditari, di richiedere la nomina di un curatore dell’eredità. Come è noto, però, il codice civile assegna un termine di dieci anni (art. 480, c. 1, c.c.) ai chiamati per accettare, dando modo agli stessi di ponderare la scelta circa l’assunzione della qualità ereditaria. Con riguardo alla voltura catastale, la norma di riferimento è il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, (Perfezionamento e revisione del sistema catastale), che al c. 2 dell’art. 3 (rubricato “Obbligo di voltura catastale”) identifica i soggetti obbligati a presentare la voltura, facendoli coincidere con gli obbligati alla presentazione la dichiarazione di successione[x]. Ancora, il c. 3 del medesimo articolo stabilisce che l’obbligo di presentazione della voltura catastale dev’essere adempiuto entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della dichiarazione di successione.

Ma se è vero, come detto, che per la giurisprudenza prevalente la dichiarazione di successione non importa accettazione tacita di eredità, il coordinamento del sistema salta se, a distanza di trenta giorni, si richiede l’adempimento di un secondo obbligo il quale importa accettazione tacita.

Come è stato osservato, “il chiamato all’eredità parrebbe posto dinanzi a una stringente alternativa, che peggiora ineluttabilmente la sua condizione: violare l’obbligo di domandare la voltura catastale e conservare il diritto di ragionare se accettare o rinunziare all’eredità, ossia conservare la posizione giuridica di delato, oppure adempiere l’obbligo fiscale e acquistare, contestualmente, la posizione di erede, definitivamente smarrendo la posizione giuridica di delato e con essa il diritto di ponderare e ragionare sulla propria decisione[xi].

Per comprendere se la presentazione della voltura catastale integri accettazione tacita di eredità, non resta che coordinare le precedenti riflessioni alla luce del dettato dell’art. 476 c.c. il quale richiede:

a) un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare;

b) la necessaria correlazione tra tale atto e l’assunzione della qualità di erede.

Quanto al requisito sub a) si potrà convenire che le norme in tema di voltura impongono un obbligo – assistito da sanzione – a colui il quale, a seguito della dichiarazione di successione, entro trenta giorni ometta di presentare la voltura. Dunque, ci si chiede se sia possibile accomunare un atto compiuto in adempimento a un obbligo di legge ad un atto che presuppone necessariamente la volontà di compierlo. In quanto l’obbligo è dettato dalla legge, si sarà costretti a rispettarlo, sia volendo acquisire la qualità di erede sia non volendo: l’obbligo non si identifica e non si modula sullo status di colui al quale l’obbligo stesso è riferito[xii].

Quanto al requisito sub b) si può osservare che colui che presenta la voltura è – nella grande maggioranza dei casi – l’erede (o colui che sarà erede). Ma come precedentemente osservato, le norme fiscali operano un ampliamento soggettivo riguardo al novero degli obbligati alla presentazione della voltura (art. 3, c. 2, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 650, letto in combinato disposto con l’art. 28, c. 2), configurandosi la medesima situazione riguardo alla presentazione della dichiarazione di successione: i soggetti tenuti al rispetto dei due adempimenti sono i medesimi. In questo senso, non sembrerebbe errato propendere per un allineamento interpretativo in tal senso, anche con riguardo alla voltura, considerato l’appiglio normativo fornito dalle norme fiscali.

Ancora, l’invio della dichiarazione, il pagamento dell’imposta e la presentazione della voltura catastale potrebbero essere fattispecie, in linea di principio, assimilabili ad atti conservativi dell’asse ex art. 460, c. 2, c.c. nell’attesa che i chiamati ponderino le loro scelte in ordine all’accettazione dell’eredità. In aggiunta, si consideri che i documenti catastali hanno mera valenza fiscale e sono solamente indicativi per ciò che attiene alle vicende civilistiche dei diritti immobiliari. Tali risultanze non sono informazioni equiparabili a quelle dei registri immobiliari, i quali – ad oggi – sono i soli ad avere valore dirimente con riguardo al traffico immobiliare.

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Stante quanto sopra, non parrebbe tutto errato considerare la voltura catastale alla stregua di un atto avente esclusivo valore fiscale, anche se è bene prendere atto che la giurisprudenza che riconosce alla voltura catastale valenza anche civilistica, opera nel rispetto di interessi altrettanto meritevoli di tutela come, ad esempio, la certezza giuridica nell’assegnazione di titolarità ad un dato patrimonio in seguito alla scomparsa del suo titolare.

Alla luce delle più recenti pronunce[xiii], parrebbe che la Cassazione continui a configurare la voltura catastale alla stregua di atto comportante accettazione tacita. Si ritrovano affermazioni del seguente tenore: “secondo la dottrina più attenta, anche, la voltura catastale determinerebbe un’accettazione tacita dell’eredità, nella considerazione che, solo chi intenda accettare l’eredità, assumerebbe l’onere di effettuare tale atto e di attuare il passaggio legale della proprietà dell’immobile dal de cuius a sé stesso”.

Ad avviso di chi scrive, una tale motivazione in diritto non pare soddisfacente, per il fatto che la stessa S.C. si limita a far generica menzione di una “attenta dottrina”, senza motivare a fondo la propria scelta.

Dalla recente ordinanza citata in apertura sembra emergere come la S.C. consideri la voltura catastale come un elemento indiziario che – unitamente ad altri – può essere decisivo per l’attribuzione della qualità di erede. Nel merito, lo stesso era divenuto tale per l’assunzione della qualità ai sensi dell’art. 485 c.c. (c.d. acquisto senza accettazione) e non già per la sola presentazione della voltura: a fondare la qualità di erede vi era la presenza di una serie di elementi ulteriori quali l’abitazione nell’immobile ereditario e il pagamento degli oneri condominiali.

Secondo tale approccio, sembrerebbero integrati i c.d. “effetti civili” di cui parla la Cassazione, ma ciò non toglie che gli stessi possano assumere le sfumature più varie a seconda del caso concreto. Anche a seguito di detta ordinanza non si riscontra, dunque, una ferma presa di posizione della S.C. tale da fornire una chiara distinzione operativa tra ambito civile e fiscale.

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Alla luce delle superiori considerazioni, parrebbe possibile sostenere che vi sia ancora margine per ricondurre la presentazione della voltura catastale nel suo alveo naturale, ossia quello esclusivamente fiscale, a maggior ragione sulla base del fatto che, giova ripetere, il catasto è un registro di natura fiscale e le risultanze civilisticamente rilevanti sono quelle dei registri immobiliari. Il fatto di avere o meno un nominativo iscritto in catasto non implica che l’eredità sia stata accettata, trattandosi del rispetto di un mero obbligo imposto dal legislatore in capo al chiamato.

[i] Cass., 12 giugno 1987, n. 5135, in Giust. civ. Mass., 1987, fasc. 6.

[ii] Ex multis: Cass., 6 aprile 2017, n. 8980, in Foro it., voce Successione ereditaria; Cass., 28 febbraio 2007, n. 4783, in Mass. Giur. it., 2007; Cass., 29 marzo 2005, n. 6574, in Foro it., voce Successione ereditaria; Cass., 15 marzo 2004, n. 5252, in Guida dir., 2004, p. 59; Cass., 13 maggio 1999, n. 4756, in Mass. Giur. it., 1999; Cass., 7 luglio 1999, n. 7075, in Rep. Foro it., 1999, voce Successione ereditaria, n. 57; Cass., 27 marzo 1996, n. 2711, in Mass. Giur. it., 1996; Cass., 12 gennaio 1996, n. 178, in Corr. giur., 1993, p. 151.

[iii] Cass., 19 dicembre 2018, n. 32770, in Foro it., 2019, voce Successione ereditaria.

[iv] Visalli, La voltura catastale attua il passaggio della proprietà degli immobili? Riflessioni, in Giust. civ., 2003, I, 1094.

[v] In giurisprudenza, ex multis: Cass., 4 maggio 1999, n. 4414 (“la presentazione della denuncia di successione da parte degli eredi legittimi non comporta accettazione tacita dell’eredità da parte degli stessi, trattandosi di un atto prettamente fiscale”); Cass., 28 febbraio 2007, n. 4783, in Rep. Foro it., 2007, voce Successione ereditaria, n. 76.

[vi] Cass., 28 agosto 1986, n. 5275, in Rep. Foro it., 1986, voce Successioni, n. 37.

[vii] Cfr. Gazzoni, Manuale di diritto privato, XVIII ed., 2017, p. 451.

[viii] Perlingieri, L’acquisto dell’eredità, nel Tratt. Calvo-Perlingieri, I, 2015, p. 254 e ss.

[ix] Art. 28, c. 2: “Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all’eredità e i legatari, anche nel caso di apertura della successione per dichiarazione di morte presunta, ovvero i loro rappresentanti legali; gli immessi nel possesso temporaneo dei beni dell’assente; gli amministratori dell’eredità e i curatori delle eredità giacenti; gli esecutori testamentari”.

[x] Art. 3, c. 2: “lo stesso obbligo incombe, nei casi di trasferimenti per causa di morte, a coloro che sono tenuti alla presentazione delle denunce di successione”.

[xi] Barba, Il chiamato all’eredità e la voltura catastale, in Rass. dir. civ., 2012, p. 351.

[xii] Nella medesima prospettiva Esposito, Denuncia di successione, voltura catastale e accettazione tacita di eredità, in Notariato, 6/2012, pp. 706-707.

[xiii] Cass., 19 febbraio 2019, n. 4843, in Giust. civ. Mass.; Cass., 23 luglio 2019, n. 19833, in Giust. civ. Mass., 2019.

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Alcune considerazioni in tema di accettazione tacita e voltura catastale ultima modifica: 2020-07-21T08:30:40+02:00 da Redazione Federnotizie
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