Agevolazione “prima casa” e reiterazione dei benefici

La possidenza di un’abitazione agevolata, anche se ritenuta non idonea a fini abitativi, non consente la reiterazione dei benefici.

La titolarità di un immobile acquistato fruendo dei benefici “prima casa”, per quanto ritenuto dal contribuente inidoneo a realizzare i suoi concreti bisogni abitativi, preclude allo stesso di avvalersi nuovamente delle agevolazioni per l’acquisto di un’altra abitazione.

E’ il principio sancito dalla Corte con Ordinanza, Sez. 6, n. 14740/2017.

Nella vicenda, che trae origine dalla revoca operata dall’Ufficio del beneficio dell’aliquota Iva “prima casa”, di cui al n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al d.P.R. n. 633/1972, applicata su un immobile acquistato nel 2008, per violazione dell’art. 1, Nota II-bis) della Tariffa parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/1986, la C.T.R., riformando la sentenza della C.T.P., aveva respinto il ricorso del contribuente, poiché “le finalità dell’art. 1, Nota II-bis), lett. c) della tariffa parte prima sono quelle di escludere dal beneficio dell’imposta ridotta colui che di questo beneficio ne abbia già goduto in precedenza”. Atteso che l’immobile agevolato era ancora nella titolarità del contribuente.

Il ricorso del contribuente per la cassazione della sentenza dei giudici di merito viene affidato a due motivi:

– violazione e falsa applicazione dell’art. 1, nota II-bis) citati, in quanto l’impedimento alla fruizione dei benefici sarebbe escluso in caso di possidenza di una casa soggettivamente “inidonea a soddisfare i concreti bisogni abitativi del contribuente” (come nella specie l’immobile acquistato in comproprietà precedentemente, con la stessa agevolazione, per le sue ridotte dimensioni rappresentate nel ricorso);

– “omesso esame ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., del fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, consistente nell’illegittimità dell’avviso di liquidazione per omessa motivazione in ordine al requisito dell’impossidenza.

 All’esito della camera di consiglio il Collegio dispone l’adozione della motivazione in forma semplificata.

Prima di entrare nel merito della motivazione dell’Ordinanza in commento, è opportuno fare brevi cenni ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità e dalla prassi dell’AE in tema di idoneità dell’immobile acquistato con le agevolazioni “prima casa”, tenuto presente che la disciplina attualmente in vigore non contiene alcun riferimento alla idoneità abitativa dell’immobile agevolato, come previsto da una delle innumerevoli norme modificative emanate dal 24 aprile 1982 (data di entrata in vigore della legge n. 168/1982, c.d. legge “Formica”) in poi, cioè quelle di cui al D.L. 22 maggio 1993, n. 155, convertito dalla L. 19 luglio 1993, n. 243, in base alle quali, per fruire dei benefici, l’acquirente doveva dichiarare di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione nel Comune di residenza o in quello, se diverso, ove svolgeva la propria attività prevalente e di volere adibire a propria abitazione l’immobile acquistato.

Va ricordato altresì che attualmente l’obbligo della destinazione abitativa sussiste soltanto nel casi di alienazione del quinquennio della casa agevolata e di riacquisto entro l’anno di altra abitazione, al fine di evitare la decadenza dai benefici fiscali.

Per cui, attualmente, se l’immobile acquistato è sito nel Comune di residenza, ricorrendo i presupposti di cui alla Nota II-bis) citata non incombe sull’acquirente l’obbligo di destinare l’immobile stesso a propria abitazione, mentre, se la casa agevolata è sita in un Comune diverso da quello di residenza, l’acquirente ha l’obbligo di trasferire la propria residenza nel nuovo Comune, comunque non necessariamente presso la casa agevolata.

Questa disparità di trattamento, più che dettata da una chiara intenzione del legislatore, che apparirebbe priva di logica, ad avviso di chi scrive sembra più il frutto del mancato coordinamento delle innumerevoli disposizioni modificative succedutesi nel tempo.

Sulla questione della idoneità, in un caso in cui il contribuente, pur essendo in possesso di altra casa agevolata ritenuta non idonea ai fini abitativi, aveva reiterato i benefici [fattispecie rispetto alla quale la C.T.R., aderendo alla impostazione della C.T.P. aveva sostenuto l’insussistenza dei presupposti per il godimento dei benefici, in considerazione del fatto che il contribuente stesso disponeva di altro immobile, ancorché questo misurasse solo 22,69 mq. e fosse pertanto, secondo il contribuente medesimo, del tutto insufficiente a garantire idonea sistemazione abitativa al proprio nucleo familiare] la Corte si era espressa con Ordinanza della sezione tributaria dell’8 gennaio 2010, n. 100, affermando, in accoglimento del ricorso del contribuente, “che occorre, invero, osservare che, secondo consolidati canoni ermeneutici di questa Corte (che non vi è motivo di disattendere), in tema di agevolazioni tributarie e con riguardo ai benefici per l’acquisto della “prima casa”, l’art. l, quarto comma, e nota II bis, della tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 – nel prevedere, tra le altre condizioni per l’applicazione dell’aliquota ridotta dell’imposta di registro, la non possidenza di altra abitazione – si riferisce, anche alla luce della ratio della disciplina, ad una disponibilità non meramente oggettiva, bensì soggettiva, nel senso che ricorre il requisito dell’applicazione del beneficio, anche all’ipotesi di disponibilità di un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia (cfr. Cass, 11564/06, 17938/03, 10935/03, 6492/03, 2418/03)”

Parere contrario aveva espresso l’AE con la Risoluzione 20 agosto 2010, n. 86/E, ritenendo:

–   che “il riferimento operato dalla normativa vigente all’ampia nozione di “casa di abitazione” porta a ritenere che “la fruizione dell’agevolazione debba essere esclusa in tutti i casi in cui il soggetto che intende fruire dell’agevolazione risulti già in possesso nello stesso Comune o nell’intero territorio nazionale, se acquistato con le agevolazioni, di un immobile ad uso abitativo”;

– che la norma non richiede “la verifica del concreto utilizzo che dell’immobile viene fatto né con riferimento alle case di abitazione che il contribuente già possiede e che possono precludere l’accesso all’agevolazione né con riferimento all’immobile che si intende acquistare”;

– che l’applicazione delle agevolazioni “prima casa” non risulta subordinata “alla condizione, più restrittiva, che l’immobile oggetto del trasferimento agevolato venga destinato ad “abitazione principale” dell’acquirente e pertanto, l’agevolazione trova applicazione con riferimento a tutti gli immobili che abbiano natura abitativa e che non abbiano le caratteristiche “di lusso” di cui al DM 2 agosto 1969”. [Oggi, detto per inciso, che non siano classificate catastalmente nelle categorie A/1, A/8 e A/9]

Sulla questione era tornata più di recente la Cassazione con Sentenza della Sez. 5, n. 2278/2016.

In conformità a suo precedente giudicato, di cui alla Sentenza, Sez. 5, n. 19738/2003 che aveva confermato la decisione dei giudici di merito con la quale era stata riconosciuta la spettanza del beneficio ad un contribuente che possedeva la quota di un appartamento che, oltre che per il fatto di essere locato a terzi, per le ridotte dimensioni era inidoneo ad essere destinato ad abitazione di un nucleo familiare composto da cinque persone, la Corte concludeva affermando “che l’inidoneità dell’alloggio già posseduto debba essere valutata dal punto di vista soggettivo del compratore in relazione alle esigenze abitative del suo nucleo familiare”.

La decisione non ha attinenza con il tema di cui si discute, considerato che la contesa al suo esame aveva avuto origine all’epoca in cui la normativa vigente prevedeva espressamente, come sopra detto, la dichiarazione dell’acquirente di non possedere altro fabbricato o porzione di fabbricato idoneo ad abitazione.

Tornando all’Ordinanza n. 14740/2017 in commento, la Corte nel rigettare il ricorso:

– richiama sua precedente decisione conforme (Cass. Sez. V, n. 8548/16);

– ricorda che   la Nota II-bis) all’art. 1, Tariffa Parte Prima, allegata al D.P.R. n. 131 cit., nel mentre consente al contribuente di poter usufruire più volte del beneficio cosiddetto prima casa, tuttavia pone la condizione che lo stesso non sia “titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto e dal coniuge con le agevolazioni”, condizione non verificata nel caso di specie;

– conclude affermando che i presupposti impeditivi di cui alle lett. b) e c) della Nota II-bis) sono diversi, ed il fatto che ai fini della lett. c) non rilevi la soggettiva e concreta idoneità abitativa di altro immobile posseduto, in precedenza già acquistato con il regime agevolato, è testimoniato dal riferimento che la lett. c) — a differenza della lett. b) — fa anche alla “nuda proprietà”, la quale evidentemente prescinde in radice dallo stesso uso abitativo.

In buona sostanza la Corte ci dice che la disciplina delle agevolazioni “prima casa”, attualmente in vigore, prescinde dalla utilizzazione abitativa dell’immobile acquistato – circostanza che avrebbe potuto far assumere rilevanza alla idoneità/inidoneità soggettiva/oggettiva dell’immobile agevolato – ponendo, come limite impeditivo della fruizione dei benefici, la possidenza di altre abitazioni o diritti su abitazioni, nel Comune di acquisto o in altri Comuni, questi ultimi acquistati fruendo delle agevolazioni, così come meglio specificato nelle lettere b) e c) della Nota II-bis) citata.

 

 

 

 

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Agevolazione “prima casa” e reiterazione dei benefici ultima modifica: 2017-09-11T07:48:40+02:00 da Raffaele Trabace
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