Con la decisione n. 1P/19/471 del 24 gennaio 2019 l’Italia è stata deferita alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea a causa del mancato adeguamento dell’agevolazione fiscale prevista per i cittadini italiani emigrati all’estero che acquistano la loro prima abitazione sul territorio italiano senza l’obbligo di stabilirvi la residenza.
Detta agevolazione risulterebbe discriminatoria in quanto basata sul requisito della cittadinanza con l’effetto di differenziare il trattamento fiscale nei confronti dei cittadini degli altri stati membri dell’Unione.
Il deferimento alla Corte di Giustizia era stato preceduto da un parere motivato inviato già nel gennaio 2018 alle autorità italiane per violazione dell’art 63 del TFUE che prevede la libera circolazione dei capitali vietando tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri nonché tutte le restrizioni sui pagamenti tra Stati membri e con paesi terzi, imponendo all’Italia di comunicare le misure adottate entro due mesi.
Non avendo l’Italia fatto nulla al riguardo la causa è stata quindi iscritta a ruolo e salvo modifiche della normativa da parte dello Stato Italiano in corso di procedura, sarà la Corte stessa a decidere le sorti di detta agevolazione.
Come è noto, l’art. 1, comma 1, della Tariffa, parte prima, nota II bis allegata al T.U.R. DPR 26/4/1986 n. 131 prevede alla lettera a) ai fini del godimento dell’aliquota agevolata per la c.d. “prima casa”, fra i requisiti alternativi, nel caso in cui l’acquirente sia cittadino italiano emigrato all’estero, che l’immobile sia acquistato come prima casa sul territorio nazionale.
La norma non richiede il tal caso la necessità di trasferimento della residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile e già la circolare dell’A.E. 19/E del 1° marzo 2001 aveva chiarito come, nel caso in oggetto, non fosse necessario il requisito del trasferimento della residenza entro diciotto mesi, fermi invece gli altri presupposti che la legge richiede per l’ottenimento dell’agevolazione stessa.
La circolare dell’A.E. 38/E del 12 agosto 2005 all’art. 1 ha ribadito che “il cittadino italiano emigrato all’estero (che non ha più, quindi, la residenza in Italia) può acquistare in regime agevolato l’immobile, quale che sia l’ubicazione dello stesso sul territorio nazionale”; ovviamente, in tal caso, l’agevolazione compete qualora sussistano gli altri requisiti e, in particolare, a condizione che l’immobile sia acquistato come “prima casa” sul territorio nazionale. L’immobile può essere ubicato in qualsiasi punto del territorio nazionale, senza, peraltro, che sia necessario per l’acquirente stabilire entro diciotto mesi la residenza nel comune in cui è situato l’immobile acquistato.
In sintesi, per fruire dell’agevolazione, devono ricorrere le condizioni di cui alle lettere b) e c) della nota II-bis, mentre, considerato lo status di emigrato, non si richiede la residenza nel Comune ove è ubicato l’immobile.
La circolare 38/E del 12 agosto 2005 ha chiarito che la condizione di emigrato può essere documentata attraverso il certificato di iscrizione all’AIRE (anagrafe italiana residenti all’estero) o autocertificata dall’interessato mediante dichiarazione sostituiva di atto notorio resa nell’atto di acquisto ai sensi dell’articolo 46, D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445.
La “discriminazione” è evidente: per tutti i contribuenti, l’agevolazione spetta solo se ricorrono tutte le condizioni di cui alla nota II bis, ed in particolare che l’acquirente abbia (o stabilisca entro diciotto mesi) la residenza nel comune in cui è ubicato l’immobile acquistato.
A ben vedere detto trattamento di favore per il cittadino italiano emigrato all’estero è doppiamente discriminatorio; lo è infatti sia nei confronti dei cittadini italiani residenti sul territorio nazionale sia nei confronti dei cittadini non italiani e non residenti in Italia (e questo secondo aspetto è proprio al vaglio della Corte).
La ratio della disciplina di vantaggio per il cittadino italiano non residente si fonderebbe sul “particolare valore sociale riconosciuto al lavoro prestato all’estero e all’immigrazione (cfr. Cass., sez. VI, ordinanza n. 15617 del 9 luglio 2014) per favorire il mantenimento di un legame tra l’emigrato all’estero e lo Stato Italiano” ed opererebbe “anche in relazione alla conservazione del beneficio in caso di vendita dell’immobile nel quinquennio e riacquisto di un ulteriore immobile entro l’anno”.
In tal modo è stata chiarita l’estensione al cittadino italiano emigrato all’estero della previsione del comma 4, art. 1, parte prima Tariffa cit., che consente di non decadere dai benefici nel caso di acquisto entro un anno dall’alienazione di un’altra abitazione da adibire ad “abitazione principale”.
Sembrerebbe inoltre applicabile al cittadino italiano emigrato all’estero anche il comma 4 bis, art. 1, parte prima Tariffa cit., con la possibilità pertanto di rivendita del precedente immobile anche successivamente all’acquisto del nuovo immobile purché entro l’anno.
Il trattamento di favore nei confronti del cittadino italiano emigrato all’estero è riscontrabile anche nella prassi interpretativa dell’Agenzia delle Entrate: con la circolare 7/6/2010 n. 31/E è stato chiarito che il riacquisto di un’abitazione, anche se su territorio straniero, effettuato entro un anno dalla vendita dell’abitazione per la quale si è goduto delle agevolazioni prima casa, non comporta la decadenza dei benefici fiscali goduti, a condizione che sussistano strumenti di cooperazione amministrativa che consentano di verificare che effettivamente l’immobile acquistato all’estero sia adibito a dimora abituale.
L’Agenzia delle Entrate, con la risposta ad interpello n. 65 del 20/2/2020, ha precisato che l’Ufficio accertatore dovrà, comunque, notificare l’avviso di liquidazione per avvenuta decadenza dell’agevolazione prima casa ma il contribuente potrà opporsi con adeguata motivazione dimostrando che il riacquisto dell’immobile sul territorio straniero è avvenuto entro un anno dall’alienazione dell’abitazione acquistata con le agevolazioni e che il nuovo immobile è destinato a “dimora abituale” del contribuente. (La legge, in realtà, parla di abitazione principale, mentre la circolare citata e la risposta ad interpello utilizzano il termine “dimora abituale”).
Nell’esaminare la documentazione fornita dal contribuente l’Ufficio potrà, eventualmente, avvalersi degli strumenti di cooperazione amministrativa in vigore con lo Stato su cui si trova il bene immobile oggetto di riacquisto per le verifiche da parte dell’Amministrazione finanziaria.
A fronte di tutto ciò, la Commissione Europea ritiene il descritto trattamento fiscale di favore nei confronti del cittadino italiano emigrato all’estero discriminatorio nei confronti dei cittadini degli altri stati membri ed in contrasto con il disposto dell’art. 18 del TFUE che vieta trattamenti difformi in base al criterio della nazionalità.
E su quale sarà il giudizio della Corte non vi sono molte speranze: secondo costante giurisprudenza della stessa, il divieto di discriminazione dei cui all’art 18 del TFUE comporta il divieto di trattare in modo differente situazioni analoghe e situazioni diverse in maniera analoga; trattamenti differenti sono giustificabili solo se basati su concrete situazioni oggettive che non dipendono dalla cittadinanza dei soggetti interessati.
A maggior ragione, dal momento che l’art. 20 del TFUE prevede che chiunque abbia la cittadinanza di uno stato membro dell’Unione Europea sia “cittadino Europeo”, pare davvero difficile che la norma fiscale in oggetto possa salvarsi a meno che il legislatore italiano non decisa di estendere l’applicazione del beneficio anche ai cittadini di tutti gli stati membri.
Detta soluzione pare tuttavia oltre che non praticabile priva di motivazioni logiche, giuridiche ed economiche perché sarebbe volta a favorire l’acquisto di immobili con aliquota assai favorevole da parte di cittadini di tutti gli altri stati membri dell’Unione mentre i cittadini italiani ne potrebbero usufruire solo a determinate condizioni più restrittive.
L’Italia insomma non vuole saperne di modificare il trattamento di favore riservato al cittadino emigrato all’estero: attendiamo pertanto la scure della Corte di Giustizia e le relative sanzioni.

AUTORE

Nata nel 1971, è notaio dall’anno 1999 con studio a Lonato del Garda e Chiari (BS). È stata docente della Scuola di Notariato della Lombardia dal 1999 al 2004 per il Corso di volontaria giurisdizione e consigliere dell’Ufficio Studi presso il Consiglio Notarile di Brescia. Organizza corsi e tiene seminari e conferenze. In particolare, si occupa di diritto comparato, successioni internazionali e antiriciclaggio.