Vincolo di prezzo massimo di cessione e convenzioni ex art. 35 L. 865/1971 con diritto di proprietà stipulate entro il 31.12.1996

Sommario: 1. Introduzione. 2. Le Convenzioni con oggetto la piena proprietà: sintesi della evoluzione legislativa. 3. Ambito di applicazione dei commi 49-bis e 49-ter dell’art. 31 L. n. 448/1998 alle convenzioni con diritto di proprietà stipulate fino al 31.12.1996. 4. Disamina della sentenza della Cass. SS.UU. n. 18135/2015. 5. Conclusioni

di  Roberto Ferrazza

1. Introduzione

L’ oggetto della presente analisi verte sulle Convenzioni di edilizia residenziale pubblica[1] aventi ad oggetto il diritto di proprietà (ossia quelle convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 35, comma 13, della Legge 22 ottobre 1971 n. 865, per l’attuazione dei piani di edilizia economico e popolare, di cui alla Legge n. 167/1962), stipulate antecedentemente alla data del primo gennaio 1997 e precisamente:

  • le Convenzioni stipulate nella vigenza dei commi 15-19 dell’art. 35 della Legge n. 865/1971 (periodo 31.10.1971-15.03.1992), abrogati dalla Legge n. 179/1992 (cd. Ferrarini-Botta). Sinteticamente: periodo 1971-1992.
  • le Convenzioni stipulate successivamente all’entrata in vigore della Legge n. 179/1992 e fino all’entrata in vigore della Legge n. 662/1996 (periodo 15.03.1992 – 31.12.1996). Sinteticamente: periodo 1992-1996.

In particolare, la disamina cerca di individuare se in dette convenzioni sia possibile riscontrare o meno l’esistenza di un vincolo di determinazione del prezzo massimo di cessione (in breve: vincolo di prezzo massimo), soprattutto a seguito dell’emanazione della Legge n. 106/2011 (che ha introdotto i commi 49-bis e 49-ter all’art. 31 della L. 23 dicembre 1998 n. 448), e della Sentenza n. 18135/2015 della Cassazione a Sezioni Unite.

2. Le Convenzioni con oggetto la piena proprietà: sintesi della evoluzione legislativa

Nell’originaria formulazione dell’art. 35 della Legge n. 865/1971, relativamente alle Convenzioni con diritto di proprietà, il cui contenuto era disciplinato dal comma 13, non era previsto alcun obbligo di previsione di un prezzo massimo di cessione, al contrario delle Convenzioni aventi ad oggetto il diritto di superficie (il cui contenuto era disciplinato dal comma 8), ma erano previsti nei commi 15-17[2], al fine di evitare fenomeni speculativi, i seguenti vincoli:

  • comma 15: divieto di alienazione[3], a qualunque titolo, per dieci anni dalla data del rilascio della licenza di abitabilità[4];
  • comma 16: dopo tale periodo (primi dieci anni), e per altri dieci anni, divieto di alienazione a chiunque e a prezzo libero; cessione consentita solo a soggetti aventi determinati requisiti soggettivi (aventi diritto all’assegnazione di alloggi economici e popolari) con il prezzo fissato dall’U.T.E., tenendo conto di determinati criteri di calcolo (e precisamente: stato di conservazione della costruzione, del valore dell’area su cui essa insiste, determinati ai sensi del precedente art. 16 e prescindendo dalla loro localizzazione, nonché del costo delle opere di urbanizzazione posto a carico del proprietario);
  • comma 17: dopo i venti anni dalla data del rilascio della licenza di abitabilità, divieto di alienazione di cedere a chiunque e a prezzo libero, se non con contestuale pagamento al Comune di una somma (previamente determinata dall’U.T.E.) corrispondente al maggior valore dell’area rispetto alla data dell’acquisto (e precisamente: obbligo di pagamento a favore del comune o consorzio di comuni, che a suo tempo ha ceduto l’area, della somma corrispondente alla differenza tra il valore di mercato dell’area al momento dell’alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto, rivalutato sulla base delle variazioni dell’indice dei prezzi all’ingrosso calcolato dall’istituto centrale di statistica. Detta differenza è valutata dall’ufficio tecnico erariale ed è riscossa all’atto della registrazione del contratto dal competente ufficio del registro, che provvede a versarla al comune o consorzio di comuni).

Si trattava, quindi, non di vincoli di prezzo massimo di cessione, ma di un complessivo sistema di divieti di alienazione, assoluti (comma 15) e relativi o condizionati (commi 16 e 17), la cui violazione comportava la nullità dell’intero contratto (comma 19).

Con l’abrogazione dei commi 15-19 – e quindi dei divieti di alienazione, assoluti e relativi –, mediante la legge Ferrarini-Botta (art. 23), entrata in vigore il 15 marzo 1992, le successive Convenzioni con diritto di proprietà, stipulate fino alla introduzione del vincolo di prezzo massimo di cessione, attuato con la Legge n. 662/1996 (art. 3 comma 63), ossia nel periodo che, sinteticamente, si è definito come “1992-1996”, non prevedevano vincoli legali, né di inalienabilità, né di prezzo massimo, salvo, quello poi previsto dalla modifica dell’art. 20 della Legge n. 179/1992 (apportata dall’art. 3 della Legge n. 85/1994), in base al quale, in caso di edilizia agevolata, per la vendita infraquinquennale, era necessaria la previa autorizzazione della Regione e la sussistenza di gravi, sopravvenuti e documentati motivi.

Per quanto riguarda le Convenzioni precedentemente stipulate all’entrata in vigore della Legge n. 179/1992 (periodo 1971-1992), l’opinione prevalente (per il Notariato, ved. lo Studio CNN 521/2011C, pag. 20) ha sostenuto che anche alle cessioni aventi per oggetto alloggi costruiti su aree assegnate con convenzione in proprietà P.E.E.P. stipulata prima del 15 marzo 1992 si applicasse la nuova disciplina introdotta dalla Legge n. 179/1992, consentendo così ai proprietari di vendere liberamente il proprio bene, senza vincoli legali, al pari dei proprietari delle convenzioni stipulate dopo l’entrata in vigore della Legge Ferrarini-Botta. In tal senso si erano espressi sia il Ministero dei Lavori Pubblici, con comunicazione n. 2166 di prot. del 7.6.1996 (per effetto dell’art. 23 legge n. 179/92 sono venuti a cessare, dal momento dell’entrata in vigore della stessa legge, i vincoli previsti dai commi abrogati, siano essi richiamati, o meno, nelle convenzioni con i Comuni), sia la Cassazione con sentenza n. 26915 del 10.11.2008 (La nuova disciplina è di immediata applicazione, e vale anche per le alienazioni successive alla sua entrata in vigore, ma relative ad alloggi oggetto di convenzioni ed assegnazioni anteriori alla L. n. 179/1992, poiché a seguito dell’abrogazione, da parte di quest’ultima, delle più restrittive disposizioni dell’art. 35 della L.n. 865/1971, sono cadute le clausole, contenute nelle convenzioni tra enti pubblici e cooperative di costruzione di tali alloggi, ispirate alle disposizioni abrogate). Seguendo tale tesi, fra l’altro, si evitavano immotivate disparità, se non proprio profili di incostituzionalità, con le Convenzioni stipulate nel periodo 1992-1996 (che non prevedevano divieti legali di alienazione), disparità neanche coerenti con la ratio della Legge n. 179/1992, sottesa all’eliminazione dei suddetti divieti, che era quella della generale liberalizzazione e commerciabilità degli immobili in proprietà soggetti a Convenzione, sia per il futuro che per il passato.

Il vincolo di prezzo massimo di cessione fu espressamente introdotto per le Convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà[5], soltanto a partire dal primo gennaio 1997, mediante l’art. 3, comma 63, Legge n. 662/1996, che ha modificato l’art. 35 della Legge n. 865/1971, in particolare, il comma 13. Questo comma che, come detto, disciplinava il contenuto della convenzione con diritto di proprietà, fu integrato con la previsione dell’osservanza delle disposizioni di cui all’articolo 8, commi primo, quarto e quinto, della Legge 28 gennaio 1977, n. 10, relativo alle convenzioni della cd. Legge Bucalossi[6]. Fu quindi prevista, per la prima volta per le convenzioni con diritto di proprietà, la determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi sulla base del costo delle aree, stabilito dalla Regione in misura tale che la sua incidenza non superi il 20 per cento del costo di costruzione, con la conseguenza che ogni pattuizione stipulata in violazione dei prezzi di cessione (e dei canoni di locazione) era considerata nulla per la parte eccedente.

Successivamente i commi primo, quarto e quinto dell’art. 8 della L. n. 10/1977, furono sostituiti dall’art. 18 del D.P.R. 6.6.2001, n. 380 (Testo Unico dell’Edilizia), entrato in vigore dal 30 giugno 2003, in modo che il riferimento attuale del comma 13 dell’art. 35 della L. n. 865/1971 non è più all’art. 8 della Legge n. 10/1977, ma all’art. 18 del D.P.R. n.380/2001.

E così, il quadro che emergeva dalla legislazione succedutasi fino alla Legge n. 106/2011 (entrata in vigore il 13 luglio 2011) era quella di una summa divisio fra Convenzioni P.E.E.P con diritto di proprietà stipulate prima del 31.12.1996, non soggette (o non più soggette) a vincoli di inalienabilità (in virtù della Legge Ferrarini-Botta) e tanto meno a quello di prezzo massimo, mai previsto dalla legge vigente fino al 1996, e Convenzioni P.E.E.P con diritto di proprietà stipulate dopo il 01.01.1997, soggette a vincolo di prezzo massimo, introdotto con la L. n. 662/1996

3. Ambito di applicazione dei commi 49-bis e 49-ter dell’art. 31 L. n. 448/1998 alle convenzioni con diritto di proprietà stipulate fino al 31.12.1996

Con l’emanazione della Legge 12 luglio 2011 n. 106, che ha convertito il D.L. 13 maggio 2011 n. 70 (cd. “Decreto sullo Sviluppo 2011”) e la conseguente aggiunta dei commi 49-bis e 49-ter all’art. 31 della L. 23 dicembre 1998 n. 448 (ex art. 5, comma 3-bis, D.L. 13 maggio 2011 n. 70), quella summa divisio sopra individuata, basata sul periodo della stipula delle Convenzioni con diritto di proprietà, sembra essere messa in discussione dai citati commi, il cui testo è il seguente:

49-bis. I vincoli relativi alla determinazione del prezzo massimo di cessione delle singole unità abitative e loro pertinenze nonché del canone massimo di locazione delle stesse, contenuti nelle convenzioni di cui all’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, per la cessione del diritto di proprietà, stipulate precedentemente alla data di entrata in vigore della legge 17 febbraio 1992, n. 179, ovvero per la cessione del diritto di superficie, possono essere rimossi, dopo che siano trascorsi almeno cinque anni dalla data del primo trasferimento, con convenzione in forma pubblica stipulata a richiesta del singolo proprietario e soggetta a trascrizione per un corrispettivo proporzionale alla corrispondente quota millesimale, determinato, anche per le unità in diritto di superficie, in misura pari ad una percentuale del corrispettivo risultante dall’applicazione del comma 48 del presente articolo. La percentuale di cui al presente comma è stabilita, anche con l’applicazione di eventuali riduzioni in relazione alla durata residua del vincolo, con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 (dal 2012, dal Comune competente).

49-ter. Le disposizioni di cui al comma 49-bis si applicano anche alle convenzioni di cui all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.

In base ad una interpretazione strettamente letterale dei commi 49-bis e 49-ter sembra infatti emergere che le seguenti Convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà siano soggette a vincolo di determinazione di prezzo massimo di cessione:

A) Comma 49-bis: le convenzioni stipulate antecedentemente alla entrata in vigore della Legge n. 179/1992 cd. Ferrarini – Botta (ossia prima del 15 marzo 1992);

B) Comma 49-ter: le convenzioni stipulate ai sensi dell’art. 18 del D.P.R. n. 380/2001 (T.U.E.), entrato in vigore il 30 giugno 2003.

Nulla è invece specificato, in relazione alle Convenzioni stipulate fra il 15.03.1992 e il 30.06.2003, ossia fra la data dell’entrata in vigore della legge n. 179/1992 e quella dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001 e precisamente:

C) le convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà stipulate, senza divieti di alienazione (e senza vincolo di prezzo massimo di cessione), fra il 15.03.1992 e il 31.12.1996 (ossia dalla entrata in vigore della Legge n. 179/1992, fino alla previsione normativa del vincolo di prezzo massimo di cessione).

D) le convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà con il vincolo di prezzo massimo di cessione, stipulate fra l’01.01.1997 e il 30.06.2003 (ossia dall’introduzione del vincolo di prezzo massimo alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 380/2001).

Per le Convenzioni sub B), nulla quaestio, sono soggette per legge (art. 18 del D.P.R. n. 380/2001) al vincolo di prezzo massimo e oltretutto sono argomento estraneo alla presente trattazione.

Le Convenzioni sub D), sono parimenti estranee all’oggetto della presente trattazione, rilevandosi comunque che la effettiva presenza di un prezzo massimo di cessione legale potrebbe inserire detta fattispecie, al fine di non creare disparità di trattamento a sfavore di quei cittadini proprietari impossibilitati a beneficiare di una Convenzione modificativa che elimini il vincolo di prezzo massimo per il loro immobile, per estensione, nel solco della previsione del comma 49-ter, dato che l’art. 3, comma 63, della Legge n. 662/1996 faceva riferimento ai commi 1, 4 e 5 dell’art. 8 della L. n. 10/1977, poi sostanzialmente recepiti dall’art. 18 del D.P.R. n. 380/2001.

Analisi particolare e approfondita è da farsi per le Convenzioni sub A) – le convenzioni stipulate antecedentemente alla entrata in vigore della Legge n. 179/1992 – che, in base alla formulazione del comma 49-bis, sembrerebbero tutte assoggettate ad un vincolo di prezzo massimo di cessione, in netto contrasto però con la legislazione vigente all’epoca (art. 35 L. n. 865/1971), he prevedeva solo divieti di alienazione (commi 15-19). A questo punto, si può solo presumere che il legislatore del 2011 abbia inteso riferirsi, come “vincolo di prezzo massimo di cessione”, alle deroghe del divieto di alienazione previste dagli abrogati commi 16 e 17 dell’art. 35 della L. n. 865/1971, e che si possono connotare per l’aspetto “pecuniario” – ossia il prezzo di cessione di cui al comma 16, e il pagamento della somma di cui al comma 17 (entrambi determinati dall’U.T.E.). Tuttavia, in base ad una corretta lettura delle norma, le deroghe previste dai citati commi non erano sussumibili nel concetto di prezzo massimo di cessione:

  • per quanto riguarda il prezzo di cui al comma 16, stante la differenza non solo terminologica dei vincoli (prezzo fissatoprezzo massimo), ma anche ontologica, in quanto, il prezzo fissato non può che essere uno ed è solo quello previsto ex lege, né superiore, né inferiore (con l’obbligo ulteriore di vendere ad acquirenti con determinati requisiti soggettivi), mentre il prezzo massimo è fissato d’imperio solo nel suo massimo;
  • per quanto riguarda la somma di cui al comma 17, perché non si tratta neanche di un prezzo di cessione, né massimo, né fissato, ma di un obbligo di liquidazione (una sorta di indennizzo) di una somma, da effettuarsi con particolari criteri e particolare procedura, da versarsi contestualmente all’atto della registrazione del contratto di vendita al competente ufficio del registro, che provvedeva poi a versarla al comune o al consorzio di comuni.

Ma vi è anche un altro ordine di argomentazioni che connota la differente natura fra le previsioni di natura “pecuniaria” dei commi 16 e 17 e il vincolo di prezzo massimo di cessione: con quest’ultimo vincolo l’immobile è sempre cedibile e la cessione è valida, anche in assenza del rispetto del prezzo massimo di cessione, perché il prezzo concordato dalle parti si riduce d’imperio per la parte eccedente; invece, i vincoli “pecuniari” dei commi 16 e 17 erano condizioni necessarie per la stessa alienazione dell’immobile, pena la nullità dell’intero contratto di cessione.

Pertanto, non si comprende come si possa riscontrare un prezzo massimo di cessione in fattispecie dissimili, diversamente connotate e disciplinate dalla legge che li prevedeva. Ipotizzare l’inclusione in convenzioni già stipulate di un prezzo massimo di cessione “sostitutivo” dei divieti di alienazione, come una sorta di novazione degli obblighi pecuniari connessi alle deroghe dei divieti, significa attribuire alla Legge n. 106/2011 un effetto retroattivo e modificativo di diritti consolidati (con abbattimento del valore dell’immobile), in spregio all’art. 11 delle Preleggi. Al limite – salvo non si tratti di una vera e propria svista o infelice formulazione del legislatore (ripetitiva di quelle dell’abrogato comma 78 dell’art. 3 della L. n. 549/1995 e del vigente comma 46 dell’art. 31 della L. n. 448/1998), come ritengo –, il comma 49-bis, per ciò che concerne le Convenzioni con diritto di proprietà, può avere portata applicativa per le sole Convenzioni stipulate prima del 15 marzo 1992, nelle quali fosse stato (eventualmente) convenuto un vincolo di prezzo massimo di cessione di natura pattizia (in aggiunta a quelli legali di inalienabilità); e in questo, caso, stante la previsione pattizia, la violazione del vincolo non può essere sanzionata con la nullità, che può essere prevista solo da una norma di legge[7].

Ciò rilevato, la seconda problematica – che potrebbe rendere sterile la questione sopra esposta sulla effettiva configurazione di un vincolo di prezzo massimo nei correttivi pecuniari dei commi 16 e 17 dell’art. 35 della L. n. 865/1971 – concerne nuovamente il dibattito inerente alla permanenza o meno dei vincoli di cui ai commi 15-19 dell’art. 35 citato, in seguito all’entrata in vigore della Legge n. 179/1992 (cd. Ferrarini-Botta).

Nonostante il tenore del testo del comma 49-bis, non si rinvengono ulteriori argomentazioni per non aderire ancora ad una volta alla tesi, nettamente prevalente – che pare più logica e aderente al sistema –, in base alla quale l’abrogazione espressa dei divieti di alienazione (e delle deroghe “pecuniarie” connesse), ha escluso che, successivamente, detti divieti possano essere fatti valere ed abbiano vigenza dopo la data del 15 marzo 1992 (entrata in vigore della legge n. 179/1992), così come parimenti non può esser fatta valere la conseguente nullità dell’intero contratto, in caso di violazione dei medesimi divieti[8]; pertanto, il comma 49-bis non avrebbe portata applicativa per le Convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore della Legge n. 179/1992.

Diversamente, ove si ritenesse che le Convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore della Legge n. 179/1992 continuino ad essere regolate dalla precedente disciplina, ne dovrebbe conseguire che il proprietario di immobile convenzionato che intenda cedere il suo bene debba conformarsi alle norme previgenti, poi abrogate dalla Legge n. 179 citata. Infatti, se i divieti di alienazione previsti dall’originario testo dell’art. 35 della Legge n. 865/1971 non sono stati abrogati dalla Legge Ferrarini-Botta, allora non lo sono stati neanche dalla Legge n. 106/2011, dato che il comma 49-bis ammette solo la possibilità di rimozione del vincolo del prezzo massimo di cessione, con apposita convenzione, ma non dei vincoli di inalienabilità, e tantomeno dalla Legge n. 662/1996, che ha introdotto il prezzo massimo di cessione per le Convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà solo a decorrere dal 1° gennaio 1997. Conseguentemente, ove si ritenesse che i divieti di alienazione permangano, allora il proprietario che intenda cedere a chiunque il suo immobile oltre il ventennio[9]dalla conseguita certificazione di abitabilità, ai sensi del comma 17 dell’art. 35 della L. n. 865/1971, e che non intenda stipulare la Convenzione modificativa di cui all’art. 31 comma 49-bis L. n. 448/1998, ossia affrancarsi da un ipotetico prezzo massimo di cessione – nel caso in cui un prezzo massimo possa teoricamente ravvisarsi nel pagamento della somma di cui al comma 17 citato – potrà legittimamente chiedere l’applicazione del comma 17, versando solo una determinata somma (calcolata dall’U.T.E.) all’atto della registrazione del contratto di compravendita. Ma, nel caso in cui fosse violato il disposto del comma 17 e applicato conseguentemente il comma 19 sempre del medesimo art. 35, il contratto di cessione sarebbe nullo, ma lo sarebbe in virtù di una norma (il comma 19), che, paradossalmente, alla data della cessione è stata ormai abrogata (e la nullità non può essere sanzionata per contratti stipulati successivamente all’abrogazione della norma sanzionatrice).

Delle due, l’una: o i divieti di alienazione ex commi 15, 16 e 17 non sono più vigenti, in quanto abrogati, e allora gli immobili oggetto di convenzione sono liberi di essere alienati a chiunque e al prezzo di mercato, rendendo superflua la previsione del comma 49-bis; oppure, i divieti ex commi 15, 16 e 17 sono ancora vigenti e applicabili, con la persistenza anche delle deroghe “pecuniarie” connesse (che comunque, ripeto, non hanno natura di vincolo di prezzo massimo). Tuttavia, contro questa ultima ipotesi si osserva, innanzitutto, una circostanza fattuale: nessun comune italiano ormai adotta più le procedure previste dai commi 16 e 17, segno inequivocabile della ritenuta pacifica abrogazione per opera della Legge n. 179/1992. Ma anche qualora questi divieti fossero considerati vigenti, il comma 49-bis non avrebbe comunque portata applicativa, perché non solo non ha eliminato i divieti di alienazione (e le deleghe pecuniarie connesse), ma anche perché, non avendo carattere interpretativo o in-novativo, e non avendo il legislatore evidenziato tale valenza, certamente non ha introdotto nelle convenzione con diritto di proprietà, stipulate prima del 15.03.1992, un vincolo di prezzo massimo di cessione che non era previsto dalla legge vigente all’epoca.

Le Convenzioni sub C) – le convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà stipulate fra il 15.03.1992 e il 31.12.1996 –, non sono parimenti soggette alla previsione del comma 49-bis, il quale fa riferimento (testuale) alle sole Convenzioni stipulate prima dell’entrata in vigore della legge n. 179/1992. In sostanza, il comma 49-bis non può avere portata applicativa per queste Convenzioni, né si può ritenere diversamente, sia attraverso una interpretazione strettamente letterale della norma, sia attraverso una interpretazione sistematica, non avendo la norma efficacia innovativa o retroattiva, né avendo inserito a posteriori vincoli di prezzo massimo non previsti dalla legge vigente al tempo di stipulazione di dette convenzioni. Non si comprende, quindi, come esse possano essere comprese nel dettato normativo del comma 49-bis, sia per l’assenza di previsione “letterale” nel testo di legge, sia perché, al tempo della loro stipulazione, non erano neanche in vigore i vincoli di inalienabilità e i correttivi “pecuniari” previsti dai commi 16-17, non essendo così possibile, neanche astrattamente, ipotizzarne la novazione con un vincolo di prezzo massimo di cessione.

In definitiva, il comma 49-bis dell’art. 31 della L. n. 448/1998, come introdotto dalla legge 106/2011, per le ragioni sopra esposte, necessita di una complessiva opera di interpretazione sistematica, senza attenersi unicamente al dato strettamente testuale: un’interpretazione corretta della norma – in relazione al sistema entro il quale si inserisce – non può che portare ad escludere la sua applicazione per le Convenzione P.E.E.P. con oggetto la proprietà stipulate prima del 31 dicembre 1996.

4. Disamina della sentenza della Cass. SS.UU. n. 18135/2015

Come evidenziato, l’infelice formulazione, probabilmente dovuta alla fretta della modifica, del comma 49-bis, se non sostenuta da una corretta interpretazione – ossia da un’interpretazione correttiva – , induce a creare incertezza sulla disciplina applicabile alle differenti tipologie di Convezioni in proprietà stipulate nel tempo e delle loro regolamentazioni attraverso le leggi via via succedutesi.

A questo stato di incertezza non ha purtroppo ovviato la sentenza della Cassazione SS.UU. n.18135/2015, la quale, pur rilevando un’ondivaga interpretazione che ha risentito della successione anche ad intervallo di tempi molto brevi, di emendamenti della disciplina legale, tuttavia, coglie solo molto parzialmente le differenze fra le diverse tipologie di Convenzioni, limitandosi a rinvenirne il solo regime di inalienabilità a carico delle Convenzioni P.E.E.P. in diritto di proprietà (originariamente previsto dalla Legge n. 865/1971 e poi abrogato dalla Legge n. 179/92), senza riscontrare l’altra fondamentale differenza (sempre con riferimento alle convenzioni stipulate prima del 31.12.1996), consistente nell’esistenza del prezzo massimo di cessione, vincolo da sempre previsto nell’art. 35 (comma 8 lett. e) per le sole convenzioni P.E.E.P. con diritto di superficie. Invece, la Corte afferma, in modo apodittico, che il vincolo della determinazione del prezzo discende, in tutti i casi, dalla legge, non preoccupandosi di distinguere fra Convenzioni con diritto di proprietà e Convenzioni con diritto di superficie, e fra Convenzioni in proprietà stipulate prima e dopo la data del 31 dicembre 1996 (ovvero prima e dopo la introduzione del prezzo massimo di cessione per le convenzioni con diritto di proprietà), come se da sempre, sin dall’entrata in vigore dell’art. 35 della L. n. 865/1971 (31 ottobre 1971), tutte le Convenzioni P.E.E.P., con oggetto la piena proprietà, fossero state soggette, per espressa previsione normativa, al vincolo di prezzo massimo di cessione. Sembra quindi possibile sostenere, sulla base dell’assunto della Corte sopra riportato – il vincolo di prezzo massimo discende, in tutti i casi, direttamente dalla legge –, che tutte le Convenzioni, di proprietà e di superficie, indipendentemente dall’epoca di stipula della convenzione, siano da assoggettare al vincolo di prezzo massimo di cessione[10]. Ma questa lettura contrasta con la legislazione vigente fino al 1996, come sopra ampiamente dimostrato, e quindi l’assunto della Suprema Corte non deve essere interpretato nel senso che il vincolo di prezzo massimo esista perché vi è un’astratta e costante (nel tempo) previsione di legge connessa indissolubilmente a tutte le Convenzioni P.E.E.P., ma nel senso che il vincolo di prezzo massimo sussista ove questo vincolo derivi e sia previsto da (una) legge – come nel caso delle Convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà stipulate ai sensi dell’attuale art. 35, comma 13 (e art. 18 D.P.R. n. 380/2001), oppure quelle con diritto di superficie stipulate ai sensi dell’art. 35 co. 8 della L. n. 865/1971 –, e non nei casi, come nelle convenzione con diritto di proprietà stipulate prima del 31.12.1996, in cui questo vincolo non ha alcuna previsione normativa.

La tesi della Cassazione, come emerge nelle motivazioni, troverebbe fondamento dall’esame del recente dato normativo[11] (il Decreto Sviluppo 2011), il quale confermerebbe che “il vincolo del prezzo massimo di cessione non è affatto soppresso automaticamente a seguito della caduta del divieto di alienare“. Ma è proprio questa una delle affermazioni per le quali si presume che la sentenza non abbia approfondito la problematica delle Convenzioni P.E.E.P. in proprietà; come sopra rilevato, nelle Convenzioni stipulate prima del 31 dicembre 1996 (o meglio, prima del 15 marzo 1992) non sussisteva un vincolo (di prezzo massimo) successivo a quello di inalienabilità: il pagamento di una somma (nel caso del comma 17), o del prezzo imposto per il solo caso di cessione a favore di determinati soggetti (nel caso del comma 16) costitutiva proprio la condizione necessaria per l’eliminazione del divieto di alienazione e senza il pagamento di queste somme o la cessione con prezzo imposto (a soggetti determinati) l’immobile era inalienabile (e l’atto di cessione interamente nullo). Invece, con il vincolo di prezzo massimo di cessione l’immobile è sempre alienabile (decorso un termine convenzionale di inalienabilità, normalmente di cinque anni), con la sola riduzione dell’eventuale eccedenza di prezzo, ma senza la sanzione della nullità dell’intero contratto.

In secondo luogo, occorre osservare che, se la ratio dell’esistenza di un prezzo massimo di cessione, sotto il profilo teleologico, sia quella di garantire il diritto alla casa a favore dei meno abbienti (a prezzi contenuti), nonché quella di non consentire successive operazioni speculative a prezzo di mercato – come espressamente afferma la sentenza della Cassazione n. 18135 citatanon si comprende come possa essere parimenti sottesa questa ratio alle vendite ultraventennali per le convenzioni in proprietà stipulate nella vigenza dell’originario art. 35 L. n. 865/1971, dato che, dopo i venti anni, era consentito di vendere a chiunque (e quindi non necessariamente al fine di garantire il diritto alla casa, e tantomeno ai meno abbienti) ed era indubbiamente difficile riscontrare operazioni speculative[12] dopo un così lungo lasso di tempo[13]. Ma la critica alla individuazione di una siffatta ratio è ancor più evidente oggi, dopo le modifiche apportate dalla Legge n. 106/2011, dove le aspettative del cittadino (diritto alla casa ai meno abbienti) sembrano sostituite dalla esigenza di consentire ai Comuni di (poter) implementare le entrate finanziarie, in una fase storica in cui il trasferimento di risorse agli enti locali è stato ridotto dallo Stato.

Alla luce di tutto ciò, questa sentenza deve essere esaminata e interpretata senza travalicarne la portata applicativa, in quanto è troppo scarna nell’analizzare a fondo la normativa in materia e, nello specifico, delle convenzioni P.E.E.P. in proprietà, essendo altro il thema decidendum (convenzioni con diritto di superficie) posto all’attenzione della Suprema Corte. Insomma, in mancanza di specifico esame di un caso strettamente connesso con la problematica delle Convenzione in proprietà stipulate antecedentemente al primo gennaio 1997, non si può dare della sentenza una sfera di applicazione ulteriore, anche perché, come si è rilevato, la disamina della Suprema Corte non investe la questione della differenziazione delle tipologie di Convenzione nell’arco degli anni e nei vari periodi, né la stessa Cassazione, seppur organo autorevole, può modificare i termini, la struttura, il significato e l’efficacia di istituti, quale il divieto di alienazione contrapposto al prezzo massimo di cessione, chiaramente espressi, delineati e determinati dal legislatore dell’epoca.

5. Conclusioni

Tutto sopra considerato, emerge evidente che per le Convenzioni P.E.E.P. con diritto di proprietà stipulate nei periodi sinteticamente definiti come “1971-1992” e “1992-1996” non si possa configurare un prezzo massimo di cessione previsto dalla legge. Pertanto:

  1. non è ipotizzabile alcun vincolo di determinazione di prezzo massimo di cessione in riferimento alle convenzioni stipulate nel periodo 1971-1992, in quanto le disposizioni di legge vigenti all’epoca avevano altro contenuto, prevedendo diversi tipi di vincoli (divieto di alienazione assoluto o relativo), senza poi considerare la portata logicamente abrogatrice della Legge n. 179/1992, che ha investito anche le convenzioni stipulate prima del 15.03.1992;
  2. non è ipotizzabile alcun vincolo di determinazione di prezzo massimo di cessione in riferimento alle convenzioni stipulate nel periodo 1992-1996, considerando la diretta portata abrogatrice della Legge n. 179/1992, nonché la mancanza addirittura di espressa menzione di tale tipologia di convenzioni nello stesso comma 49-bis dell’art. 31 della L. n. 448/1998.

Conseguentemente, non vi è necessità di rimuovere, con la convenzione modificativa di cui al comma 49-bis, vincoli che non esistono più – e che comunque erano di differente natura dal prezzo massimo di cessione –, o addirittura, che non sono mai esistiti. Qualora le delibere comunali, in applicazione del comma 49-bis citato, costringessero i cittadini proprietari degli immobili oggetto delle Convenzioni con diritto di proprietà stipulate prima del 31 dicembre 1996, in caso di cessione del bene, alla determinazione di un prezzo massimo di cessione, oppure, ad un esborso economico per eliminare detto vincolo – oggettivamente inesistente –, mediante la stipula di una nuova convenzione edilizia di affrancazione, ai sensi del comma 49-bis citato, commetteranno una evidente lesione dei diritti quesiti dei proprietari e dovranno essere oggetto o di impugnazione presso gli organi giudiziari competenti oppure revocate.


Note

[1] In materia di edilizia residenziale pubblica nella dottrina notarile, vedasi:

  • G. Casu, L’Edilizia residenziale pubblica. Problematiche notarili (Studio C.N.N. n. 171/2008/C, approvato dalla Commissione studi civilistici in data 28 marzo 2008, in Studi e Materiali, 3/2008, Milano 2008, pp. 993 e ss.
  • G. Rizzi, La disciplina sull’edilizia residenziale convenzionata dopo il Decreto sullo Sviluppo 2011 (Studio C.N.N. n. 521/2011C), Approvato dalla Commissione Studi Civilistici del 20 ottobre 2011, in Studi e Materiali, 1/2012, Milano 2012, pp. 63-90.
  • G. Rizzi, Ulteriori considerazioni in tema di edilizia residenziale convenzionata (ad integrazione dello studio n. 521-2011/C, Approvato dalla Commissione Studi Civilistici del 17 gennaio 2013, in Studi e Materiali, 2013, Milano 2013, pp. 681 e ss.
  • G.M. Plasmati, La determinazione del prezzo di cessione degli alloggi e relative sanzioni in caso di inosservanza, in Rivista del Notariato, 2/2015, Milano 2015, pp. 411-429.
  • C. De Rosa, I vincoli di prezzo nell’Edilizia Convenzionata: una questione ancora controversa, in Notariato, 4/2016, Milano 2016, pp. 365-379.

[2] Nella presente analisi si farà spesso riferimento a queste norme, e quindi, d’ora in avanti, la semplice indicazione di “comma 15, 16 e 17” è in chiaro riferimento a quelli dell’art. 35 della L. n. 865/1971. Allo stesso modo, in seguito, la sola indicazione di “comma 49-bis” o “comma 49-ter” è in riferimento a quelli dell’art. 31 della L. n. 448/1998.

[3] Nella presenta analisi, il riferimento al divieto di alienazione è inteso non solo come trasferimento della proprietà, ma anche come costituzione di diritti reali di godimento sull’immobile.

[4] Tutti i termini previsti dai suddetti commi prevedevano come dies a quo la data di rilascio del certificato di abitabilità, ritenuto come prova formale dell’ultimazione del fabbricato da realizzarsi sulle aree oggetto della Convenzione. Tuttavia, per molti fabbricati tale certificazione non risulta emessa, e pertanto, non risulterebbe determinabile in concreto il dies a quo per la decorrenza dei divieti di alienazione; a mio parere, si può adottare come termine di decorrenza, in sostituzione, o la data della prima cessione (che si suppone successiva all’ultimazione del fabbricato), oppure, sussistendone i presupposti, la data del formarsi del silenzio assenso sulla relativa istanza di abitabilità.

[5] La ragione dell’introduzione di questo vincolo è evidente, ossia far fronte al disequilibrio che si era creato fra convenzioni con diritto di proprietà e convenzioni con diritto di superficie, a seguito della completa liberalizzazione di cui avevano beneficiato le prime, con l’eliminazione dei vincoli di inalienabilità in virtù della Legge n. 179/1992.

[6] La Convenzioni della Legge Bucalossi, di cui agli art. 7 e 8, erano stipulate al di fuori dei piani di edilizia economico e popolare (per i quali era fatta salva l’applicazione della Legge n. 865/1971) ed erano convenzioni edilizie prevalentemente finalizzate ad ottenere una riduzione del contributo concessorio a favore del costruttore. In seguito, con l’emanazione della Legge 23 dicembre 1998, n. 448, fu consentito (art. 31, comma 46) di sostituire, a particolari condizioni, le convenzioni (P.E.E.P.) stipulate ai sensi dell’articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, con la convenzione di cui all’articolo 8, commi primo, quarto e quinto della legge 28 gennaio 1977, n. 10.

[7] In ogni caso, tutti i vincoli pattizi, di natura obbligatoria devono necessariamente avere una durata commisurata a quella della convenzione stessa.

[8] Si precisa che è esclusa la trattazione della questione relativa alla eventuale dichiarazione di nullità delle compravendite stipulate, in violazione dei divieti, prima dell’entrata in vigore della Legge n. 179/1992.

[9] Si fa più che altro riferimento alla fattispecie prevista dal comma 17 dell’art. 35 della L. n. 865/1971 (cessione a chiunque e con possibilità di prezzi di mercato), che costituisce l’ipotesi di cessione effettivamente e concretamente risultante di interesse attuale per il cittadino, essendo ormai trascorsi i venti anni dal rilascio della certificazione di abitabilità o dalla stipula dei primi atti di cessione per la maggior parte delle convenzioni stipulate prima del 15.03.1992.

[10] In tal senso è l’interpretazione del maggior comune italiano, Roma Capitale, il quale fra il dicembre 2015 e l’agosto 2016 ha emanato tre delibere (17.12.2015 n.33; 6.05.2016 n. 40 del Commissario Tronca; 5.08.2016 n. 13 della Giunta Capitolina), per far fronte alle novità legislative introdotte alla L. n. 448/1998, anche al fine di conformarsi alla recente sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 18135 del 16 settembre 2015. Dette delibere dispongono che, in mancanza di convenzione integrativa di affrancazione, il vincolo relativo al prezzo massimo di cessione, nonché al canone massimo di locazione per gli alloggi realizzati nei Piani di Zona segue il bene nei successivi passaggi di proprietà a titolo di onere reale senza limiti di tempo, indipendentemente dall’epoca di stipula della convenzione sia nel caso di concessione in diritto di superficie che di cessione in proprietà, con l’unica eccezione per quegli alloggi per i quali sia stata portata a termine la procedura a suo tempo prevista dall’art. 35 L. n. 865/1971, comma 17, durante il suo periodo di vigenza. È quindi previsto l’assoggettamento di tutte le Convenzioni, di proprietà e di superficie, al prezzo massimo di cessione, “indipendentemente dall’epoca di stipula della convenzione”, secondo un’interpretazione assolutamente rifiutata in questa disamina, perché, come si è rilevato, in totale contrasto con il dato normativo.

Vi è inoltre un punto fondamentale in cui le delibere comunali romane si contraddicono, laddove rilevano, in riferimento alla procedura a suo tempo prevista dall’art. 35 L. n. 865/1971, comma 17, che essa era azionabile nel suo periodo di vigenza: ma, allora, se si riscontra un periodo di vigenza per detta disposizione di legge, non più attuale, ciò conferma la tesi (prevalente e preferibile) che la Legge Ferrarini-Botta abbia abrogato i vincoli di inalienabilità (e quelli pecuniari connessi) anche con riferimento al periodo precedente alla sua emanazione, altrimenti la indicata procedura ex co. 17 – che, si ricorda, non configura la determinazione di un prezzo (massimo) di cessione – potrebbe essere fatta valere ancora oggi.

[11] Si può rilevare come la Corte di Cassazione escluda dalla permanenza del vincolo di prezzo massimo di cessione le Convenzioni (con diritto di proprietà) stipulate ai sensi della legge n. 10/1977, in quanto, in tale tipologia di convenzioni, il destinatario dell’obbligo di contenere il prezzo di cessione è solo il titolare della concessione, ma non i successivi proprietari, apparendo chiara l’individuazione dell’obbligato agevolato dalla contribuzione concessoria ridotta (ved., altresì, Cass. sez. II, n. 13006/2000). Questa conclusione, però, non trova conferma nel dato normativo sul quale la stessa Corte ritiene di basare i propri assunti, in quanto, il comma 49-ter dell’art. 31 della L. n. 448/1998 non distingue fra le Convenzioni di edilizia convenzionata stipulate, ex art. 18 D.P.R. n. 380/2001, nell’ambito P.E.E.P. e quelle stipulate (prima del 2003) nell’ambito della Legge Bucalossi. Tuttavia, a mio parere, la posizione della Corte può essere coerente nel caso in cui il comma 49-ter faccia riferimento alle sole Convenzioni stipulate ai sensi dell’art.35 (L. n.865/1971) e quindi alle Convenzioni P.E.E.P., ma offre sempre il fianco a critiche nel caso in cui la Convenzione (P.E.E.P.) ex art. 35 cit. sia stata poi sostituita da una Convenzione ai sensi della legge Bucalossi, in virtù del comma 46 dell’art. 31 della Legge n. 448/1998.

[12] Il comma 17 dell’art. 35 legge n. 865/71 prevedeva che l’obbligo di pagamento (per le vendite ultraventennio) fosse devoluta a favore del comune o consorzio di comuni, che a suo tempo avevano ceduto l’area. Il paradosso è che in diversi casi i proprietari delle aree rientranti nei piani di zona e che acconsentivano quindi a destinare i propri terreni alla realizzazione della programmazione urbanistica comunale, invece di essere espropriati, preferivano cedere volontariamente (e in parte gratuitamente) tali aree al Comune, riottenendone poi indietro la proprietà, in sede di Convenzione, al fine di effettuare, a loro cura e spese, l’attuazione del programma edificatorio. È evidente quindi, in tali casi, che il proprietario (originario) non possa realizzare fini speculativi in relazione alla differenza tra il valore di mercato dell’area al momento dell’alienazione ed il prezzo di acquisizione a suo tempo corrisposto.

[13] Per le medesime ragioni non si condivide l’assunto della Corte per il quale il vincolo di prezzo massimo di cessione, per i beni soggetti a Convenzioni con diritto di proprietà abbia durata indefinita (essendo onere reale, o meglio, obbligazione propter rem). È preferibile, invece, ritenere che il vincolo sia legato alla durata della stessa convenzione, perché il lungo lasso di tempo previsto dalla legge (20/30 anni), per la durata di quelle con oggetto la piena proprietà impedisce comunque la realizzazione di intenti speculativi e certamente non serve a garantire il diritto alla casa ai meno abbienti; del resto, non si comprende, perché una convenzione debba avere una durata di efficacia, se i suoi vincoli sopravvivono in perpetuo, rendendo poi difficile, a distanza di tanti anni, la loro individuazione mediante le indagini presso i Registri Immobiliari.


TABELLA RIASSUNTIVA: CONVENZIONI EDILIZIE CON DIRITTO DI PROPRIETA’

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Tipologia Convenzione in proprietà Esistenza prezzo massimo di cessione Obbligo di prezzo massimo per vendite successive alla prima Convenzione modificativa del prezzo massimo Osservazioni
Convenzione PEEP ex art. 35 L. 865/71

fino al 15.03.1992

 

No, mai previsto No No Eliminazione dei vincoli di inalienabilità ex lege n. 179/1992
Convenzione PEEP ex art. 35 L. 865/71

dal 15.03.1992 al 31.12.1996

 

No, mai previsto No No Nessun vincolo di inalienabilità in virtù di legge n. 179/1992
Convenzione PEEP ex art. 35 L. 865/71

fino al 15.03.1992, con vincolo pattizio di prezzo massimo, in aggiunta a quelli legali di inalienabilità

Sì, per Convenzione Sì, se previsto dalla Con-venzione, ma limitatamente alla sua durata Sì, ex art. 31.49bis, se non decorso il termine di durata della Convenzione La L. 179/92 ha abrogato i divieti di alienazione assoluti e relativi, ma non altri eventuali vincoli pattizi, se diversi
Convenzione PEEP (art. 35 L.865/71) stipulata dal 31.12.1996 al 29.06.2003

(con rif. art. 8 L. 10/1977)

Sì, ex L. n. 662/1996 Sì, per estensione analogica dell’art.31.49bis/49ter1 In base alla sentenza della Cassazione SSUU 18135/2015, l’esistenza di una previsione legale del prezzo massimo di cessione comporterebbe l’obbligo del rispetto del vincolo da parte di tutti i proprietari, senza limiti di tempo
Convenzione PEEP (art. 35 L.865/71) sostituita ex Bucalossi, ex art. 31 co.46, L. 448/1998 Sì, ex art. 8 L. 10/1977 (ora art. 18 DPR 380/2011) Sì (?)2 Sì, ante 2003 per analogia. art. 31.49ter1

post 2003, ex art.31.49ter

Convenzione PEEP (art. 35 L.865/71)

stipulata dal 30.06.2003

 

Sì, ex art.18 DPR 380/2001 (richiamato dall’art. 35 L. 865/1971) Sì (art. 31.49ter) Sì, ex art. 31.49ter
Convenzione Bucalossi (art. 7/8 L. 10/1977 stipulata solo per riduz. contributo concessorio Sì (per la sola vendita dal costruttore) No No (essendo possibile solo 5 anni dopo il primo trasferi-mento) 2 Per interpretazione della Cass., la quale limita l’obbligo di prezzo massimo di cessione al solo costruttore concessionario
Convenzione stipulata no PEEP, ex art. 18 DPR 380/2001 (solo riduz.. contributo concessorio) Sì (per la sola vendita dal costruttore) No (?)2 No, come sopra, il costrut-tore non può avvalersene2 In analogia con l’interpretazione della Cassazione di cui sopra nonostante il tenore art.31.49ter

1 Diversamente, i proprietari delle convenzioni P.E.E.P. stipulate prima del 30.06.2003 sarebbero esclusi dalla possibilità di stipulare convenzioni modificative per eliminare il vincolo di prezzo massimo di cessione, con immotivata disparità di trattamento rispetto a quelle stipulate successivamente.

2 Sostanzialmente, nell’ambito delle Convenzioni disciplinate dall’art. 18 DPR 380/2001 (ex art. 8 L. n. 10/1977) si effettua una distinzione tra le Convenzioni di natura privatistica (ex L n. 10/1977 Bucalossi) non inserite in P.E.E.P. , e le Convenzioni “pubblicistiche” inserite in P.E.E.P. (ex art. 35 L. 865/1971): solo per le prime dovrebbe verificarsi la caducazione del vincolo di prezzo massimo dopo la prima cessione; tuttavia, la Cassazione SSUU n. 18135/2015 non opera questa distinzione e quindi rimane il dubbio se il vincolo sia limitato al solo concessionario/costruttore.

Vincolo di prezzo massimo di cessione e convenzioni ex art. 35 L. 865/1971 con diritto di proprietà stipulate entro il 31.12.1996 ultima modifica: 2017-09-18T06:06:04+02:00 da Redazione Federnotizie
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