“...La decisione in parola (di modifica dell’atto costitutivo) dovrà necessariamente essere adottata con le forme previste dal codice civile, ovverosia con intervento del notaio….“
Così scrive il Mise nella Circolare del 27 dicembre 2017 n. 560010.
Ma facciamo un passo indietro:
L’art. 4, comma 10-bis, del D.L. 24 gennaio 2015 n. 3 statuisce che le delibere modificative dell’atto costitutivo della start-up innovativa possono essere redatte per:
- atto pubblico;
- atto informatico sottoscritto con le modalità di cui all’ 24 del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), vale a dire – come precisato dall’art. 1 del D.M. Mise del 28 ottobre 2016 – con firma digitale del Presidente dell’assemblea e di ciascuno dei soci che hanno approvato la delibera, nel caso di società pluripersonale, o dell’unico socio, nel caso di società unipersonale, in conformità al modello (previsto per le sole start-up innovative in forma di s.r.l.) allegato al medesimo decreto.
Il D.M. Mise del 28 ottobre 2016, all’art. 2, concede un termine di trenta giorni dall’assemblea per la presentazione, ai fini dell’iscrizione, del documento informatico all’Ufficio del Registro delle Imprese.
Inoltre attribuisce a tale Ufficio il compito di effettuare una serie di controlli. L’Ufficio, infatti, dovrà verificare la conformità dell’atto modificato al modello standard, dovrà accertare la sussistenza e la validità delle sottoscrizioni, la compatibilità delle modifiche con i caratteri della start-up innovativa e la liceità, la possibilità, la determinabilità e la legittimità delle modifiche[1].
La redazione informatica della delibera di modifica, come delineata dall’art. 4, desta non poche perplessità circa la sua conformità alla normativa comunitaria e circa la sua concreta utilizzabilità.
Ai sensi della Direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, la modifica di un atto costitutivo di società di capitali deve rivestire la forma dell’atto pubblico, a meno che la legislazione nazionale non preveda un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario, nella fase di costituzione.
Se, quindi, l’art. 4 consente la modifica dell’atto costitutivo di una start-up innovativa senza l’intervento del notaio, è necessario, ai fini della validità della procedura, che vi sia un controllo preventivo.
Si è ritenuto che la predeterminazione del modello da parte del Mise[2] equivarrebbe al controllo preventivo, in quanto sarebbe il Ministero a valutare a monte la non contrarietà alle norme imperative delle varie opzioni inserite nel modello[3].
Tuttavia, è facile notare come il modello di modifica dell’atto costitutivo della start-up innovativa sia solo in parte predefinito, in quanto non è standardizzato nella sua parte essenziale, vale a dire in quella dedicata al contenuto della delibera. Per questo aspetto, il modello rinvia alla Relazione del Presidente, di cui all’Allegato A2, in cui non vi sono scelte “obbligate”, ma vi è uno spazio vuoto in cui il Presidente dovrà indicare l’oggetto e le motivazioni delle delibere.
E’ evidente il pericolo derivante dall’assenza di standardizzazione.
Di fatto, il format aperto consente al Presidente di confezionare l’atto costitutivo a suo completo piacimento, senza alcuna limitazione o censura, a dispetto delle disposizioni di legge in materia societaria e con un possibile pregiudizio per gli interessi della società, dei soci e dei terzi[4].
Allora come viene garantita la conformità a legge se la procedura esclude il controllo notarile e offre un modello inadeguato?
Chi assicura che la delibera approvata non sia vietata dall’ordinamento?
Certamente non può essere l’Ufficio del Registro delle Imprese ad assumersi la responsabilità del controllo sostanziale delle delibere, come, invece, sembra prevedere l’art. 2 del D.M. Mise del 28 ottobre 2016.
L’Ufficio del Registro delle Imprese generalmente svolge un controllo formale della documentazione sociale e non ha le competenze per effettuare gli accertamenti tecnici e di legalità, richiesti di volta in volta, per ogni tipologia di delibera (ad esempio, controllo sull’effettività dei versamenti nelle misure di legge, verifica della correttezza e della completezza dei documenti allegati, quali la relazioni di stima sui beni conferiti o la relazione sulla situazione patrimoniale, il rispetto dei presupposti di legge per ogni singola operazione). Riconoscere a questo Ufficio il compito di controllare la validità e la legittimità delle delibere significa addossargli degli oneri estranei alla sua funzione.
E’ chiaro che, in questa situazione, non resta che constatare come il notaio sia l’unico soggetto votato ad assicurare la validità e la certezza delle procedure di modifica societaria.
La complessità delle vicende societarie rende impossibile un’efficace standardizzazione e fa emergere il ruolo insostituibile del notaio, in tutti i momenti della vita della società[5], quale professionista del diritto che controlla e certifica la legalità delle verbalizzazioni.
L’attuazione della normativa sulle start-up innovative ha, quindi, smentito l’idea, subdolamente nascosta dietro la stessa riforma, della “semplificazione senza notaio”, dimostrando, invece, come la reale semplificazione delle modifiche societarie passi per l’attività notarile.
Le criticità del modello sono state nel tempo evidenziate da diversi Uffici del Registro delle Imprese e confermate quindi dal Mise, nella citata Circolare del 27 dicembre 2017 n. 560010.
In primis, l’Ufficio del Registro delle Imprese di Varese ha segnalato il problema della rispondenza della Relazione del Presidente, data la sua “compilazione libera”, al dettato normativo.
Poco dopo, l’Ufficio del Registro delle Imprese di Vicenza, in merito ad una delibera di aumento di capitale, ha rimarcato l’impossibilità di integrare il modello con le precisazioni delle modalità di esecuzione dell’aumento stesso (indicazione della scindibilità, dell’avvenuto versamento integrale o parziale, dei termini e della non proporzionalità sottoscrizione – versamento, rispetto della prelazione a favore dei soci).
Il Mise, nel suggerire di descrivere le “vicende” dell’aumento nella Relazione del Presidente, ha, al tempo stesso, riconosciuto l’inutilizzabilità del modello modificativo, se sottoscritto ai sensi dell’art. 24 del CAD, e ha dichiarato la validità della sola delibera adottata con atto pubblico o scrittura autenticata dal notaio.
Difatti, a parere del Ministero, la contestuale assenza di standardizzazione della delibera e di autenticazione da parte di un pubblico ufficiale determina la irregolarità sostanziale del modello.
Diversamente, ai sensi dell’art. 25 del CAD, l’autenticazione da parte del notaio delle firme digitali apposte sul modello non predeterminato di delibera di aumento è garanzia di iscrivibilità della delibera stessa. Infatti, in questo caso, vi è il pubblico ufficiale, che accerta, prima dell’autenticazione delle firme elettroniche, la non contrarietà del documento all’ordinamento giuridico, come sancisce l’art. 25, 2° comma, del CAD.
Gli Uffici del Registro delle Imprese di Vicenza e di Varese hanno, inoltre, evidenziato la limitatezza del modello predefinito, incapace di raccogliere le variabili decisionali delle assemblee sociali e di assecondare le tempistiche e le differenti modalità di attuazione delle modifiche degli statuti, secondo quanto previsto dalle disposizioni di legge in materia societaria.
Tali Uffici, in particolare, hanno lamentato l’inidoneità dell’atto standard nel caso di delibere di aumento di capitale con esecuzione non immediata, in quanto il sistema obbliga a presentare immediatamente il testo aggiornato dello statuto, quando, in realtà, la clausola sul capitale può essere modificata solo dopo l’avvenuta sottoscrizione dell’aumento.
Il Mise, con la circolare del 27 dicembre 2017 n. 560010, ha fatto proprie queste osservazioni, ritenendo il modello ministeriale inidoneo per le delibere di aumento di capitale con sottoscrizione e versamento non contestuali.
Difatti, il Ministero ha sottolineato come non sia stato predisposto alcun meccanismo che consenta di inoltrare il modello di mera delibera di aumento, senza allegazione dello statuto aggiornato, e che permetta, in un secondo momento, allo scadere del termine per la sottoscrizione, di depositare lo statuto aggiornato, anche mediante un’apposita delega all’organo amministrativo. Viene ribadita, ancora una volta, l’essenzialità dell’intervento notarile.
L’incompletezza del format ministeriale è stata da ultimo rilevata dall’Ufficio del Registro delle Imprese di Pesaro e Urbino. Tale Ufficio ha messo in luce che l’atto costitutivo/statuto standard, allo stato attuale, non contempla una sezione dedicata alle specifiche delibere di scioglimento e di messa in liquidazione delle start-up innovative in forma di s.r.l..
Il Mise ha condiviso le eccezioni sollevate e, conseguentemente, ha escluso l’uso del modello standard di modifica anche per le decisioni collegate a tale fase della vita delle società per le quali si continuerà ad andare dal notaio.
[1] Superati i controlli di conformità, indicati nell’art. 2 del D.M. Mise del 28 ottobre 2016, l’Ufficio dovrà procedere all’iscrizione provvisoria dell’atto modificativo, entro dieci giorni dalla data di protocollo del deposito, nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese, con la dicitura aggiuntiva «modifica di atto costitutivo di start-up a norma dell’art. 4 comma 10-bis del D.L. 24 gennaio 2015, n. 3, iscritta provvisoriamente in sezione ordinaria, in corso di iscrizione in sezione speciale». Contestualmente al deposito per l’iscrizione nella sezione ordinaria del Registro delle Imprese del verbale modificativo, la start-up dovrà depositare la dichiarazione di attestazione del mantenimento dei requisiti. Entro i dieci giorni dalla iscrizione in sezione provvisoria, l’Ufficio del Registro delle Imprese, verificata in capo alla società la permanenza dei requisiti di start-up, oggetto della dichiarazione di attestazione, iscriverà la notizia, contestualmente alla attestazione, in sezione speciale ed eliminerà la dicitura «iscritta provvisoriamente in sezione ordinaria, in corso di iscrizione in sezione speciale».
[2] Tar Lazio, 2 ottobre 2017 n. 10004, in Diritto & Giustizia, 9 ottobre 2017, con nota di C. Genovese.
[3] Inoltre la conformità a legge sarebbe garantita dall’uso delle firme digitali, che assicurano l’identificazione delle parti: Circolare Assonime n. 6/2016, Le imprese innovative, p. 27.
[4] M. Cian, Società start-up innovative e PMI innovative, in Giurisprudenza Commerciale, 6, 2015, p. 969.
[5] Anche in dottrina si parla di semplificazione più apparente che reale, in quanto lo schema predisposto dal Mise è uno strumento da “maneggiare con cura”: E. Fregonara, L’equity based crowdfunding: un nuovo modello di finanziamento per le start up innovative, in Giurisprudenza Italiana, 2016, p. 2287.

AUTORE

Notaio in San Martino in Rio (Reggio-Emilia). Nell’aprile 2010 si laurea con lode presso la Luiss “Guido Carli”. Già avvocato del Foro di Roma, supera il concorso notarile indetto con D.M. 26 settembre 2014. E’ dottoranda di ricerca in Diritto e Impresa presso la Luiss “Guido Carli” nonché cultrice della materia di Diritto Commerciale nella medesima Università. Visiting researcher presso l’Università Ruprecht Karl di Heidelberg.