[Ultima edizione cartacea] Intervista del direttore a Corrado Passera

Articolo pubblicato sull’ultima edizione cartacea di Federnotizie del 2014, che riportiamo in continuità con la tradizione della testata. 

Corrado Passera è fondatore di Italia Unica e già ministro dello sviluppo economico nel governo Monti.

D. Da ministro a politico per fare ripartire l’Italia. Cosa l’ha spinta e quali sono le maggiori priorità nel programma di Italia Unica per la ripresa economica?

R. La politica non era la scelta più facile: sarebbe stato molto più semplice tornare a fare il mio lavoro di prima, ma ho il grande desiderio di contribuire a cambiare il nostro paese con un grande progetto di sviluppo.

Articolo apparso sull'ultimo numero cartaceo di Federnotizie

Questo articolo è apparso sull’ultimo numero cartaceo di Federnotizie

Per fare ripartire l’Italia e creare occupazione è necessario mobilitare grandi risorse, servono una cura shock da almeno 400 miliardi di euro e una forte spinta agli investimenti privati e pubblici, in particolare attraverso un miglior uso dei Fondi Strutturali Europei. Vanno rimborsati subito, ma sul serio, almeno 100 miliardi di debiti della P.A. nei confronti delle imprese. È fondamentale mettere più soldi in tasca agli italiani; in questo modo si riprenderanno i consumi e l’economia nel suo complesso. Chi lavora deve poter disporre da subito del TFR che va maturando, senza aggravi fiscali – fa uno stipendio in più all’anno – e il Fondo Centrale di Garanzia potrà aiutare le aziende che avessero difficoltà ad anticiparlo. Vogliamo inoltre favorire la possibilità per imprese e lavoratori di contrattare ulteriori salari di produttività azzerando su di essi il cuneo fiscale. Ma, mentre in questo modo si dà un forte e sostenibile stimolo all’economia, vanno avviate le grandi riforme, senza fermarsi all’intonaco, ma lavorando su fondamenta e travi. E va realizzata una semplificazione profonda di Parlamento, governo e federalismo, non quello che purtroppo stiamo vedendo.

D. Da ministro ha introdotto la disciplina delle start-up per agevolare l’accesso dei giovani all’impresa, e su questo giornale ne abbiamo parlato in più occasioni; i numeri delle imprese iscritte dimostrano l’interesse per questo strumento. Che bisogna fare per migliorarlo?

R. Ho sempre creduto nelle start-up, che adesso nel programma di Italia Unica sono uno dei punti cardine. Grazie alle misure adottate quando ero ministro, l’Italia è diventata in pochi mesi, dal punto di vista normativo, una delle nazioni più “amiche” delle start-up. Bisogna puntare di più sull’innovazione, per tornare a essere leader nella ricerca avanzata e le start-up possono essere un volano importante. Dobbiamo metterci nelle condizioni di attrarre investimenti nazionali ed esteri nella ricerca e a tal fine proponiamo di dedicare almeno 15 miliardi di fondi europei a un grande programma di credito d’imposta. Per favorire lo sviluppo di start-up innovative proponiamo la costituzione di un grande “fondo di fondi” – sul modello del Fondo italiano d’investimento – totalmente dedicato al venture capital. Un miliardo destinato a questo scopo porterebbe a risultati strepitosi.

Corrado Passera

D. Il governo Renzi ha appena pubblicato la legge delega sulla riforma del Terzo Settore. Come la giudica? Secondo lei l’economia sociale può svolgere un ruolo da protagonista nella ripresa del paese? A quali condizioni?

R. Il Terzo Settore in tutte le sue forme è già oggi un punto di forza del sistema Italia e, se opportunamente valorizzato, può costituire motore di crescita sostenibile oltre che di coesione sociale. Italia Unica propone innanzi tutto di dare dignità giuridica al Terzo Settore al pari del for profit e del pubblico: oggi nei nostri codici non è così. Una nuova legge sull’impresa sociale deve allargare al massimo i settori di intervento, oggi inspiegabilmente limitati, e deve rendere possibile la raccolta di capitale di rischio. Il servizio civile deve essere effettivamente universale, nel senso che non deve come oggi limitarsi a una frazione di chi vorrebbe svolgerlo. Il finanziamento del grande mondo del Terzo Settore passa attraverso l’effettivo riconoscimento del 5 per mille senza tetti e dirottamenti, così come avviene per l’8 per mille. Il Terzo Settore non deve essere penalizzato rispetto alle regole che sono state introdotte per i partiti politici. Su alcune delle nostre proposte troviamo un diretto riscontro nelle iniziative preannunciate dal governo, che sono però destinate a essere del tutto vanificate se dovesse confermarsi l’assoluta mancanza di risorse dedicate. Uno spazio enorme ed entusiasmante di finanziamento e crescita del Terzo Settore può venire dalla finanza d’impatto in tutte le sue forme. Va da sé che un approccio come quello proposto da Italia Unica deve essere accompagnato da un rapporto molto più serio e strutturale da parte della Pubblica Amministrazione e da un impegno al rafforzamento organizzativo e manageriale da parte degli operatori del Terzo Settore.

D. Tema delle convivenze in tutte le forme: tra giovani, tra anziani per sopperire a problemi economici, tra coppie gay ecc… Noi notai ci siamo impegnati in una serie di iniziative sul territorio, che troveranno una sintesi nel convegno che terremo a Roma il 13 dicembre. L’economia ha rubato il campo a ogni altra issue, ma qui si stratta di fondamenti della cittadinanza, che non possono mancare in un programma politico. Che ne dice?

R. Italia Unica è per le unioni civili, anche omosessuali: in sostanza, esclusa l’adozione, quelli che decidono di condividere responsabilmente la vita a due devono vedere riconosciuti chiari diritti verso gli altri e lo Stato.

D. Parliamo dei professionisti: spesso in azienda vengono visti come un ostacolo e un costo ingiustificato. Come manager di grande esperienza e adesso come politico crede in un possibile ruolo sussidiario delle professioni – penso in particolare alla giustizia – per aiutare i processi di semplificazione e riduzione dei costi della P.A.?

R. Tutt’altro: la mia esperienza aziendale mi ha messo spesso a contatto con professionisti, commercialisti, fiscalisti, legali, giuristi e anche notai di cui ho apprezzato l’alta preparazione e levatura professionale. Quando le professioni non vivono di rendite di posizione, ma mirano all’alta qualità della prestazione possono essere non solo di supporto ai cittadini e alle imprese, ma anche allo Stato. Tante sono oggi le funzioni in cui i professionisti sono il primo interfaccia fra lo Stato e il cittadino e molte di più potrebbero essere – nell’esaltazione delle rispettive specificità e senza inutili invasioni di campo o reciproche sottrazioni di competenze – per la realizzazione di una vera sussidiarietà.

Togliere per esempio alla Giustizia funzioni non prettamente giurisdizionali e attribuirle alle professioni sia legale che notarile, liberebbe uomini ed energie, non solo economiche, che potrebbero in breve tempo essere investite nell’assorbimento degli arretrati e nella riduzione dei tempi dei procedimenti civili, che tanto ruolo hanno attualmente nel disincentivare gli investimenti, soprattutto stranieri. Sussidiarietà però non può essere disgiunta da responsabilità e questa presuppone i controlli. Qui davvero la vostra tradizione o meglio la vostra strutturale, quasi ontologica, terzietà, la vostra natura di professionisti privati a cui la legge da sempre delega pubbliche funzioni potrebbe – come ha dimostrato per esempio l’esperienza delle omologazioni degli statuti delle società di capitali prima affidate ai giudici, o come è stato per la delega a voi affidata nelle esecuzioni civili – essere ancor più’ utile al sistema Giustizia. Penso in ipotesi alla raccolta a voi affidata delle prove fuori dalle aule dei tribunali (fermo restando che la valutazione delle stesse resterà rimessa ai giudici) o all’affidamento del riconoscimento delle persone giuridiche private (fondazioni e associazioni)…tutte riforme a costo zero per lo Stato e per il cittadino perché voi di fatto siete già investiti comunque di questi compiti nell’istruire pratiche che poi però passano sui tavoli dei giudici o delle altre pubbliche autorità con un enorme dispendio di tempi, uomini e costi.

Responsabilità, dicevo. I controlli sono indispensabili e da questi devono discendere conseguenze disciplinari, deontologiche e anche economiche. A questo devono servire gli ordini professionali, a tutelare i cittadini e lo Stato che delega funzioni proprie, non a tutelare i propri iscritti. Credo di non sbagliare nel ricordare che voi avete rigorosi controlli interni, in parte delegati ad autorità terze dipendenti dal Ministero di Giustizia e che per primi fra i professionisti vi siete dotati non solo di assicurazioni collettive sulla responsabilità civile professionale, ma anche di un vero e proprio Fondo di Garanzia per tutelare i cittadini da comportamenti dolosi, oltre che di un rigoroso codice deontologico e processo disciplinare non affidato esclusivamente a membri della vostra categoria professionale.

D. Le professioni hanno subìto, come tutti negli ultimi anni, un drastico calo di lavoro. Parlando dei notai, il dato statistico nazionale vede una contrazione del 50% del fatturato negli ultimi cinque anni, dovuta in larga misura alla crisi del mercato, in parte al sistema concorrenziale puro seguito all’abolizione della tariffa. Le conseguenze sono pesanti a livello previdenziale, ma soprattutto per i giovani professionisti, che fanno troppa fatica ad avviare l’attività. Il Notariato è retto da una legge del 1913, che andrebbe rivista. Corrado Passera ha preso in considerazione il futuro della professione notarile?

R. Certo questi sette anni di crisi hanno colpito duramente il ceto medio, quello che costituisce il più vasto tessuto sociale: i commercianti, le piccole imprese e anche i professionisti. Non deve mancare però anche una certa dose di autocritica. Accennavo alle rendite di posizione. Immagino che realtà più dinamiche come nelle grandi città si siano da tempo, anche prima della crisi, confrontate con una sana concorrenza, fatta di confronto non solo di costi, ma anche delle qualità delle prestazioni, dei tempi e dei modi e della stessa realizzazione della prestazione professionale e che quindi abbiano saputo, quanto meno con più rapidità, affrontare se non risolvere una difficile congiuntura. Bisogna con equilibrio ripensare il rapporto fra la necessità di una vasta e capillare copertura territoriale (quale quella da voi garantita) e l’abuso di posizioni potenzialmente monopoliste, con sedi notarili uniche o quasi uniche, o pensare comunque a una più equa ridistribuzione delle sedi e dei distretti notarili: mi risulta per esempio che Milano e Roma rappresentino oltre il 20% di tutti i notai di Italia, ma che esistano ancora distretti notarili con poco più di una decina di notai.

La legge notarile è vecchia certo e certamente bisognerà ripensarla o svecchiarla soprattutto nei temi relativi all’accesso: penso in particolare ai tempi dei concorsi che costituiscono un vero ostacolo per i giovani meritevoli soprattutto con minori possibilità economiche, che non possono permettersi di investire sei anni della propria esistenza per avere l’esito di due concorsi. Dato però l’affidamento di funzioni pubbliche, deve rimanere la garanzia di una seria preparazione testata da prove difficili sì, ma sicure e al riparo da comportamenti che non garantiscano un reale merito dei candidati. Il futuro della vostra professione è nelle vostre mani. Quanto più saprete o continuerete a essere a fianco dei cittadini, delle imprese e dello Stato (per esempio collaborando come già fate, più di altri professionisti, mi risulta, nelle segnalazioni antiriciclaggio) prestando la vostra opera con serietà e accettando anche nuove funzioni che esaltino la vostra terzietà, tanto più avrà futuro la vostra professione. Un amico notaio mi ha citato un grande giurista Carnelutti (per di più avvocato) che diceva “Tanto più notaio, tanto meno giudice”… In quest’ottica può essere visto uno sviluppo futuro della vostra professione.

Sicurezza giuridica e certezza del diritto sono valori non solo ovviamente giuridici, ma economici e sociali che colpiscono i principali interessi delle famiglie, delle imprese e dello Stato e sono valori e sfide con cui voi vi confrontate quotidianamente e spesso (mi auguro ancor di più) posti nelle vostre mani di professionisti e di pubblici ufficiali. Mi lasci però dire un’ultima cosa: non attribuite all’abolizione delle tariffe (o esclusivamente a questo) le difficoltà in cui voi, come altri professionisti, vi dibattete. I cali dei repertori e dei fatturati notarili sono dovuti soprattutto all’economia che non cresce, che non si muove, al lavoro che non c’è… e solo in parte all’abolizione delle tariffe. Resta però il problema serio di garantire la qualità della prestazione, che necessita di una giusta remunerazione. Sono convinto che ci sia una soglia minima al di sotto della quale questa qualità non possa essere garantita e credo che il mercato saprà non solo valutarla, ma anche farla emergere, di fatto eliminando chi invece di puntare alla qualità mirerà al puro ribasso dei costi.

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[Ultima edizione cartacea] Intervista del direttore a Corrado Passera ultima modifica: 2014-10-10T10:00:22+02:00 da Redazione Federnotizie
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